.|. Tourniquet .|.

1. Anlaime (Arazzi)

~  

 

C’era sempre vento. Sempre.

Rohan era stata eretta sopra una collina brulla, l‘erba gialla spuntava qua e là e sembrava creasse un sentiero. Tutta la landa in mezzo alla quale sorgeva Rohan era così. Gialla ed infinita, se non fosse stato per quelle due montagne che la racchiudevano ad ovest ed est. Ogni giorno, il sole accarezzava la cima della montagna ad est e la svegliava col sussurro del vento. Vento da est, vento di speranza. Partiva dalla cima di quella montagna, volando leggero e silenzioso, sibilando a bassa voce, poi prendeva la rincorsa e ne percorreva i fianchi, accarezzandoli con una trasparente gentilezza, correva, rimbalzava e giù! Tuonava ed urlava come un adolescente che brandisce la sua prima spada di legno per giocare. Prendeva la corsa e saltava dalla montagna. Si trovava davanti quell’immenso campo giallastro e si sentiva libero. Soffiava, turbinava, cantava e strillava gioioso, sollevando la terra arida come sabbia e facendola turbinare in mille mulinelli dorati. Ma Rohan non tremava né vacillava. Aveva piantato le sue salde radici di legno e pietra nella dura terra e ne succhiava la vita, tenendosi stretta quasi disperatamente per paura di volare via e di rimanere un vago ricordo.. come il nitrito di un cavallo disperso nel vento.

Un vento magico,mistico… nitrente e garrente, galoppante e selvaggio, che scompigliava le code e le criniere dei cavalli ruminanti nelle stalle.

La collina proteggeva la città, e la città copriva la collina come un mantello. Si sostenevano a vicenda, proteggendosi dal vento un po’ brillo. Un vento ubriaco che proveniva da Lorien e dai suoi alberi d’argento, s’inebriava e riempiva di canti elfici e del dolce profumo delle foglie e dei fiori del Niphrodel. Poi scendeva nella foresta di Fangorn, e lì s’insinuava scherzoso tra i rami delle piante antiche. Passava le montagne scavalcando Isengard come se la torre di Orthanc fosse alta quanto uno stuzzicadenti. Si spandeva nell’ Enedwaith ebbro del profumo di foglie delle foreste attraversate e fresco della neve del passo del Nan Curunir. Allora sembrava tornasse indietro, costeggiando gli Ered Nimiras, li carezzava dolcemente, osservandoli con occhi innamorati. Si riposava sulle cime degli Halfirien e poi arrivava, finalmente, ad Edoras e la colpiva in pieno.

Carico di profumi, di sensazioni, di ricordi… di desideri.

Tutti questi fantasmi di persone passate, anime intrappolate tra in capelli del vento, accarezzavano dolcemente la pelle di un elfo, seduto sul bordo della scalinata del bellissimo palazzo d’oro di Medusel. I capelli biondi erano intrappolati in una coda, legata con un laccio azzurro, ma nonostante questo qualche ciocca cercava di librarsi in volo, bionda e chiara come la piuma di un angelo. Il vento, accanto a lui,sembrava quasi si fermasse, lo accarezzasse dolcemente, sfiorandone gli zigomi e guardandolo con occhi desiderosi. Desiderosi di immergersi in quella pelle profumata, che sapeva di vaniglia e miele, che sapeva di libertà e di ribellione.

Legolas leggeva, o meglio, cercava di farlo, perché quel vento birichino voleva derubarlo del foglio sottile, per guardarlo e farlo ammirare alla terra, sventolandolo qua e là come fosse un trofeo.

No, Legolas non sarebbe rientrato nel palazzo. Mai.  Nemmeno se il vento lo avesse malignamente spinto giù dalla gradinata alta e solida, nemmeno se il vento stesso avesse iniziato a colpirlo e graffiarlo.

Non lo sopportava, il palazzo. Era più forte di lui. Quella solida struttura di pietra e legno lo opprimeva. Anche se il sole stava alto in mezzo a quel cielo terso dalle nuvole, dentro Medusel regnava il buio. L’ombra stendeva maligna le sue mani dentro ogni stanza, poggiava le scheletriche dita sulle spalle coperte degli abitanti e ne gelava il respiro, che si evolveva in tante nuvolette. L’oscurità si era accorta dell’elfo, quell’unica volta ch’egli era entrato per salutare Re Theoden. L’aveva notato, si era svegliata dal suo sonno e si era avvicinata, sensuale e sinuosa come il vento stesso che cavalcava.

Ma lui si era protetto. Si era avvicinato a Gandalf e l’ombra aveva temuto quel vestito lindo e liscio. Ma l’ombra lo desiderava. Voleva attanagliarlo, voleva strozzarlo e voleva impedirgli di illuminare ogni cosa solo col suo sguardo color del cielo.

Non si era avvicinato ad Aragorn.

No, non ce l’aveva fatta. Già un’altra stava accanto a lui. Eowyn di Rohan, la nipote di Theoden. Legolas non la temeva, ma la sentiva fredda, gelida dentro. Una donna vuota. Svuotata da anni di disperazione. Bella, certo, ma fredda e solitaria, pungente, distaccata…

Aragorn, invece.. come lo ricordava bene. Caldo, quel calore dell’onore, quel calore che ribolliva nelle vene degli uomini, che tanto si scaldavano per la loro vita tanto breve… Lo aveva sfiorato varie volte, e aveva sentito.. qualcosa. Non sapeva bene cosa. Aveva sentito il cuore accelerare i battiti,veloci e tamburellanti, impazienti. Le mani si rendevano umide, la gola secca.. lo sguardo provava ad intingersi in quello chiaro di Aragorn… Il Re.

Il re.. di Gondor. Legolas alzò lo sguardo dal foglio e perse gli occhi nella landa brulla e desolata che avvolgeva Rohan. La sua mente camminò lungo gli Anorien, scavalcò il monte Mindolluin e restò impigliata tra i rami dell’ Albero Bianco. Vide Aragorn… vestito di nero. Una splendida corona poggiata delicatamente sulle sue tempie, che gli stringeva i capelli scuri e morbidi, in mille onde castane. Camminava lento e maestoso per il bianco giardino di pietra. Bello, splendente, guardava il suo regno prosperoso e ascoltava il chiaro suono di trombe che il vento gli portava in dono.

Legolas schiuse le labbra, si rilassò completamente e il suo corpo si fece coccolare dal vento. Vedeva Aragorn, e tutto gli bastava, voleva tenere quella visione davanti a sé per sempre… Poi, dalla nera porta d’ebano del palazzo, usciva una figura femminile, avvolta in un abito bianco e svolazzante alla brezza leggera, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia. Teneva per mano un bambino, piccolo, che faceva fatica ad arrivare alla mano della propria madre.

-Arwen… Undomiel….-

mormorò Legolas, la voce gli tremava… gli occhi gli si annebbiarono di lacrime… sentiva come se volesse affogare lì, nel proprio pianto… Arwen… e… Eldarion….e…

-Aragorn…-

la voce uscì dalle labbra di Legolas come un gemito,quasi un’implorazione, un tacito richiamo che gli affiorò sulla bocca sottile. Piangente desiderio impossibile.

-Aníron le Aragorn…-

una lacrima gli corse incontro, andando a morirgli sulle labbra. Leggermente salata, ma allo stesso tempo tanto amara, amara e pulsante come quella ferita, quello squarcio che Legolas si sentiva dentro. Gliel’aveva aperto Aragorn col suo sguardo… quella notte… a Fangorn…

Prima di quella, Legolas sentiva semplicemente un rosicare nel fianco, ogni volta che guardava Aragorn. Il rosicare si intensificava al suo tocco, s’ingrandiva e lo divorava… era passeggero…

Ora no. Ora era perenne. Ora il corpo di Legolas fremeva ad ogni carezza del vento, perché tanto desiderava che fossero le mani del Re; ogni volta che udiva un sussurro, il cuore gli saltava in gola perché tanto desiderava fosse il suo Re a sussurrargli all’orecchio.

Era strano, questo suo comportamento. Quando era giunto a cavallo a Granburrone, non si aspettava che tutto ciò sarebbe successo. Non credeva nemmeno che sarebbe stata unita una Compagnia. Prima era silenzioso, deciso, non faceva mai trasparire un sentimento sul suo volto. I suoi occhi erano azzurri e limpidi, come un lago tranquillo. Ora, ad ogni minimo alito di vento, il lago s’increspava di onde, e lui non riusciva a trattenersi.. gli tremava il respiro in gola, desiderava scomparire, diventare albero, tramutarsi in pianta e non fremere mai più se non per i baci del sole.

Conosceva Aragorn da lungo tempo, ma non gli si era mai avvicinato troppo.

Solo.. una notte… quando Aragorn aveva a malapena trent’anni…

Legolas accarezzò con tenerezza il suo ricordo. Lo conservava da anni nel suo cuore, come una gemma dal sapore del polline.

Da quella notte, l’amicizia aveva stretto intorno a loro due le sue funi di corda dorata e loro non avevano mai fatto nulla per sfibrarle.

Si trovavano allegri nelle notti d’estate, nei giardini illuminati di Granburrone. Aragorn esagerava sempre con il sidro, e toccava a Legolas riportarlo (o meglio, trascinarlo) fino nella sua stanza, caricandoselo sulle spalle.

Legolas sbuffò un sorriso e si asciugò una lacrima con un dito. 

Dentro di lui avvenne tutto in un attimo. Si accese una fiamma.

-I le moka!

Sibilò a labbra strette.

-Ti odio….

Lo ripeté ancora, se lo disse dentro, lasciando che quelle due parole rimbombassero col frastuono della tempesta, che lo sconvolgessero e scacciassero via ogni desiderio. Lo odiava. Ma lo desiderava.

Lo odiava proprio perché lo desiderava. Non poteva averlo e lo odiava. Non poteva essere felice, ed era tutta colpa sua.

“laume anta lyaa indo an weo, Legolas… Mai dare il tuo cuore ad un umano, Legolas. Non farà altro che dividerti. Ti spezzerà in due parti, ti scorderai chi sei…

Lo amerai e lo odierai perché lo vuoi… ma non potrai averlo. Non farti divorare dal questo desiderio impossibile… enyala sina…

estelio mii sina…ricorda questo.. credi in questo…”

Galadriel aveva ragione. Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Non poteva più ritirarsi… sia l’odio che il desiderio erano così brucianti dentro di lui.. sembrava volessero farlo esplodere, pulsavano ogni notte nei suoi sogni agitati, lo tormentavano e gli giocavano brutti scherzi.. era disattento, desideroso di guerra.

Oh, sì…..

Solo la guerra sembrava dargli sollievo. Metter mano all’arco, sentire il legno contro la propria pelle.. accarezzare la freccia, tenerla con due dita… Solo l’arco gli dava sollievo. Incoccava la freccia con la stessa delicatezza con la quale voleva accarezzare Aragorn.. e la scagliava con tutto l’odio che aveva in corpo; scaricava la fiele dentro quell’anima sottile di legno e la guardava volar via, godeva dei gemiti che procurava e catturava l’ultimo respiro che portava ad esalare. Si sentiva crudele. Si sentiva spietato. Il suo corpo si adattava alla guerra, ne esprimeva il bisogno.. eccitazione di sentire urla agguerrite, bramosia del caldo del sangue…

-Man na i umy? I lantane… minna morie…. Minna nuurhuine… (Cosa sto facendo? Sto cadendo.. nell’ombra, nell’ombra della morte…)

Morte… quelle cinque lettere sembravano così dolci in quel momento… l’ombra, il freddo…il niente…

Si alzò in piedi e aprì le mani, allargando le braccia e buttando la testa all’indietro. Sciolse i capelli e si sentì libero. Le mani dell’aria lo abbracciavano e lo accarezzavano, il fresco della mattina lo baciò dolcemente e spasmodicamente, come si fa con un fratello appena ritrovato. Il foglio gli volò via dalla mano e si librò seguendo il vento che lo leggeva e strapazzava.

Inspirò profondamente. Si sentiva bene, si sentiva felice. Avrebbe potuto pregare i Valar… e lo fece. Pregò come solo gli Elfi sanno fare, aprendo i propri pensieri alle stelle, cercando di urlarli così forte perché i Signori delle loro Aule li sentissero, gridando sempre più forte… i respiri quasi una canzone, il corpo di Legolas sembrava scomparisse, portato via dal vento mentre stringeva gli occhi e cercava di urlare…

“Lasciatemi qui.. per sempre… tramutatemi in colui che può sentire il vento per l’eternità… lasciatemi qui. Fatemi vivere senza pensiero, fatemi vivere senza… di….”

Non ne ebbe il coraggio. Non volle nemmeno pensare quel nome… Aragorn… Se l’avesse pronunciato il Desiderio si sarebbe svegliato dal suo debole sonno e l’avrebbe attanagliato. Però cambiò il suo canto, cambiò preghiera… il Desiderio si era risvegliato e fingeva di cantare, invece bruciava.

“Datelo a me… datelo a me che lo voglio, datelo a me perché è il lato che mi manca, quella parte di anima ch’io anelo… lo desidero… lo desidero come desidero l’acqua, il sole, l’erba e la freschezza della mia foresta…

Datelo a me… Per scalare l’Erebor mi ci vuole un giro di sole… perché per avere lui mi ci vuole la vita? E’ la mia vita che volete? Prendetela ora!”

Lo urlò dentro sé stesso, chiamando i Valar a gran voce, anelando una risposta come anelava l’aria. Stava lì, a braccia aperte, respirando la sua libertà passeggera…

-Legolas…..?-

L’elfo trasalì, il suo viso già latteo si fece ancora più bianco,mentre le guance si tinsero di un rosso intenso…. Immaginò di vedere sé stesso con gli occhi del ramingo che era appena spuntato da dietro le sue spalle. Stava lì, a braccia aperte, in piedi col viso rivolto verso il cielo e il corpo accarezzato da quel vento così strano… Lentamente, Legolas abbassò le braccia e le rimise lungo i fianchi, disciolse i muscoli delle gambe e aprì gli occhi girando la testa.

Oh, Valar…. Legolas… perché diamine sono venuto a cercarti? Sono confuso e tu non fai altro che disorientarmi…

Pensò Aragorn non appena lo vide. Si sentiva così invischiato nella sua umiltà di mortale… Inferiore ad una creatura così bella… bella al punto di volerla avere solo per sé, di volerla stringere spasmodicamente, o semplicemente di volerla…

Legolas si raccolse i capelli nel suo laccio azzurro e sorrise dolcemente.

Aragorn si incantò nel guardarlo. Solo Legolas era capace di donare agli occhi dell’Uomo quel sorriso.. sereno e luminoso, come un sole che spuntava assonnato dalla linea dell’orizzonte. Dolce quanto l’acqua fresca la mattina, che scava nel tuo sonno chiuso e ti apre alla giornata. Bello… quasi soffuso in ogni dove, come il rumore dell’onda spumosa, morbido quanto il tocco dell’erba.

Mi sento egoista, guardandoti… e disperato.

Non ti avrò mai…

-Umy le maure aenat? (hai bisogno di qualcosa?)

-Er lyaa ooma… lyaa maur… (solo del tuo aiuto, della tua presenza.)

Legolas sorrise ancora. Gli piaceva sentirsi utile. Soprattutto con Aragorn.

-So che ti disorienta.. ma preferirei che tu mi seguissi dentro il palazzo.

Disse Aragorn timidamente, schiarendosi la voce a metà frase. Il viso di Legolas cambiò repentinamente: scomparse il bel rossore che aveva sulle guance, e la sua pelle si fece bianca, quasi cerulea, mentre spalancava gli occhi, intrisi di terrore.

I respiri di Legolas si fecero più veloci, spaventati, e Aragorn s’accorse che l’Elfo stava stringendo forte i pugni.

-…Cosa ti spaventa…. Di Medusel?…-

-Nulla. Fammi strada…-

si decise l’Elfo. Le paure vanno combattute, ed un guerriero che si rispetti non deve avere assolutamente alcun timore. Doveva ridere anche in faccia alla morte. E Legolas sentiva che, dentro Medusel, gli sarebbe accaduta qualcosa… ma non sapeva cosa.

Aragorn annuì lentamente e gli volse le spalle.

Mi spiace… so che.. ti fa male. Ma io ho bisogno di te. E non posso starmene fuori.. vederti… dove tu vuoi. Devo rinchiuderti, o finirò con l’…… innamorarmi di te…

Devo costringerti a racchiudere il tuo essere, non entrare dentro di me, ti prego…

Non odiarmi, amico mio. O finirò con l’amarti.

Entrarono nella sala grande, dove una finestra sopra al trono del Re gettava una luce fantasma, soave e leggera, ma spaurita dentro la sua costituzione pallida, intimorita dalle solide mura di pietra e legno intagliato. Aragorn fece per proseguire, ma sentì i passi di Legolas fermarsi al centro del salone.

-Aragorn…. Ti prego… non andiamo oltre…-

gemette l’elfo. Un tono spaventato si era insinuato nella sua voce. Tremava la voce stessa. Anche Aragorn venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena, ma non era a causa della poca luce. Amava il modo in cui Legolas pronunciava il suo nome… “Aragorn… aaarraagooorrrrrn”. In bocca a lui, quel nome non sembrava così maledetto, così inutile ed effimero, così sporco come la sua dinastia, così rude per tutte quelle “erre” e così…mortale.

Pronuncialo ancora… dimmi come mi chiamo.. fammelo dimenticare e poi riscoprire…

Decise di fermarsi. Con lo sguardo cercò due sgabelli, ma Legolas sembrava avere tutta l’intenzione di starsene in piedi. Sentiva che se si fosse accomodato, l’oscurità lo avrebbe fiutato e sarebbe accorsa a sussurrargli parole sensuali all’orecchio.. l’avrebbe fatto stendere e controllato, derubato del calore… Fu così che si ritrovarono uno avanti all’altro, Aragorn seduto e Legolas in piedi, stretto su se stesso e attento, lo sguardo color del cielo immerso in quello di ghiaccio del ramingo.

Sono contento che tu mi abbia cercato. Perché altrimenti l’avrei fatto io… e non so se… sarei riuscito a… restare freddo…

-Goston tan i pêl  minno i…. (Temo quello che sta succedendo dentro me…)

-Cosa sta succedendo… dentro te?-

mormorò Legolas un po’ vergognoso… con quelle parole “dentro te” gli sembrava di avere un rapporto con Aragorn… entrare dentro di lui in una maniera che non aveva mai pensato… un qualcosa di forte… di prorompente….

-Sono disorientato, Legolas. Non conosco il mio destino, o meglio… non lo capisco. Se è vero il fatto che dovrò guidare gli Uomini contro il Male.. allora perché mi sento così… impotente? Se è vero che dovrò passare il resto dei miei giorni con una corona in capo e.. Arwen Undomiel al mio fianco… Perché non desidero nessuna delle due?-

A quelle ultime parole, Aragorn affondò lo sguardo negli occhi di Legolas, quasi cercando di trovare in essi una risposta… berla e sentirsi libero da quelle ombre nella sua testa. Legolas fu attanagliato da un pensiero che gli sembrò così morboso…

Non desideri Ancalima Undomiel… ma allora nel tuo cuore chi dimora? Lady Eowyn? No…Chi porti con te a letto, Aragorn? Chi cerchi nel tuo petto per consolarti? Evenstar ora è solo un fardello? Potrei asciugare io le tue pene? Potresti.. desiderarmi come anche io desidero te… o la mia è solo una vana, uumea  el? (vanesia stella)

-Io non…-

-Legolas, sto sentendo qualcosa.. sto cambiando. E tu che sei un Eldar dovresti sentirlo… Sto diventando freddo… insensibile…

-Non puoi dire questo. Tu sei destinato…

-Destino?-

Saltò su Aragorn con un’espressione quasi furiosa: il collo teso, gli occhi stretti.

-Cos’è il destino se non un ulteriore peso sull’anima?

-Dici così solo perché stai attraversando un brutto momento. Non lo credi. Lo so.

-Tu non sai nulla di me.

-Allora.. insegnati a me. Spiegati. E solo in questa maniera potrò confortarti.

-Non cerco conforto.

-Cerchi risposte che non posso darti. E mi sembri nervoso. La tua bocca non ha fatto altro che emettere scempiaggini in questi pochi minuti. La tua mente è forse in vacanza o in ritiro militare? Se ti chiedessi una qualsiasi cosa nella quale tu usualmente credi, molto probabilmente non faresti altro che stravolgerla, ora.-

Legolas parlava con un tono pacato, cercando di mantenere la calma. Perché Aragorn si comportava così? Cosa gli era successo? Non aveva mai parlato in quella maniera.. così… distaccata, diffidente…

-Tu parli ma non concludi, Legolas.

-Mi stai forse dando dell’insoluto?

-Appellare è limitare. Voi Elfi non avete confini.

E pronunciò l’ultima frase quasi con derisione. Legolas si sentì molto ferito. Aragorn sragionava, certo. Ma non aveva mai osato criticare la Stirpe dei Luminosi. Mai.

-Cosa vuoi insinuare?

-Io non insinuo mai, Legolas. Faccio accuse precise.

Legolas si sentì ribollire. Il desiderio verso Aragorn, la stima, la dolcezza.. svanirono tutte in un lampo. L’uomo si era trasformato e non era più il coraggioso e onorevole ramingo di poche ore prima. Era ottuso, chiuso e irriverente. Legolas avrebbe voluto urlargli in faccia non so quante maledizioni, ammonimenti, voleva andarsene ma non ne sentiva la forza…

-Sto iniziando a non credere più in niente.

-E l’arte?

-Una malattia.

-L’amore?

-Un peso e un’illusione.

-E L’ONORE? Quello in cui credi? Ciò per cui combatti?

-Un surrogato della moda della fede.

-Sei uno scettico.

-Per carità! Lo scetticismo è il principio della fede.

-Dammi un filo da seguire…

-I fili si spezzano e potresti perderti nel labirinto.

-Mi inquieti, parliamo di qualcos’altro…

La discussione si fece sempre più animata, Legolas era indignato.. si sentiva bollire di rabbia.. gli avrebbe volentieri portato le mani al collo e l’avrebbe strozzato… Elbereth quanto lo odiava in quel momento..

-Voi Eldar credete sempre di poter raggirare gli ostacoli. Non è così la vita.

-CHE NE SAI TU DELLA VITA? Sono 2931 anni che tengo piede su questa terra ed ho sofferto pene che tu nemmeno immagini. Non puoi permetterti di giudicare la stirpe che ti ha allevato solo perché stai attraversando un momento di follia! Non ho intenzione di ascoltare un bamboccio come te! I LE MOKA, ARAGORN! -

E fece per andarsene, ubriaco di rabbia e trasudante odio per quel lato di quell’uomo che era sempre stato così desiderabile… non lo riconosceva più ed aveva paura. Paura di perdere quello che amava di più. Non erano tanto le parole del compagno a ferirlo, quanto la loro durezza, la loro assenza di fede e calore, la loro obliquità…

-ARRIVERà IL GIORNO- urlò Aragorn in preda al furore –ARRIVERà IL GIORNO IN CUI MI GRAFFIERAI LA SCHIENA URLANDO CHE NON CE LA FAI PIU’! Poi mi pregherai di andare avanti ancora.. e ancora… e ansimerai…-

gli occhi gelidi di Aragorn lo trafissero e Legolas si sentì come immobilizzato… il sangue gli ribolliva nelle vene, non riusciva a controllarsi, avrebbe voluto sentire il collo di Aragorn stringersi sotto le sue mani… farlo smettere…

-COME OSI!-

e Legolas si avventò contro di lui sguainando dalla cintola un pugnale affilato, ma quando gli fu davanti, Aragorn lo bloccò, lui rallentò…

Vicini.. non si erano mai trovati così vicini… la mano di Aragorn sembrava puntasse in altri luoghi invece che alla schiena dell’elfo.. Si potevano specchiare l’uno negli occhi dell’altro… i loro respiri carezzavano le loro labbra… come lo desiderava.. l’odio stava andando a tramutarsi in desiderio…. Folle, perverso, cattivo ed inevitabile.

Con un movimento repentino, Legolas spinse la testa dell’amico all’indietro, avvicinandosi pericolosamente al suo collo…

-SOLO i Valar sanno quanto desidero.. tagliarti.. la gola, ora…

-FALLO.

Legolas guardò Aragorn e rabbrividì. Quella parola, quella specie di comando sembrava venisse da un contesto lontano.. sembrava spuntasse da i gemiti di un uomo in preda alla passione e alla foga dell’amplesso… sembrava fosse un esortazione a ricevere di più… al volere… pulsante… Legolas avvicinò il pugnale al collo dell’amico… voleva fargli credere di esserne capace, ma il suo corpo andava in un’altra direzione ben diversa.

Ad un tratto, le mani di Aragorn scattarono verso il bacino dell’elfo e lo spinsero contro di sé.

Legolas riuscì a trattenere un gemito misto tra sorpresa e soddisfazione.. non aveva mai sentito il corpo di Aragorn così vicino… caldo… passionale… sentiva il ramingo premere contro di lui… Accaldato e magnifico… Desiderava continuare il contatto, restare stretto contro Aragorn per l’eternità… avrebbe voluto sentirsi libero di muoversi contro di lui.. dire ad Aragorn cosa davvero provava… vederlo dischiudere le labbra, sentire il suo respiro… Le mani di Aragorn scivolarono verso il basso…

Quell’attimo così intenso gli annebbiò la vista.   

Un altro istante e non si sarebbe più controllato… e avrebbe buttato Aragorn sulla tavola, lo avrebbe soddisfatto davanti a tutti… Capì cosa lo spingeva verso quell’uomo…

Non poteva restare lì… il desiderio stava prendendo possesso del suo corpo e se Aragorn se ne fosse accorto…? Si staccò con un gesto brusco, l’amaro in bocca… voleva uscire da quel palazzo. Dannato, dannato!

Yesta i le, Aragorn.. naa i uume merne le... (Provo desiderio per te, Aragorn... ma non posso averti…)

-Alla stanza degli arazzi, Legolas. L’unica luminosa del castello. Nell’ala est. Se veramente pensi ciò che hai detto, fatti trovare lì .-

Legolas fece finta di non ascoltarlo.. non VOLEVA ascoltarlo.. ancora la voce dell’uomo nella sua testa rimbombava.. “fallo… fallo oh, Legolas fallo…” lo schifava e lo gratificava allo stesso momento. Gli piaceva sentirla dentro di sé… lo disturbava…

-Al calare del sole, Legolas. –

Aragorn urlò ancora. Sulle labbra del ramingo stava un sorriso che traspariva la sicurezza dell’uomo sul fatto che l’Elfo sarebbe venuto.

So che ti spaventa… ma devi sapere…

Legolas aveva sentito. Oh, se aveva sentito. In un primo momento non se ne accorse, ma aveva le guance bagnate di lacrime.

Lacrime di rabbia, di tristezza, di gioia per aver scoperto che anche Aragorn… e se fosse stato solo… Avrebbe fatto male a… Cosa sarebbe…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

Si portò le mani alla testa, premendo i palmi sulle orecchie appuntite per non sentire nulla.. quella voce.. veniva da fuori o dentro di sé? Quella voce era vera o era solo la sua perversa immaginazione a crearla? Una lacrima gli stava scendendo dolcemente lungo il collo.

Uscì di filato dal palazzo, ritrovando quel vento pazzo ad accoglierlo con mille soffi e sbuffi freschi. Girò l’angolo dei gradoni del palazzo, camminando sull’orlo. Chi l’avesse notato, certamente sarebbe stato col fiato sospeso per paura di vederlo cadere, ma lui seguiva il suo bordo dritto. Era un po’ come una maniera per calmarsi… spostare la mente sul fatto che non doveva cadere. Si sedette su un angolo, a guardare quel lato di Edoras che non aveva mai curato più di tanto. Il lato aperto, quello sconfinante nella prateria stepposa di Rohan. Chiuse gli occhi e riprese quel suo contatto con la natura. Gli faceva bene. Sentì il vento tornare verso di lui, abbracciarlo e sollevarlo da terra… lo portò in volo. Lo lasciò in piedi, al limitare dei confini della città, dove stava una palizzata di legno massiccio… e basta. Non aveva fatto un viaggio poi così lungo. Perché si era fermato proprio lì? Quel sole così guardingo lo fissava dall’alto, come se volesse leggergli nella mente e risvegliare quei pensieri…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

No… no… non doveva tornare quella voce… aveva impiegato così tanto per farla andare via…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

Aveva bisogno di un bosco. Gli alberi lo calmavano. Ogni volta che sedeva su un ramo sembrava che l’intera struttura di foglie e legno si curvasse su di lui. Le foglie gli accarezzavano le gote e l’ombra fresca della chioma lo consolava. Quando le foglie frusciavano gli cantavano una dolce canzone che solo lui poteva sentire.

Ad un tratto, girò il viso, spaesato e…  il ramingo gli stava accanto.

Poggiava la schiena ad uno dei pali di legno, le mani incrociate e il viso basso, coperto da una cascata di onde fluenti e castane. Muoveva il piede sinistro come se volesse scavare una buca in quella terra arida.

-A.. a… Aragorn?

Sussurrò accorgendosi che la voce gli mancava tremendamente. La mente era completamente disconnessa… che diavolo ci faceva lui lì? Voleva tormentarlo ancora?

