.|. Cala Alfirin (Luce Immortale) .|.

2. I Signori dei Cavalli

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La cittá di Edoras si ergeva alta e maestosa in cima  alla collina. Il sole illuminava i tetti dorati del palazzo reale e tutto era oro, blu e verde.  

Legolas si sentì rapire da tutti quei colori cosí vivi e cosí diversi da quelli dei suoi boschi. Ora comprendeva il profondo amore per quella terra che aveva letto negli occhi di Eomer.

 

L’Elfo sospiró e si volse alla sua sinistra, incontrando lo sguardo e il breve sorriso di Aragorn, mentre Gandalf dava loro gli ultimi avvertimenti su come si sarebbero dovuti comportare davanti al re.

 

Percorsero velocemente l’ultimo tratto che li separava dalla  cittadina e quando ne varcarono le mura, Legolas pensó per un attimo di essersi sbagliato:  quello che aveva visto dall’alto della collina, poco prima,  ora risultava completamente diverso.

Scure e cupe erano le case, così come scuri e cupi erano i volti e le vesti della gente, come se non ci fosse più fiducia e speranza.

 

Legolas ripensò al biondo cavaliere che avevano incontrato qualche giorno prima. Ripensó al suo sguardo ferito ma orgoglioso, alla speranza che ancora albergava nel suo cuore, alla sua forza e al suo coraggio.

Tutto questo stava riaffiorando nella sua mente mentre scendevano da cavallo e consegnavano le armi alle guardie; poi rivolse una silenziosa preghiera ai Valar affinché aiutassero quell’ animo nobile.

 

Aragorn continuava a lanciargli brevi occhiate indagatrici, ma non riusciva mai a incrociare il suo sguardo e questo, inconsciamente, lo feriva. Legolas gli sembrava troppo pensieroso, come se qualcosa turbasse il suo cuore e lo facesse preoccupare.

Forse presagisce una minaccia, pensò tra sé il ramingo, mentre avanzava verso la sala del trono stando vicino al mago, che, poco prima,  aveva preso sottobraccio il biondo arciere.

 

Quando le guardie al servizio di Grima li attaccarono, i tre guerrieri non si fecero trovare impreparati e pur non avendo con sé le loro fedeli armi, se ne liberarono velocemente.

Una guardia si avventó da dietro su Legolas, ma l’Elfo ne avvertí la presenza e la colpí senza nemmeno girarsi. Aragorn, che lo teneva d’occhio, vide che contemporaneamente un’altra gli stava andando incontro con la spada sguainata (ehmmm.....^^’’ ndCal).

Corse dalla sua parte, superando l’Elfo che gli lanció uno sgurado stupito, e con un colpo stese l’uomo davanti a lui. Legolas lo ringrazió con un sorriso, ma scosse lievemente il capo, come per dire che non ce ne sarebbe stato bisogno.

Aragorn ci rimase male e si vergognó. Come aveva potuto pensare che Legolas non si fosse accorto dell’uomo? Era un Elfo e si sarebbe liberato facilmente dell’avversario anche senza il suo intervento. Ma il suo era stato un gesto puramente istintivo, dettato dal naturale desiderio di proteggere l’amico.

 

Ricambió comunque il sorriso e rimase al suo fianco, mentre Gandalf liberava il re Theoden dall’incantesimo di Saruman, e Gimli teneva un piede ben piantato sopra il corpo prostrato di Grima.

 

In quello stesso momento una sagoma bianca e dorata passò veloce accanto a Legolas che allungó la mano per afferrarla, ma Aragorn, per una volta, lo precedette, fermando la corsa della fanciulla. Il cuore dell’Elfo perse un battito nel vedere il corpo della donna contro quello di Aragorn e le sue mani stringerla delicatamente ma con fermezza.

Chiuse per un istante gli occhi e una visione dei due, su una vecchia scalinata, abbracciati, lo colpí all’improvviso. Temette per un momento di vacillare, ma aprí nuovamente gli occhi, imponendosi di rimanere impassibile.

 

Quando Theoden si accasció tremante sul trono, la giovane si liberó e corse al suo fianco, cercando di sorreggerlo. Davanti agli occhi increduli di quanti si trovavano nella sala, i segni della vecchiaia abbandonarono il corpo stanco del re che, in pochi minuti, tornó ad essere forte e giovane come un tempo.