-Che… che ci fai tu… qui?-

ma lui non rispose. Lo fissava. In quegli occhi azzurri poteva leggere… qualcosa.. che lo spaventava.

Desiderio.

Un brivido gli percorse la schiena… non poteva essere.. cosa.. cosa gli stava accadendo? Aveva scuramente le traveggole! Voleva andarsene quando…

Aragorn si sporse in avanti e  si avvicinò a Legolas, prendendolo per un braccio.. aveva le mani calde…

-Scusami…

gli sussurrò dolcemente. Poi allungò una mano sul viso dell’Elfo e gli carezzò una guancia. Legolas sentì il cuore accelerare, batteva a mille, il sangue scorreva veloce per le vene, le mani umide… Perché gli succedeva così? Perché solo con Aragorn? L’uomo gli si avvicinò di più, si sporse in avanti. Legolas doveva tenere lo sguardo fisso negli occhi di lui? Lentamente, invece, abbassò gli occhi color cielo fino a giungere alle labbra dell’uomo. Doveva distogliere lo sguardo, lo sapeva, ma non ci riusciva… Sentì una mano di Aragorn carezzargli la coscia…fremette…si sporse ancora di più, il respiro gli lambiva le labbra sensualmente. Fu un momento velocissimo.

Aragorn si sporse in avanti un’ultima volta, poggiando una mano sulla nuca di Legolas e tirandolo a sé, intrappolandolo in un bacio. Prima a labbra chiuse… Legolas non sapeva come comportarsi.. doveva lasciarsi andare? Cosa mai sarebbe successo… il Ramingo gli bloccava il capo con una mano e gli stringeva le spalle con l’altro braccio, avvolto intorno a lui come un’ombra scura ed eccitante. Si staccò lentamente e lo fissò negli occhi.. poi li abbassò a sua volta sulle labbra dell’elfo e sembrava ricordasse quello che era appena successo.

-Aragorn… ma… (Aragorn… che…)

- Auta o quette… toi maaraer…(Basta parole, sono così inutili…)

lo fermò l’uomo poggiandogli due dita sulle labbra. Quel bacio era stato… caldo, anzi no, bollente, dolce, sensuale, dirompente, improvviso, inaspettato, piacevole… Aragorn si passò distrattamente la lingua sul labbro superiore. A quel gesto, Legolas si sentì attratto come non mai… quel bacio.. tanto veloce…  non bastava. L’elfo allungò una mano verso quel viso così mascolino e lo tirò a sé, baciandolo ancora. Prima piano, le labbra strette contro quelle del ramingo;poi le aprì dolcemente e lasciò che la lingua scivolasse incontro a quella di Aragorn, che lo accolse caldamente. Passionale, Legolas gli succhiò dolcemente la lingua e per tutta risposta Aragorn abbassò ambedue le mani verso l’inguine dell’elfo, gli aprì leggermente le gambe. Aragorn era eccitante al punto che Legolas gli si sciolse addosso, gettandosi su di lui in balia di quelle mani così calde, continuando a baciarlo come se fosse quella l’unica fonte di respiro…  L’uomo muoveva le labbra dolcemente, con lui, su di lui e contro di lui, lo fece appoggiare contro uno dei pali e sembrava lo volesse divorare. Legolas si aggrappò alla schiena del ramingo, mentre quello spostava le labbra sul collo dell’elfo e cercava di slacciargli la casacca… dopo qualche tentativo,le mani di Aragorn lasciarono stare i bottoni e scivolarono sui fianchi di Legolas…più giù, più indietro… premendolo con forza contro di sé.

Legolas stava lì a labbra socchiuse, gli occhi serrati al pari delle sue mani sulle spalle di Aragorn… non sapeva come… muoversi.. eppure gli sembrava tutto così naturale…

Si lasciò possedere per lunghi ed appaganti momenti, baciando ancora l’oggetto del suo desiderio. Lo strinse ancora, si avvicinò e sentì Aragorn muoversi contro di lui…

-En tulka....Aragorn….a..ah…. (più forte)

il Ramingo sembrava seguisse una via sua, usasse l’elfo come un oggetto… Lo guardava con quei suoi occhi glaciali, dello stesso colore del cielo che vegliava sulle cime del passo di Caradhras, lo baciava ancora… Quelle labbra calde segnavano il loro percorso sul collo di Legolas, le mani di ambedue avevano volontà propria.

Il corpo di Aragorn premeva con forza contro quello dell’elfo, divorato dall’eccitazione.Dalle labbra sottili di Legolas uscivano gemiti soffocati che, ogni tanto, Aragorn bloccava con baci veloci. Legolas ne voleva sempre di più, di più… Ancora ed ancora le loro labbra si incontrarono, e Legolas voleva che quei baci durassero per l’eternità… Aragorn tolse le braccia da addosso a Legolas e le poggiò sulla palizzata, bloccando l’elfo solo col suo corpo.

- Veela u le usin… (vediamo se scappi…)

-I voror… um ta… (Non lo… farei mai...)

ansimò Legolas mentre il piacere di Aragorn lo travolgeva. Continuava a stringere spasmodicamente le spalle dell’uomo per evitare che fosse lui a scappare.. e anche per evitare di scivolare in basso… In basso, ci andarono le mani di Aragorn, giù giù fino ai calzoni di Legolas. Slacciarono velocemente la cintura di cuoio che cadde a terra con un tonfo, poi armeggiarono un poco coi bottoni.

-Aragorn.. non… ah… non qui…. A… ah….

-Il desiderio non conosce luoghi…

Lo ammonì l’uomo tappandogli le labbra con la propria lingua. Legolas preferì tacere e continuare quel bacio, ma Aragorn stava nettamente esagerando…

-Aragorn.. mo… auta le…. Ara…. ( che.. fermati…)

ma non fece in tempo a finire la frase che il piacere lo travolse di sorpresa nel sentire le mani di Aragorn su di sé, chiuse gli occhi, buttando la testa all’indietro fino ad appoggiarla al palo di legno gemendo sommessamente, ansante e desideroso di rimanere così. Aragorn lo toccava ancora, esattamente dove Legolas voleva, mentre le labbra percorrevano il suo collo in ogni angolo possibile.

-Basta Aragorn.. smetti….

L’uomo lo guardò. Fisso… quegli occhi sembravano quasi taglienti, qualche ciocca di capelli era attaccata alla sua pelle e gli arrivava ad un angolo della bocca.

-Era forse un ordine?

Chiese sollevando le labbra in un sorriso malizioso. Legolas si chiuse i calzoni. Gli piaceva, ma era troppo.

-Sì.

E così dicendo si avventò contro Aragorn, sorprendendolo col bacio più forte che si fossero mai scambiati. Noncurante delle mani di Aragorn sui propri fianchi, premette con violenza la lingua dentro la bocca di Aragorn, soffocando i suoi gemiti di sorpresa e piacere. Aragorn rimase senza fiato, mentre la lingua di Legolas esplorava prepotentemente la sua bocca. Le mani dell’Elfo afferrarono il colletto del Ramingo, tirandolo a sé fin quasi a farlo sbilanciare.

Ad un tratto, però, a Legolas non sembrò più di sentire Aragorn stretto a sé.. solo.. aria..

Aprì lentamente gli occhi e si ritrovò sul gradino del palazzo, davanti a sé solamente una distesa di sabbia compatta e stepposa.

-Er oloore…. (solo un sogno)

Sussurrò tra sé e sé, mordicchiandosi un pollice per svegliarsi completamente. Voleva sentire dolore… un dolore più forte di quello che già sentiva dentro di sé… tristemente si dovette render conto d’essere nella realtà, dove Aragorn l’aveva stretto molto probabilmente solo per rabbia o per un giochino perverso che la confusione gli aveva dettato.

-MASTRO ELFO!

Legolas si drizzò da sedere ed irrigidì la schiena. Gimli apparve dietro di lui, con quella sua andatura pesante e barcollante, dovuta dalle gambette corte.

Davvero, Gimli era l’ultima persona (err… l’ultimo nano) che Legolas avesse mai voluto vedere. Non gli andava di mettersi a chiacchierare, e nemmeno mettersi a cantare o raccontare. Gli andava solo di piangere.

-Senti, mastro Elfo.. avrei bisogno di un consigl…

-No, Gimli. Non ora.

Lo fermò Legolas, ben deciso a troncare quell’inizio di conversazione. Se solo non fossero stati due membri della Compagnia, lo avrebbe appeso all’asta della bandiera che garriva davanti a Medusel. Il nano alzò un sopracciglio, sconcertato. Legolas di malumore? Succedeva assai raramente! A quell’elfo bastava che il sole splendesse per essere felice… valli a capire, gli Eldar!

Legolas si alzò in piedi.. ancora il sapore di quei baci sulle labbra… Doveva andare alla stanza degli arazzi.. o no? E se avesse rivisto Aragorn sarebbe riuscito a contenersi? Doveva semplicemente provare. Sorpassò Gimli con due passi e lo lasciò a borbottare qualche sua canzoncina nanica o roba simile. Non gl’importava. Il sole stava iniziando a calare.

.|.|.

Nel frattempo, Aragorn, era corso in preda alla rabbia nella stanza dove stava il suo giaciglio e quello di Legolas (ovviamente c’era anche quello di Gimli, ma non lo vedeva…). Si sedette di peso sopra il suo, che aveva tutte le coperte disordinate e scompigliate. Aragorn non dormiva quasi mai sonni tranquilli, e la mattina tutto era più importante del rifare il letto. Tanto doveva tornarci, poi, no? Poggiò la schiena contro il muro e si prese la testa tra le mani.

Nella testa gli rimbombava tutto quello che aveva detto. Quante bugie…

Era stato un vigliacco. Aveva usato la provocazione come arma, per vedere cosa provava Legolas… e invece di trovare il perché di quella perenne dolcezza, di quell’idilliaca delicatezza, aveva scatenato l’odio dell’amico. Sarebbe venuto? Adesso non ne era più cosi sicuro. Si sentiva disperato, come se fosse caduto per ore ed ore in un baratro.. e l’anima stesse ancora cadendo nel vuoto. Doveva andare da Legolas a scusarsi? Cosa stava facendo l’elfo, ora? Aragorn conservava di lui un ricordo dolcissimo, quanto il profumo della sua pelle. Gli era sempre stato accanto, da quando si erano conosciuti, e se la mente non lo ingannava, era stato proprio Legolas che, per caso, gli aveva fatto incontrare Arwen.

Arwen…

Si era scordato il viso di lei. Si era scordato tutto di lei. Non portava più Evenstar al collo, anzi, la teneva avvolta in un panno, segregata in una tasca della saccoccia. Se Arwen fosse venuta ad incontrarlo in sogno, il cuore di Aragorn si sarebbe strappato di sicuro.. o forse l’avrebbe strappato lui stesso. Se era vero che avere un cuore faceva soffrire così tanto, il non averlo affatto avrebbe potuto cancellare tutti quegli affanni? Come si sentiva sbagliato, in quei giorni. Sbagliato.. gli sembrava l’aggettivo migliore. Lui era tutto sbagliato, ciò che provava era sbagliato, il suo destino era sbagliato…

Anche il suo amore era sbagliato.

Era iniziato tutto al ponte di Kazad-Dhum, quando Legolas aveva afferrato lui alla fine del suo salto e non Frodo. L’aveva stretto.. forse senza neanche pensarci, forse nemmeno se lo ricordava…

Lui, invece, sì. Da quel momento… da quando aveva respirato il dolce profumo dell’elfo, nella sua testa si erano accavallati pensieri, immagini, desideri, congetture… ma solo una cosa lo spaventava.

Legolas… era… un uomo… beh, sì, insomma… un Elfo, ma pur sempre un uomo. No, non era questo il suo terrore più grande. Molto probabilmente quella creatura così luminosa non aveva ancora mai conosciuto… l’amore, cosa vuol dire passione… Aragorn lo vedeva come un guerriero, dal volto d’angelo e l’abilità di un assassino, quasi distaccato dalla cognizione di se stesso… freddo ed impassibile, calmo e pacato, controllato e calcolato nei suoi minimi confini… Era certo che provasse sentimenti.. gli Elfi sono le creature più emotive di Eä, {Per chi non se lo ricordasse, Eä è il “Mondo che È”, ovvero il Mondo. Da il Silmarillion, JRRTolkien,Bompiani Editore. Prima citazione a pg.17 n.d.Me}

ma non era certo che provasse QUEI sentimenti… quelli che confondevano Aragorn così tanto. Lo confondevano e non lo facevano riposare, gli toglievano il coraggio…

Ma quando c’era Legolas accanto a lui.. sentiva nelle mani quella forza che l’avrebbe reso capace di sradicare un albero di Lorien… di sollevare l’intera Minas Tirith… tutto tranne che baciarlo davvero.

Pochi minuti prima l’aveva stretto a sé… lui era desideroso.. aveva visto nello sguardo dell’elfo una luce baluginare…

Indignazione, sgomento..o lo stesso desiderio che anche lui sentiva?

Poteva quell’essere dalla bellezza così androgina sentire quel genere di sensazioni.. dirompenti e a volte cattive, come nel loro caso.. Un amare ed un soffrire, desiderare e farsi male…

Non aveva nemmeno la forza di volontà di prevalere su Legolas, di farsi amare anche solo per un’ora, di farsi desiderare… come mai avrebbe potuto trovare la forza di mandare avanti un regno…. E guardare negli occhi la donna che un tempo amava.. e che tradiva col pensiero, accarezzando con le sue fantasie il profilo di un altro uomo?

C’è una sedia… nella mia mente, sulla quale, ogni tanto, mi piace sedere per pensare e trovare la chiave a tutto ciò che mi è celato…

Dove posso correre? Dove nascondermi? In chi mi tramuterò? Dove ho udito le voci che ricordo? Ho un paio di parole scritte sullo schienale della sedia, come… “Pensi che sia coraggioso?” ”Pensi che me ne importi?”  Posso.. cancellare, bruciare le immagini che vedo? Posso? Non credo…

C’è una sedia piccola, quanto basta per contenermi. Preferirei una scatola, ma poi potrei desiderare di chiudere il coperchio… Restare solo, per sempre su quella sedia… Incatenami, Morte.. seducimi ed io non cederò… o sì? Quale maschera ti metterai per portarmi dove tu desideri? Continuando a pensare in questo modo sarà difficile continuare…

Devo trovare coraggio, ma oramai questi pensieri me l’ hanno succhiato via… si sono cibati del mio ardore e l’ hanno sostituito con quest’incertezza… Ho bisogno di te, ma non venire. Potrei non fermarmi.

Ho bisogno di te.. ma tu stammi lontano. Magari il mio desiderio si spegnerà…

Basta.

Basta mentire anche con me stesso… ho mentito così a lungo… Non smetterò mai di desiderarti, mai le mie mani smetteranno di bramare il tuo corpo… Quell’attimo, Legolas. Solo quell’attimo tale da dar pace al mio cuore… unica richiesta, la mia… certo… eppure così difficile da esaudire…

Non posso, non riesco… andare avanti così potrebbe significare il mio desiderio di abbandono… Mi rendo conto di non volere più nulla: né regno, ne Arwen, ne onore, né gloria… darei tutto per avere te solo un’ora.

E si ritrovò in mano la stoffa nella quale era avvolta Evenstar. La srotolò pian piano ed un luccicare veloce gli fece sbattere le palpebre un paio di volte. Il gioiello stava lì, così piccolo nella sua mano… luminoso, la curva di cristallo così dolce e morbida. Uno splendido fiore al centro dal quale scendevano due lunghe foglie lanceiformi che s’incrociavano tra loro. Evestar. La stella del vespro, quel gioiello racchiudeva l’intera essenza di Arwen. E lui l’aveva in mano, sarebbe stato padrone di spezzarla, sotterrarla da qualche parte o, semplicemente dimenticarla…

- Renich i lu i erui govannen? (Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?)

- Nauthannen i ned ol reninannen (Credevo di essermi perso in un sogno…)

- Guenwin in enninath… u-arnech n naeth I si celich.. (Lunghi anni sono passati, non avevi gli stessi turbamenti che hai ora…)

Poteva ricordarselo così bene, quel momento idilliaco… a Granburrone, sotto la luna… lei era così bella, dolce… vanesia.. come l’immagine ed il ricordo nella mente di Aragorn. Stava svanendo.  Quella figura sottile stava assottigliandosi più passava il tempo. Come la pallida stella oscurata dai raggi di un sole sorgente e dirompente, Arwen non rimaneva nella testa del ramingo, troppo accecato dalla luce di Legolas.

Ma era sicuro che quello per l’elfo fosse solo.. mero desiderio? Spoglia bramosia carnale? No… c’era dell’altro.Se fosse stata solo la voglia di averlo, di sicuro non si sarebbe sentito così male… di sicuro non si sarebbe sentito così solo.. sconsolato, affranto, spogliato della gioia…

Ma allora.. come poteva lui provare… amore?

Man kara i mel le? Man kara i aniron le?  (Cosa mi fa amarlo? Cosa mi fa desiderarlo?)

E pensare che.. no..sarebbe successo comunque? Era già predisposto?

Lady Galadriel… l’aveva forse visto? Lo sapeva? L’aveva detto ad Arwen? Non si ricordava come fosse stato, a Lothlorien. Era passato troppo tempo.

No, da quello che gli restava di quella notte, Lady Galadriel non aveva accennato nulla sul fatto.. di quello strano accelerare dei battiti del cuore alla sola vicinanza di Legolas, non aveva proferito parola a proposito di quel desiderio così innaturale, ma così forte… Tra quegli alberi, se solo fosse stato in grado, avrebbe tolto la verginità a quella creatura che sembrava tutto tranne che reale. Così bello da fare male. Troppo male.

Alzò la testa e guardò il muro davanti a sé. La solida roccia era contornata da intarsi di legno, dai quali pendeva una grossa tenda di panno rosso. Silenzio.

Non mi piace il silenzio. Voglio sentire il tuo canto, ancora una volta.

Una sera, nella chiara notte prima di partire da Granburrone, aveva sentito Legolas cantare. Non era uno dei soliti canti già scritti, che ricordavano le grandi gesta degli Eldar che furono…. Molto probabilmente quel canto era stato composto da Legolas in persona, una dolce canzone d’addio per un amore sconosciuto. Più che un canto sembrava una poesia, composta fra le lacrime e ridondante di nostalgia. Ma la voce di Legolas la recitava così bene da farla somigliare al gorgogliare del fiume, e le stelle stesse si univano in un coro. Abbandonato sulla ringhiera di uno dei tanto balconi di Granburrone, aveva cantato per tutta la notte. Si era offerto lui di partire, ma il viaggio già lo stava uccidendo.

E aveva cantato tutta la notte, cullando la propria voce con le foglie addormentate. Su quel balcone vi era rimasto anche dopo che il sole aveva fatto capolino tra i tetti delle case, steso ed assopito, come coperto da un lenzuolo di rugiada. E il sole dipingeva su quel viso angelico…ombre e luci d’avorio. E lui non aveva potuto fare a meno di restare a guardarlo, acquattato tra qualche colonna marmorea, trattenendo il respiro per paura di svegliarlo. Incantato.

Era un vero peccato che gli Elfi dormissero così poco. Lui era così bello…

Aragorn strinse con forza Evenstar nella mano, fino a sentire le punte dei petali di cristallo trafiggergli la pelle, volontariamente strinse più forte…

Dolore… naike…. Per dimenticarti…

Ma non poteva dimenticarlo. Nulla sarebbe servito a farlo. No, lui era legato ad un destino che si divertiva a vederlo soffrire, ma che allo stesso tempo gli regalava qualche sogno breve e passionale… passeggero e nostalgico.

Riaprì la mano. Che stupido. Stupidissimo. Come aveva anche solo potuto pensare di usare il dolore come anestetico per l’amore? E poi, era davvero amore?

Sì… Lo è.

Si rispose. Basta con le bugie. Si può essere attori con chi non si conosce, ma non con se stessi. Non si può fingere con la propria anima.

Lo giuro su tutto quello che ho di più caro, lo giuro su tutto ciò che ritengo valente, lo giuro sull’onore e su me stesso. Ti dirò quel ch’io provo. E mi farò valere. Non puoi scapparmi per sempre, Legolas.

Sul viso gli si dipinse un sorriso sottile… un po’ di sicurezza e quasi spavalderia tornò a scorrergli nelle vene. Guardò fuori dall’unica finestra della stanza: il cielo aveva iniziato a tingersi di rosso. Era ora.

Si alzò e si lisciò bene bene la veste. La mano aveva già smesso di sanguinare. Fece scivolare Evenstar in una delle tante tasche della palandrana.

I lende, Legolas (Arrivo, Legolas)

.|.|.

tap tap tap….

Gli stivali di Legolas ticchettavano sul pavimento liscio del palazzo, corridoio dopo corridoio. Non gli faceva più così paura.. aveva imparato a tenersi freddo, così l’Ombra non l’avrebbe notato ed avrebbe continuato a persuadere qualcun altro. Aveva imparato a non essere più sè stesso. Aveva imparato a placare ogni emozione, freddo come una statua di ghiaccio. Le emozioni facevano così male, soprattutto in quel periodo, in quel momento, in quel palazzo…. Aveva imparato a scacciare la propria anima, lenire il dolore e sedare la passione. Sentiva le cose passargli distrattamente accanto. Solo aria sulla pelle. Non gl’importava se era contro natura, non gl’importava se tutto quello che gli era stato insegnato ed aveva scoperto sulla bellezza della vita riteneva la separazione dell’anima un peccato. Doveva tenersi freddo. Per Aragorn.

Lo faccio per noi, per conservare almeno l’amicizia. Se ti dicessi ciò che veramente provo, allora rovinerei tutto. Voglio tenerti sempre con me, Aragorn. Ti voglio al mio fianco. Non mi farò lasciare da te solo per uno stupido sentimento. Non sarà il mio amore a dividerci.

Assorto in questi pensieri, Legolas lasciava che i piedi lo portassero dove volevano. Non aveva la più pallida idea di dove fosse la stanza degli arazzi, e sperava di poter trovare qualcuno che glie la indicasse, ma Medusel sembrava deserto.

Noncurante del buio, scese un paio di scalinate introdotte da un grosso arco di legno con dei cavalli intagliati e degli uomini in parata con bandiere, stemmi e scudi. Quattro torce illuminavano i gradini, alcuni dei quali erano ricoperti di legno liscio.

Ma è tutto di legno, qui? Legno e pietra.. non mi stupirei se le persone fossero fatte dello stesso materiale!

Terminate le scale, Legolas si trovò davanti una specie di saletta di pietra, come un pianerottolo cubico. Due lati erano di pietra, ma uno era una grossa tenda giallo paglierino, fermata in un lato da una nappa blu.

Curioso da questi colori così sgargianti in un palazzo così tetro, Legolas scostò nappa e tenda.

Non avrebbe mai immaginato di vedere, proprio a Rohan, una cosa così bella. Avanti a lui si stendeva un corridoio inondato della luce del tramonto. Il pavimento era di legno (il parquet medievale? N.d.Me) e tutta la parte destra del corridoio era occhieggiata di finestre d’alabastro, coperte da tende setose. Tra una finestra e l’altra, stavano delle statue lignee che raffiguravano Re, cavalieri e chissà quali altri eroi. Tutto sembrava così… elfico… come.. come poteva una tale bellezza architettonica starsene nascosta in un palazzo freddo e desolante? Il soffitto era affrescato di blu, puntellato da tantissime stelle che sembravano bottoni d’oro incastonati nella roccia.

-Com’è tutto bello… qui…

e scoppiò in una sonora risata cristallina, che tintinnò e si rifranse su tutti i muri, rimbalzando come l’acqua nella corrente di un torrente appena uscito dalla sua sorgente.

-Come ho fatto a temere tutto ciò? Come posso temere ciò che mi somiglia?

Si bloccò di scatto con quelle parole ancora sulle labbra .

TEMERE Ciò CHE MI SOMIGLIA… ed iniziò a parlottare tra sé e sé con una voce sottile quanto il vento d’autunno tra le foglie. Per tenersi compagnia.

-Aragorn…. I Kaure le… I mel le…. (Ti temo, ti amo) Ma perché ti temo se sei simile a me? Perché tremo se mi sei accanto? Cosa mi spinge a volerti? Sei… un uomo, come me… ed io…. Non ho mai… provato… amore. A parte con….-

E Qui si interruppe, abbassando la testa, nella mente un ricordo troppo doloroso da rievocare.

-Perché con te? Perché è tutto così confuso, così difficile? Perché non posso dirti quello che veramente sento? E se tu provassi il mio stesso calore… allora vorrei gridarlo al mondo… ma non potrei farlo…

Se la Terra di Mezzo venisse a sapere quello che potrebbe esserci tra… me… e te… allora sarebbe la rovina? E Ancalima Undomiel? Il suo amore per te… è così forte da poter offuscare il mio? O il contrario? Porti ancora Evenstar….

… se è il tuo simbolo d’amore… potrei portarla io? -

Scrollò la testa quasi cercando di scacciare via quel pensiero. Come aveva anche solo potuto pensare che Aragorn gli avrebbe donato il suo fiore di cristallo? Come avrebbe mai potuto pensare che Aragorn avrebbe lasciato la donna a lui promessa.. l’amore della sua vita…. Per… lui? Che sciocco si sentiva… e questa volta avrebbe davvero voluto svanire.. via.. via.. a correre verso casa, Bosco Atro… a rifugiarsi sui suoi alberi, a cercare l’ombra ed il conforto del vento… il silenzio, la calma ed il calore del suo sole, di casa sua…

Ad un tratto, fu obbligato a svoltare un angolo nel corridoio e… poco lontano, vide lady Eowyn aspettare, in piedi, davanti ad una tenda rossa. Troppo tardi per girare i tacchi ed andarsene.. lei l’aveva già visto.

-Sire Legolas…

mugolò lei con quella sua voce così fredda e monotona. Legolas trattenne un brivido.

-Lady Eowyn…

la salutò freddamente con gesto del capo. Non gli piaceva incontrarla.

-Cosa fate voi qui…? Pensavo che Medusel vi terrorizzasse….

-NULLA mi terrorizza, mia signora.

Puntualizzò lui sentendosi sbeffeggiato da quella statua di ghiaccio che camminava.

-Nulla mi terrorizza, ma alle volte preferisco certi ambienti ad altri.

Eowyn si stupì della pronta risposta dell’elfo, ma non lo diede a vedere. L’aveva sempre creduto uno silenzioso, chiuso, quasi ottuso… e invece…

-Preferite la steppa al palazzo?

-Preferisco la libertà alla prigione

-…l’insicurezza alla forza?

-La verità alla menzogna, comunque passeggiavo per curiosità e basta.

Troncò indispettito. Meno parole uscivano dalle labbra di Eowyn, meglio si sentiva.

-Avete per caso visto sire Aragorn? Gli ho dato appuntamento qui, ma non si è ancora presentato…

Legolas fu colpito da quell’affermazione. Lei aveva dato appuntamento ad Aragorn.. davanti ad una sala? La sala degli arazzi rossi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa fare? Gia s’immaginava la scena: “Che casualità, lui ha dato appuntamento a me!” e si sarebbe sentito un weomelindo {Ho trovato il modo per scrivere “gay” in elfico… n.d.Me} davanti a “statua di ghiaccio”, helkeheri (Signora di ghiaccio) e, chissà, magari si sarebbero messi a chiacchierare dell’uncinetto e del punto croce aspettando l’arrivo di Aragorn. Improvvisamente un qualcosa gli uscì dalle labbra,mentitore e rapido.

-Ho incontrato Aragorn. Mi ha detto di riferirvi, se vi avessi vista, che non sarebbe potuto venire a causa di… faccende fuori dal palazzo. Non so esattamente di cosa.-

Che bugiardo.. ma oramai l’aveva detto e non avrebbe potuto tornare indietro. Sul volto ceruleo di Eowyn si dipinse un’espressione delusa. Sempre e comunque fredda.

-Ah.. vi… vi ringrazio.

E così dicendo chinò il capo e se ne andò, prendendo la direzione dalla quale veniva Legolas. Lui, con fare allegro e noncurante, le gridò dietro:

-Voite maara daana! (Buona giornata!)

alzando un braccio in segno di saluto. Stranamente quella bugia gli aveva dato sollievo, ma ancor più vedere Eowyn andarsene dopo solo due parole l’aveva reso più tranquillo.

Stranamente soddisfatto di sé stesso, si fermò davanti alla tenda rossa, molto probabilmente l’entrata alla stanza degli arazzi. Con sicurezza scostò leggermente la tenda e fece per entrare, quando si bloccò appena in tempo per non andare a sbattere contro un’enorme porta di legno.

-Legno anche qui.. avrei dovuto aspettarmelo!

E aprì il pesante portone, entrando nella stanza.

Era piuttosto piccola per come Legolas se l’era immaginata, ed aveva le pareti interamente coperte da drappi rossi e morbidi che cadevano sul pavimento inondandolo di stoffa color sangue. Solo una parete, quella opposta alla porta, era occupata quasi tutta da una bella finestra di alabastro, con una tenda rossa anch’essa, ma di stoffa più sottile, che faceva filtrare il sole. Per il resto, nella stanza non v’era altro arredamento se non per una sedia, al centro della stanza. Una sedia piccola, di legno scuro con un cuscino rosso sopra.

-Gran bell’arredamento… davvero!

.|.|.

tap…tap…tap…

-Tardi tardi tardi….! Accidenti a me e alla mia testa! Tardi tardi….-

si ripeteva Aragorn freneticamente, come se quella parola avesse potuto fermare il tempo e dargli un po’ di vantaggio per arrivare in orario. Il suo sesto senso gli diceva che, anche se non sapeva la direzione, Legolas sarebbe certo stato dentro quella stanza quando il sole avrebbe lambito le prime cime delle montagne. Svoltò un angolo e si acquattò di scatto contro il muro. Eowyn stava passando, dritta davanti a sé, al testa china. Gli aveva dato appuntamento lei per prima, ma lui sentiva il bisogno di Legolas. Sarebbe stato quello, il momento giusto per toccarlo.. per averlo… farsi amare… Trattenne il respiro ed avanzò rasente al muro per non farsi vedere. Il percorso lo sapeva bene e, quando Eowyn fu scomparsa, riprese a correre come un forsennato. Scale, corridoio, angolo… la porta era lì, la tenda rossa ben calata davanti… Appena di fronte all’entrata si fermò per un paio di secondi. Doveva riprendere fiato e calmarsi, non tanto perla corsa, ma per il fatto che lui e Legolas sarebbero stati lì, chiusi in quella stanza… soli…

Voglio te. Voglio ubriacarmi delle tue parole, inebriarmi della tua pelle, bere la tua luce dalle tue labbra…

Entrò.

Legolas stava in piedi, davanti alla finestra d’alabastro, le braccia incrociate sul petto. La sua figura si stagliava nera e nitida contro la luce rossastra che faceva illuminare la tenda di un color tramonto vivido. Era.. perfetto.  La sua forma alta e slanciata sembrava così fragile… composta dello stesso materiale di Evenstar, così delicata e preziosa… Però, la calzamaglia scura stretta sulle gambe dell’elfo ne sottolineava i muscoli, tesi e lineari, i polpacci chiusi negli stivali di cuoio. La casacca gli arrivava a metà coscia: una cascata d’argento che le stelle gli avevano fatto piovere addosso… acqua morbida che gli ricopriva la schiena, gli carezzava i fianchi…

Ad Aragorn sembrò di poter sentire le sue mani scorrere su quella stoffa leggera. Sfilarla da dosso a lui… stringerlo e vedere il suo collo sottile distendersi, facendogli poggiare la testa sulla sua spalla…già sentiva le labbra ebbre di quel suo odore dolce… Una droga, che doveva assumere subito per restare lucido.

-Legolas…

l’elfo si girò. Il sole morente gettava un’ombra sensuale sul suo volto splendido, dai lineamenti scolpiti nel marmo di quella pelle liscia. La morbida curva delle labbra risvegliò in Aragorn qualcosa… sentiva bruciare dentro… non riusciva più a controllare il suo respiro… Quella sensazione che gli era sempre stata difficile da sedare gli irruppe addosso come una secchiata d’acqua, crudele e terribile…

Ora ti dirò che ti bramo… ora ti svelerò dove vorrei che le mie mani potessero arrivare… ti darò quello che non hai mai ricevuto…ora ti avrò e tu mi obbedirai… e godrai di me… lascerai ch’io lo faccia con te… Amarti ed essere amato… sentirai come brucia il sangue… porterò le mie mani su di te e tu gemerai… prevarrò su di te e tu non ti ribellerai… perché anche se non lo vuoi.. ti possiederò.

-Sei in ritardo… come solito.

E sorrise dolcemente, curvando le labbra… Aragorn strinse i pugni per trattenersi… Legolas si voltò verso la finestra di alabastro.

-Scacciapensieri elfico.. credevo che qui a Rohan non ci fossero!

Esclamò con l’allegria di un bambino davanti ad un maggiolino ronzante, indicando il piccolo sole di cristallo che pendeva dallo stipite della finestra.

-Legolas… scusami.

Fece Aragorn a voce bassa, la testa china… se solo avesse incrociato il suo sguardo allora sarebbe…

-Per il ritardo? Figurati!

Ridacchiò l’elfo quasi sbeffeggiandolo, senza accorgersi che la voce di Aragorn tremava, che Aragorn stesso stava tremando.

-Non è per il ritardo… Legolas.

La voce di Aragorn si era fatta d’un tratto più flebile.. più tremolante… indecisa, spaurita. Legolas si avvicinò amichevolmente ad Aragorn:

-Man ta na raika?  (Qualcosa che non va?)

e fece per poggiargli una mano sulla spalla, ma Aragorn lo respinse in malo modo, quasi facendogli male, per poi andare a sedersi sulla piccola seggiola.

-UUME TULYA LE!(non ti avvicinare)

Legolas lo guardò con aria preoccupata.. che cosa gli stava accadendo? Perché in quel periodo Aragorn era così cambiato… avrebbe fatto qualunque cosa per farlo tornare com’era prima… qualunque cosa…

-Aragorn… man..kara… insomma…. Che… che ti succede?

Balbettò confuso. Gli sembrava che quelle parole fossero così superficiali… inutili, stupide… fuori luogo… eppure doveva pronunciarle, doveva dire qualcosa … si sentiva così inutile! Stava lì, fermo,dritto ed immobile, la mano ancora a mezz’aria, scostata e dolente per il gesto repentino di Aragorn. Anche lui stava immobile, seduto, o meglio, raggomitolato sulla sedia, la testa china, non gli si vedevano nemmeno gli occhi. E Legolas voleva vederli. Gli piacevano così tanto gli occhi di Aragorn… freddi come il ghiaccio eppure così caldi, fieri, decisi…

A quel paese tutto, se Aragorn gli avesse fatto male un’altra volta lui non avrebbe sentito dolore. Gli si avvicinò più deciso e gli alzò il mento usando i polpastrelli dell’indice e del medio.

-Non m’importa cos’ hai oggi, non m’importa se hai paura, non m’importa se piangi e ti fa male… devi dirmi cos’ hai…..-

ma si bloccò e cercò di sedare tutta la rabbia che era esplosa in lui: Aragorn stava piangendo. Una lacrima argentea stava scendendo sulla guancia sinistra del Ramingo, lentamente, fino ad arrivare poco vicino alle sue labbra serrate. Il respiro era lento e pesante, e sembrava che Aragorn stesse per collassate, esplodere in un mare di lacrime…

Perché… piangi, Aragorn? E’ forse colpa mia? Ho… fatto qualcosa che non va? Se solo potessi… se solo tu mi lasciassi asciugare le tue lacrime io…

Legolas s’inginocchiò davanti al Ramingo che teneva la testa bassa e raggiunse con due dita la lacrima che stava scorrendo sul volto di Aragorn. Dolcemente ne percorse il sottile rivolo umido sulla pelle abbronzata… dalla guancia, scendendo sensualmente fin sulle sue labbra… perse gli occhi in quel volto rabbuiato, bevve la tristezza di Aragorn come fosse pioggia d’estate, per togliergli quell’angoscia dalle spalle… sembrava stare sospeso in un sogno… sotto la dolce pioggia… di nuovo a… casa…

Si svegliò di soprassalto quando sentì… la lingua di Aragorn contro le proprie dita. Un brivido lo percorse partendo dalla mano fino ad arrivare all’estremità delle gambe. Brivido di….sorpresa? Brivido di piacere….

Aragorn aveva appoggiato le dita sul polso di Legolas per tenerlo avanti a sé e ne leccava le dita lentamente, quasi bramando ogni singola goccia di piacere. L’elfo era rimasto a bocca aperta… ma velocemente ritrasse la mano e volse lo sguardo verso l’amico. Un lungo momento durante il quale i due sguardi s’incrociarono: l’uno incuriosito e l’altro enigmatico. Dentro lo sguardo di Aragorn, Legolas poteva vedere… nemmeno lui lo sapeva. Sapeva solo che.. che quel desiderio che tanto aveva cercato di reprimere si era risvegliato. Ora più che mai sentiva il sangue bruciare nelle vene, il cuore accelerava i battiti.. aveva Aragorn così vicino… così…

-I merne le.. Legolas… er ten moore… (ti voglio, Legolas.. solo per una notte…)

-Aragorn… le koita amba nate ta i kaure… (Aragorn… hai svegliato dentro me cose che temo…)

-U ‘osto han…(non temerle…)

E così dicendo Aragorn si sedette meglio sulla sedia, le gambe leggermente divaricate, osservando Legolas con uno sguardo estremamente eloquente.

-Tulya sinome… (vieni qui…)

gli sussurrò a voce bassa. Un tono sensuale, invitante, caldo… Legolas non sapeva come fare.. era esattamente avanti ad Aragorn.. la situazione stava in mano a lui… Poteva andarsene e reprimere per sempre ciò che sentiva, o avvicinarsi e lasciare che fosse il desiderio ad avere la meglio, dare retta, per una volta, al proprio corpo.. a quello che la carne voleva… Non sapeva cosa scegliere.. avrebbe voluto.. così tanto… Amarlo ed essere riamato, le sue mani su di lui… il desiderio, la passione…

Aragorn non intendeva attendere. Si sporse velocemente in avanti, afferrando con forza i polsi di Legolas e tirandolo su di sé. Successe esattamente tutto quello che ambedue avevano desiderato. Legolas, colto di sorpresa, cadde in avanti, addosso ad Aragorn, le gambe divaricate intrappolarono quelle del Ramingo e Legolas poggiò le mani alla spalliera della sedia per non sbattere contro di lui. Stava seduto sopra di lui, ansante per la sorpresa, quasi scottato dai gesti e dai respiri dell’amico che gli cinse i fianchi con le braccia, avvicinandolo a sé con prepotenza.

-Sinome le na… (eccoti qui…)

Il respiro di Aragorn lambiva sensualmente le labbra di Legolas, che non badò alle sue parole. Voleva solo lasciarsi andare, smetterla di contenersi…

Mosse lentamente le mani dalla spalliera della sedia alle spalle di Aragorn, gli slacciò il mantello al collo e lo fece scivolare via. Lentamente, gli accarezzò il collo, salendo verso gli zigomi, le guance… poggiò il pollice dietro le orecchie di Aragorn, il resto della mano sul collo caldo… Lo tirò a sé incontrando le sue labbra calde in un bacio.. il loro primo bacio… Lambì le labbra di Aragorn una, due volte… l’uomo era impaziente di ottenere ciò che voleva… le labbra si rincorsero ancora, tanto che la lingua di Aragorn sfiorò il labbro superiore dell’Elfo .. cercò di muovere le mani per arrivare a spingere Legolas contro di sé, ma venne colto di sorpresa quando avvertì la lingua di Legolas contro la propria, veloce e desiderosa di possedere ogni angolo della sua bocca. Rimase senza fiato, cercando di fare la sua parte spingendo il bassoventre di Legolas contro il proprio. L’elfo si staccò da lui buttando la testa oltre la sua spalla, il respiro veloce mentre sentiva la passione di Aragorn premere contro di lui, sovrastarlo, eccitarlo ancora di più, annegarlo…

-Limbe tie i olor ta… (Molte volte ho sognato questo…)

ansimò cercando di trovare un equilibrio impossibile tra passione e ragione. Aragorn non ribatté, stava anche lui con le labbra semichiuse, premendo Legolas con maggiore forza, ancora e ancora…ansimante, cercava sempre maggiore contatto, quasi a voler entrare dentro Legolas, voleva…

Iniziò a cercare i nodi dei calzoni per spogliarlo…non sapeva come sarebbe stato… averlo, godere di lui, prendere possesso di quel corpo così ben scolpito …portarlo a quel momento in cui avrebbe sentito il petto di lui inarcarsi sotto i suoi tocchi, le mani l’avrebbero stretto spasmodicamente, ansante, grondante desiderio, mentre gli avrebbe urlato di smettere incitandolo a fare il contrario.Doveva averlo, quella creatura così rara, diversa da lui quanto bastava per affascinarlo e farlo scivolare tra le pieghe del suo mistero.. doveva essere sua.

Legolas si irrigidì nel sentire le mani di Aragorn su di sé che gli slacciavano la cintura di cuoio, ma non era ancora giunto il tempo…

Gli prese le mani, guardandolo intensamente negli occhi, e portò le sue dita sopra i lacci della casacca. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra sottili sentendola scivolargli giù dalle spalle. Aragorn si sporse in avanti a baciare il petto dell’elfo, assaporando la sua pelle liscia e salendo lentamente verso il collo. I respiri di Legolas erano sempre più veloci; Aragorn gli sollevò con foga il mento per arrivare all’attaccatura del collo e ancora su, fino all’orecchio, desideroso di avere sempre di più. Aragorn scivolò lentamente giù dalla sedia, facendo in modo che Legolas si stendesse su uno dei tanti tappeti di porpora che ricoprivano il tappeto. Quello si lasciò far manovrare, poggiando la schiena a terra con un “Oh” sommesso e tenendo le sue mani salde sulle spalle dell’uomo, che si distese sopra di lui, intrappolandogli le gambe tra le sue.

Legolas gli slacciò la casacca , ma le sue mani puntavano verso l’ombelico… premette leggermente sé stesso contro di lui, iniziando a slacciargli i vari nodi di cuoio dei calzoni. Come Aragorn sentì le mani dell’Elfo su di sé, lo avvicinò con forza intrappolandolo in un bacio, lasciando che le mani gli scendessero di nuovo sulla sua schiena, sempre più in basso, ordinando quel dolce movimento del quale sentiva bisogno. Legolas non se lo fece ripetere due volte, assecondando i desideri di Aragorn, che buttò la testa all’indietro cercando di urlare qualcosa, ma le parole non gli uscirono di bocca, soffocate dall’ondata di piacere che lo stava travolgendo.

Troppo, tutto ciò che accadeva lo stava sovrastando, desiderio di lui… lo premette ancora su di sé, le mani dell’Elfo abilmente avevano slacciato i calzoni “complicati” dell’uomo, prendendo possesso del suo corpo. Come per ripicca, anche Aragorn s’impossessò di Legolas, facendogli scivolare i pantaloni verso il basso e premendolo contro di sé.

L’Elfo fu colto quasi di sorpresa e rimase di stucco, ansante sotto il tocco deciso e sensuale di Aragorn. Avrebbe voluto parlare, gemere, ma dalle labbra gli uscirono solo ansiti, convulsi e accavallati. Allargò le gambe deciso a carpire tutto il piacere possibile, quasi a volersi fondere con Aragorn, dargli il maggior spazio possibile, donargli se stesso….

Iniziò a spingersi contro di lui quasi ritmicamente, ogni movimento accompagnato con un respiro fondo da parte di ambedue.

Legolas inarcò la schiena all’indietro, chiudendo le labbra di Aragorn con le proprie, continuando a muoversi, incontrando passionalmente la lingua dell’uomo, succhiandola sensualmente come fosse cosa normale, finalmente libero di darsi a colui che da tempo lo tormentava dolcemente.

Ad un tratto, il corpo dell’elfo s’irrigidì in uno spasimo beatamente piacevole, e allora tutti i gemiti che aveva trattenuto uscirono dalle sue labbra prepotentemente, mentre ancora continuava a scivolare sul bacino dell’uomo, colto dalla passione a sua volta, nettamente alla sprovvista ma ancora assetato di compiacenza.

Legolas si spinse con più foga contro Aragorn, mentre il suo corpo lo pregava di smettere e allo stesso tempo di ricevere di più.Con un gesto deciso, prese Aragorn di peso e lo scostò a lato, per poi stendersi sopra di lui, accarezzandone le labbra con un dito e continuando a muoversi lentamente. Sentiva che, se solo si fosse fermato, il desiderio l’avrebbe tormentato con violenza ed ora.. lui aveva Aragorn… poteva sentirlo… i loro desideri si incontravano e lottavano l’uno contro l’altro per essere padroni di quell’attimo…

Aragorn afferrò saldamente l’amante, per paura di venire travolto da quel piacere così dirompente…

-Ah.. Legolas… hauta le… I (fermati, io….)

e cercò di stringergli i polsi con le mani, ma il suo corpo estasiato non volle rispondere al comando…

-Lau, uu sin I arwa le… ar… le arwa-n-In… (No, non ora che ti ho… e… che tu hai me…)

-Nan uuner… ten otheri.... (Qualcuno… potrebbe sentirci…)

-Karne uerir ten otheri… U ‘osto ta… I varya le… eh…. (Lascia che ci sentano.. non temere… ti proteggerò io….)

ansimò Legolas movendosi con forza contro Aragorn.

-Lasta-n-In…. Ta na mare…. uume lanta… minna milme… (Ascoltami… è meglio… non cadere.. nel desiderio…)

-I talant… ar le o-n-In (Sono caduto…. E tu con me…)

E così dicendo Legolas trascinò ancora Aragorn nel baratro dell’estasi, talmente profondo che parve quasi non poterne più uscire… Era così piacevole, il contatto, tanto a lungo desiderato che nessuno dei due avrebbe voluto smettere.

-Na otheri… um y vanima nat? (Stiamo facendo.. la cosa giusta?)

Chiese l’uomo non tanto perché se lo domandasse davvero, ma perché trovava che la voce dell’Elfo fosse così sensualmente invitante da ascoltare… gli avrebbe fatto dire qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora parlare Elfico. Quella lingua, quella creatura… tutto così perfetto…

-I uu-minda… (Non m’importa…)

gemette Legolas ancora eccitato, ma rallentandosi e fermandosi, infine, a fissare l’amico. I capelli del ragazzo si erano sciolti dalle due trecce che portava strette dietro la nuca per fissare la chioma bionda, ed ora qualche ciuffo stava incollato alla sua guancia imperlata di sudore. Era più bello così.

-Le na iirima, iire uu ve sina… y aratar (Sei desiderabile, quando fai così .. l’esaltato…)

Legolas alzò un sopracciglio in un’espressione interrogativa, di chi non ha capito se fosse un complimento o un’esortazione a fermarsi. Peccato. Se così era. Perché aveva iniziato a piacergli, quel contatto con Aragorn. Magari sbagliato, magari contro natura… ma bello comunque. Decise ch’era giunto il tempo di fermarsi. Scivolò lentamente da sopra Aragorn e si riallacciò con cura i calzoni, voltandogli le spalle. Si passò amabilmente una mano tra i capelli, riordinandoli in una coda di cavallo sebbene qualche ciuffo ancora volasse qua e là.

Fremette quando una mano di Aragorn gli accarezzò le spalle, mentre il corpo dell’uomo si avvicinò da dietro di lui.

-Chiudi gli occhi….

Gli sussurrò misterioso e Legolas obbedì mestamente, sentendo qualcosa di freddo intorno al collo, pendente sul petto. Quando riaprì gli occhi e si guardò, vide Evenstar, splendente e fredda sulla sua pelle.

Aragorn… perché… lo doni a me?

Legolas si girò verso l’uomo con fare quasi offeso… non sapeva perché, ma avere quel gioiello al collo non lo rendeva particolarmente orgoglioso in quell’attimo.

-Perché….?-

chiese immergendo i suoi occhi in quelli dell’amico. Aveva un’aria tutt’altro che gioiosa o innamorata.

-E’ un dono…-

rispose Aragorn con voce fonda e quasi nostalgica dei momenti precedenti.

-Credi… credi così di appagare la tua immaginazione sostituendo me ad Arwen?-

non era sua iniziale idea il pronunciare quelle parole,ma le malandrine gli uscirono di bocca con violenza, avventandosi contro la dolcezza di Aragorn. Questi rimase con un palmo di naso, amareggiato dalla reazione di Legolas.

-Non era mia intenzione farti pensare questo… Comunque la mia risposta è no. Non sento il bisogno di Arwen.-

 e si avvicinò a Legolas, allungando una mano ed accarezzandogli una guancia dolcemente, per poi scendere sul collo ed arrivare a lambire con le dita il petto ben scolpito dell’elfo.

-Sento solo il bisogno di te…-

aggiunse sommessamente ad un orecchio di Legolas, appoggiandosi a lui in una specie di abbraccio. Il cuore di Legolas accellerò i battiti, e cinse le spalle dell’uomo con le braccia.

-Scusa…. I er arwa yeet ilya I turnna minna In… wendele I na o le… ( devo ancora vedere dentro il mio profondo.. specialmente quando sono con te….)

Aragorn sorrise, soffiando leggermente contro il collo dell’elfo per fargli il solletico. Quello lo spinse via maliziosamente e lo guardò con quei suoi begli occhi azzurro mare.

-Lo terrai?-

chiese Aragorn con tono un po’ apprensivo. Legolas ridacchiò scotendo leggermente le spalle e andando a recuperare la casacca. Se ne infilò una manica, poi si voltò verso l’uomo e rispose sorridendo con una voce dolce quanto la risacca delle onde sulla spiaggia:

- Tenn’ Ambar-metta… ar limbe tar…! (Fino alla fine del mondo… e molto oltre!)

Aragorn sorrise e afferrò la casacca che Legolas, oramai completamente vestito, gli porgeva. Seguì un lungo momento di silenzio… imbarazzante… Ad un tratto, ambedue presero il fiato per parlare, ma si dissero solamente “Prima tu” all’unisono.

-Perché l’abbiamo fatto, Aragorn?-

chiese Legolas abbandonandosi sulla sedia. Aragorn rimase per un attimo a bocca aperta, convinto di avere le parole adatte, ma accorgendosi di non averle affatto. Legolas chinò la testa, piegandola su una spalla e fissando lo sguardo in un punto imprecisato della parete lui opposta. Le sue labbra si mossero per un poco senza emettere suono, poi sussurrò qualcosa:

-….desiderio….attrazione…passione….-

-… Amore?-

gli chiese Aragorn seriamente. Legolas alzò la testa fissandolo.

-… amore….-

ripeté a sua volta come a voler imparare quella parola così corta ma cosi irta di significati diversi.

-Era la mia risposta.-

sentenziò Aragorn. Legolas continuava a ripeterla tra sé e sé, assorto in chissà quali congetture.

-La tua risposta… è una domanda?-

Aragorn non seppe cosa rispondere e stette in silenzio. Allorché, Legolas si mise a bisbigliare, come se stesse parlando con se stesso, come se stesse ripetendo le nozioni imparate per un’interrogazione.

-Amore… mi è così difficile capire eppure esiste… per te, e tu per me… Amore…. Da tanto, ormai mi chiedevo se mai noi avessimo potuto… e mi ritrovo qui… tu ed io, prima… e anche adesso la mia mente sta a lambire quelle tue labbra… Amore… può davvero essere?-

e così pensando prese a giocherellare con Evenstar, sempre assorto. Poi, come d’incanto si ridestò dai suoi pensieri e si rivolse ad Aragorn con lo sguardo più terso e sincero ch’egli avesse mai visto:

-Ti… amo,Aragorn.-

e sorrise, illuminando il volto di una luce ammaliante e splendida. L’uomo rimase a bocca aperta per l’ovvietà e la meraviglia di quelle parole che da tanto il suo cuore pulsante anelava…

-Sì, Ti amo. Sono deciso. Se è vero che l’amore comprende la passione,il desiderio… e l’amicizia profonda, il rispetto e la dedizione… allora… Credo proprio di amarti .-

Aragorn non credette a quelle parole. Era così bello sentirgliele dire… finalmente… Gli si avvicinò e s’inginocchiò davanti a lui.

-Ripetilo… dillo ancora….-

L’elfo sorrise dolcemente e si piegò, scese dalla seggiola e s’inginocchiò di fronte all’uomo.

-Ti amo-

ridacchiò come se stesse giocando ed afferrò il viso di Aragorn, fissando prima i suoi occhi di ghiaccio, poi la sua bocca…

-Ti amo…-

e premette con forza le labbra contro quelle dell’uomo, di nuovo spinto dal desiderio verso di lui, dolcezza infinita e passione bruciante, finalmente libero d’annegare in quel mare sensuale.

Rimasero, poi, a lungo seduti, le spalle appoggiate alla parete, l’uno accanto all’altro, ogni tanto voltando la testa e scoppiando in una risata gustosa e cristallina.

Ad un tratto,Legolas s’alzò e si diresse verso la pesante porta di legno.

-Dove te ne vai?-

chiese Aragorn con un tono quasi preoccupato.  Stavano tanto bene lì, insieme..perché andarsene? E poi, dove?

-Sono stato al chiuso troppo, Aragorn. Sai come sono fatto.-

-Già- asserì – Non riesci mai a stare a lungo in un posto con le pareti! Non riesci a stare fermo a lungo. Il tuo animo è nomade. -

poi si alzò a sua volta e si avvicinò a lui, deciso a seguirlo.

-Ti succede anche con le persone, Legolas?-

l’elfo lo guardò profondamente, nella mente riaffiorava quel ricordo di tempo prima.. troppo doloroso eppure ancora vivo…

-No, Aragorn. Se giuro di amare una persona, lo faccio per sempre.-

Aragorn gli diede un bacio veloce sulle labbra ed uscì dal portone. Legolas rimase sull’uscio ancora un poco, esitante, carezzandosi il labbro con il pollice.

Infatti… io non l’ ho detto ma… c’è stato qualcun altro prima di te… molto prima… ma io… ti amo…

Si scosse e si avviò dietro Aragorn. Poteva sentirli, i guerrieri, vociare fuori del palazzo, già intenti nei preparativi, a caricare i loro cavalli di sacchi e bisacce. Le donne del villaggio riunivano in ceste le poche provviste e i bambini davano una mano.

Sarebbe stata guerra.

C’era sempre vento. Sempre.

Rohan era stata eretta sopra una collina brulla, l‘erba gialla spuntava qua e là e sembrava creasse un sentiero. Tutta la landa in mezzo alla quale sorgeva Rohan era così. Gialla ed infinita, se non fosse stato per quelle due montagne che la racchiudevano ad ovest ed est. Ogni giorno, il sole accarezzava la cima della montagna ad est e la svegliava col sussurro del vento. Vento da est, vento di speranza. Partiva dalla cima di quella montagna, volando leggero e silenzioso, sibilando a bassa voce, poi prendeva la rincorsa e ne percorreva i fianchi, accarezzandoli con una trasparente gentilezza, correva, rimbalzava e giù! Tuonava ed urlava come un adolescente che brandisce la sua prima spada di legno per giocare. Prendeva la corsa e saltava dalla montagna. Si trovava davanti quell’immenso campo giallastro e si sentiva libero. Soffiava, turbinava, cantava e strillava gioioso, sollevando la terra arida come sabbia e facendola turbinare in mille mulinelli dorati. Ma Rohan non tremava né vacillava. Aveva piantato le sue salde radici di legno e pietra nella dura terra e ne succhiava la vita, tenendosi stretta quasi disperatamente per paura di volare via e di rimanere un vago ricordo.. come il nitrito di un cavallo disperso nel vento.

Un vento magico,mistico… nitrente e garrente, galoppante e selvaggio, che scompigliava le code e le criniere dei cavalli ruminanti nelle stalle.

La collina proteggeva la città, e la città copriva la collina come un mantello. Si sostenevano a vicenda, proteggendosi dal vento un po’ brillo. Un vento ubriaco che proveniva da Lorien e dai suoi alberi d’argento, s’inebriava e riempiva di canti elfici e del dolce profumo delle foglie e dei fiori del Niphrodel. Poi scendeva nella foresta di Fangorn, e lì s’insinuava scherzoso tra i rami delle piante antiche. Passava le montagne scavalcando Isengard come se la torre di Orthanc fosse alta quanto uno stuzzicadenti. Si spandeva nell’ Enedwaith ebbro del profumo di foglie delle foreste attraversate e fresco della neve del passo del Nan Curunir. Allora sembrava tornasse indietro, costeggiando gli Ered Nimiras, li carezzava dolcemente, osservandoli con occhi innamorati. Si riposava sulle cime degli Halfirien e poi arrivava, finalmente, ad Edoras e la colpiva in pieno.

Carico di profumi, di sensazioni, di ricordi… di desideri.

Tutti questi fantasmi di persone passate, anime intrappolate tra in capelli del vento, accarezzavano dolcemente la pelle di un elfo, seduto sul bordo della scalinata del bellissimo palazzo d’oro di Medusel. I capelli biondi erano intrappolati in una coda, legata con un laccio azzurro, ma nonostante questo qualche ciocca cercava di librarsi in volo, bionda e chiara come la piuma di un angelo. Il vento, accanto a lui,sembrava quasi si fermasse, lo accarezzasse dolcemente, sfiorandone gli zigomi e guardandolo con occhi desiderosi. Desiderosi di immergersi in quella pelle profumata, che sapeva di vaniglia e miele, che sapeva di libertà e di ribellione.

Legolas leggeva, o meglio, cercava di farlo, perché quel vento birichino voleva derubarlo del foglio sottile, per guardarlo e farlo ammirare alla terra, sventolandolo qua e là come fosse un trofeo.

No, Legolas non sarebbe rientrato nel palazzo. Mai.  Nemmeno se il vento lo avesse malignamente spinto giù dalla gradinata alta e solida, nemmeno se il vento stesso avesse iniziato a colpirlo e graffiarlo.

Non lo sopportava, il palazzo. Era più forte di lui. Quella solida struttura di pietra e legno lo opprimeva. Anche se il sole stava alto in mezzo a quel cielo terso dalle nuvole, dentro Medusel regnava il buio. L’ombra stendeva maligna le sue mani dentro ogni stanza, poggiava le scheletriche dita sulle spalle coperte degli abitanti e ne gelava il respiro, che si evolveva in tante nuvolette. L’oscurità si era accorta dell’elfo, quell’unica volta ch’egli era entrato per salutare Re Theoden. L’aveva notato, si era svegliata dal suo sonno e si era avvicinata, sensuale e sinuosa come il vento stesso che cavalcava.