 

“Le tue dita riconoscerebbero meglio la tua forza, se impugnassero l’elsa della tua spada, re Theoden.” Disse Gandalf sorridendo e porgendogli la sua arma.

 

Theoden la afferró titubante. Ancora incredulo, si sentiva come se si stesse risvegliando da un lungo sonno costellato di incubi. La consapevolezza di quanto era accaduto si fece lentamente strada in lui, fino a che il suo sguardo si posó sul corpo di Grima, ancora schiacciato sotto la forte presa di Gimli. Il suo sguardo si rabbuió e una enorme rabbia lo invase.

Gelida, incoerente, determinata.

Le guardie afferrarono brutalmente l’oscuro consigliere e lo scaraventarono fuori dal palazzo e facendolo cadere dalla grande scalinata, sotto lo sguardo stupito del popolo.

 

“Io ti ho sempre e solo servito, mio signore!” piagnucoló Grima, torcendosi le mani  in preda alla disperazione.

 

“I tuoi consigli mi avrebbero fatto camminare a quattro zampe come una bestia!” ribatté Theoden furioso.

Al vedere il corpo del suo vecchio consigliere a terra, tremante e supplicante, il re sentí la rabbia aumentare ancora di piú. Come aveva potuto fargli questo? Era un cavaliere di Rohan! Era il suo piú vecchio amico e si era sempre fidato di lui!

Come aveva potuto tradirlo in quel modo? L’aveva venduto al nemico e con lui, tutto il popolo libero di Rohan!

Mai!

Mai l’avrebbe potuto perdonare!

Theoden alzò la spada sopra la sua testa, deciso ad ucciderlo. Come aveva potuto tradirlo così? Tradire lui, il suo amico.

Lui, il suo signore, che non gli aveva negato nulla! Che quando era salito al trono l’aveva scelto come suo consigliere, perché mai si sarebbe potutto separare dal suo compagno.

Lui, che l’aveva sempre amato.....

 

“No mio signore!” L’urlo di Aragorn interruppe i suoi pensieri, e due forti mani afferrarono le sue strette attorno all’elsa della spada, frenandolo. Theoden si sentí travolgere nuovamente dalla rabbia: chi osava fermarlo?

Lui doveva farlo! Doveva ucciderlo! Doveva uccidere colui che aveva rovinato la sua vita! Colui che aveva amato piú di ogni altra cosa e che l’aveva precipitato nell’inferno piú oscuro!

 

“Troppo sangue é stato versato a causa sua, mio signore…” Continuò il Ramingo.

 

Il re lo fissò con occhi increduli, ma poi capì.

Era vero quello che gli stava dicendo quell’uomo: era già stato versato troppo sangue.  Troppo.

E se avesse ucciso Grima, sapeva che sarebbe precipitato in un inferno ancora piú oscuro.

Abbassò lentamente la spada, sentendosi improvvisamente stanco.

Guardó Grima un’ultima volta, chiedendogli silenziosamente perché. Il consigliere non riuscí a sopportare a lungo lo sguardo afflitto e disperato di Theoden, né quella pietá che, nonostante tutto, poteva ancora leggervi dentro. Si alzó, rifiutando con disprezzo la mano tesa di Aragorn, e si diresse velocemente verso le stalle.

Prese un cavallo e, incitandolo con forza, si  allontanò velocemente dalla sua unica casa, dalla sua unica felicità e dalla sua unica ragione di vita, mentre una lacrima solitaria scivoló lungo la sua guancia, rapita subito dal vento.

 

………….

 

“A che pensate?”

 

Una dolce voce di donna riscosse Legolas dai profondi pensieri in cui era immerso.

 

“Dama Eowyn…” sussurró, inchinandosi lievemente e spostandosi per lasciarle un poco di spazio alla finestra.

 

La notte scendeva rapidamente e un tramonto color oro e arancio incendiava i tetti delle case e l’interno del palazzo.

Si erano riuniti dopo il funerale di Theoded, il figlio del re, e avevano discusso sul da farsi.

Due bambini erano giunti a cavallo dalle campagne, portatori di messaggi di morte e orrore: i popoli selvaggi avevano attaccato senza pietà, distruggendo, razziando e bruciando tutto quello che incontravano sul proprio cammino.

Nulla era scampato alla loro furia devastatrice.

Legolas aveva provato un enorme dolore nell’ascoltare quel racconto. Come poteva esistere una simile crudeltá?

In preda a un senso di impotenza e rabbia cercò gli occhi di Aragorn, e quando li trovò, venne subito rassicurato e confortato.