Ma lui si era protetto. Si era avvicinato a Gandalf e l’ombra aveva temuto quel vestito lindo e liscio. Ma l’ombra lo desiderava. Voleva attanagliarlo, voleva strozzarlo e voleva impedirgli di illuminare ogni cosa solo col suo sguardo color del cielo.

Non si era avvicinato ad Aragorn.

No, non ce l’aveva fatta. Già un’altra stava accanto a lui. Eowyn di Rohan, la nipote di Theoden. Legolas non la temeva, ma la sentiva fredda, gelida dentro. Una donna vuota. Svuotata da anni di disperazione. Bella, certo, ma fredda e solitaria, pungente, distaccata…

Aragorn, invece.. come lo ricordava bene. Caldo, quel calore dell’onore, quel calore che ribolliva nelle vene degli uomini, che tanto si scaldavano per la loro vita tanto breve… Lo aveva sfiorato varie volte, e aveva sentito.. qualcosa. Non sapeva bene cosa. Aveva sentito il cuore accelerare i battiti,veloci e tamburellanti, impazienti. Le mani si rendevano umide, la gola secca.. lo sguardo provava ad intingersi in quello chiaro di Aragorn… Il Re.

Il re.. di Gondor. Legolas alzò lo sguardo dal foglio e perse gli occhi nella landa brulla e desolata che avvolgeva Rohan. La sua mente camminò lungo gli Anorien, scavalcò il monte Mindolluin e restò impigliata tra i rami dell’ Albero Bianco. Vide Aragorn… vestito di nero. Una splendida corona poggiata delicatamente sulle sue tempie, che gli stringeva i capelli scuri e morbidi, in mille onde castane. Camminava lento e maestoso per il bianco giardino di pietra. Bello, splendente, guardava il suo regno prosperoso e ascoltava il chiaro suono di trombe che il vento gli portava in dono.

Legolas schiuse le labbra, si rilassò completamente e il suo corpo si fece coccolare dal vento. Vedeva Aragorn, e tutto gli bastava, voleva tenere quella visione davanti a sé per sempre… Poi, dalla nera porta d’ebano del palazzo, usciva una figura femminile, avvolta in un abito bianco e svolazzante alla brezza leggera, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia. Teneva per mano un bambino, piccolo, che faceva fatica ad arrivare alla mano della propria madre.

-Arwen… Undomiel….-

mormorò Legolas, la voce gli tremava… gli occhi gli si annebbiarono di lacrime… sentiva come se volesse affogare lì, nel proprio pianto… Arwen… e… Eldarion….e…

-Aragorn…-

la voce uscì dalle labbra di Legolas come un gemito,quasi un’implorazione, un tacito richiamo che gli affiorò sulla bocca sottile. Piangente desiderio impossibile.

-Aníron le Aragorn…-

una lacrima gli corse incontro, andando a morirgli sulle labbra. Leggermente salata, ma allo stesso tempo tanto amara, amara e pulsante come quella ferita, quello squarcio che Legolas si sentiva dentro. Gliel’aveva aperto Aragorn col suo sguardo… quella notte… a Fangorn…

Prima di quella, Legolas sentiva semplicemente un rosicare nel fianco, ogni volta che guardava Aragorn. Il rosicare si intensificava al suo tocco, s’ingrandiva e lo divorava… era passeggero…

Ora no. Ora era perenne. Ora il corpo di Legolas fremeva ad ogni carezza del vento, perché tanto desiderava che fossero le mani del Re; ogni volta che udiva un sussurro, il cuore gli saltava in gola perché tanto desiderava fosse il suo Re a sussurrargli all’orecchio.

Era strano, questo suo comportamento. Quando era giunto a cavallo a Granburrone, non si aspettava che tutto ciò sarebbe successo. Non credeva nemmeno che sarebbe stata unita una Compagnia. Prima era silenzioso, deciso, non faceva mai trasparire un sentimento sul suo volto. I suoi occhi erano azzurri e limpidi, come un lago tranquillo. Ora, ad ogni minimo alito di vento, il lago s’increspava di onde, e lui non riusciva a trattenersi.. gli tremava il respiro in gola, desiderava scomparire, diventare albero, tramutarsi in pianta e non fremere mai più se non per i baci del sole.

Conosceva Aragorn da lungo tempo, ma non gli si era mai avvicinato troppo.

Solo.. una notte… quando Aragorn aveva a malapena trent’anni…

Legolas accarezzò con tenerezza il suo ricordo. Lo conservava da anni nel suo cuore, come una gemma dal sapore del polline.

Da quella notte, l’amicizia aveva stretto intorno a loro due le sue funi di corda dorata e loro non avevano mai fatto nulla per sfibrarle.

Si trovavano allegri nelle notti d’estate, nei giardini illuminati di Granburrone. Aragorn esagerava sempre con il sidro, e toccava a Legolas riportarlo (o meglio, trascinarlo) fino nella sua stanza, caricandoselo sulle spalle.

Legolas sbuffò un sorriso e si asciugò una lacrima con un dito. 

Dentro di lui avvenne tutto in un attimo. Si accese una fiamma.

-I le moka!

Sibilò a labbra strette.

-Ti odio….

Lo ripeté ancora, se lo disse dentro, lasciando che quelle due parole rimbombassero col frastuono della tempesta, che lo sconvolgessero e scacciassero via ogni desiderio. Lo odiava. Ma lo desiderava.

Lo odiava proprio perché lo desiderava. Non poteva averlo e lo odiava. Non poteva essere felice, ed era tutta colpa sua.

“laume anta lyaa indo an weo, Legolas… Mai dare il tuo cuore ad un umano, Legolas. Non farà altro che dividerti. Ti spezzerà in due parti, ti scorderai chi sei…

Lo amerai e lo odierai perché lo vuoi… ma non potrai averlo. Non farti divorare dal questo desiderio impossibile… enyala sina…

estelio mii sina…ricorda questo.. credi in questo…”

Galadriel aveva ragione. Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Non poteva più ritirarsi… sia l’odio che il desiderio erano così brucianti dentro di lui.. sembrava volessero farlo esplodere, pulsavano ogni notte nei suoi sogni agitati, lo tormentavano e gli giocavano brutti scherzi.. era disattento, desideroso di guerra.

Oh, sì…..

Solo la guerra sembrava dargli sollievo. Metter mano all’arco, sentire il legno contro la propria pelle.. accarezzare la freccia, tenerla con due dita… Solo l’arco gli dava sollievo. Incoccava la freccia con la stessa delicatezza con la quale voleva accarezzare Aragorn.. e la scagliava con tutto l’odio che aveva in corpo; scaricava la fiele dentro quell’anima sottile di legno e la guardava volar via, godeva dei gemiti che procurava e catturava l’ultimo respiro che portava ad esalare. Si sentiva crudele. Si sentiva spietato. Il suo corpo si adattava alla guerra, ne esprimeva il bisogno.. eccitazione di sentire urla agguerrite, bramosia del caldo del sangue…

-Man na i umy? I lantane… minna morie…. Minna nuurhuine… (Cosa sto facendo? Sto cadendo.. nell’ombra, nell’ombra della morte…)

Morte… quelle cinque lettere sembravano così dolci in quel momento… l’ombra, il freddo…il niente…

Si alzò in piedi e aprì le mani, allargando le braccia e buttando la testa all’indietro. Sciolse i capelli e si sentì libero. Le mani dell’aria lo abbracciavano e lo accarezzavano, il fresco della mattina lo baciò dolcemente e spasmodicamente, come si fa con un fratello appena ritrovato. Il foglio gli volò via dalla mano e si librò seguendo il vento che lo leggeva e strapazzava.

Inspirò profondamente. Si sentiva bene, si sentiva felice. Avrebbe potuto pregare i Valar… e lo fece. Pregò come solo gli Elfi sanno fare, aprendo i propri pensieri alle stelle, cercando di urlarli così forte perché i Signori delle loro Aule li sentissero, gridando sempre più forte… i respiri quasi una canzone, il corpo di Legolas sembrava scomparisse, portato via dal vento mentre stringeva gli occhi e cercava di urlare…

“Lasciatemi qui.. per sempre… tramutatemi in colui che può sentire il vento per l’eternità… lasciatemi qui. Fatemi vivere senza pensiero, fatemi vivere senza… di….”

Non ne ebbe il coraggio. Non volle nemmeno pensare quel nome… Aragorn… Se l’avesse pronunciato il Desiderio si sarebbe svegliato dal suo debole sonno e l’avrebbe attanagliato. Però cambiò il suo canto, cambiò preghiera… il Desiderio si era risvegliato e fingeva di cantare, invece bruciava.

“Datelo a me… datelo a me che lo voglio, datelo a me perché è il lato che mi manca, quella parte di anima ch’io anelo… lo desidero… lo desidero come desidero l’acqua, il sole, l’erba e la freschezza della mia foresta…

Datelo a me… Per scalare l’Erebor mi ci vuole un giro di sole… perché per avere lui mi ci vuole la vita? E’ la mia vita che volete? Prendetela ora!”

Lo urlò dentro sé stesso, chiamando i Valar a gran voce, anelando una risposta come anelava l’aria. Stava lì, a braccia aperte, respirando la sua libertà passeggera…

-Legolas…..?-

L’elfo trasalì, il suo viso già latteo si fece ancora più bianco,mentre le guance si tinsero di un rosso intenso…. Immaginò di vedere sé stesso con gli occhi del ramingo che era appena spuntato da dietro le sue spalle. Stava lì, a braccia aperte, in piedi col viso rivolto verso il cielo e il corpo accarezzato da quel vento così strano… Lentamente, Legolas abbassò le braccia e le rimise lungo i fianchi, disciolse i muscoli delle gambe e aprì gli occhi girando la testa.

Oh, Valar…. Legolas… perché diamine sono venuto a cercarti? Sono confuso e tu non fai altro che disorientarmi…

Pensò Aragorn non appena lo vide. Si sentiva così invischiato nella sua umiltà di mortale… Inferiore ad una creatura così bella… bella al punto di volerla avere solo per sé, di volerla stringere spasmodicamente, o semplicemente di volerla…

Legolas si raccolse i capelli nel suo laccio azzurro e sorrise dolcemente.

Aragorn si incantò nel guardarlo. Solo Legolas era capace di donare agli occhi dell’Uomo quel sorriso.. sereno e luminoso, come un sole che spuntava assonnato dalla linea dell’orizzonte. Dolce quanto l’acqua fresca la mattina, che scava nel tuo sonno chiuso e ti apre alla giornata. Bello… quasi soffuso in ogni dove, come il rumore dell’onda spumosa, morbido quanto il tocco dell’erba.

Mi sento egoista, guardandoti… e disperato.

Non ti avrò mai…

-Umy le maure aenat? (hai bisogno di qualcosa?)

-Er lyaa ooma… lyaa maur… (solo del tuo aiuto, della tua presenza.)

Legolas sorrise ancora. Gli piaceva sentirsi utile. Soprattutto con Aragorn.

-So che ti disorienta.. ma preferirei che tu mi seguissi dentro il palazzo.

Disse Aragorn timidamente, schiarendosi la voce a metà frase. Il viso di Legolas cambiò repentinamente: scomparse il bel rossore che aveva sulle guance, e la sua pelle si fece bianca, quasi cerulea, mentre spalancava gli occhi, intrisi di terrore.

I respiri di Legolas si fecero più veloci, spaventati, e Aragorn s’accorse che l’Elfo stava stringendo forte i pugni.

-…Cosa ti spaventa…. Di Medusel?…-

-Nulla. Fammi strada…-

si decise l’Elfo. Le paure vanno combattute, ed un guerriero che si rispetti non deve avere assolutamente alcun timore. Doveva ridere anche in faccia alla morte. E Legolas sentiva che, dentro Medusel, gli sarebbe accaduta qualcosa… ma non sapeva cosa.

Aragorn annuì lentamente e gli volse le spalle.

Mi spiace… so che.. ti fa male. Ma io ho bisogno di te. E non posso starmene fuori.. vederti… dove tu vuoi. Devo rinchiuderti, o finirò con l’…… innamorarmi di te…

Devo costringerti a racchiudere il tuo essere, non entrare dentro di me, ti prego…

Non odiarmi, amico mio. O finirò con l’amarti.

Entrarono nella sala grande, dove una finestra sopra al trono del Re gettava una luce fantasma, soave e leggera, ma spaurita dentro la sua costituzione pallida, intimorita dalle solide mura di pietra e legno intagliato. Aragorn fece per proseguire, ma sentì i passi di Legolas fermarsi al centro del salone.

-Aragorn…. Ti prego… non andiamo oltre…-

gemette l’elfo. Un tono spaventato si era insinuato nella sua voce. Tremava la voce stessa. Anche Aragorn venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena, ma non era a causa della poca luce. Amava il modo in cui Legolas pronunciava il suo nome… “Aragorn… aaarraagooorrrrrn”. In bocca a lui, quel nome non sembrava così maledetto, così inutile ed effimero, così sporco come la sua dinastia, così rude per tutte quelle “erre” e così…mortale.

Pronuncialo ancora… dimmi come mi chiamo.. fammelo dimenticare e poi riscoprire…

Decise di fermarsi. Con lo sguardo cercò due sgabelli, ma Legolas sembrava avere tutta l’intenzione di starsene in piedi. Sentiva che se si fosse accomodato, l’oscurità lo avrebbe fiutato e sarebbe accorsa a sussurrargli parole sensuali all’orecchio.. l’avrebbe fatto stendere e controllato, derubato del calore… Fu così che si ritrovarono uno avanti all’altro, Aragorn seduto e Legolas in piedi, stretto su se stesso e attento, lo sguardo color del cielo immerso in quello di ghiaccio del ramingo.

Sono contento che tu mi abbia cercato. Perché altrimenti l’avrei fatto io… e non so se… sarei riuscito a… restare freddo…

-Goston tan i pêl  minno i…. (Temo quello che sta succedendo dentro me…)

-Cosa sta succedendo… dentro te?-

mormorò Legolas un po’ vergognoso… con quelle parole “dentro te” gli sembrava di avere un rapporto con Aragorn… entrare dentro di lui in una maniera che non aveva mai pensato… un qualcosa di forte… di prorompente….

-Sono disorientato, Legolas. Non conosco il mio destino, o meglio… non lo capisco. Se è vero il fatto che dovrò guidare gli Uomini contro il Male.. allora perché mi sento così… impotente? Se è vero che dovrò passare il resto dei miei giorni con una corona in capo e.. Arwen Undomiel al mio fianco… Perché non desidero nessuna delle due?-

A quelle ultime parole, Aragorn affondò lo sguardo negli occhi di Legolas, quasi cercando di trovare in essi una risposta… berla e sentirsi libero da quelle ombre nella sua testa. Legolas fu attanagliato da un pensiero che gli sembrò così morboso…

Non desideri Ancalima Undomiel… ma allora nel tuo cuore chi dimora? Lady Eowyn? No…Chi porti con te a letto, Aragorn? Chi cerchi nel tuo petto per consolarti? Evenstar ora è solo un fardello? Potrei asciugare io le tue pene? Potresti.. desiderarmi come anche io desidero te… o la mia è solo una vana, uumea  el? (vanesia stella)

-Io non…-

-Legolas, sto sentendo qualcosa.. sto cambiando. E tu che sei un Eldar dovresti sentirlo… Sto diventando freddo… insensibile…

-Non puoi dire questo. Tu sei destinato…

-Destino?-

Saltò su Aragorn con un’espressione quasi furiosa: il collo teso, gli occhi stretti.

-Cos’è il destino se non un ulteriore peso sull’anima?

-Dici così solo perché stai attraversando un brutto momento. Non lo credi. Lo so.

-Tu non sai nulla di me.

-Allora.. insegnati a me. Spiegati. E solo in questa maniera potrò confortarti.

-Non cerco conforto.

-Cerchi risposte che non posso darti. E mi sembri nervoso. La tua bocca non ha fatto altro che emettere scempiaggini in questi pochi minuti. La tua mente è forse in vacanza o in ritiro militare? Se ti chiedessi una qualsiasi cosa nella quale tu usualmente credi, molto probabilmente non faresti altro che stravolgerla, ora.-

Legolas parlava con un tono pacato, cercando di mantenere la calma. Perché Aragorn si comportava così? Cosa gli era successo? Non aveva mai parlato in quella maniera.. così… distaccata, diffidente…

-Tu parli ma non concludi, Legolas.

-Mi stai forse dando dell’insoluto?

-Appellare è limitare. Voi Elfi non avete confini.

E pronunciò l’ultima frase quasi con derisione. Legolas si sentì molto ferito. Aragorn sragionava, certo. Ma non aveva mai osato criticare la Stirpe dei Luminosi. Mai.

-Cosa vuoi insinuare?

-Io non insinuo mai, Legolas. Faccio accuse precise.

Legolas si sentì ribollire. Il desiderio verso Aragorn, la stima, la dolcezza.. svanirono tutte in un lampo. L’uomo si era trasformato e non era più il coraggioso e onorevole ramingo di poche ore prima. Era ottuso, chiuso e irriverente. Legolas avrebbe voluto urlargli in faccia non so quante maledizioni, ammonimenti, voleva andarsene ma non ne sentiva la forza…

-Sto iniziando a non credere più in niente.

-E l’arte?

-Una malattia.

-L’amore?

-Un peso e un’illusione.

-E L’ONORE? Quello in cui credi? Ciò per cui combatti?

-Un surrogato della moda della fede.

-Sei uno scettico.

-Per carità! Lo scetticismo è il principio della fede.

-Dammi un filo da seguire…

-I fili si spezzano e potresti perderti nel labirinto.

-Mi inquieti, parliamo di qualcos’altro…

La discussione si fece sempre più animata, Legolas era indignato.. si sentiva bollire di rabbia.. gli avrebbe volentieri portato le mani al collo e l’avrebbe strozzato… Elbereth quanto lo odiava in quel momento..

-Voi Eldar credete sempre di poter raggirare gli ostacoli. Non è così la vita.

-CHE NE SAI TU DELLA VITA? Sono 2931 anni che tengo piede su questa terra ed ho sofferto pene che tu nemmeno immagini. Non puoi permetterti di giudicare la stirpe che ti ha allevato solo perché stai attraversando un momento di follia! Non ho intenzione di ascoltare un bamboccio come te! I LE MOKA, ARAGORN! -

E fece per andarsene, ubriaco di rabbia e trasudante odio per quel lato di quell’uomo che era sempre stato così desiderabile… non lo riconosceva più ed aveva paura. Paura di perdere quello che amava di più. Non erano tanto le parole del compagno a ferirlo, quanto la loro durezza, la loro assenza di fede e calore, la loro obliquità…

-ARRIVERà IL GIORNO- urlò Aragorn in preda al furore –ARRIVERà IL GIORNO IN CUI MI GRAFFIERAI LA SCHIENA URLANDO CHE NON CE LA FAI PIU’! Poi mi pregherai di andare avanti ancora.. e ancora… e ansimerai…-

gli occhi gelidi di Aragorn lo trafissero e Legolas si sentì come immobilizzato… il sangue gli ribolliva nelle vene, non riusciva a controllarsi, avrebbe voluto sentire il collo di Aragorn stringersi sotto le sue mani… farlo smettere…

-COME OSI!-

e Legolas si avventò contro di lui sguainando dalla cintola un pugnale affilato, ma quando gli fu davanti, Aragorn lo bloccò, lui rallentò…

Vicini.. non si erano mai trovati così vicini… la mano di Aragorn sembrava puntasse in altri luoghi invece che alla schiena dell’elfo.. Si potevano specchiare l’uno negli occhi dell’altro… i loro respiri carezzavano le loro labbra… come lo desiderava.. l’odio stava andando a tramutarsi in desiderio…. Folle, perverso, cattivo ed inevitabile.

Con un movimento repentino, Legolas spinse la testa dell’amico all’indietro, avvicinandosi pericolosamente al suo collo…

-SOLO i Valar sanno quanto desidero.. tagliarti.. la gola, ora…

-FALLO.

Legolas guardò Aragorn e rabbrividì. Quella parola, quella specie di comando sembrava venisse da un contesto lontano.. sembrava spuntasse da i gemiti di un uomo in preda alla passione e alla foga dell’amplesso… sembrava fosse un esortazione a ricevere di più… al volere… pulsante… Legolas avvicinò il pugnale al collo dell’amico… voleva fargli credere di esserne capace, ma il suo corpo andava in un’altra direzione ben diversa.

Ad un tratto, le mani di Aragorn scattarono verso il bacino dell’elfo e lo spinsero contro di sé.

Legolas riuscì a trattenere un gemito misto tra sorpresa e soddisfazione.. non aveva mai sentito il corpo di Aragorn così vicino… caldo… passionale… sentiva il ramingo premere contro di lui… Accaldato e magnifico… Desiderava continuare il contatto, restare stretto contro Aragorn per l’eternità… avrebbe voluto sentirsi libero di muoversi contro di lui.. dire ad Aragorn cosa davvero provava… vederlo dischiudere le labbra, sentire il suo respiro… Le mani di Aragorn scivolarono verso il basso…

Quell’attimo così intenso gli annebbiò la vista.   

Un altro istante e non si sarebbe più controllato… e avrebbe buttato Aragorn sulla tavola, lo avrebbe soddisfatto davanti a tutti… Capì cosa lo spingeva verso quell’uomo…

Non poteva restare lì… il desiderio stava prendendo possesso del suo corpo e se Aragorn se ne fosse accorto…? Si staccò con un gesto brusco, l’amaro in bocca… voleva uscire da quel palazzo. Dannato, dannato!

Yesta i le, Aragorn.. naa i uume merne le... (Provo desiderio per te, Aragorn... ma non posso averti…)

-Alla stanza degli arazzi, Legolas. L’unica luminosa del castello. Nell’ala est. Se veramente pensi ciò che hai detto, fatti trovare lì .-

Legolas fece finta di non ascoltarlo.. non VOLEVA ascoltarlo.. ancora la voce dell’uomo nella sua testa rimbombava.. “fallo… fallo oh, Legolas fallo…” lo schifava e lo gratificava allo stesso momento. Gli piaceva sentirla dentro di sé… lo disturbava…

-Al calare del sole, Legolas. –

Aragorn urlò ancora. Sulle labbra del ramingo stava un sorriso che traspariva la sicurezza dell’uomo sul fatto che l’Elfo sarebbe venuto.

So che ti spaventa… ma devi sapere…

Legolas aveva sentito. Oh, se aveva sentito. In un primo momento non se ne accorse, ma aveva le guance bagnate di lacrime.

Lacrime di rabbia, di tristezza, di gioia per aver scoperto che anche Aragorn… e se fosse stato solo… Avrebbe fatto male a… Cosa sarebbe…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

Si portò le mani alla testa, premendo i palmi sulle orecchie appuntite per non sentire nulla.. quella voce.. veniva da fuori o dentro di sé? Quella voce era vera o era solo la sua perversa immaginazione a crearla? Una lacrima gli stava scendendo dolcemente lungo il collo.

Uscì di filato dal palazzo, ritrovando quel vento pazzo ad accoglierlo con mille soffi e sbuffi freschi. Girò l’angolo dei gradoni del palazzo, camminando sull’orlo. Chi l’avesse notato, certamente sarebbe stato col fiato sospeso per paura di vederlo cadere, ma lui seguiva il suo bordo dritto. Era un po’ come una maniera per calmarsi… spostare la mente sul fatto che non doveva cadere. Si sedette su un angolo, a guardare quel lato di Edoras che non aveva mai curato più di tanto. Il lato aperto, quello sconfinante nella prateria stepposa di Rohan. Chiuse gli occhi e riprese quel suo contatto con la natura. Gli faceva bene. Sentì il vento tornare verso di lui, abbracciarlo e sollevarlo da terra… lo portò in volo. Lo lasciò in piedi, al limitare dei confini della città, dove stava una palizzata di legno massiccio… e basta. Non aveva fatto un viaggio poi così lungo. Perché si era fermato proprio lì? Quel sole così guardingo lo fissava dall’alto, come se volesse leggergli nella mente e risvegliare quei pensieri…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

No… no… non doveva tornare quella voce… aveva impiegato così tanto per farla andare via…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

Aveva bisogno di un bosco. Gli alberi lo calmavano. Ogni volta che sedeva su un ramo sembrava che l’intera struttura di foglie e legno si curvasse su di lui. Le foglie gli accarezzavano le gote e l’ombra fresca della chioma lo consolava. Quando le foglie frusciavano gli cantavano una dolce canzone che solo lui poteva sentire.

Ad un tratto, girò il viso, spaesato e…  il ramingo gli stava accanto.

Poggiava la schiena ad uno dei pali di legno, le mani incrociate e il viso basso, coperto da una cascata di onde fluenti e castane. Muoveva il piede sinistro come se volesse scavare una buca in quella terra arida.

-A.. a… Aragorn?

Sussurrò accorgendosi che la voce gli mancava tremendamente. La mente era completamente disconnessa… che diavolo ci faceva lui lì? Voleva tormentarlo ancora?

-Che… che ci fai tu… qui?-

ma lui non rispose. Lo fissava. In quegli occhi azzurri poteva leggere… qualcosa.. che lo spaventava.

Desiderio.

Un brivido gli percorse la schiena… non poteva essere.. cosa.. cosa gli stava accadendo? Aveva scuramente le traveggole! Voleva andarsene quando…

Aragorn si sporse in avanti e  si avvicinò a Legolas, prendendolo per un braccio.. aveva le mani calde…

-Scusami…

gli sussurrò dolcemente. Poi allungò una mano sul viso dell’Elfo e gli carezzò una guancia. Legolas sentì il cuore accelerare, batteva a mille, il sangue scorreva veloce per le vene, le mani umide… Perché gli succedeva così? Perché solo con Aragorn? L’uomo gli si avvicinò di più, si sporse in avanti. Legolas doveva tenere lo sguardo fisso negli occhi di lui? Lentamente, invece, abbassò gli occhi color cielo fino a giungere alle labbra dell’uomo. Doveva distogliere lo sguardo, lo sapeva, ma non ci riusciva… Sentì una mano di Aragorn carezzargli la coscia…fremette…si sporse ancora di più, il respiro gli lambiva le labbra sensualmente. Fu un momento velocissimo.

Aragorn si sporse in avanti un’ultima volta, poggiando una mano sulla nuca di Legolas e tirandolo a sé, intrappolandolo in un bacio. Prima a labbra chiuse… Legolas non sapeva come comportarsi.. doveva lasciarsi andare? Cosa mai sarebbe successo… il Ramingo gli bloccava il capo con una mano e gli stringeva le spalle con l’altro braccio, avvolto intorno a lui come un’ombra scura ed eccitante. Si staccò lentamente e lo fissò negli occhi.. poi li abbassò a sua volta sulle labbra dell’elfo e sembrava ricordasse quello che era appena successo.

-Aragorn… ma… (Aragorn… che…)

- Auta o quette… toi maaraer…(Basta parole, sono così inutili…)

lo fermò l’uomo poggiandogli due dita sulle labbra. Quel bacio era stato… caldo, anzi no, bollente, dolce, sensuale, dirompente, improvviso, inaspettato, piacevole… Aragorn si passò distrattamente la lingua sul labbro superiore. A quel gesto, Legolas si sentì attratto come non mai… quel bacio.. tanto veloce…  non bastava. L’elfo allungò una mano verso quel viso così mascolino e lo tirò a sé, baciandolo ancora. Prima piano, le labbra strette contro quelle del ramingo;poi le aprì dolcemente e lasciò che la lingua scivolasse incontro a quella di Aragorn, che lo accolse caldamente. Passionale, Legolas gli succhiò dolcemente la lingua e per tutta risposta Aragorn abbassò ambedue le mani verso l’inguine dell’elfo, gli aprì leggermente le gambe. Aragorn era eccitante al punto che Legolas gli si sciolse addosso, gettandosi su di lui in balia di quelle mani così calde, continuando a baciarlo come se fosse quella l’unica fonte di respiro…  L’uomo muoveva le labbra dolcemente, con lui, su di lui e contro di lui, lo fece appoggiare contro uno dei pali e sembrava lo volesse divorare. Legolas si aggrappò alla schiena del ramingo, mentre quello spostava le labbra sul collo dell’elfo e cercava di slacciargli la casacca… dopo qualche tentativo,le mani di Aragorn lasciarono stare i bottoni e scivolarono sui fianchi di Legolas…più giù, più indietro… premendolo con forza contro di sé.

Legolas stava lì a labbra socchiuse, gli occhi serrati al pari delle sue mani sulle spalle di Aragorn… non sapeva come… muoversi.. eppure gli sembrava tutto così naturale…

Si lasciò possedere per lunghi ed appaganti momenti, baciando ancora l’oggetto del suo desiderio. Lo strinse ancora, si avvicinò e sentì Aragorn muoversi contro di lui…

-En tulka....Aragorn….a..ah…. (più forte)

il Ramingo sembrava seguisse una via sua, usasse l’elfo come un oggetto… Lo guardava con quei suoi occhi glaciali, dello stesso colore del cielo che vegliava sulle cime del passo di Caradhras, lo baciava ancora… Quelle labbra calde segnavano il loro percorso sul collo di Legolas, le mani di ambedue avevano volontà propria.

Il corpo di Aragorn premeva con forza contro quello dell’elfo, divorato dall’eccitazione.Dalle labbra sottili di Legolas uscivano gemiti soffocati che, ogni tanto, Aragorn bloccava con baci veloci. Legolas ne voleva sempre di più, di più… Ancora ed ancora le loro labbra si incontrarono, e Legolas voleva che quei baci durassero per l’eternità… Aragorn tolse le braccia da addosso a Legolas e le poggiò sulla palizzata, bloccando l’elfo solo col suo corpo.

- Veela u le usin… (vediamo se scappi…)

-I voror… um ta… (Non lo… farei mai...)

ansimò Legolas mentre il piacere di Aragorn lo travolgeva. Continuava a stringere spasmodicamente le spalle dell’uomo per evitare che fosse lui a scappare.. e anche per evitare di scivolare in basso… In basso, ci andarono le mani di Aragorn, giù giù fino ai calzoni di Legolas. Slacciarono velocemente la cintura di cuoio che cadde a terra con un tonfo, poi armeggiarono un poco coi bottoni.

-Aragorn.. non… ah… non qui…. A… ah….

-Il desiderio non conosce luoghi…

Lo ammonì l’uomo tappandogli le labbra con la propria lingua. Legolas preferì tacere e continuare quel bacio, ma Aragorn stava nettamente esagerando…

-Aragorn.. mo… auta le…. Ara…. ( che.. fermati…)

ma non fece in tempo a finire la frase che il piacere lo travolse di sorpresa nel sentire le mani di Aragorn su di sé, chiuse gli occhi, buttando la testa all’indietro fino ad appoggiarla al palo di legno gemendo sommessamente, ansante e desideroso di rimanere così. Aragorn lo toccava ancora, esattamente dove Legolas voleva, mentre le labbra percorrevano il suo collo in ogni angolo possibile.

-Basta Aragorn.. smetti….

L’uomo lo guardò. Fisso… quegli occhi sembravano quasi taglienti, qualche ciocca di capelli era attaccata alla sua pelle e gli arrivava ad un angolo della bocca.

-Era forse un ordine?

Chiese sollevando le labbra in un sorriso malizioso. Legolas si chiuse i calzoni. Gli piaceva, ma era troppo.

-Sì.

E così dicendo si avventò contro Aragorn, sorprendendolo col bacio più forte che si fossero mai scambiati. Noncurante delle mani di Aragorn sui propri fianchi, premette con violenza la lingua dentro la bocca di Aragorn, soffocando i suoi gemiti di sorpresa e piacere. Aragorn rimase senza fiato, mentre la lingua di Legolas esplorava prepotentemente la sua bocca. Le mani dell’Elfo afferrarono il colletto del Ramingo, tirandolo a sé fin quasi a farlo sbilanciare.

Ad un tratto, però, a Legolas non sembrò più di sentire Aragorn stretto a sé.. solo.. aria..

Aprì lentamente gli occhi e si ritrovò sul gradino del palazzo, davanti a sé solamente una distesa di sabbia compatta e stepposa.

-Er oloore…. (solo un sogno)

Sussurrò tra sé e sé, mordicchiandosi un pollice per svegliarsi completamente. Voleva sentire dolore… un dolore più forte di quello che già sentiva dentro di sé… tristemente si dovette render conto d’essere nella realtà, dove Aragorn l’aveva stretto molto probabilmente solo per rabbia o per un giochino perverso che la confusione gli aveva dettato.

-MASTRO ELFO!

Legolas si drizzò da sedere ed irrigidì la schiena. Gimli apparve dietro di lui, con quella sua andatura pesante e barcollante, dovuta dalle gambette corte.

Davvero, Gimli era l’ultima persona (err… l’ultimo nano) che Legolas avesse mai voluto vedere. Non gli andava di mettersi a chiacchierare, e nemmeno mettersi a cantare o raccontare. Gli andava solo di piangere.

-Senti, mastro Elfo.. avrei bisogno di un consigl…

-No, Gimli. Non ora.

Lo fermò Legolas, ben deciso a troncare quell’inizio di conversazione. Se solo non fossero stati due membri della Compagnia, lo avrebbe appeso all’asta della bandiera che garriva davanti a Medusel. Il nano alzò un sopracciglio, sconcertato. Legolas di malumore? Succedeva assai raramente! A quell’elfo bastava che il sole splendesse per essere felice… valli a capire, gli Eldar!

Legolas si alzò in piedi.. ancora il sapore di quei baci sulle labbra… Doveva andare alla stanza degli arazzi.. o no? E se avesse rivisto Aragorn sarebbe riuscito a contenersi? Doveva semplicemente provare. Sorpassò Gimli con due passi e lo lasciò a borbottare qualche sua canzoncina nanica o roba simile. Non gl’importava. Il sole stava iniziando a calare.

.|.|.

Nel frattempo, Aragorn, era corso in preda alla rabbia nella stanza dove stava il suo giaciglio e quello di Legolas (ovviamente c’era anche quello di Gimli, ma non lo vedeva…). Si sedette di peso sopra il suo, che aveva tutte le coperte disordinate e scompigliate. Aragorn non dormiva quasi mai sonni tranquilli, e la mattina tutto era più importante del rifare il letto. Tanto doveva tornarci, poi, no? Poggiò la schiena contro il muro e si prese la testa tra le mani.

Nella testa gli rimbombava tutto quello che aveva detto. Quante bugie…

Era stato un vigliacco. Aveva usato la provocazione come arma, per vedere cosa provava Legolas… e invece di trovare il perché di quella perenne dolcezza, di quell’idilliaca delicatezza, aveva scatenato l’odio dell’amico. Sarebbe venuto? Adesso non ne era più cosi sicuro. Si sentiva disperato, come se fosse caduto per ore ed ore in un baratro.. e l’anima stesse ancora cadendo nel vuoto. Doveva andare da Legolas a scusarsi? Cosa stava facendo l’elfo, ora? Aragorn conservava di lui un ricordo dolcissimo, quanto il profumo della sua pelle. Gli era sempre stato accanto, da quando si erano conosciuti, e se la mente non lo ingannava, era stato proprio Legolas che, per caso, gli aveva fatto incontrare Arwen.

Arwen…

Si era scordato il viso di lei. Si era scordato tutto di lei. Non portava più Evenstar al collo, anzi, la teneva avvolta in un panno, segregata in una tasca della saccoccia. Se Arwen fosse venuta ad incontrarlo in sogno, il cuore di Aragorn si sarebbe strappato di sicuro.. o forse l’avrebbe strappato lui stesso. Se era vero che avere un cuore faceva soffrire così tanto, il non averlo affatto avrebbe potuto cancellare tutti quegli affanni? Come si sentiva sbagliato, in quei giorni. Sbagliato.. gli sembrava l’aggettivo migliore. Lui era tutto sbagliato, ciò che provava era sbagliato, il suo destino era sbagliato…

Anche il suo amore era sbagliato.

Era iniziato tutto al ponte di Kazad-Dhum, quando Legolas aveva afferrato lui alla fine del suo salto e non Frodo. L’aveva stretto.. forse senza neanche pensarci, forse nemmeno se lo ricordava…

Lui, invece, sì. Da quel momento… da quando aveva respirato il dolce profumo dell’elfo, nella sua testa si erano accavallati pensieri, immagini, desideri, congetture… ma solo una cosa lo spaventava.

Legolas… era… un uomo… beh, sì, insomma… un Elfo, ma pur sempre un uomo. No, non era questo il suo terrore più grande. Molto probabilmente quella creatura così luminosa non aveva ancora mai conosciuto… l’amore, cosa vuol dire passione… Aragorn lo vedeva come un guerriero, dal volto d’angelo e l’abilità di un assassino, quasi distaccato dalla cognizione di se stesso… freddo ed impassibile, calmo e pacato, controllato e calcolato nei suoi minimi confini… Era certo che provasse sentimenti.. gli Elfi sono le creature più emotive di Eä, {Per chi non se lo ricordasse, Eä è il “Mondo che È”, ovvero il Mondo. Da il Silmarillion, JRRTolkien,Bompiani Editore. Prima citazione a pg.17 n.d.Me}

ma non era certo che provasse QUEI sentimenti… quelli che confondevano Aragorn così tanto. Lo confondevano e non lo facevano riposare, gli toglievano il coraggio…

Ma quando c’era Legolas accanto a lui.. sentiva nelle mani quella forza che l’avrebbe reso capace di sradicare un albero di Lorien… di sollevare l’intera Minas Tirith… tutto tranne che baciarlo davvero.

Pochi minuti prima l’aveva stretto a sé… lui era desideroso.. aveva visto nello sguardo dell’elfo una luce baluginare…

Indignazione, sgomento..o lo stesso desiderio che anche lui sentiva?

Poteva quell’essere dalla bellezza così androgina sentire quel genere di sensazioni.. dirompenti e a volte cattive, come nel loro caso.. Un amare ed un soffrire, desiderare e farsi male…

Non aveva nemmeno la forza di volontà di prevalere su Legolas, di farsi amare anche solo per un’ora, di farsi desiderare… come mai avrebbe potuto trovare la forza di mandare avanti un regno…. E guardare negli occhi la donna che un tempo amava.. e che tradiva col pensiero, accarezzando con le sue fantasie il profilo di un altro uomo?

C’è una sedia… nella mia mente, sulla quale, ogni tanto, mi piace sedere per pensare e trovare la chiave a tutto ciò che mi è celato…

Dove posso correre? Dove nascondermi? In chi mi tramuterò? Dove ho udito le voci che ricordo? Ho un paio di parole scritte sullo schienale della sedia, come… “Pensi che sia coraggioso?” ”Pensi che me ne importi?”  Posso.. cancellare, bruciare le immagini che vedo? Posso? Non credo…

C’è una sedia piccola, quanto basta per contenermi. Preferirei una scatola, ma poi potrei desiderare di chiudere il coperchio… Restare solo, per sempre su quella sedia… Incatenami, Morte.. seducimi ed io non cederò… o sì? Quale maschera ti metterai per portarmi dove tu desideri? Continuando a pensare in questo modo sarà difficile continuare…

Devo trovare coraggio, ma oramai questi pensieri me l’ hanno succhiato via… si sono cibati del mio ardore e l’ hanno sostituito con quest’incertezza… Ho bisogno di te, ma non venire. Potrei non fermarmi.

Ho bisogno di te.. ma tu stammi lontano. Magari il mio desiderio si spegnerà…

Basta.

Basta mentire anche con me stesso… ho mentito così a lungo… Non smetterò mai di desiderarti, mai le mie mani smetteranno di bramare il tuo corpo… Quell’attimo, Legolas. Solo quell’attimo tale da dar pace al mio cuore… unica richiesta, la mia… certo… eppure così difficile da esaudire…

Non posso, non riesco… andare avanti così potrebbe significare il mio desiderio di abbandono… Mi rendo conto di non volere più nulla: né regno, ne Arwen, ne onore, né gloria… darei tutto per avere te solo un’ora.

E si ritrovò in mano la stoffa nella quale era avvolta Evenstar. La srotolò pian piano ed un luccicare veloce gli fece sbattere le palpebre un paio di volte. Il gioiello stava lì, così piccolo nella sua mano… luminoso, la curva di cristallo così dolce e morbida. Uno splendido fiore al centro dal quale scendevano due lunghe foglie lanceiformi che s’incrociavano tra loro. Evestar. La stella del vespro, quel gioiello racchiudeva l’intera essenza di Arwen. E lui l’aveva in mano, sarebbe stato padrone di spezzarla, sotterrarla da qualche parte o, semplicemente dimenticarla…

- Renich i lu i erui govannen? (Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?)

- Nauthannen i ned ol reninannen (Credevo di essermi perso in un sogno…)

- Guenwin in enninath… u-arnech n naeth I si celich.. (Lunghi anni sono passati, non avevi gli stessi turbamenti che hai ora…)

Poteva ricordarselo così bene, quel momento idilliaco… a Granburrone, sotto la luna… lei era così bella, dolce… vanesia.. come l’immagine ed il ricordo nella mente di Aragorn. Stava svanendo.  Quella figura sottile stava assottigliandosi più passava il tempo. Come la pallida stella oscurata dai raggi di un sole sorgente e dirompente, Arwen non rimaneva nella testa del ramingo, troppo accecato dalla luce di Legolas.

Ma era sicuro che quello per l’elfo fosse solo.. mero desiderio? Spoglia bramosia carnale? No… c’era dell’altro.Se fosse stata solo la voglia di averlo, di sicuro non si sarebbe sentito così male… di sicuro non si sarebbe sentito così solo.. sconsolato, affranto, spogliato della gioia…

Ma allora.. come poteva lui provare… amore?

Man kara i mel le? Man kara i aniron le?  (Cosa mi fa amarlo? Cosa mi fa desiderarlo?)

E pensare che.. no..sarebbe successo comunque? Era già predisposto?

Lady Galadriel… l’aveva forse visto? Lo sapeva? L’aveva detto ad Arwen? Non si ricordava come fosse stato, a Lothlorien. Era passato troppo tempo.

No, da quello che gli restava di quella notte, Lady Galadriel non aveva accennato nulla sul fatto.. di quello strano accelerare dei battiti del cuore alla sola vicinanza di Legolas, non aveva proferito parola a proposito di quel desiderio così innaturale, ma così forte… Tra quegli alberi, se solo fosse stato in grado, avrebbe tolto la verginità a quella creatura che sembrava tutto tranne che reale. Così bello da fare male. Troppo male.

Alzò la testa e guardò il muro davanti a sé. La solida roccia era contornata da intarsi di legno, dai quali pendeva una grossa tenda di panno rosso. Silenzio.

Non mi piace il silenzio. Voglio sentire il tuo canto, ancora una volta.

Una sera, nella chiara notte prima di partire da Granburrone, aveva sentito Legolas cantare. Non era uno dei soliti canti già scritti, che ricordavano le grandi gesta degli Eldar che furono…. Molto probabilmente quel canto era stato composto da Legolas in persona, una dolce canzone d’addio per un amore sconosciuto. Più che un canto sembrava una poesia, composta fra le lacrime e ridondante di nostalgia. Ma la voce di Legolas la recitava così bene da farla somigliare al gorgogliare del fiume, e le stelle stesse si univano in un coro. Abbandonato sulla ringhiera di uno dei tanto balconi di Granburrone, aveva cantato per tutta la notte. Si era offerto lui di partire, ma il viaggio già lo stava uccidendo.

E aveva cantato tutta la notte, cullando la propria voce con le foglie addormentate. Su quel balcone vi era rimasto anche dopo che il sole aveva fatto capolino tra i tetti delle case, steso ed assopito, come coperto da un lenzuolo di rugiada. E il sole dipingeva su quel viso angelico…ombre e luci d’avorio. E lui non aveva potuto fare a meno di restare a guardarlo, acquattato tra qualche colonna marmorea, trattenendo il respiro per paura di svegliarlo. Incantato.

Era un vero peccato che gli Elfi dormissero così poco. Lui era così bello…

Aragorn strinse con forza Evenstar nella mano, fino a sentire le punte dei petali di cristallo trafiggergli la pelle, volontariamente strinse più forte…

Dolore… naike…. Per dimenticarti…

Ma non poteva dimenticarlo. Nulla sarebbe servito a farlo. No, lui era legato ad un destino che si divertiva a vederlo soffrire, ma che allo stesso tempo gli regalava qualche sogno breve e passionale… passeggero e nostalgico.

Riaprì la mano. Che stupido. Stupidissimo. Come aveva anche solo potuto pensare di usare il dolore come anestetico per l’amore? E poi, era davvero amore?

Sì… Lo è.

Si rispose. Basta con le bugie. Si può essere attori con chi non si conosce, ma non con se stessi. Non si può fingere con la propria anima.

Lo giuro su tutto quello che ho di più caro, lo giuro su tutto ciò che ritengo valente, lo giuro sull’onore e su me stesso. Ti dirò quel ch’io provo. E mi farò valere. Non puoi scapparmi per sempre, Legolas.

Sul viso gli si dipinse un sorriso sottile… un po’ di sicurezza e quasi spavalderia tornò a scorrergli nelle vene. Guardò fuori dall’unica finestra della stanza: il cielo aveva iniziato a tingersi di rosso. Era ora.

Si alzò e si lisciò bene bene la veste. La mano aveva già smesso di sanguinare. Fece scivolare Evenstar in una delle tante tasche della palandrana.

I lende, Legolas (Arrivo, Legolas)

.|.|.

tap tap tap….

Gli stivali di Legolas ticchettavano sul pavimento liscio del palazzo, corridoio dopo corridoio. Non gli faceva più così paura.. aveva imparato a tenersi freddo, così l’Ombra non l’avrebbe notato ed avrebbe continuato a persuadere qualcun altro. Aveva imparato a non essere più sè stesso. Aveva imparato a placare ogni emozione, freddo come una statua di ghiaccio. Le emozioni facevano così male, soprattutto in quel periodo, in quel momento, in quel palazzo…. Aveva imparato a scacciare la propria anima, lenire il dolore e sedare la passione. Sentiva le cose passargli distrattamente accanto. Solo aria sulla pelle. Non gl’importava se era contro natura, non gl’importava se tutto quello che gli era stato insegnato ed aveva scoperto sulla bellezza della vita riteneva la separazione dell’anima un peccato. Doveva tenersi freddo. Per Aragorn.

Lo faccio per noi, per conservare almeno l’amicizia. Se ti dicessi ciò che veramente provo, allora rovinerei tutto. Voglio tenerti sempre con me, Aragorn. Ti voglio al mio fianco. Non mi farò lasciare da te solo per uno stupido sentimento. Non sarà il mio amore a dividerci.

Assorto in questi pensieri, Legolas lasciava che i piedi lo portassero dove volevano. Non aveva la più pallida idea di dove fosse la stanza degli arazzi, e sperava di poter trovare qualcuno che glie la indicasse, ma Medusel sembrava deserto.

Noncurante del buio, scese un paio di scalinate introdotte da un grosso arco di legno con dei cavalli intagliati e degli uomini in parata con bandiere, stemmi e scudi. Quattro torce illuminavano i gradini, alcuni dei quali erano ricoperti di legno liscio.

Ma è tutto di legno, qui? Legno e pietra.. non mi stupirei se le persone fossero fatte dello stesso materiale!

Terminate le scale, Legolas si trovò davanti una specie di saletta di pietra, come un pianerottolo cubico. Due lati erano di pietra, ma uno era una grossa tenda giallo paglierino, fermata in un lato da una nappa blu.

Curioso da questi colori così sgargianti in un palazzo così tetro, Legolas scostò nappa e tenda.

Non avrebbe mai immaginato di vedere, proprio a Rohan, una cosa così bella. Avanti a lui si stendeva un corridoio inondato della luce del tramonto. Il pavimento era di legno (il parquet medievale? N.d.Me) e tutta la parte destra del corridoio era occhieggiata di finestre d’alabastro, coperte da tende setose. Tra una finestra e l’altra, stavano delle statue lignee che raffiguravano Re, cavalieri e chissà quali altri eroi. Tutto sembrava così… elfico… come.. come poteva una tale bellezza architettonica starsene nascosta in un palazzo freddo e desolante? Il soffitto era affrescato di blu, puntellato da tantissime stelle che sembravano bottoni d’oro incastonati nella roccia.

-Com’è tutto bello… qui…

e scoppiò in una sonora risata cristallina, che tintinnò e si rifranse su tutti i muri, rimbalzando come l’acqua nella corrente di un torrente appena uscito dalla sua sorgente.

-Come ho fatto a temere tutto ciò? Come posso temere ciò che mi somiglia?

Si bloccò di scatto con quelle parole ancora sulle labbra .

TEMERE Ciò CHE MI SOMIGLIA… ed iniziò a parlottare tra sé e sé con una voce sottile quanto il vento d’autunno tra le foglie. Per tenersi compagnia.

-Aragorn…. I Kaure le… I mel le…. (Ti temo, ti amo) Ma perché ti temo se sei simile a me? Perché tremo se mi sei accanto? Cosa mi spinge a volerti? Sei… un uomo, come me… ed io…. Non ho mai… provato… amore. A parte con….-

E Qui si interruppe, abbassando la testa, nella mente un ricordo troppo doloroso da rievocare.

-Perché con te? Perché è tutto così confuso, così difficile? Perché non posso dirti quello che veramente sento? E se tu provassi il mio stesso calore… allora vorrei gridarlo al mondo… ma non potrei farlo…

Se la Terra di Mezzo venisse a sapere quello che potrebbe esserci tra… me… e te… allora sarebbe la rovina? E Ancalima Undomiel? Il suo amore per te… è così forte da poter offuscare il mio? O il contrario? Porti ancora Evenstar….

… se è il tuo simbolo d’amore… potrei portarla io? -

Scrollò la testa quasi cercando di scacciare via quel pensiero. Come aveva anche solo potuto pensare che Aragorn gli avrebbe donato il suo fiore di cristallo? Come avrebbe mai potuto pensare che Aragorn avrebbe lasciato la donna a lui promessa.. l’amore della sua vita…. Per… lui? Che sciocco si sentiva… e questa volta avrebbe davvero voluto svanire.. via.. via.. a correre verso casa, Bosco Atro… a rifugiarsi sui suoi alberi, a cercare l’ombra ed il conforto del vento… il silenzio, la calma ed il calore del suo sole, di casa sua…

Ad un tratto, fu obbligato a svoltare un angolo nel corridoio e… poco lontano, vide lady Eowyn aspettare, in piedi, davanti ad una tenda rossa. Troppo tardi per girare i tacchi ed andarsene.. lei l’aveva già visto.

-Sire Legolas…

mugolò lei con quella sua voce così fredda e monotona. Legolas trattenne un brivido.

-Lady Eowyn…

la salutò freddamente con gesto del capo. Non gli piaceva incontrarla.

-Cosa fate voi qui…? Pensavo che Medusel vi terrorizzasse….

-NULLA mi terrorizza, mia signora.

Puntualizzò lui sentendosi sbeffeggiato da quella statua di ghiaccio che camminava.

-Nulla mi terrorizza, ma alle volte preferisco certi ambienti ad altri.

Eowyn si stupì della pronta risposta dell’elfo, ma non lo diede a vedere. L’aveva sempre creduto uno silenzioso, chiuso, quasi ottuso… e invece…

-Preferite la steppa al palazzo?

-Preferisco la libertà alla prigione

-…l’insicurezza alla forza?

-La verità alla menzogna, comunque passeggiavo per curiosità e basta.

Troncò indispettito. Meno parole uscivano dalle labbra di Eowyn, meglio si sentiva.

-Avete per caso visto sire Aragorn? Gli ho dato appuntamento qui, ma non si è ancora presentato…

Legolas fu colpito da quell’affermazione. Lei aveva dato appuntamento ad Aragorn.. davanti ad una sala? La sala degli arazzi rossi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa fare? Gia s’immaginava la scena: “Che casualità, lui ha dato appuntamento a me!” e si sarebbe sentito un weomelindo {Ho trovato il modo per scrivere “gay” in elfico… n.d.Me} davanti a “statua di ghiaccio”, helkeheri (Signora di ghiaccio) e, chissà, magari si sarebbero messi a chiacchierare dell’uncinetto e del punto croce aspettando l’arrivo di Aragorn. Improvvisamente un qualcosa gli uscì dalle labbra,mentitore e rapido.

-Ho incontrato Aragorn. Mi ha detto di riferirvi, se vi avessi vista, che non sarebbe potuto venire a causa di… faccende fuori dal palazzo. Non so esattamente di cosa.-

Che bugiardo.. ma oramai l’aveva detto e non avrebbe potuto tornare indietro. Sul volto ceruleo di Eowyn si dipinse un’espressione delusa. Sempre e comunque fredda.

-Ah.. vi… vi ringrazio.

E così dicendo chinò il capo e se ne andò, prendendo la direzione dalla quale veniva Legolas. Lui, con fare allegro e noncurante, le gridò dietro:

-Voite maara daana! (Buona giornata!)

alzando un braccio in segno di saluto. Stranamente quella bugia gli aveva dato sollievo, ma ancor più vedere Eowyn andarsene dopo solo due parole l’aveva reso più tranquillo.

Stranamente soddisfatto di sé stesso, si fermò davanti alla tenda rossa, molto probabilmente l’entrata alla stanza degli arazzi. Con sicurezza scostò leggermente la tenda e fece per entrare, quando si bloccò appena in tempo per non andare a sbattere contro un’enorme porta di legno.

-Legno anche qui.. avrei dovuto aspettarmelo!

E aprì il pesante portone, entrando nella stanza.

Era piuttosto piccola per come Legolas se l’era immaginata, ed aveva le pareti interamente coperte da drappi rossi e morbidi che cadevano sul pavimento inondandolo di stoffa color sangue. Solo una parete, quella opposta alla porta, era occupata quasi tutta da una bella finestra di alabastro, con una tenda rossa anch’essa, ma di stoffa più sottile, che faceva filtrare il sole. Per il resto, nella stanza non v’era altro arredamento se non per una sedia, al centro della stanza. Una sedia piccola, di legno scuro con un cuscino rosso sopra.

-Gran bell’arredamento… davvero!

.|.|.

tap…tap…tap…

-Tardi tardi tardi….! Accidenti a me e alla mia testa! Tardi tardi….-

si ripeteva Aragorn freneticamente, come se quella parola avesse potuto fermare il tempo e dargli un po’ di vantaggio per arrivare in orario. Il suo sesto senso gli diceva che, anche se non sapeva la direzione, Legolas sarebbe certo stato dentro quella stanza quando il sole avrebbe lambito le prime cime delle montagne. Svoltò un angolo e si acquattò di scatto contro il muro. Eowyn stava passando, dritta davanti a sé, al testa china. Gli aveva dato appuntamento lei per prima, ma lui sentiva il bisogno di Legolas. Sarebbe stato quello, il momento giusto per toccarlo.. per averlo… farsi amare… Trattenne il respiro ed avanzò rasente al muro per non farsi vedere. Il percorso lo sapeva bene e, quando Eowyn fu scomparsa, riprese a correre come un forsennato. Scale, corridoio, angolo… la porta era lì, la tenda rossa ben calata davanti… Appena di fronte all’entrata si fermò per un paio di secondi. Doveva riprendere fiato e calmarsi, non tanto perla corsa, ma per il fatto che lui e Legolas sarebbero stati lì, chiusi in quella stanza… soli…

Voglio te. Voglio ubriacarmi delle tue parole, inebriarmi della tua pelle, bere la tua luce dalle tue labbra…

Entrò.

Legolas stava in piedi, davanti alla finestra d’alabastro, le braccia incrociate sul petto. La sua figura si stagliava nera e nitida contro la luce rossastra che faceva illuminare la tenda di un color tramonto vivido. Era.. perfetto.  La sua forma alta e slanciata sembrava così fragile… composta dello stesso materiale di Evenstar, così delicata e preziosa… Però, la calzamaglia scura stretta sulle gambe dell’elfo ne sottolineava i muscoli, tesi e lineari, i polpacci chiusi negli stivali di cuoio. La casacca gli arrivava a metà coscia: una cascata d’argento che le stelle gli avevano fatto piovere addosso… acqua morbida che gli ricopriva la schiena, gli carezzava i fianchi…

Ad Aragorn sembrò di poter sentire le sue mani scorrere su quella stoffa leggera. Sfilarla da dosso a lui… stringerlo e vedere il suo collo sottile distendersi, facendogli poggiare la testa sulla sua spalla…già sentiva le labbra ebbre di quel suo odore dolce… Una droga, che doveva assumere subito per restare lucido.

-Legolas…

l’elfo si girò. Il sole morente gettava un’ombra sensuale sul suo volto splendido, dai lineamenti scolpiti nel marmo di quella pelle liscia. La morbida curva delle labbra risvegliò in Aragorn qualcosa… sentiva bruciare dentro… non riusciva più a controllare il suo respiro… Quella sensazione che gli era sempre stata difficile da sedare gli irruppe addosso come una secchiata d’acqua, crudele e terribile…

Ora ti dirò che ti bramo… ora ti svelerò dove vorrei che le mie mani potessero arrivare… ti darò quello che non hai mai ricevuto…ora ti avrò e tu mi obbedirai… e godrai di me… lascerai ch’io lo faccia con te… Amarti ed essere amato… sentirai come brucia il sangue… porterò le mie mani su di te e tu gemerai… prevarrò su di te e tu non ti ribellerai… perché anche se non lo vuoi.. ti possiederò.

-Sei in ritardo… come solito.

E sorrise dolcemente, curvando le labbra… Aragorn strinse i pugni per trattenersi… Legolas si voltò verso la finestra di alabastro.

-Scacciapensieri elfico.. credevo che qui a Rohan non ci fossero!

Esclamò con l’allegria di un bambino davanti ad un maggiolino ronzante, indicando il piccolo sole di cristallo che pendeva dallo stipite della finestra.

-Legolas… scusami.

Fece Aragorn a voce bassa, la testa china… se solo avesse incrociato il suo sguardo allora sarebbe…

-Per il ritardo? Figurati!

Ridacchiò l’elfo quasi sbeffeggiandolo, senza accorgersi che la voce di Aragorn tremava, che Aragorn stesso stava tremando.

-Non è per il ritardo… Legolas.

La voce di Aragorn si era fatta d’un tratto più flebile.. più tremolante… indecisa, spaurita. Legolas si avvicinò amichevolmente ad Aragorn:

-Man ta na raika?  (Qualcosa che non va?)

e fece per poggiargli una mano sulla spalla, ma Aragorn lo respinse in malo modo, quasi facendogli male, per poi andare a sedersi sulla piccola seggiola.