Non era colpa sua, gli stava dicendo lo sguardo forte dell’uomo.

Insieme avrebbero fatto di tutto per fermare quegli esseri.

Avrebbero vendicato il sangue versato.

 

Dopo la riunione, Gandalf chiamò Aragorn per discutere la strategia e il cammino che il popolo di Rohan avrebbe dovuto intraprendere.

Legolas, invece, vagava solo per i grandi corridoi del palazzo, sentendosi un po’ smarrito e con un grande senso di vuoto nell’anima.

Poi si fermò davanti ad una grande finestra aperta e guardò fuori. Il suo cuore si  rallegrò davanti alla vista di un vecchio albero che, solo, si ergeva al centro di un piccolo giardino all’interno del palazzo. E rimase lí, a comunicare con quell’essere saggio e antico, finché la voce della Dama Bianca non lo riscosse dai suoi pensieri.

 

“Mastro Gimli mi ha raccontato che avete incontrato mio fratello....” Disse a bassa voce Eowyn, sedendosi accanto a lui.

Legolas la fissó per un momento con i suoi grandi occhi blu.

“Voi siete sicuramente la sorella di Eomer, il Cavaliere di Rohan…” Le disse dopo qualche istante. “Avrei dovuto notare la vostra somiglianza.”

 

Eowyn gli sorrise, ma il suo sguardo era velato d’angoscia e preoccupazione.

Poi, con voce tremante e impaurita, gli chiese:

“Come sta?”

Il suo cuore batteva all’impazzata perché, per la prima volta, stava mostrando i propri sentimenti e quella che da sempre aveva considerato una debolezza.

Sapeva, però, che con il biondo Elfo poteva abbandonare la maschera di freddezza e impassibilitá che si constringeva ad indossare. Sapeva che con lui avrebbe potuto essere solo quello che era, e cioè una donna sola e distrutta dalla perdita del suo promesso sposo e del suo amato fratello.

Legolas la guardó con dolcezza. Sapeva cosa celavano i suoi occhi e il suo cuore. Ora che lei aveva abbassato il muro di difesa attorno alla propria anima, poteva leggerle dentro. Avrebbe voluto rincuorarla, dirle che suo fratello stava bene e che presto l’avrebbe rivisto.

Ma lei meritava la veritá.

 

“É stanco. E addolorato per la perdita di coloro che piú ha amato nella vita.”

Le ripose, cercando di mitigare con la dolcezza della voce il dolore delle parole. Eowyn sussultó e gli occhi le si riempirono di lacrime. Legolas le si avvicinò e la strinse a sé. “Ma nei suoi occhi ho letto tanta forza, Eowyn. E amore. Nonostante le sue parole amare, so che la speranza ancora alberga nel suo cuore.” Continuó sussurrando.  “Lo rivedrai. La felicità scalderà il cuore di entrambi e il sorriso riapparirá nei vostri volti.” Disse poi all’improvviso con filo voce.

 

Eowyn alzó la testa dalla sua spalla e lo fissò: aveva gli occhi distanti, come persi in una visione che le era incomprensibile.

Lo abbracció, riconoscente, mentre una sensazione di pace la invadeva e una nuova speranza le accendeva il cuore.

 

“Tuo fratello ha un animo nobile e buono, Eowyn.” Continuò Legolas, mentre fissava il grande albero del giardino.

“L’ho capito subito, da quando l’ho guardato per la prima volta negli occhi. É come questa terra: forte e orgoglioso. Il male non lo sconfiggerá e non avrá presa su di lui.  Il suo cuore, però, sta soffrendo. Troppo per un uomo esiliato....” aggiunse, lanciandole una breve occhiata.

 

“Mio fratello....” inizió a dire la giovane dama “ha sofferto molto in questi ultimi tempi, Legolas. Da quando il veleno di Saruman si é introdotto nel castello, molte cose sono cambiate. Prima eravamo felici, vivevamo nell’amore e se anche la guerra incombeva su di noi, sapevamo che l’unione era la nostra forza. Ogni sera, durante la cena, mio zio chiamava accanto a sé Theoded, suo figlio e mio promesso sposo, ed Eomer, mio fratello. Insieme discutevano sugli avvenimenti del giorno, programmavano la difesa dagli attacchi degli orchetti e degli uomini delle colline. Pianificavano la conduzione del regno.