-UUME TULYA LE!(non ti avvicinare)

Legolas lo guardò con aria preoccupata.. che cosa gli stava accadendo? Perché in quel periodo Aragorn era così cambiato… avrebbe fatto qualunque cosa per farlo tornare com’era prima… qualunque cosa…

-Aragorn… man..kara… insomma…. Che… che ti succede?

Balbettò confuso. Gli sembrava che quelle parole fossero così superficiali… inutili, stupide… fuori luogo… eppure doveva pronunciarle, doveva dire qualcosa … si sentiva così inutile! Stava lì, fermo,dritto ed immobile, la mano ancora a mezz’aria, scostata e dolente per il gesto repentino di Aragorn. Anche lui stava immobile, seduto, o meglio, raggomitolato sulla sedia, la testa china, non gli si vedevano nemmeno gli occhi. E Legolas voleva vederli. Gli piacevano così tanto gli occhi di Aragorn… freddi come il ghiaccio eppure così caldi, fieri, decisi…

A quel paese tutto, se Aragorn gli avesse fatto male un’altra volta lui non avrebbe sentito dolore. Gli si avvicinò più deciso e gli alzò il mento usando i polpastrelli dell’indice e del medio.

-Non m’importa cos’ hai oggi, non m’importa se hai paura, non m’importa se piangi e ti fa male… devi dirmi cos’ hai…..-

ma si bloccò e cercò di sedare tutta la rabbia che era esplosa in lui: Aragorn stava piangendo. Una lacrima argentea stava scendendo sulla guancia sinistra del Ramingo, lentamente, fino ad arrivare poco vicino alle sue labbra serrate. Il respiro era lento e pesante, e sembrava che Aragorn stesse per collassate, esplodere in un mare di lacrime…

Perché… piangi, Aragorn? E’ forse colpa mia? Ho… fatto qualcosa che non va? Se solo potessi… se solo tu mi lasciassi asciugare le tue lacrime io…

Legolas s’inginocchiò davanti al Ramingo che teneva la testa bassa e raggiunse con due dita la lacrima che stava scorrendo sul volto di Aragorn. Dolcemente ne percorse il sottile rivolo umido sulla pelle abbronzata… dalla guancia, scendendo sensualmente fin sulle sue labbra… perse gli occhi in quel volto rabbuiato, bevve la tristezza di Aragorn come fosse pioggia d’estate, per togliergli quell’angoscia dalle spalle… sembrava stare sospeso in un sogno… sotto la dolce pioggia… di nuovo a… casa…

Si svegliò di soprassalto quando sentì… la lingua di Aragorn contro le proprie dita. Un brivido lo percorse partendo dalla mano fino ad arrivare all’estremità delle gambe. Brivido di….sorpresa? Brivido di piacere….

Aragorn aveva appoggiato le dita sul polso di Legolas per tenerlo avanti a sé e ne leccava le dita lentamente, quasi bramando ogni singola goccia di piacere. L’elfo era rimasto a bocca aperta… ma velocemente ritrasse la mano e volse lo sguardo verso l’amico. Un lungo momento durante il quale i due sguardi s’incrociarono: l’uno incuriosito e l’altro enigmatico. Dentro lo sguardo di Aragorn, Legolas poteva vedere… nemmeno lui lo sapeva. Sapeva solo che.. che quel desiderio che tanto aveva cercato di reprimere si era risvegliato. Ora più che mai sentiva il sangue bruciare nelle vene, il cuore accelerava i battiti.. aveva Aragorn così vicino… così…

-I merne le.. Legolas… er ten moore… (ti voglio, Legolas.. solo per una notte…)

-Aragorn… le koita amba nate ta i kaure… (Aragorn… hai svegliato dentro me cose che temo…)

-U ‘osto han…(non temerle…)

E così dicendo Aragorn si sedette meglio sulla sedia, le gambe leggermente divaricate, osservando Legolas con uno sguardo estremamente eloquente.

-Tulya sinome… (vieni qui…)

gli sussurrò a voce bassa. Un tono sensuale, invitante, caldo… Legolas non sapeva come fare.. era esattamente avanti ad Aragorn.. la situazione stava in mano a lui… Poteva andarsene e reprimere per sempre ciò che sentiva, o avvicinarsi e lasciare che fosse il desiderio ad avere la meglio, dare retta, per una volta, al proprio corpo.. a quello che la carne voleva… Non sapeva cosa scegliere.. avrebbe voluto.. così tanto… Amarlo ed essere riamato, le sue mani su di lui… il desiderio, la passione…

Aragorn non intendeva attendere. Si sporse velocemente in avanti, afferrando con forza i polsi di Legolas e tirandolo su di sé. Successe esattamente tutto quello che ambedue avevano desiderato. Legolas, colto di sorpresa, cadde in avanti, addosso ad Aragorn, le gambe divaricate intrappolarono quelle del Ramingo e Legolas poggiò le mani alla spalliera della sedia per non sbattere contro di lui. Stava seduto sopra di lui, ansante per la sorpresa, quasi scottato dai gesti e dai respiri dell’amico che gli cinse i fianchi con le braccia, avvicinandolo a sé con prepotenza.

-Sinome le na… (eccoti qui…)

Il respiro di Aragorn lambiva sensualmente le labbra di Legolas, che non badò alle sue parole. Voleva solo lasciarsi andare, smetterla di contenersi…

Mosse lentamente le mani dalla spalliera della sedia alle spalle di Aragorn, gli slacciò il mantello al collo e lo fece scivolare via. Lentamente, gli accarezzò il collo, salendo verso gli zigomi, le guance… poggiò il pollice dietro le orecchie di Aragorn, il resto della mano sul collo caldo… Lo tirò a sé incontrando le sue labbra calde in un bacio.. il loro primo bacio… Lambì le labbra di Aragorn una, due volte… l’uomo era impaziente di ottenere ciò che voleva… le labbra si rincorsero ancora, tanto che la lingua di Aragorn sfiorò il labbro superiore dell’Elfo .. cercò di muovere le mani per arrivare a spingere Legolas contro di sé, ma venne colto di sorpresa quando avvertì la lingua di Legolas contro la propria, veloce e desiderosa di possedere ogni angolo della sua bocca. Rimase senza fiato, cercando di fare la sua parte spingendo il bassoventre di Legolas contro il proprio. L’elfo si staccò da lui buttando la testa oltre la sua spalla, il respiro veloce mentre sentiva la passione di Aragorn premere contro di lui, sovrastarlo, eccitarlo ancora di più, annegarlo…

-Limbe tie i olor ta… (Molte volte ho sognato questo…)

ansimò cercando di trovare un equilibrio impossibile tra passione e ragione. Aragorn non ribatté, stava anche lui con le labbra semichiuse, premendo Legolas con maggiore forza, ancora e ancora…ansimante, cercava sempre maggiore contatto, quasi a voler entrare dentro Legolas, voleva…

Iniziò a cercare i nodi dei calzoni per spogliarlo…non sapeva come sarebbe stato… averlo, godere di lui, prendere possesso di quel corpo così ben scolpito …portarlo a quel momento in cui avrebbe sentito il petto di lui inarcarsi sotto i suoi tocchi, le mani l’avrebbero stretto spasmodicamente, ansante, grondante desiderio, mentre gli avrebbe urlato di smettere incitandolo a fare il contrario.Doveva averlo, quella creatura così rara, diversa da lui quanto bastava per affascinarlo e farlo scivolare tra le pieghe del suo mistero.. doveva essere sua.

Legolas si irrigidì nel sentire le mani di Aragorn su di sé che gli slacciavano la cintura di cuoio, ma non era ancora giunto il tempo…

Gli prese le mani, guardandolo intensamente negli occhi, e portò le sue dita sopra i lacci della casacca. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra sottili sentendola scivolargli giù dalle spalle. Aragorn si sporse in avanti a baciare il petto dell’elfo, assaporando la sua pelle liscia e salendo lentamente verso il collo. I respiri di Legolas erano sempre più veloci; Aragorn gli sollevò con foga il mento per arrivare all’attaccatura del collo e ancora su, fino all’orecchio, desideroso di avere sempre di più. Aragorn scivolò lentamente giù dalla sedia, facendo in modo che Legolas si stendesse su uno dei tanti tappeti di porpora che ricoprivano il tappeto. Quello si lasciò far manovrare, poggiando la schiena a terra con un “Oh” sommesso e tenendo le sue mani salde sulle spalle dell’uomo, che si distese sopra di lui, intrappolandogli le gambe tra le sue.

Legolas gli slacciò la casacca , ma le sue mani puntavano verso l’ombelico… premette leggermente sé stesso contro di lui, iniziando a slacciargli i vari nodi di cuoio dei calzoni. Come Aragorn sentì le mani dell’Elfo su di sé, lo avvicinò con forza intrappolandolo in un bacio, lasciando che le mani gli scendessero di nuovo sulla sua schiena, sempre più in basso, ordinando quel dolce movimento del quale sentiva bisogno. Legolas non se lo fece ripetere due volte, assecondando i desideri di Aragorn, che buttò la testa all’indietro cercando di urlare qualcosa, ma le parole non gli uscirono di bocca, soffocate dall’ondata di piacere che lo stava travolgendo.

Troppo, tutto ciò che accadeva lo stava sovrastando, desiderio di lui… lo premette ancora su di sé, le mani dell’Elfo abilmente avevano slacciato i calzoni “complicati” dell’uomo, prendendo possesso del suo corpo. Come per ripicca, anche Aragorn s’impossessò di Legolas, facendogli scivolare i pantaloni verso il basso e premendolo contro di sé.

L’Elfo fu colto quasi di sorpresa e rimase di stucco, ansante sotto il tocco deciso e sensuale di Aragorn. Avrebbe voluto parlare, gemere, ma dalle labbra gli uscirono solo ansiti, convulsi e accavallati. Allargò le gambe deciso a carpire tutto il piacere possibile, quasi a volersi fondere con Aragorn, dargli il maggior spazio possibile, donargli se stesso….

Iniziò a spingersi contro di lui quasi ritmicamente, ogni movimento accompagnato con un respiro fondo da parte di ambedue.

Legolas inarcò la schiena all’indietro, chiudendo le labbra di Aragorn con le proprie, continuando a muoversi, incontrando passionalmente la lingua dell’uomo, succhiandola sensualmente come fosse cosa normale, finalmente libero di darsi a colui che da tempo lo tormentava dolcemente.

Ad un tratto, il corpo dell’elfo s’irrigidì in uno spasimo beatamente piacevole, e allora tutti i gemiti che aveva trattenuto uscirono dalle sue labbra prepotentemente, mentre ancora continuava a scivolare sul bacino dell’uomo, colto dalla passione a sua volta, nettamente alla sprovvista ma ancora assetato di compiacenza.

Legolas si spinse con più foga contro Aragorn, mentre il suo corpo lo pregava di smettere e allo stesso tempo di ricevere di più.Con un gesto deciso, prese Aragorn di peso e lo scostò a lato, per poi stendersi sopra di lui, accarezzandone le labbra con un dito e continuando a muoversi lentamente. Sentiva che, se solo si fosse fermato, il desiderio l’avrebbe tormentato con violenza ed ora.. lui aveva Aragorn… poteva sentirlo… i loro desideri si incontravano e lottavano l’uno contro l’altro per essere padroni di quell’attimo…

Aragorn afferrò saldamente l’amante, per paura di venire travolto da quel piacere così dirompente…

-Ah.. Legolas… hauta le… I (fermati, io….)

e cercò di stringergli i polsi con le mani, ma il suo corpo estasiato non volle rispondere al comando…

-Lau, uu sin I arwa le… ar… le arwa-n-In… (No, non ora che ti ho… e… che tu hai me…)

-Nan uuner… ten otheri.... (Qualcuno… potrebbe sentirci…)

-Karne uerir ten otheri… U ‘osto ta… I varya le… eh…. (Lascia che ci sentano.. non temere… ti proteggerò io….)

ansimò Legolas movendosi con forza contro Aragorn.

-Lasta-n-In…. Ta na mare…. uume lanta… minna milme… (Ascoltami… è meglio… non cadere.. nel desiderio…)

-I talant… ar le o-n-In (Sono caduto…. E tu con me…)

E così dicendo Legolas trascinò ancora Aragorn nel baratro dell’estasi, talmente profondo che parve quasi non poterne più uscire… Era così piacevole, il contatto, tanto a lungo desiderato che nessuno dei due avrebbe voluto smettere.

-Na otheri… um y vanima nat? (Stiamo facendo.. la cosa giusta?)

Chiese l’uomo non tanto perché se lo domandasse davvero, ma perché trovava che la voce dell’Elfo fosse così sensualmente invitante da ascoltare… gli avrebbe fatto dire qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora parlare Elfico. Quella lingua, quella creatura… tutto così perfetto…

-I uu-minda… (Non m’importa…)

gemette Legolas ancora eccitato, ma rallentandosi e fermandosi, infine, a fissare l’amico. I capelli del ragazzo si erano sciolti dalle due trecce che portava strette dietro la nuca per fissare la chioma bionda, ed ora qualche ciuffo stava incollato alla sua guancia imperlata di sudore. Era più bello così.

-Le na iirima, iire uu ve sina… y aratar (Sei desiderabile, quando fai così .. l’esaltato…)

Legolas alzò un sopracciglio in un’espressione interrogativa, di chi non ha capito se fosse un complimento o un’esortazione a fermarsi. Peccato. Se così era. Perché aveva iniziato a piacergli, quel contatto con Aragorn. Magari sbagliato, magari contro natura… ma bello comunque. Decise ch’era giunto il tempo di fermarsi. Scivolò lentamente da sopra Aragorn e si riallacciò con cura i calzoni, voltandogli le spalle. Si passò amabilmente una mano tra i capelli, riordinandoli in una coda di cavallo sebbene qualche ciuffo ancora volasse qua e là.

Fremette quando una mano di Aragorn gli accarezzò le spalle, mentre il corpo dell’uomo si avvicinò da dietro di lui.

-Chiudi gli occhi….

Gli sussurrò misterioso e Legolas obbedì mestamente, sentendo qualcosa di freddo intorno al collo, pendente sul petto. Quando riaprì gli occhi e si guardò, vide Evenstar, splendente e fredda sulla sua pelle.

Aragorn… perché… lo doni a me?

Legolas si girò verso l’uomo con fare quasi offeso… non sapeva perché, ma avere quel gioiello al collo non lo rendeva particolarmente orgoglioso in quell’attimo.

-Perché….?-

chiese immergendo i suoi occhi in quelli dell’amico. Aveva un’aria tutt’altro che gioiosa o innamorata.

-E’ un dono…-

rispose Aragorn con voce fonda e quasi nostalgica dei momenti precedenti.

-Credi… credi così di appagare la tua immaginazione sostituendo me ad Arwen?-

non era sua iniziale idea il pronunciare quelle parole,ma le malandrine gli uscirono di bocca con violenza, avventandosi contro la dolcezza di Aragorn. Questi rimase con un palmo di naso, amareggiato dalla reazione di Legolas.

-Non era mia intenzione farti pensare questo… Comunque la mia risposta è no. Non sento il bisogno di Arwen.-

 e si avvicinò a Legolas, allungando una mano ed accarezzandogli una guancia dolcemente, per poi scendere sul collo ed arrivare a lambire con le dita il petto ben scolpito dell’elfo.

-Sento solo il bisogno di te…-

aggiunse sommessamente ad un orecchio di Legolas, appoggiandosi a lui in una specie di abbraccio. Il cuore di Legolas accellerò i battiti, e cinse le spalle dell’uomo con le braccia.

-Scusa…. I er arwa yeet ilya I turnna minna In… wendele I na o le… ( devo ancora vedere dentro il mio profondo.. specialmente quando sono con te….)

Aragorn sorrise, soffiando leggermente contro il collo dell’elfo per fargli il solletico. Quello lo spinse via maliziosamente e lo guardò con quei suoi begli occhi azzurro mare.

-Lo terrai?-

chiese Aragorn con tono un po’ apprensivo. Legolas ridacchiò scotendo leggermente le spalle e andando a recuperare la casacca. Se ne infilò una manica, poi si voltò verso l’uomo e rispose sorridendo con una voce dolce quanto la risacca delle onde sulla spiaggia:

- Tenn’ Ambar-metta… ar limbe tar…! (Fino alla fine del mondo… e molto oltre!)

Aragorn sorrise e afferrò la casacca che Legolas, oramai completamente vestito, gli porgeva. Seguì un lungo momento di silenzio… imbarazzante… Ad un tratto, ambedue presero il fiato per parlare, ma si dissero solamente “Prima tu” all’unisono.

-Perché l’abbiamo fatto, Aragorn?-

chiese Legolas abbandonandosi sulla sedia. Aragorn rimase per un attimo a bocca aperta, convinto di avere le parole adatte, ma accorgendosi di non averle affatto. Legolas chinò la testa, piegandola su una spalla e fissando lo sguardo in un punto imprecisato della parete lui opposta. Le sue labbra si mossero per un poco senza emettere suono, poi sussurrò qualcosa:

-….desiderio….attrazione…passione….-

-… Amore?-

gli chiese Aragorn seriamente. Legolas alzò la testa fissandolo.

-… amore….-

ripeté a sua volta come a voler imparare quella parola così corta ma cosi irta di significati diversi.

-Era la mia risposta.-

sentenziò Aragorn. Legolas continuava a ripeterla tra sé e sé, assorto in chissà quali congetture.

-La tua risposta… è una domanda?-

Aragorn non seppe cosa rispondere e stette in silenzio. Allorché, Legolas si mise a bisbigliare, come se stesse parlando con se stesso, come se stesse ripetendo le nozioni imparate per un’interrogazione.

-Amore… mi è così difficile capire eppure esiste… per te, e tu per me… Amore…. Da tanto, ormai mi chiedevo se mai noi avessimo potuto… e mi ritrovo qui… tu ed io, prima… e anche adesso la mia mente sta a lambire quelle tue labbra… Amore… può davvero essere?-

e così pensando prese a giocherellare con Evenstar, sempre assorto. Poi, come d’incanto si ridestò dai suoi pensieri e si rivolse ad Aragorn con lo sguardo più terso e sincero ch’egli avesse mai visto:

-Ti… amo,Aragorn.-

e sorrise, illuminando il volto di una luce ammaliante e splendida. L’uomo rimase a bocca aperta per l’ovvietà e la meraviglia di quelle parole che da tanto il suo cuore pulsante anelava…

-Sì, Ti amo. Sono deciso. Se è vero che l’amore comprende la passione,il desiderio… e l’amicizia profonda, il rispetto e la dedizione… allora… Credo proprio di amarti .-

Aragorn non credette a quelle parole. Era così bello sentirgliele dire… finalmente… Gli si avvicinò e s’inginocchiò davanti a lui.

-Ripetilo… dillo ancora….-

L’elfo sorrise dolcemente e si piegò, scese dalla seggiola e s’inginocchiò di fronte all’uomo.

-Ti amo-

ridacchiò come se stesse giocando ed afferrò il viso di Aragorn, fissando prima i suoi occhi di ghiaccio, poi la sua bocca…

-Ti amo…-

e premette con forza le labbra contro quelle dell’uomo, di nuovo spinto dal desiderio verso di lui, dolcezza infinita e passione bruciante, finalmente libero d’annegare in quel mare sensuale.

Rimasero, poi, a lungo seduti, le spalle appoggiate alla parete, l’uno accanto all’altro, ogni tanto voltando la testa e scoppiando in una risata gustosa e cristallina.

Ad un tratto,Legolas s’alzò e si diresse verso la pesante porta di legno.

-Dove te ne vai?-

chiese Aragorn con un tono quasi preoccupato.  Stavano tanto bene lì, insieme..perché andarsene? E poi, dove?

-Sono stato al chiuso troppo, Aragorn. Sai come sono fatto.-

-Già- asserì – Non riesci mai a stare a lungo in un posto con le pareti! Non riesci a stare fermo a lungo. Il tuo animo è nomade. -

poi si alzò a sua volta e si avvicinò a lui, deciso a seguirlo.

-Ti succede anche con le persone, Legolas?-

l’elfo lo guardò profondamente, nella mente riaffiorava quel ricordo di tempo prima.. troppo doloroso eppure ancora vivo…

-No, Aragorn. Se giuro di amare una persona, lo faccio per sempre.-

Aragorn gli diede un bacio veloce sulle labbra ed uscì dal portone. Legolas rimase sull’uscio ancora un poco, esitante, carezzandosi il labbro con il pollice.

Infatti… io non l’ ho detto ma… c’è stato qualcun altro prima di te… molto prima… ma io… ti amo…

Si scosse e si avviò dietro Aragorn. Poteva sentirli, i guerrieri, vociare fuori del palazzo, già intenti nei preparativi, a caricare i loro cavalli di sacchi e bisacce. Le donne del villaggio riunivano in ceste le poche provviste e i bambini davano una mano.

Sarebbe stata guerra.

C’era sempre vento. Sempre.

Rohan era stata eretta sopra una collina brulla, l‘erba gialla spuntava qua e là e sembrava creasse un sentiero. Tutta la landa in mezzo alla quale sorgeva Rohan era così. Gialla ed infinita, se non fosse stato per quelle due montagne che la racchiudevano ad ovest ed est. Ogni giorno, il sole accarezzava la cima della montagna ad est e la svegliava col sussurro del vento. Vento da est, vento di speranza. Partiva dalla cima di quella montagna, volando leggero e silenzioso, sibilando a bassa voce, poi prendeva la rincorsa e ne percorreva i fianchi, accarezzandoli con una trasparente gentilezza, correva, rimbalzava e giù! Tuonava ed urlava come un adolescente che brandisce la sua prima spada di legno per giocare. Prendeva la corsa e saltava dalla montagna. Si trovava davanti quell’immenso campo giallastro e si sentiva libero. Soffiava, turbinava, cantava e strillava gioioso, sollevando la terra arida come sabbia e facendola turbinare in mille mulinelli dorati. Ma Rohan non tremava né vacillava. Aveva piantato le sue salde radici di legno e pietra nella dura terra e ne succhiava la vita, tenendosi stretta quasi disperatamente per paura di volare via e di rimanere un vago ricordo.. come il nitrito di un cavallo disperso nel vento.

Un vento magico,mistico… nitrente e garrente, galoppante e selvaggio, che scompigliava le code e le criniere dei cavalli ruminanti nelle stalle.

La collina proteggeva la città, e la città copriva la collina come un mantello. Si sostenevano a vicenda, proteggendosi dal vento un po’ brillo. Un vento ubriaco che proveniva da Lorien e dai suoi alberi d’argento, s’inebriava e riempiva di canti elfici e del dolce profumo delle foglie e dei fiori del Niphrodel. Poi scendeva nella foresta di Fangorn, e lì s’insinuava scherzoso tra i rami delle piante antiche. Passava le montagne scavalcando Isengard come se la torre di Orthanc fosse alta quanto uno stuzzicadenti. Si spandeva nell’ Enedwaith ebbro del profumo di foglie delle foreste attraversate e fresco della neve del passo del Nan Curunir. Allora sembrava tornasse indietro, costeggiando gli Ered Nimiras, li carezzava dolcemente, osservandoli con occhi innamorati. Si riposava sulle cime degli Halfirien e poi arrivava, finalmente, ad Edoras e la colpiva in pieno.

Carico di profumi, di sensazioni, di ricordi… di desideri.

Tutti questi fantasmi di persone passate, anime intrappolate tra in capelli del vento, accarezzavano dolcemente la pelle di un elfo, seduto sul bordo della scalinata del bellissimo palazzo d’oro di Medusel. I capelli biondi erano intrappolati in una coda, legata con un laccio azzurro, ma nonostante questo qualche ciocca cercava di librarsi in volo, bionda e chiara come la piuma di un angelo. Il vento, accanto a lui,sembrava quasi si fermasse, lo accarezzasse dolcemente, sfiorandone gli zigomi e guardandolo con occhi desiderosi. Desiderosi di immergersi in quella pelle profumata, che sapeva di vaniglia e miele, che sapeva di libertà e di ribellione.

Legolas leggeva, o meglio, cercava di farlo, perché quel vento birichino voleva derubarlo del foglio sottile, per guardarlo e farlo ammirare alla terra, sventolandolo qua e là come fosse un trofeo.

No, Legolas non sarebbe rientrato nel palazzo. Mai.  Nemmeno se il vento lo avesse malignamente spinto giù dalla gradinata alta e solida, nemmeno se il vento stesso avesse iniziato a colpirlo e graffiarlo.

Non lo sopportava, il palazzo. Era più forte di lui. Quella solida struttura di pietra e legno lo opprimeva. Anche se il sole stava alto in mezzo a quel cielo terso dalle nuvole, dentro Medusel regnava il buio. L’ombra stendeva maligna le sue mani dentro ogni stanza, poggiava le scheletriche dita sulle spalle coperte degli abitanti e ne gelava il respiro, che si evolveva in tante nuvolette. L’oscurità si era accorta dell’elfo, quell’unica volta ch’egli era entrato per salutare Re Theoden. L’aveva notato, si era svegliata dal suo sonno e si era avvicinata, sensuale e sinuosa come il vento stesso che cavalcava.

Ma lui si era protetto. Si era avvicinato a Gandalf e l’ombra aveva temuto quel vestito lindo e liscio. Ma l’ombra lo desiderava. Voleva attanagliarlo, voleva strozzarlo e voleva impedirgli di illuminare ogni cosa solo col suo sguardo color del cielo.

Non si era avvicinato ad Aragorn.

No, non ce l’aveva fatta. Già un’altra stava accanto a lui. Eowyn di Rohan, la nipote di Theoden. Legolas non la temeva, ma la sentiva fredda, gelida dentro. Una donna vuota. Svuotata da anni di disperazione. Bella, certo, ma fredda e solitaria, pungente, distaccata…

Aragorn, invece.. come lo ricordava bene. Caldo, quel calore dell’onore, quel calore che ribolliva nelle vene degli uomini, che tanto si scaldavano per la loro vita tanto breve… Lo aveva sfiorato varie volte, e aveva sentito.. qualcosa. Non sapeva bene cosa. Aveva sentito il cuore accelerare i battiti,veloci e tamburellanti, impazienti. Le mani si rendevano umide, la gola secca.. lo sguardo provava ad intingersi in quello chiaro di Aragorn… Il Re.

Il re.. di Gondor. Legolas alzò lo sguardo dal foglio e perse gli occhi nella landa brulla e desolata che avvolgeva Rohan. La sua mente camminò lungo gli Anorien, scavalcò il monte Mindolluin e restò impigliata tra i rami dell’ Albero Bianco. Vide Aragorn… vestito di nero. Una splendida corona poggiata delicatamente sulle sue tempie, che gli stringeva i capelli scuri e morbidi, in mille onde castane. Camminava lento e maestoso per il bianco giardino di pietra. Bello, splendente, guardava il suo regno prosperoso e ascoltava il chiaro suono di trombe che il vento gli portava in dono.

Legolas schiuse le labbra, si rilassò completamente e il suo corpo si fece coccolare dal vento. Vedeva Aragorn, e tutto gli bastava, voleva tenere quella visione davanti a sé per sempre… Poi, dalla nera porta d’ebano del palazzo, usciva una figura femminile, avvolta in un abito bianco e svolazzante alla brezza leggera, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia. Teneva per mano un bambino, piccolo, che faceva fatica ad arrivare alla mano della propria madre.

-Arwen… Undomiel….-

mormorò Legolas, la voce gli tremava… gli occhi gli si annebbiarono di lacrime… sentiva come se volesse affogare lì, nel proprio pianto… Arwen… e… Eldarion….e…

-Aragorn…-

la voce uscì dalle labbra di Legolas come un gemito,quasi un’implorazione, un tacito richiamo che gli affiorò sulla bocca sottile. Piangente desiderio impossibile.

-Aníron le Aragorn…-

una lacrima gli corse incontro, andando a morirgli sulle labbra. Leggermente salata, ma allo stesso tempo tanto amara, amara e pulsante come quella ferita, quello squarcio che Legolas si sentiva dentro. Gliel’aveva aperto Aragorn col suo sguardo… quella notte… a Fangorn…

Prima di quella, Legolas sentiva semplicemente un rosicare nel fianco, ogni volta che guardava Aragorn. Il rosicare si intensificava al suo tocco, s’ingrandiva e lo divorava… era passeggero…

Ora no. Ora era perenne. Ora il corpo di Legolas fremeva ad ogni carezza del vento, perché tanto desiderava che fossero le mani del Re; ogni volta che udiva un sussurro, il cuore gli saltava in gola perché tanto desiderava fosse il suo Re a sussurrargli all’orecchio.

Era strano, questo suo comportamento. Quando era giunto a cavallo a Granburrone, non si aspettava che tutto ciò sarebbe successo. Non credeva nemmeno che sarebbe stata unita una Compagnia. Prima era silenzioso, deciso, non faceva mai trasparire un sentimento sul suo volto. I suoi occhi erano azzurri e limpidi, come un lago tranquillo. Ora, ad ogni minimo alito di vento, il lago s’increspava di onde, e lui non riusciva a trattenersi.. gli tremava il respiro in gola, desiderava scomparire, diventare albero, tramutarsi in pianta e non fremere mai più se non per i baci del sole.