Io mi sedevo con loro e partecipavo in parte alle discussioni. La mia opinione veniva richiesta e anche se non sempre erano d’accordo con me, mi ascoltavano comunque. Erano tempi felici, Legolas…”

Con il rimpianto nel cuore, la dama bianca  sospirò e guardò l’elfo. Gli occhi le si riempirono di lacrime e non fece nulla per trattenerle.

Legolas, in silenzio, le appoggiò una mano sul braccio per confortarla.

 

“Eomer era felice, lui.... lui era innamorato. Lo avevo scoperto da poco. Per caso. Una notte, non riuscendo a dormire, uscii dalla mia stanza e cominciai a camminare lungo questi corridoi. Mi affacciai a questa finestra e.... lo vidi.

Lo vidi sotto quel grande albero. Era abbracciato a qualcuno, le sue spalle sussultavano e potevo sentire i singhiozzi che scuotevano il suo corpo. Stavo per correre da lui quando vidi l’altra… l’altra persona. Che parlò.”

La voce le si spezzò e si asciugò in fretta gli occhi. Poi fece un profondo respiro, come per prendere coraggio, e continuó. “’Anch’io ti amo Eomer’ disse quella figura nel buio. ‘Ti amo cosí tanto che a volte mi fa paura. Ti amo cosí tanto che potrei vivere di te, respirare il tuo respiro, bere le tue lacrime, mangiare del tuo amore. Ti amo cosí tanto che vorrei essere il vento che ti accarezza i capelli, l’acqua che disseta la tua gola, la luce che illumina il tuo volto.’

Rimasi interdetta. Eppure l’avevo sempre saputo.

Eomer amava Theoded, mio promesso e lui... lui lo ricambiava. Con passione, con forza. Con tutto se stesso.

Vidi Eomer stringerlo ancora di piú a sè e baciarlo con ardore. Mi allontanai, turbata.

Non era giusto! Ma del resto…non ero affatto sorpresa.

Pensavo che avrei sofferto, che l’avrei preso come un tradimento dalle due persone che piú amavo al mondo ma.... non era cosí. In un certo modo ne ero.... sollevata! Non amavo Theoded, o almeno non come una sposa dovrebbe amare il suo compagno. Provavo affetto per lui, sì, ma.... non amore. Devo ancora incontrare colui a cui donare il mio cuore....”

 

La dama di Rohan sospiró, perdendosi per un momento nei suoi pensieri.

Un volto le era venuto in mente a quelle parole. Un volto regale, forte, dai lineamenti decisi e due profondi occhi azzurri che sembravano perennemente tristi, velati di una dolce malinconia e nei quali avrebbe voluto immergersi ed annegare. Legolas non disse nulla. Ora iniziava a capire quello che aveva visto negli occhi del cavaliere e provava una pena profonda. Avrebbe voluto fare qualcosa per lui, qualcosa che fosse piú del breve attimo di serenitá che era riuscito a trasmettergli nel loro incontro. Non sapeva perché, ma era sicuro che lui e il biondo cavaliere si sarebbero rincontrati e i loro destini si sarebbero incrociati di nuovo.

 

“Quel...quel giorno il re aveva mandato Theoded al confine ad Est, per combattere un gruppo di orchetti che aveva oltrepassato i confini. Grima aveva insistito perché fosse Theoded ad andare.... Avevo spiato mio fratello e il mio promesso mentre si dirigevano verso le stalle. Avevo visto e sentito Eomer supplicarlo di non andare, di lasciar partire lui al suo posto. Diceva di avere un brutto presentimento. Ma Theoded si mise a ridere e lo bació, assicurandogli che sarebbe tornato presto.... del resto non poteva disubbidire agli ordini di suo padre. E così partì.

Qualche giorno dopo, un cavaliere del suo gruppo arrivó all’improvviso. Era ferito mortalmente. Prima di spirare disse che era stata una trappola, che non c’era mai stata possibilitá.... Eomer quasi impazzí. Si precipitó a cercarlo. Tornó dopo qualche giorno, trasportando il suo corpo inerme. Non mi disse nulla. Non pronunció una parola. Ma io potevo leggergli negli occhi il dolore, la rabbia, l’impotenza che provava. Lo abbracciai. E con lui vegliai Theoded......fino a quando.... Grima riuscí a circuire il re al punto da fargli firmare un ordine di esilio. Fu costretto ad abbandonare Rohan. Non gli fu neanche data la possibilitá di dire addio al suo amore...”