Conosceva Aragorn da lungo tempo, ma non gli si era mai avvicinato troppo.

Solo.. una notte… quando Aragorn aveva a malapena trent’anni…

Legolas accarezzò con tenerezza il suo ricordo. Lo conservava da anni nel suo cuore, come una gemma dal sapore del polline.

Da quella notte, l’amicizia aveva stretto intorno a loro due le sue funi di corda dorata e loro non avevano mai fatto nulla per sfibrarle.

Si trovavano allegri nelle notti d’estate, nei giardini illuminati di Granburrone. Aragorn esagerava sempre con il sidro, e toccava a Legolas riportarlo (o meglio, trascinarlo) fino nella sua stanza, caricandoselo sulle spalle.

Legolas sbuffò un sorriso e si asciugò una lacrima con un dito. 

Dentro di lui avvenne tutto in un attimo. Si accese una fiamma.

-I le moka!

Sibilò a labbra strette.

-Ti odio….

Lo ripeté ancora, se lo disse dentro, lasciando che quelle due parole rimbombassero col frastuono della tempesta, che lo sconvolgessero e scacciassero via ogni desiderio. Lo odiava. Ma lo desiderava.

Lo odiava proprio perché lo desiderava. Non poteva averlo e lo odiava. Non poteva essere felice, ed era tutta colpa sua.

“laume anta lyaa indo an weo, Legolas… Mai dare il tuo cuore ad un umano, Legolas. Non farà altro che dividerti. Ti spezzerà in due parti, ti scorderai chi sei…

Lo amerai e lo odierai perché lo vuoi… ma non potrai averlo. Non farti divorare dal questo desiderio impossibile… enyala sina…

estelio mii sina…ricorda questo.. credi in questo…”

Galadriel aveva ragione. Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Non poteva più ritirarsi… sia l’odio che il desiderio erano così brucianti dentro di lui.. sembrava volessero farlo esplodere, pulsavano ogni notte nei suoi sogni agitati, lo tormentavano e gli giocavano brutti scherzi.. era disattento, desideroso di guerra.

Oh, sì…..

Solo la guerra sembrava dargli sollievo. Metter mano all’arco, sentire il legno contro la propria pelle.. accarezzare la freccia, tenerla con due dita… Solo l’arco gli dava sollievo. Incoccava la freccia con la stessa delicatezza con la quale voleva accarezzare Aragorn.. e la scagliava con tutto l’odio che aveva in corpo; scaricava la fiele dentro quell’anima sottile di legno e la guardava volar via, godeva dei gemiti che procurava e catturava l’ultimo respiro che portava ad esalare. Si sentiva crudele. Si sentiva spietato. Il suo corpo si adattava alla guerra, ne esprimeva il bisogno.. eccitazione di sentire urla agguerrite, bramosia del caldo del sangue…

-Man na i umy? I lantane… minna morie…. Minna nuurhuine… (Cosa sto facendo? Sto cadendo.. nell’ombra, nell’ombra della morte…)

Morte… quelle cinque lettere sembravano così dolci in quel momento… l’ombra, il freddo…il niente…

Si alzò in piedi e aprì le mani, allargando le braccia e buttando la testa all’indietro. Sciolse i capelli e si sentì libero. Le mani dell’aria lo abbracciavano e lo accarezzavano, il fresco della mattina lo baciò dolcemente e spasmodicamente, come si fa con un fratello appena ritrovato. Il foglio gli volò via dalla mano e si librò seguendo il vento che lo leggeva e strapazzava.

Inspirò profondamente. Si sentiva bene, si sentiva felice. Avrebbe potuto pregare i Valar… e lo fece. Pregò come solo gli Elfi sanno fare, aprendo i propri pensieri alle stelle, cercando di urlarli così forte perché i Signori delle loro Aule li sentissero, gridando sempre più forte… i respiri quasi una canzone, il corpo di Legolas sembrava scomparisse, portato via dal vento mentre stringeva gli occhi e cercava di urlare…

“Lasciatemi qui.. per sempre… tramutatemi in colui che può sentire il vento per l’eternità… lasciatemi qui. Fatemi vivere senza pensiero, fatemi vivere senza… di….”

Non ne ebbe il coraggio. Non volle nemmeno pensare quel nome… Aragorn… Se l’avesse pronunciato il Desiderio si sarebbe svegliato dal suo debole sonno e l’avrebbe attanagliato. Però cambiò il suo canto, cambiò preghiera… il Desiderio si era risvegliato e fingeva di cantare, invece bruciava.

“Datelo a me… datelo a me che lo voglio, datelo a me perché è il lato che mi manca, quella parte di anima ch’io anelo… lo desidero… lo desidero come desidero l’acqua, il sole, l’erba e la freschezza della mia foresta…

Datelo a me… Per scalare l’Erebor mi ci vuole un giro di sole… perché per avere lui mi ci vuole la vita? E’ la mia vita che volete? Prendetela ora!”

Lo urlò dentro sé stesso, chiamando i Valar a gran voce, anelando una risposta come anelava l’aria. Stava lì, a braccia aperte, respirando la sua libertà passeggera…

-Legolas…..?-

L’elfo trasalì, il suo viso già latteo si fece ancora più bianco,mentre le guance si tinsero di un rosso intenso…. Immaginò di vedere sé stesso con gli occhi del ramingo che era appena spuntato da dietro le sue spalle. Stava lì, a braccia aperte, in piedi col viso rivolto verso il cielo e il corpo accarezzato da quel vento così strano… Lentamente, Legolas abbassò le braccia e le rimise lungo i fianchi, disciolse i muscoli delle gambe e aprì gli occhi girando la testa.

Oh, Valar…. Legolas… perché diamine sono venuto a cercarti? Sono confuso e tu non fai altro che disorientarmi…

Pensò Aragorn non appena lo vide. Si sentiva così invischiato nella sua umiltà di mortale… Inferiore ad una creatura così bella… bella al punto di volerla avere solo per sé, di volerla stringere spasmodicamente, o semplicemente di volerla…

Legolas si raccolse i capelli nel suo laccio azzurro e sorrise dolcemente.

Aragorn si incantò nel guardarlo. Solo Legolas era capace di donare agli occhi dell’Uomo quel sorriso.. sereno e luminoso, come un sole che spuntava assonnato dalla linea dell’orizzonte. Dolce quanto l’acqua fresca la mattina, che scava nel tuo sonno chiuso e ti apre alla giornata. Bello… quasi soffuso in ogni dove, come il rumore dell’onda spumosa, morbido quanto il tocco dell’erba.

Mi sento egoista, guardandoti… e disperato.

Non ti avrò mai…

-Umy le maure aenat? (hai bisogno di qualcosa?)

-Er lyaa ooma… lyaa maur… (solo del tuo aiuto, della tua presenza.)

Legolas sorrise ancora. Gli piaceva sentirsi utile. Soprattutto con Aragorn.

-So che ti disorienta.. ma preferirei che tu mi seguissi dentro il palazzo.

Disse Aragorn timidamente, schiarendosi la voce a metà frase. Il viso di Legolas cambiò repentinamente: scomparse il bel rossore che aveva sulle guance, e la sua pelle si fece bianca, quasi cerulea, mentre spalancava gli occhi, intrisi di terrore.

I respiri di Legolas si fecero più veloci, spaventati, e Aragorn s’accorse che l’Elfo stava stringendo forte i pugni.

-…Cosa ti spaventa…. Di Medusel?…-

-Nulla. Fammi strada…-

si decise l’Elfo. Le paure vanno combattute, ed un guerriero che si rispetti non deve avere assolutamente alcun timore. Doveva ridere anche in faccia alla morte. E Legolas sentiva che, dentro Medusel, gli sarebbe accaduta qualcosa… ma non sapeva cosa.

Aragorn annuì lentamente e gli volse le spalle.

Mi spiace… so che.. ti fa male. Ma io ho bisogno di te. E non posso starmene fuori.. vederti… dove tu vuoi. Devo rinchiuderti, o finirò con l’…… innamorarmi di te…

Devo costringerti a racchiudere il tuo essere, non entrare dentro di me, ti prego…

Non odiarmi, amico mio. O finirò con l’amarti.

Entrarono nella sala grande, dove una finestra sopra al trono del Re gettava una luce fantasma, soave e leggera, ma spaurita dentro la sua costituzione pallida, intimorita dalle solide mura di pietra e legno intagliato. Aragorn fece per proseguire, ma sentì i passi di Legolas fermarsi al centro del salone.

-Aragorn…. Ti prego… non andiamo oltre…-

gemette l’elfo. Un tono spaventato si era insinuato nella sua voce. Tremava la voce stessa. Anche Aragorn venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena, ma non era a causa della poca luce. Amava il modo in cui Legolas pronunciava il suo nome… “Aragorn… aaarraagooorrrrrn”. In bocca a lui, quel nome non sembrava così maledetto, così inutile ed effimero, così sporco come la sua dinastia, così rude per tutte quelle “erre” e così…mortale.

Pronuncialo ancora… dimmi come mi chiamo.. fammelo dimenticare e poi riscoprire…

Decise di fermarsi. Con lo sguardo cercò due sgabelli, ma Legolas sembrava avere tutta l’intenzione di starsene in piedi. Sentiva che se si fosse accomodato, l’oscurità lo avrebbe fiutato e sarebbe accorsa a sussurrargli parole sensuali all’orecchio.. l’avrebbe fatto stendere e controllato, derubato del calore… Fu così che si ritrovarono uno avanti all’altro, Aragorn seduto e Legolas in piedi, stretto su se stesso e attento, lo sguardo color del cielo immerso in quello di ghiaccio del ramingo.

Sono contento che tu mi abbia cercato. Perché altrimenti l’avrei fatto io… e non so se… sarei riuscito a… restare freddo…

-Goston tan i pêl  minno i…. (Temo quello che sta succedendo dentro me…)

-Cosa sta succedendo… dentro te?-

mormorò Legolas un po’ vergognoso… con quelle parole “dentro te” gli sembrava di avere un rapporto con Aragorn… entrare dentro di lui in una maniera che non aveva mai pensato… un qualcosa di forte… di prorompente….

-Sono disorientato, Legolas. Non conosco il mio destino, o meglio… non lo capisco. Se è vero il fatto che dovrò guidare gli Uomini contro il Male.. allora perché mi sento così… impotente? Se è vero che dovrò passare il resto dei miei giorni con una corona in capo e.. Arwen Undomiel al mio fianco… Perché non desidero nessuna delle due?-

A quelle ultime parole, Aragorn affondò lo sguardo negli occhi di Legolas, quasi cercando di trovare in essi una risposta… berla e sentirsi libero da quelle ombre nella sua testa. Legolas fu attanagliato da un pensiero che gli sembrò così morboso…

Non desideri Ancalima Undomiel… ma allora nel tuo cuore chi dimora? Lady Eowyn? No…Chi porti con te a letto, Aragorn? Chi cerchi nel tuo petto per consolarti? Evenstar ora è solo un fardello? Potrei asciugare io le tue pene? Potresti.. desiderarmi come anche io desidero te… o la mia è solo una vana, uumea  el? (vanesia stella)

-Io non…-

-Legolas, sto sentendo qualcosa.. sto cambiando. E tu che sei un Eldar dovresti sentirlo… Sto diventando freddo… insensibile…

-Non puoi dire questo. Tu sei destinato…

-Destino?-

Saltò su Aragorn con un’espressione quasi furiosa: il collo teso, gli occhi stretti.

-Cos’è il destino se non un ulteriore peso sull’anima?

-Dici così solo perché stai attraversando un brutto momento. Non lo credi. Lo so.

-Tu non sai nulla di me.

-Allora.. insegnati a me. Spiegati. E solo in questa maniera potrò confortarti.

-Non cerco conforto.

-Cerchi risposte che non posso darti. E mi sembri nervoso. La tua bocca non ha fatto altro che emettere scempiaggini in questi pochi minuti. La tua mente è forse in vacanza o in ritiro militare? Se ti chiedessi una qualsiasi cosa nella quale tu usualmente credi, molto probabilmente non faresti altro che stravolgerla, ora.-

Legolas parlava con un tono pacato, cercando di mantenere la calma. Perché Aragorn si comportava così? Cosa gli era successo? Non aveva mai parlato in quella maniera.. così… distaccata, diffidente…

-Tu parli ma non concludi, Legolas.

-Mi stai forse dando dell’insoluto?

-Appellare è limitare. Voi Elfi non avete confini.

E pronunciò l’ultima frase quasi con derisione. Legolas si sentì molto ferito. Aragorn sragionava, certo. Ma non aveva mai osato criticare la Stirpe dei Luminosi. Mai.

-Cosa vuoi insinuare?

-Io non insinuo mai, Legolas. Faccio accuse precise.

Legolas si sentì ribollire. Il desiderio verso Aragorn, la stima, la dolcezza.. svanirono tutte in un lampo. L’uomo si era trasformato e non era più il coraggioso e onorevole ramingo di poche ore prima. Era ottuso, chiuso e irriverente. Legolas avrebbe voluto urlargli in faccia non so quante maledizioni, ammonimenti, voleva andarsene ma non ne sentiva la forza…

-Sto iniziando a non credere più in niente.

-E l’arte?

-Una malattia.

-L’amore?

-Un peso e un’illusione.

-E L’ONORE? Quello in cui credi? Ciò per cui combatti?

-Un surrogato della moda della fede.

-Sei uno scettico.

-Per carità! Lo scetticismo è il principio della fede.

-Dammi un filo da seguire…

-I fili si spezzano e potresti perderti nel labirinto.

-Mi inquieti, parliamo di qualcos’altro…

La discussione si fece sempre più animata, Legolas era indignato.. si sentiva bollire di rabbia.. gli avrebbe volentieri portato le mani al collo e l’avrebbe strozzato… Elbereth quanto lo odiava in quel momento..

-Voi Eldar credete sempre di poter raggirare gli ostacoli. Non è così la vita.

-CHE NE SAI TU DELLA VITA? Sono 2931 anni che tengo piede su questa terra ed ho sofferto pene che tu nemmeno immagini. Non puoi permetterti di giudicare la stirpe che ti ha allevato solo perché stai attraversando un momento di follia! Non ho intenzione di ascoltare un bamboccio come te! I LE MOKA, ARAGORN! -

E fece per andarsene, ubriaco di rabbia e trasudante odio per quel lato di quell’uomo che era sempre stato così desiderabile… non lo riconosceva più ed aveva paura. Paura di perdere quello che amava di più. Non erano tanto le parole del compagno a ferirlo, quanto la loro durezza, la loro assenza di fede e calore, la loro obliquità…

-ARRIVERà IL GIORNO- urlò Aragorn in preda al furore –ARRIVERà IL GIORNO IN CUI MI GRAFFIERAI LA SCHIENA URLANDO CHE NON CE LA FAI PIU’! Poi mi pregherai di andare avanti ancora.. e ancora… e ansimerai…-

gli occhi gelidi di Aragorn lo trafissero e Legolas si sentì come immobilizzato… il sangue gli ribolliva nelle vene, non riusciva a controllarsi, avrebbe voluto sentire il collo di Aragorn stringersi sotto le sue mani… farlo smettere…

-COME OSI!-

e Legolas si avventò contro di lui sguainando dalla cintola un pugnale affilato, ma quando gli fu davanti, Aragorn lo bloccò, lui rallentò…

Vicini.. non si erano mai trovati così vicini… la mano di Aragorn sembrava puntasse in altri luoghi invece che alla schiena dell’elfo.. Si potevano specchiare l’uno negli occhi dell’altro… i loro respiri carezzavano le loro labbra… come lo desiderava.. l’odio stava andando a tramutarsi in desiderio…. Folle, perverso, cattivo ed inevitabile.

Con un movimento repentino, Legolas spinse la testa dell’amico all’indietro, avvicinandosi pericolosamente al suo collo…

-SOLO i Valar sanno quanto desidero.. tagliarti.. la gola, ora…

-FALLO.

Legolas guardò Aragorn e rabbrividì. Quella parola, quella specie di comando sembrava venisse da un contesto lontano.. sembrava spuntasse da i gemiti di un uomo in preda alla passione e alla foga dell’amplesso… sembrava fosse un esortazione a ricevere di più… al volere… pulsante… Legolas avvicinò il pugnale al collo dell’amico… voleva fargli credere di esserne capace, ma il suo corpo andava in un’altra direzione ben diversa.

Ad un tratto, le mani di Aragorn scattarono verso il bacino dell’elfo e lo spinsero contro di sé.

Legolas riuscì a trattenere un gemito misto tra sorpresa e soddisfazione.. non aveva mai sentito il corpo di Aragorn così vicino… caldo… passionale… sentiva il ramingo premere contro di lui… Accaldato e magnifico… Desiderava continuare il contatto, restare stretto contro Aragorn per l’eternità… avrebbe voluto sentirsi libero di muoversi contro di lui.. dire ad Aragorn cosa davvero provava… vederlo dischiudere le labbra, sentire il suo respiro… Le mani di Aragorn scivolarono verso il basso…

Quell’attimo così intenso gli annebbiò la vista.   

Un altro istante e non si sarebbe più controllato… e avrebbe buttato Aragorn sulla tavola, lo avrebbe soddisfatto davanti a tutti… Capì cosa lo spingeva verso quell’uomo…

Non poteva restare lì… il desiderio stava prendendo possesso del suo corpo e se Aragorn se ne fosse accorto…? Si staccò con un gesto brusco, l’amaro in bocca… voleva uscire da quel palazzo. Dannato, dannato!

Yesta i le, Aragorn.. naa i uume merne le... (Provo desiderio per te, Aragorn... ma non posso averti…)

-Alla stanza degli arazzi, Legolas. L’unica luminosa del castello. Nell’ala est. Se veramente pensi ciò che hai detto, fatti trovare lì .-

Legolas fece finta di non ascoltarlo.. non VOLEVA ascoltarlo.. ancora la voce dell’uomo nella sua testa rimbombava.. “fallo… fallo oh, Legolas fallo…” lo schifava e lo gratificava allo stesso momento. Gli piaceva sentirla dentro di sé… lo disturbava…

-Al calare del sole, Legolas. –

Aragorn urlò ancora. Sulle labbra del ramingo stava un sorriso che traspariva la sicurezza dell’uomo sul fatto che l’Elfo sarebbe venuto.

So che ti spaventa… ma devi sapere…

Legolas aveva sentito. Oh, se aveva sentito. In un primo momento non se ne accorse, ma aveva le guance bagnate di lacrime.

Lacrime di rabbia, di tristezza, di gioia per aver scoperto che anche Aragorn… e se fosse stato solo… Avrebbe fatto male a… Cosa sarebbe…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

Si portò le mani alla testa, premendo i palmi sulle orecchie appuntite per non sentire nulla.. quella voce.. veniva da fuori o dentro di sé? Quella voce era vera o era solo la sua perversa immaginazione a crearla? Una lacrima gli stava scendendo dolcemente lungo il collo.

Uscì di filato dal palazzo, ritrovando quel vento pazzo ad accoglierlo con mille soffi e sbuffi freschi. Girò l’angolo dei gradoni del palazzo, camminando sull’orlo. Chi l’avesse notato, certamente sarebbe stato col fiato sospeso per paura di vederlo cadere, ma lui seguiva il suo bordo dritto. Era un po’ come una maniera per calmarsi… spostare la mente sul fatto che non doveva cadere. Si sedette su un angolo, a guardare quel lato di Edoras che non aveva mai curato più di tanto. Il lato aperto, quello sconfinante nella prateria stepposa di Rohan. Chiuse gli occhi e riprese quel suo contatto con la natura. Gli faceva bene. Sentì il vento tornare verso di lui, abbracciarlo e sollevarlo da terra… lo portò in volo. Lo lasciò in piedi, al limitare dei confini della città, dove stava una palizzata di legno massiccio… e basta. Non aveva fatto un viaggio poi così lungo. Perché si era fermato proprio lì? Quel sole così guardingo lo fissava dall’alto, come se volesse leggergli nella mente e risvegliare quei pensieri…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

No… no… non doveva tornare quella voce… aveva impiegato così tanto per farla andare via…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

Aveva bisogno di un bosco. Gli alberi lo calmavano. Ogni volta che sedeva su un ramo sembrava che l’intera struttura di foglie e legno si curvasse su di lui. Le foglie gli accarezzavano le gote e l’ombra fresca della chioma lo consolava. Quando le foglie frusciavano gli cantavano una dolce canzone che solo lui poteva sentire.

Ad un tratto, girò il viso, spaesato e…  il ramingo gli stava accanto.

Poggiava la schiena ad uno dei pali di legno, le mani incrociate e il viso basso, coperto da una cascata di onde fluenti e castane. Muoveva il piede sinistro come se volesse scavare una buca in quella terra arida.

-A.. a… Aragorn?

Sussurrò accorgendosi che la voce gli mancava tremendamente. La mente era completamente disconnessa… che diavolo ci faceva lui lì? Voleva tormentarlo ancora?

-Che… che ci fai tu… qui?-

ma lui non rispose. Lo fissava. In quegli occhi azzurri poteva leggere… qualcosa.. che lo spaventava.

Desiderio.

Un brivido gli percorse la schiena… non poteva essere.. cosa.. cosa gli stava accadendo? Aveva scuramente le traveggole! Voleva andarsene quando…

Aragorn si sporse in avanti e  si avvicinò a Legolas, prendendolo per un braccio.. aveva le mani calde…

-Scusami…

gli sussurrò dolcemente. Poi allungò una mano sul viso dell’Elfo e gli carezzò una guancia. Legolas sentì il cuore accelerare, batteva a mille, il sangue scorreva veloce per le vene, le mani umide… Perché gli succedeva così? Perché solo con Aragorn? L’uomo gli si avvicinò di più, si sporse in avanti. Legolas doveva tenere lo sguardo fisso negli occhi di lui? Lentamente, invece, abbassò gli occhi color cielo fino a giungere alle labbra dell’uomo. Doveva distogliere lo sguardo, lo sapeva, ma non ci riusciva… Sentì una mano di Aragorn carezzargli la coscia…fremette…si sporse ancora di più, il respiro gli lambiva le labbra sensualmente. Fu un momento velocissimo.

Aragorn si sporse in avanti un’ultima volta, poggiando una mano sulla nuca di Legolas e tirandolo a sé, intrappolandolo in un bacio. Prima a labbra chiuse… Legolas non sapeva come comportarsi.. doveva lasciarsi andare? Cosa mai sarebbe successo… il Ramingo gli bloccava il capo con una mano e gli stringeva le spalle con l’altro braccio, avvolto intorno a lui come un’ombra scura ed eccitante. Si staccò lentamente e lo fissò negli occhi.. poi li abbassò a sua volta sulle labbra dell’elfo e sembrava ricordasse quello che era appena successo.

-Aragorn… ma… (Aragorn… che…)

- Auta o quette… toi maaraer…(Basta parole, sono così inutili…)

lo fermò l’uomo poggiandogli due dita sulle labbra. Quel bacio era stato… caldo, anzi no, bollente, dolce, sensuale, dirompente, improvviso, inaspettato, piacevole… Aragorn si passò distrattamente la lingua sul labbro superiore. A quel gesto, Legolas si sentì attratto come non mai… quel bacio.. tanto veloce…  non bastava. L’elfo allungò una mano verso quel viso così mascolino e lo tirò a sé, baciandolo ancora. Prima piano, le labbra strette contro quelle del ramingo;poi le aprì dolcemente e lasciò che la lingua scivolasse incontro a quella di Aragorn, che lo accolse caldamente. Passionale, Legolas gli succhiò dolcemente la lingua e per tutta risposta Aragorn abbassò ambedue le mani verso l’inguine dell’elfo, gli aprì leggermente le gambe. Aragorn era eccitante al punto che Legolas gli si sciolse addosso, gettandosi su di lui in balia di quelle mani così calde, continuando a baciarlo come se fosse quella l’unica fonte di respiro…  L’uomo muoveva le labbra dolcemente, con lui, su di lui e contro di lui, lo fece appoggiare contro uno dei pali e sembrava lo volesse divorare. Legolas si aggrappò alla schiena del ramingo, mentre quello spostava le labbra sul collo dell’elfo e cercava di slacciargli la casacca… dopo qualche tentativo,le mani di Aragorn lasciarono stare i bottoni e scivolarono sui fianchi di Legolas…più giù, più indietro… premendolo con forza contro di sé.

Legolas stava lì a labbra socchiuse, gli occhi serrati al pari delle sue mani sulle spalle di Aragorn… non sapeva come… muoversi.. eppure gli sembrava tutto così naturale…

Si lasciò possedere per lunghi ed appaganti momenti, baciando ancora l’oggetto del suo desiderio. Lo strinse ancora, si avvicinò e sentì Aragorn muoversi contro di lui…

-En tulka....Aragorn….a..ah…. (più forte)

il Ramingo sembrava seguisse una via sua, usasse l’elfo come un oggetto… Lo guardava con quei suoi occhi glaciali, dello stesso colore del cielo che vegliava sulle cime del passo di Caradhras, lo baciava ancora… Quelle labbra calde segnavano il loro percorso sul collo di Legolas, le mani di ambedue avevano volontà propria.

Il corpo di Aragorn premeva con forza contro quello dell’elfo, divorato dall’eccitazione.Dalle labbra sottili di Legolas uscivano gemiti soffocati che, ogni tanto, Aragorn bloccava con baci veloci. Legolas ne voleva sempre di più, di più… Ancora ed ancora le loro labbra si incontrarono, e Legolas voleva che quei baci durassero per l’eternità… Aragorn tolse le braccia da addosso a Legolas e le poggiò sulla palizzata, bloccando l’elfo solo col suo corpo.

- Veela u le usin… (vediamo se scappi…)

-I voror… um ta… (Non lo… farei mai...)

ansimò Legolas mentre il piacere di Aragorn lo travolgeva. Continuava a stringere spasmodicamente le spalle dell’uomo per evitare che fosse lui a scappare.. e anche per evitare di scivolare in basso… In basso, ci andarono le mani di Aragorn, giù giù fino ai calzoni di Legolas. Slacciarono velocemente la cintura di cuoio che cadde a terra con un tonfo, poi armeggiarono un poco coi bottoni.

-Aragorn.. non… ah… non qui…. A… ah….

-Il desiderio non conosce luoghi…

Lo ammonì l’uomo tappandogli le labbra con la propria lingua. Legolas preferì tacere e continuare quel bacio, ma Aragorn stava nettamente esagerando…

-Aragorn.. mo… auta le…. Ara…. ( che.. fermati…)

ma non fece in tempo a finire la frase che il piacere lo travolse di sorpresa nel sentire le mani di Aragorn su di sé, chiuse gli occhi, buttando la testa all’indietro fino ad appoggiarla al palo di legno gemendo sommessamente, ansante e desideroso di rimanere così. Aragorn lo toccava ancora, esattamente dove Legolas voleva, mentre le labbra percorrevano il suo collo in ogni angolo possibile.

-Basta Aragorn.. smetti….

L’uomo lo guardò. Fisso… quegli occhi sembravano quasi taglienti, qualche ciocca di capelli era attaccata alla sua pelle e gli arrivava ad un angolo della bocca.

-Era forse un ordine?

Chiese sollevando le labbra in un sorriso malizioso. Legolas si chiuse i calzoni. Gli piaceva, ma era troppo.

-Sì.

E così dicendo si avventò contro Aragorn, sorprendendolo col bacio più forte che si fossero mai scambiati. Noncurante delle mani di Aragorn sui propri fianchi, premette con violenza la lingua dentro la bocca di Aragorn, soffocando i suoi gemiti di sorpresa e piacere. Aragorn rimase senza fiato, mentre la lingua di Legolas esplorava prepotentemente la sua bocca. Le mani dell’Elfo afferrarono il colletto del Ramingo, tirandolo a sé fin quasi a farlo sbilanciare.

Ad un tratto, però, a Legolas non sembrò più di sentire Aragorn stretto a sé.. solo.. aria..

Aprì lentamente gli occhi e si ritrovò sul gradino del palazzo, davanti a sé solamente una distesa di sabbia compatta e stepposa.

-Er oloore…. (solo un sogno)

Sussurrò tra sé e sé, mordicchiandosi un pollice per svegliarsi completamente. Voleva sentire dolore… un dolore più forte di quello che già sentiva dentro di sé… tristemente si dovette render conto d’essere nella realtà, dove Aragorn l’aveva stretto molto probabilmente solo per rabbia o per un giochino perverso che la confusione gli aveva dettato.

-MASTRO ELFO!

Legolas si drizzò da sedere ed irrigidì la schiena. Gimli apparve dietro di lui, con quella sua andatura pesante e barcollante, dovuta dalle gambette corte.

Davvero, Gimli era l’ultima persona (err… l’ultimo nano) che Legolas avesse mai voluto vedere. Non gli andava di mettersi a chiacchierare, e nemmeno mettersi a cantare o raccontare. Gli andava solo di piangere.

-Senti, mastro Elfo.. avrei bisogno di un consigl…

-No, Gimli. Non ora.

Lo fermò Legolas, ben deciso a troncare quell’inizio di conversazione. Se solo non fossero stati due membri della Compagnia, lo avrebbe appeso all’asta della bandiera che garriva davanti a Medusel. Il nano alzò un sopracciglio, sconcertato. Legolas di malumore? Succedeva assai raramente! A quell’elfo bastava che il sole splendesse per essere felice… valli a capire, gli Eldar!