 

Eowyn scoppió finalmente a piangere, sfogando tutto il dolore che aveva tenuto dentro per cosí tanto tempo. L’amarezza, l’impotenza che aveva sentito trovandosi sola in quel castello che gli era improvvisamente diventato estraneo.

Legolas la abbraccció, cullandola in silenzio, e lasciando che le lacrime gli bagnassero la tunica. Quando sentì il respiro della ragazza tornare regolare, la allontanò un poco e la fissó fermamente negli occhi.

“Tuo fratello é un uomo forte, Eowyn. É nobile e deciso e troverá la sua strada. Dovrà affrontare dure prove, ma ne uscirá vittorioso. Io so che sará cosí.”

Eowyn lo guardò intensamente, cercando una conferma in quello sguardo limpido e sincero, che mai aveva mentito nella sua lunga vita. Dopo qualche istante, il volto della giovane donna si rischiaró e le sue labbra si distesero in un sorriso. 
“Grazie, Legolas. Ti credo. Ora affronteró i prossimi tempi con piú fiducia e cercheró di mantenere la serenitá e la forza necessaria per assolvere i miei compiti.”

Poi si strinse forte all’Elfo un’ultima volta,  si alzò sulle punte dei piedi e gli diede un lieve bacio sulla guancia. Legolas le sorrise, con affetto, e la guardó allontanarsi, mentre pensava ancora una volta agli occhi del Cavaliere di Rohan.

 

 

Aragorn si fermó all’ombra del grande albero, a riflettere. Aveva passato tutto il pomeriggio a discutere con Gandalf e Theoden sulla strada migliore da prendere per portare il popolo di Edoras in salvo al Fosso di Helm. Sarebbe stato un percorso abbastanza lungo e difficile, avrebbero dovuto andare piano, con donne, bambini e vecchi ed era certo che Saruman non si sarebbe lasciato scappare una occasione simile. Soprattutto se, come sospettava, Grima fosse corso ad avvisarlo.

 

Aragorn sospiró, sconsolato. In cuor suo sperava solo che gli fosse dato il tempo necessario.

Vide una panca sotto il portico e, con passo lento, la raggiunse.  Si sedette portandosi le mani in viso: aveva bisogno di pensare, ma non su quella guerra e sulle strategie. Quello di cui aveva veramente bisogno era riflettere su ció che da diverso tempo turbava il suo cuore e tormentava i suoi sogni. Legolas......

 

Non ricordava quando tutto era incominciato, quando aveva iniziato a pensare a lui non solo come un maestro, ma anche come un amico, un compagno di avventure...

Molto probabilmente quando Legolas aveva avuto la visione e si era accasciato tra le sue braccia. O forse qualche tempo prima, quando lo aveva difeso al Consiglio di Elrond e lo aveva guardato in quel modo che lo faceva sentire al centro del mondo. Al centro del suo mondo.

O magari quando, qualche anno prima, si erano rincontrati dopo un lungo periodo. Ricordava che Legolas gli era andato incontro correndo e lo aveva stretto a lungo tra le braccia.  Avrebbe giurato che la voce gli tremava dal pianto quando lo aveva salutato. O no. Forse tutto ció era iniziato molto prima, quando era ancora un ragazzo. Quando Legolas, senza che lui se ne accorgesse, era diventato l’essere piú importante della sua vita. Il suo punto fisso, il suo Maestro, il suo Amico, il suo Compagno d’armi, il suo…

 

Aragorn scosse la testa, cercando di allontanare quei pensieri. Non poteva continuare cosí, non doveva! Lui amava Arwen, solo lei! Non c’era posto per nessun altro nel suo cuore!

Si passò una mano sul viso e chiuse gli occhi.

Era sfinito.

Era stanco della guerra, delle lotte tra quelli che dovevano essere alleati, ma soprattutto di quei pensieri che lo tormentavano, senza lasciarlo un attimo. Avrebbe voluto dormire. Dormire davvero peró, senza quegli incubi che agitavano le sue notti. Senza quei sogni incomprensibili che avevano sempre Legolas come protagonista e che lo facevano svegliare di soprassalto, con addosso un’agitazione ben diversa. Non sapeva neanche piú per che cosa stesse lottando.

Che cosa lo spingeva ad affrontare ogni nuovo giorno?

Davanti a sé vedeva solo ombra.

Ombra e morte lo attorniavano in ogni momento, rendendolo cieco e spaventato.

 

All’improvviso un guizzo dorato catturó la sua attenzione. Alzó lo sguardo e vide, sul portico davanti a lui, la sagoma slanciata di Legolas percorrere il corridoio. Lo guardó attentamente e subito i cupi pensieri che lo avevano invaso fino a pochi istanti prima scomparirono. La speranza tornó a fiorire nel suo cuore e la gioia e l’amore tornarono ad illuminare il suo sguardo.

Continuò ad osservare l’Elfo e lo vide fermarsi e girarsi dalla sua parte. Vide il suo volto impassibile addolcirsi e trasformarsi in un sorriso che gli faceva quasi male al cuore. Aragorn sorrise a sua volta con il cuore gonfio di commozione, sensazione che provava ormai tutte le volte che Legolas gli sorrideva, o gli parlava a voce bassa…  Una voce dolce che a lui sembrava ricca di promesse.

Gli fece un breve cenno di saluto e lo guardó allontanarsi, fino a che scomparve dietro un angolo. Sospirando e un po’ amareggiato, Aragorn appoggiò  la testa al muro, sistemandosi meglio sulla panca, e chiuse gli occhi. Doveva far dimenticare al proprio corpo il breve attimo di euforia che lo aveva invaso.

 

...........

 

Vennero attaccati all’improvviso.

Avevano appena avuto il tempo di radunare i cavalieri e correre incontro al nemico, lasciando dama Eowyn a condurre la carovana del popolo di Rohan in salvo, fino al fosso di Helm. Avevano combattutto ferocemente, con rabbia, con disperazione, con le immagini dei campi e villaggi distrutti negli occhi e nel cuore. Ma le perdite erano state molte anche tra le loro file. Troppe per pensare di resistere ad un altro attacco.

Legolas si guardò intorno: aveva perso di vista Aragorn quando l’ultimo orchetto aveva cercato di colpirlo alle spalle. Se ne era liberato facilmente, ma quando si era rigirato per controllare se il compagno stesse bene, non l’aveva piú visto. Si mise a chiamarlo, gridando il suo nome e cercando di sforzare il suo sensibilissimo udito nella speranza di una risposta.

 

“Aragorn!” Gimli si uní alle grida sempre più disperate del suo amico. Ma nessuno rispose ai loro richiami.

Un orchetto, a pochi passi dal nano, si mise a ridacchiare col poco fiato che ancora gli rimaneva. I due si avvicinarono rapidamente e Legolas lo afferró per il collo, sollevandolo e fissandolo con sguardo minaccioso e furente.

 

“Dov’è?” gli chiese, con voce carica di rabbia e paura.

 

“Diccelo, e ti faciliteró il trapasso.” Aggiunse Gimli brandendo l’ascia.

 

“Morto. Ha fatto un piccolo capitombolo giú dal dirupo.” Rispose con voce sottile e sgraziata quell’essere viscido.

 

Legolas sentí un dolore fortissimo al petto che gli tolse il fiato. Afferró piú forte l’orchetto e lo scrolló con forza, incredulo.

 

“Tu menti!” gli sibiló in faccia.

 

Ma l’orchetto emise nuovamente una risata gracchiante e morí. Legolas lo guardó, non riuscendo neanche a pensare. Nella sua mente sentiva rimbombare ancora quella parola.

Lo sguardo gli scivoló verso il basso e solo allora si accorse che l’orchetto teneva qualcosa stretto nella mano. Gliela aprì e quello che vide lo gettó nel panico. Perfetto, in quella sudicia mano, splendeva debolmente l’Evenstar, il gioiello che Arwen aveva donato ad Aragorn come pegno d’amore.

Si rialzò di scatto, preso da un’ansia febbrile, e corse fino al bordo del dirupo.  

 

Rimase cosí, immobile, a fissare l’acqua di un fiume che scorreva tumultuosa sotto di lui. Cercava di pensare, di trovare una minima traccia che gli indicasse che Estel fosse ancora vivo.

Il dolore al petto si accentuò e iniziò a respirare con forza, mentre tutto intorno cominciò a perdere contorni definiti. Avvertì appena che qualcuno gli si era avvicinato e gli stesse parlando. Non riusciva a sentire, non riusciva a vedere, non riusciva a pensare. Avvertì una mano sulla spalla e allora si giró.

Con gli occhi sbarrati, increduli, e la bocca socchiusa per cercare di respirare, per la prima volta in vita sua si sentiva completamente perso.

Re Theoden gli strinse affettuosamente la spalla, come insegno di conforto. Anche lui aveva perso numerosi amici e sapeva il dolore e il senso di smarrimento che si provava.

 

Legolas rimase ancora a fissare il fiume, sconvolto.

Non era possibile.

Se Aragorn fosse davvero morto, allora lo sarebbe stato anche lui. Non sarebbe sopravissuto alla perdita della sua metá. No, non poteva essere vero... non poteva essere morto!

Legolas si riscosse, cercando di farsi coraggio, mentre una debole speranza si accendeva nel suo cuore. Lanció un ultimo sguardo al fiume, mormorando una preghiera ai Valar perché riportassero da lui il suo Amore sano e salvo.

 

L’arrivo al Fosso di Helm fu quanto di piú penoso potesse accadere. I cavalieri superstiti entrarono mestamente, col capo abbassato, il viso stravolto dalla fatica e dal dolore. Furono accolti da familiari e amici, e dalle grida di dolore di quanti non ritrovavano i propri uomini. Legolas cavalcava in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto, i lunghi capelli che gli ricadedvano scomposti davanti il volto abbassato, nascondendolo alla vista di tutti.

Ad un tratto percepì qualcosa: una presenza forte lo  stava fissando.

Alzò lo sguardo, anche se controvoglia, e i suoi occhi incontrarono quelli ansiosi della Bianca Dama. Arod rallentó fino a fermarsi, ma l’Elfo quasi non se ne accorse, mentre qualcuno aiutava Gimli a smontare. I suoi occhi rimasero incatenati a quelli della donna, comunicando silenziosamente con lei.

 

Eowyn li aveva visti arrivare ed era scesa di corsa dalla torretta dove era rimasta fino a quel momento. Avvertiva una brutta sensazione e voleva assicurarsi che i suoi cari stessero bene.

Quando era arrivata nel piazzale, era rimasta subito colpita dall’esiguitá dei superstiti. I suoi occhi avevano subito cercato il suo amato zio, che non appena la vide la salutò, poi, colta improvvisamente dall’ansia, aveva cercato i suoi nuovi amici. Aveva visto subito la capigliatura dorata di Legolas risplendere al sole e vi si era diretta con un sospiro di sollievo. Ma quando l’Elfo aveva incrociato il suo sguardo, il corpo di Eowyn si paralizzò. Immobile e in silenzio, continuava a fissarlo, mentre attorno a lei le persone si muovevano freneticamente e le famiglie si ritrovavano.

 

Nello sguardo di Legolas Eowyn leggeva solo dolore e paura. La dama di Rohan conosceva  ormai bene l’elfo. Sapeva cosa albergava nel suo cuore e sapeva che solo una cosa poteva far comparire quell’ansia diperata, quell’aria di smarrimento totale nel suo sguardo.

Tremante, allungò una mano verso di lui, non credendo a quello che quegli occhi le stavano dicendo. In quel momento, Gimli le passó accanto e le si fermò di fronte, inchinandosi velocemente.

L’incanto fu spezzato. Eowyn abbassó lo sguardo sul guerriero e gli chiese, con la voce che le tremava per la paura:

 

“Sire Aragorn......dov’é?”

 

Gimli la fissó per un istante, poi abbassó lo sguardo a terra, mentre gli occhi gli si riempirono di lacrime che voleva nascondere.

“É ....caduto…” bofonchió, poi si allontanó velocemente verso l’interno della fortezza.

 

Eowyn vacilló. Chiuse gli occhi, cercando di reprimere le vertigini che l’avevano colta improvvisamente. Si portó una mano tremante alla bocca per soffocare l’urlo che minacciava di lasciarle la gola.

 

“É ancora vivo.” Le disse una voce nella sua mente.

“Io so che é cosí. Non sarei qui se fosse morto.” Continuó quella voce dolce e determinata.

Ewoyn aprì di scatto gli occhi e di nuovo il suo sguardo fu incatenato a quello dell’Elfo di Bosco Atro.

Vi lesse dolore, certo, ma anche speranza e questo la rincuorò.

Un sorriso appena accennato le si disegnó sulle labbra, specchio di quello che aleggiava nel volto di Legolas.

Sorrise, sì, ma la debole fiamma della speranza che albergava nel suo cuore doveva lottare contro la paura di morte che permaneva nella sua mente.