Legolas si alzò in piedi.. ancora il sapore di quei baci sulle labbra… Doveva andare alla stanza degli arazzi.. o no? E se avesse rivisto Aragorn sarebbe riuscito a contenersi? Doveva semplicemente provare. Sorpassò Gimli con due passi e lo lasciò a borbottare qualche sua canzoncina nanica o roba simile. Non gl’importava. Il sole stava iniziando a calare.

.|.|.

Nel frattempo, Aragorn, era corso in preda alla rabbia nella stanza dove stava il suo giaciglio e quello di Legolas (ovviamente c’era anche quello di Gimli, ma non lo vedeva…). Si sedette di peso sopra il suo, che aveva tutte le coperte disordinate e scompigliate. Aragorn non dormiva quasi mai sonni tranquilli, e la mattina tutto era più importante del rifare il letto. Tanto doveva tornarci, poi, no? Poggiò la schiena contro il muro e si prese la testa tra le mani.

Nella testa gli rimbombava tutto quello che aveva detto. Quante bugie…

Era stato un vigliacco. Aveva usato la provocazione come arma, per vedere cosa provava Legolas… e invece di trovare il perché di quella perenne dolcezza, di quell’idilliaca delicatezza, aveva scatenato l’odio dell’amico. Sarebbe venuto? Adesso non ne era più cosi sicuro. Si sentiva disperato, come se fosse caduto per ore ed ore in un baratro.. e l’anima stesse ancora cadendo nel vuoto. Doveva andare da Legolas a scusarsi? Cosa stava facendo l’elfo, ora? Aragorn conservava di lui un ricordo dolcissimo, quanto il profumo della sua pelle. Gli era sempre stato accanto, da quando si erano conosciuti, e se la mente non lo ingannava, era stato proprio Legolas che, per caso, gli aveva fatto incontrare Arwen.

Arwen…

Si era scordato il viso di lei. Si era scordato tutto di lei. Non portava più Evenstar al collo, anzi, la teneva avvolta in un panno, segregata in una tasca della saccoccia. Se Arwen fosse venuta ad incontrarlo in sogno, il cuore di Aragorn si sarebbe strappato di sicuro.. o forse l’avrebbe strappato lui stesso. Se era vero che avere un cuore faceva soffrire così tanto, il non averlo affatto avrebbe potuto cancellare tutti quegli affanni? Come si sentiva sbagliato, in quei giorni. Sbagliato.. gli sembrava l’aggettivo migliore. Lui era tutto sbagliato, ciò che provava era sbagliato, il suo destino era sbagliato…

Anche il suo amore era sbagliato.

Era iniziato tutto al ponte di Kazad-Dhum, quando Legolas aveva afferrato lui alla fine del suo salto e non Frodo. L’aveva stretto.. forse senza neanche pensarci, forse nemmeno se lo ricordava…

Lui, invece, sì. Da quel momento… da quando aveva respirato il dolce profumo dell’elfo, nella sua testa si erano accavallati pensieri, immagini, desideri, congetture… ma solo una cosa lo spaventava.

Legolas… era… un uomo… beh, sì, insomma… un Elfo, ma pur sempre un uomo. No, non era questo il suo terrore più grande. Molto probabilmente quella creatura così luminosa non aveva ancora mai conosciuto… l’amore, cosa vuol dire passione… Aragorn lo vedeva come un guerriero, dal volto d’angelo e l’abilità di un assassino, quasi distaccato dalla cognizione di se stesso… freddo ed impassibile, calmo e pacato, controllato e calcolato nei suoi minimi confini… Era certo che provasse sentimenti.. gli Elfi sono le creature più emotive di Eä, {Per chi non se lo ricordasse, Eä è il “Mondo che È”, ovvero il Mondo. Da il Silmarillion, JRRTolkien,Bompiani Editore. Prima citazione a pg.17 n.d.Me}

ma non era certo che provasse QUEI sentimenti… quelli che confondevano Aragorn così tanto. Lo confondevano e non lo facevano riposare, gli toglievano il coraggio…

Ma quando c’era Legolas accanto a lui.. sentiva nelle mani quella forza che l’avrebbe reso capace di sradicare un albero di Lorien… di sollevare l’intera Minas Tirith… tutto tranne che baciarlo davvero.

Pochi minuti prima l’aveva stretto a sé… lui era desideroso.. aveva visto nello sguardo dell’elfo una luce baluginare…

Indignazione, sgomento..o lo stesso desiderio che anche lui sentiva?

Poteva quell’essere dalla bellezza così androgina sentire quel genere di sensazioni.. dirompenti e a volte cattive, come nel loro caso.. Un amare ed un soffrire, desiderare e farsi male…

Non aveva nemmeno la forza di volontà di prevalere su Legolas, di farsi amare anche solo per un’ora, di farsi desiderare… come mai avrebbe potuto trovare la forza di mandare avanti un regno…. E guardare negli occhi la donna che un tempo amava.. e che tradiva col pensiero, accarezzando con le sue fantasie il profilo di un altro uomo?

C’è una sedia… nella mia mente, sulla quale, ogni tanto, mi piace sedere per pensare e trovare la chiave a tutto ciò che mi è celato…

Dove posso correre? Dove nascondermi? In chi mi tramuterò? Dove ho udito le voci che ricordo? Ho un paio di parole scritte sullo schienale della sedia, come… “Pensi che sia coraggioso?” ”Pensi che me ne importi?”  Posso.. cancellare, bruciare le immagini che vedo? Posso? Non credo…

C’è una sedia piccola, quanto basta per contenermi. Preferirei una scatola, ma poi potrei desiderare di chiudere il coperchio… Restare solo, per sempre su quella sedia… Incatenami, Morte.. seducimi ed io non cederò… o sì? Quale maschera ti metterai per portarmi dove tu desideri? Continuando a pensare in questo modo sarà difficile continuare…

Devo trovare coraggio, ma oramai questi pensieri me l’ hanno succhiato via… si sono cibati del mio ardore e l’ hanno sostituito con quest’incertezza… Ho bisogno di te, ma non venire. Potrei non fermarmi.

Ho bisogno di te.. ma tu stammi lontano. Magari il mio desiderio si spegnerà…

Basta.

Basta mentire anche con me stesso… ho mentito così a lungo… Non smetterò mai di desiderarti, mai le mie mani smetteranno di bramare il tuo corpo… Quell’attimo, Legolas. Solo quell’attimo tale da dar pace al mio cuore… unica richiesta, la mia… certo… eppure così difficile da esaudire…

Non posso, non riesco… andare avanti così potrebbe significare il mio desiderio di abbandono… Mi rendo conto di non volere più nulla: né regno, ne Arwen, ne onore, né gloria… darei tutto per avere te solo un’ora.

E si ritrovò in mano la stoffa nella quale era avvolta Evenstar. La srotolò pian piano ed un luccicare veloce gli fece sbattere le palpebre un paio di volte. Il gioiello stava lì, così piccolo nella sua mano… luminoso, la curva di cristallo così dolce e morbida. Uno splendido fiore al centro dal quale scendevano due lunghe foglie lanceiformi che s’incrociavano tra loro. Evestar. La stella del vespro, quel gioiello racchiudeva l’intera essenza di Arwen. E lui l’aveva in mano, sarebbe stato padrone di spezzarla, sotterrarla da qualche parte o, semplicemente dimenticarla…

- Renich i lu i erui govannen? (Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?)

- Nauthannen i ned ol reninannen (Credevo di essermi perso in un sogno…)

- Guenwin in enninath… u-arnech n naeth I si celich.. (Lunghi anni sono passati, non avevi gli stessi turbamenti che hai ora…)

Poteva ricordarselo così bene, quel momento idilliaco… a Granburrone, sotto la luna… lei era così bella, dolce… vanesia.. come l’immagine ed il ricordo nella mente di Aragorn. Stava svanendo.  Quella figura sottile stava assottigliandosi più passava il tempo. Come la pallida stella oscurata dai raggi di un sole sorgente e dirompente, Arwen non rimaneva nella testa del ramingo, troppo accecato dalla luce di Legolas.

Ma era sicuro che quello per l’elfo fosse solo.. mero desiderio? Spoglia bramosia carnale? No… c’era dell’altro.Se fosse stata solo la voglia di averlo, di sicuro non si sarebbe sentito così male… di sicuro non si sarebbe sentito così solo.. sconsolato, affranto, spogliato della gioia…

Ma allora.. come poteva lui provare… amore?

Man kara i mel le? Man kara i aniron le?  (Cosa mi fa amarlo? Cosa mi fa desiderarlo?)

E pensare che.. no..sarebbe successo comunque? Era già predisposto?

Lady Galadriel… l’aveva forse visto? Lo sapeva? L’aveva detto ad Arwen? Non si ricordava come fosse stato, a Lothlorien. Era passato troppo tempo.

No, da quello che gli restava di quella notte, Lady Galadriel non aveva accennato nulla sul fatto.. di quello strano accelerare dei battiti del cuore alla sola vicinanza di Legolas, non aveva proferito parola a proposito di quel desiderio così innaturale, ma così forte… Tra quegli alberi, se solo fosse stato in grado, avrebbe tolto la verginità a quella creatura che sembrava tutto tranne che reale. Così bello da fare male. Troppo male.

Alzò la testa e guardò il muro davanti a sé. La solida roccia era contornata da intarsi di legno, dai quali pendeva una grossa tenda di panno rosso. Silenzio.

Non mi piace il silenzio. Voglio sentire il tuo canto, ancora una volta.

Una sera, nella chiara notte prima di partire da Granburrone, aveva sentito Legolas cantare. Non era uno dei soliti canti già scritti, che ricordavano le grandi gesta degli Eldar che furono…. Molto probabilmente quel canto era stato composto da Legolas in persona, una dolce canzone d’addio per un amore sconosciuto. Più che un canto sembrava una poesia, composta fra le lacrime e ridondante di nostalgia. Ma la voce di Legolas la recitava così bene da farla somigliare al gorgogliare del fiume, e le stelle stesse si univano in un coro. Abbandonato sulla ringhiera di uno dei tanto balconi di Granburrone, aveva cantato per tutta la notte. Si era offerto lui di partire, ma il viaggio già lo stava uccidendo.

E aveva cantato tutta la notte, cullando la propria voce con le foglie addormentate. Su quel balcone vi era rimasto anche dopo che il sole aveva fatto capolino tra i tetti delle case, steso ed assopito, come coperto da un lenzuolo di rugiada. E il sole dipingeva su quel viso angelico…ombre e luci d’avorio. E lui non aveva potuto fare a meno di restare a guardarlo, acquattato tra qualche colonna marmorea, trattenendo il respiro per paura di svegliarlo. Incantato.

Era un vero peccato che gli Elfi dormissero così poco. Lui era così bello…

Aragorn strinse con forza Evenstar nella mano, fino a sentire le punte dei petali di cristallo trafiggergli la pelle, volontariamente strinse più forte…

Dolore… naike…. Per dimenticarti…

Ma non poteva dimenticarlo. Nulla sarebbe servito a farlo. No, lui era legato ad un destino che si divertiva a vederlo soffrire, ma che allo stesso tempo gli regalava qualche sogno breve e passionale… passeggero e nostalgico.

Riaprì la mano. Che stupido. Stupidissimo. Come aveva anche solo potuto pensare di usare il dolore come anestetico per l’amore? E poi, era davvero amore?

Sì… Lo è.

Si rispose. Basta con le bugie. Si può essere attori con chi non si conosce, ma non con se stessi. Non si può fingere con la propria anima.

Lo giuro su tutto quello che ho di più caro, lo giuro su tutto ciò che ritengo valente, lo giuro sull’onore e su me stesso. Ti dirò quel ch’io provo. E mi farò valere. Non puoi scapparmi per sempre, Legolas.

Sul viso gli si dipinse un sorriso sottile… un po’ di sicurezza e quasi spavalderia tornò a scorrergli nelle vene. Guardò fuori dall’unica finestra della stanza: il cielo aveva iniziato a tingersi di rosso. Era ora.

Si alzò e si lisciò bene bene la veste. La mano aveva già smesso di sanguinare. Fece scivolare Evenstar in una delle tante tasche della palandrana.

I lende, Legolas (Arrivo, Legolas)

.|.|.

tap tap tap….

Gli stivali di Legolas ticchettavano sul pavimento liscio del palazzo, corridoio dopo corridoio. Non gli faceva più così paura.. aveva imparato a tenersi freddo, così l’Ombra non l’avrebbe notato ed avrebbe continuato a persuadere qualcun altro. Aveva imparato a non essere più sè stesso. Aveva imparato a placare ogni emozione, freddo come una statua di ghiaccio. Le emozioni facevano così male, soprattutto in quel periodo, in quel momento, in quel palazzo…. Aveva imparato a scacciare la propria anima, lenire il dolore e sedare la passione. Sentiva le cose passargli distrattamente accanto. Solo aria sulla pelle. Non gl’importava se era contro natura, non gl’importava se tutto quello che gli era stato insegnato ed aveva scoperto sulla bellezza della vita riteneva la separazione dell’anima un peccato. Doveva tenersi freddo. Per Aragorn.

Lo faccio per noi, per conservare almeno l’amicizia. Se ti dicessi ciò che veramente provo, allora rovinerei tutto. Voglio tenerti sempre con me, Aragorn. Ti voglio al mio fianco. Non mi farò lasciare da te solo per uno stupido sentimento. Non sarà il mio amore a dividerci.

Assorto in questi pensieri, Legolas lasciava che i piedi lo portassero dove volevano. Non aveva la più pallida idea di dove fosse la stanza degli arazzi, e sperava di poter trovare qualcuno che glie la indicasse, ma Medusel sembrava deserto.

Noncurante del buio, scese un paio di scalinate introdotte da un grosso arco di legno con dei cavalli intagliati e degli uomini in parata con bandiere, stemmi e scudi. Quattro torce illuminavano i gradini, alcuni dei quali erano ricoperti di legno liscio.

Ma è tutto di legno, qui? Legno e pietra.. non mi stupirei se le persone fossero fatte dello stesso materiale!

Terminate le scale, Legolas si trovò davanti una specie di saletta di pietra, come un pianerottolo cubico. Due lati erano di pietra, ma uno era una grossa tenda giallo paglierino, fermata in un lato da una nappa blu.

Curioso da questi colori così sgargianti in un palazzo così tetro, Legolas scostò nappa e tenda.

Non avrebbe mai immaginato di vedere, proprio a Rohan, una cosa così bella. Avanti a lui si stendeva un corridoio inondato della luce del tramonto. Il pavimento era di legno (il parquet medievale? N.d.Me) e tutta la parte destra del corridoio era occhieggiata di finestre d’alabastro, coperte da tende setose. Tra una finestra e l’altra, stavano delle statue lignee che raffiguravano Re, cavalieri e chissà quali altri eroi. Tutto sembrava così… elfico… come.. come poteva una tale bellezza architettonica starsene nascosta in un palazzo freddo e desolante? Il soffitto era affrescato di blu, puntellato da tantissime stelle che sembravano bottoni d’oro incastonati nella roccia.

-Com’è tutto bello… qui…

e scoppiò in una sonora risata cristallina, che tintinnò e si rifranse su tutti i muri, rimbalzando come l’acqua nella corrente di un torrente appena uscito dalla sua sorgente.

-Come ho fatto a temere tutto ciò? Come posso temere ciò che mi somiglia?

Si bloccò di scatto con quelle parole ancora sulle labbra .

TEMERE Ciò CHE MI SOMIGLIA… ed iniziò a parlottare tra sé e sé con una voce sottile quanto il vento d’autunno tra le foglie. Per tenersi compagnia.

-Aragorn…. I Kaure le… I mel le…. (Ti temo, ti amo) Ma perché ti temo se sei simile a me? Perché tremo se mi sei accanto? Cosa mi spinge a volerti? Sei… un uomo, come me… ed io…. Non ho mai… provato… amore. A parte con….-

E Qui si interruppe, abbassando la testa, nella mente un ricordo troppo doloroso da rievocare.

-Perché con te? Perché è tutto così confuso, così difficile? Perché non posso dirti quello che veramente sento? E se tu provassi il mio stesso calore… allora vorrei gridarlo al mondo… ma non potrei farlo…

Se la Terra di Mezzo venisse a sapere quello che potrebbe esserci tra… me… e te… allora sarebbe la rovina? E Ancalima Undomiel? Il suo amore per te… è così forte da poter offuscare il mio? O il contrario? Porti ancora Evenstar….

… se è il tuo simbolo d’amore… potrei portarla io? -

Scrollò la testa quasi cercando di scacciare via quel pensiero. Come aveva anche solo potuto pensare che Aragorn gli avrebbe donato il suo fiore di cristallo? Come avrebbe mai potuto pensare che Aragorn avrebbe lasciato la donna a lui promessa.. l’amore della sua vita…. Per… lui? Che sciocco si sentiva… e questa volta avrebbe davvero voluto svanire.. via.. via.. a correre verso casa, Bosco Atro… a rifugiarsi sui suoi alberi, a cercare l’ombra ed il conforto del vento… il silenzio, la calma ed il calore del suo sole, di casa sua…

Ad un tratto, fu obbligato a svoltare un angolo nel corridoio e… poco lontano, vide lady Eowyn aspettare, in piedi, davanti ad una tenda rossa. Troppo tardi per girare i tacchi ed andarsene.. lei l’aveva già visto.

-Sire Legolas…

mugolò lei con quella sua voce così fredda e monotona. Legolas trattenne un brivido.

-Lady Eowyn…

la salutò freddamente con gesto del capo. Non gli piaceva incontrarla.

-Cosa fate voi qui…? Pensavo che Medusel vi terrorizzasse….

-NULLA mi terrorizza, mia signora.

Puntualizzò lui sentendosi sbeffeggiato da quella statua di ghiaccio che camminava.

-Nulla mi terrorizza, ma alle volte preferisco certi ambienti ad altri.

Eowyn si stupì della pronta risposta dell’elfo, ma non lo diede a vedere. L’aveva sempre creduto uno silenzioso, chiuso, quasi ottuso… e invece…

-Preferite la steppa al palazzo?

-Preferisco la libertà alla prigione

-…l’insicurezza alla forza?

-La verità alla menzogna, comunque passeggiavo per curiosità e basta.

Troncò indispettito. Meno parole uscivano dalle labbra di Eowyn, meglio si sentiva.

-Avete per caso visto sire Aragorn? Gli ho dato appuntamento qui, ma non si è ancora presentato…

Legolas fu colpito da quell’affermazione. Lei aveva dato appuntamento ad Aragorn.. davanti ad una sala? La sala degli arazzi rossi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa fare? Gia s’immaginava la scena: “Che casualità, lui ha dato appuntamento a me!” e si sarebbe sentito un weomelindo {Ho trovato il modo per scrivere “gay” in elfico… n.d.Me} davanti a “statua di ghiaccio”, helkeheri (Signora di ghiaccio) e, chissà, magari si sarebbero messi a chiacchierare dell’uncinetto e del punto croce aspettando l’arrivo di Aragorn. Improvvisamente un qualcosa gli uscì dalle labbra,mentitore e rapido.

-Ho incontrato Aragorn. Mi ha detto di riferirvi, se vi avessi vista, che non sarebbe potuto venire a causa di… faccende fuori dal palazzo. Non so esattamente di cosa.-

Che bugiardo.. ma oramai l’aveva detto e non avrebbe potuto tornare indietro. Sul volto ceruleo di Eowyn si dipinse un’espressione delusa. Sempre e comunque fredda.

-Ah.. vi… vi ringrazio.

E così dicendo chinò il capo e se ne andò, prendendo la direzione dalla quale veniva Legolas. Lui, con fare allegro e noncurante, le gridò dietro:

-Voite maara daana! (Buona giornata!)

alzando un braccio in segno di saluto. Stranamente quella bugia gli aveva dato sollievo, ma ancor più vedere Eowyn andarsene dopo solo due parole l’aveva reso più tranquillo.

Stranamente soddisfatto di sé stesso, si fermò davanti alla tenda rossa, molto probabilmente l’entrata alla stanza degli arazzi. Con sicurezza scostò leggermente la tenda e fece per entrare, quando si bloccò appena in tempo per non andare a sbattere contro un’enorme porta di legno.

-Legno anche qui.. avrei dovuto aspettarmelo!

E aprì il pesante portone, entrando nella stanza.

Era piuttosto piccola per come Legolas se l’era immaginata, ed aveva le pareti interamente coperte da drappi rossi e morbidi che cadevano sul pavimento inondandolo di stoffa color sangue. Solo una parete, quella opposta alla porta, era occupata quasi tutta da una bella finestra di alabastro, con una tenda rossa anch’essa, ma di stoffa più sottile, che faceva filtrare il sole. Per il resto, nella stanza non v’era altro arredamento se non per una sedia, al centro della stanza. Una sedia piccola, di legno scuro con un cuscino rosso sopra.

-Gran bell’arredamento… davvero!

.|.|.

tap…tap…tap…

-Tardi tardi tardi….! Accidenti a me e alla mia testa! Tardi tardi….-

si ripeteva Aragorn freneticamente, come se quella parola avesse potuto fermare il tempo e dargli un po’ di vantaggio per arrivare in orario. Il suo sesto senso gli diceva che, anche se non sapeva la direzione, Legolas sarebbe certo stato dentro quella stanza quando il sole avrebbe lambito le prime cime delle montagne. Svoltò un angolo e si acquattò di scatto contro il muro. Eowyn stava passando, dritta davanti a sé, al testa china. Gli aveva dato appuntamento lei per prima, ma lui sentiva il bisogno di Legolas. Sarebbe stato quello, il momento giusto per toccarlo.. per averlo… farsi amare… Trattenne il respiro ed avanzò rasente al muro per non farsi vedere. Il percorso lo sapeva bene e, quando Eowyn fu scomparsa, riprese a correre come un forsennato. Scale, corridoio, angolo… la porta era lì, la tenda rossa ben calata davanti… Appena di fronte all’entrata si fermò per un paio di secondi. Doveva riprendere fiato e calmarsi, non tanto perla corsa, ma per il fatto che lui e Legolas sarebbero stati lì, chiusi in quella stanza… soli…

Voglio te. Voglio ubriacarmi delle tue parole, inebriarmi della tua pelle, bere la tua luce dalle tue labbra…

Entrò.

Legolas stava in piedi, davanti alla finestra d’alabastro, le braccia incrociate sul petto. La sua figura si stagliava nera e nitida contro la luce rossastra che faceva illuminare la tenda di un color tramonto vivido. Era.. perfetto.  La sua forma alta e slanciata sembrava così fragile… composta dello stesso materiale di Evenstar, così delicata e preziosa… Però, la calzamaglia scura stretta sulle gambe dell’elfo ne sottolineava i muscoli, tesi e lineari, i polpacci chiusi negli stivali di cuoio. La casacca gli arrivava a metà coscia: una cascata d’argento che le stelle gli avevano fatto piovere addosso… acqua morbida che gli ricopriva la schiena, gli carezzava i fianchi…

Ad Aragorn sembrò di poter sentire le sue mani scorrere su quella stoffa leggera. Sfilarla da dosso a lui… stringerlo e vedere il suo collo sottile distendersi, facendogli poggiare la testa sulla sua spalla…già sentiva le labbra ebbre di quel suo odore dolce… Una droga, che doveva assumere subito per restare lucido.

-Legolas…

l’elfo si girò. Il sole morente gettava un’ombra sensuale sul suo volto splendido, dai lineamenti scolpiti nel marmo di quella pelle liscia. La morbida curva delle labbra risvegliò in Aragorn qualcosa… sentiva bruciare dentro… non riusciva più a controllare il suo respiro… Quella sensazione che gli era sempre stata difficile da sedare gli irruppe addosso come una secchiata d’acqua, crudele e terribile…

Ora ti dirò che ti bramo… ora ti svelerò dove vorrei che le mie mani potessero arrivare… ti darò quello che non hai mai ricevuto…ora ti avrò e tu mi obbedirai… e godrai di me… lascerai ch’io lo faccia con te… Amarti ed essere amato… sentirai come brucia il sangue… porterò le mie mani su di te e tu gemerai… prevarrò su di te e tu non ti ribellerai… perché anche se non lo vuoi.. ti possiederò.

-Sei in ritardo… come solito.

E sorrise dolcemente, curvando le labbra… Aragorn strinse i pugni per trattenersi… Legolas si voltò verso la finestra di alabastro.

-Scacciapensieri elfico.. credevo che qui a Rohan non ci fossero!

Esclamò con l’allegria di un bambino davanti ad un maggiolino ronzante, indicando il piccolo sole di cristallo che pendeva dallo stipite della finestra.

-Legolas… scusami.

Fece Aragorn a voce bassa, la testa china… se solo avesse incrociato il suo sguardo allora sarebbe…

-Per il ritardo? Figurati!

Ridacchiò l’elfo quasi sbeffeggiandolo, senza accorgersi che la voce di Aragorn tremava, che Aragorn stesso stava tremando.

-Non è per il ritardo… Legolas.

La voce di Aragorn si era fatta d’un tratto più flebile.. più tremolante… indecisa, spaurita. Legolas si avvicinò amichevolmente ad Aragorn:

-Man ta na raika?  (Qualcosa che non va?)

e fece per poggiargli una mano sulla spalla, ma Aragorn lo respinse in malo modo, quasi facendogli male, per poi andare a sedersi sulla piccola seggiola.

-UUME TULYA LE!(non ti avvicinare)

Legolas lo guardò con aria preoccupata.. che cosa gli stava accadendo? Perché in quel periodo Aragorn era così cambiato… avrebbe fatto qualunque cosa per farlo tornare com’era prima… qualunque cosa…

-Aragorn… man..kara… insomma…. Che… che ti succede?

Balbettò confuso. Gli sembrava che quelle parole fossero così superficiali… inutili, stupide… fuori luogo… eppure doveva pronunciarle, doveva dire qualcosa … si sentiva così inutile! Stava lì, fermo,dritto ed immobile, la mano ancora a mezz’aria, scostata e dolente per il gesto repentino di Aragorn. Anche lui stava immobile, seduto, o meglio, raggomitolato sulla sedia, la testa china, non gli si vedevano nemmeno gli occhi. E Legolas voleva vederli. Gli piacevano così tanto gli occhi di Aragorn… freddi come il ghiaccio eppure così caldi, fieri, decisi…

A quel paese tutto, se Aragorn gli avesse fatto male un’altra volta lui non avrebbe sentito dolore. Gli si avvicinò più deciso e gli alzò il mento usando i polpastrelli dell’indice e del medio.

-Non m’importa cos’ hai oggi, non m’importa se hai paura, non m’importa se piangi e ti fa male… devi dirmi cos’ hai…..-

ma si bloccò e cercò di sedare tutta la rabbia che era esplosa in lui: Aragorn stava piangendo. Una lacrima argentea stava scendendo sulla guancia sinistra del Ramingo, lentamente, fino ad arrivare poco vicino alle sue labbra serrate. Il respiro era lento e pesante, e sembrava che Aragorn stesse per collassate, esplodere in un mare di lacrime…

Perché… piangi, Aragorn? E’ forse colpa mia? Ho… fatto qualcosa che non va? Se solo potessi… se solo tu mi lasciassi asciugare le tue lacrime io…

Legolas s’inginocchiò davanti al Ramingo che teneva la testa bassa e raggiunse con due dita la lacrima che stava scorrendo sul volto di Aragorn. Dolcemente ne percorse il sottile rivolo umido sulla pelle abbronzata… dalla guancia, scendendo sensualmente fin sulle sue labbra… perse gli occhi in quel volto rabbuiato, bevve la tristezza di Aragorn come fosse pioggia d’estate, per togliergli quell’angoscia dalle spalle… sembrava stare sospeso in un sogno… sotto la dolce pioggia… di nuovo a… casa…

Si svegliò di soprassalto quando sentì… la lingua di Aragorn contro le proprie dita. Un brivido lo percorse partendo dalla mano fino ad arrivare all’estremità delle gambe. Brivido di….sorpresa? Brivido di piacere….

Aragorn aveva appoggiato le dita sul polso di Legolas per tenerlo avanti a sé e ne leccava le dita lentamente, quasi bramando ogni singola goccia di piacere. L’elfo era rimasto a bocca aperta… ma velocemente ritrasse la mano e volse lo sguardo verso l’amico. Un lungo momento durante il quale i due sguardi s’incrociarono: l’uno incuriosito e l’altro enigmatico. Dentro lo sguardo di Aragorn, Legolas poteva vedere… nemmeno lui lo sapeva. Sapeva solo che.. che quel desiderio che tanto aveva cercato di reprimere si era risvegliato. Ora più che mai sentiva il sangue bruciare nelle vene, il cuore accelerava i battiti.. aveva Aragorn così vicino… così…

-I merne le.. Legolas… er ten moore… (ti voglio, Legolas.. solo per una notte…)

-Aragorn… le koita amba nate ta i kaure… (Aragorn… hai svegliato dentro me cose che temo…)

-U ‘osto han…(non temerle…)

E così dicendo Aragorn si sedette meglio sulla sedia, le gambe leggermente divaricate, osservando Legolas con uno sguardo estremamente eloquente.

-Tulya sinome… (vieni qui…)

gli sussurrò a voce bassa. Un tono sensuale, invitante, caldo… Legolas non sapeva come fare.. era esattamente avanti ad Aragorn.. la situazione stava in mano a lui… Poteva andarsene e reprimere per sempre ciò che sentiva, o avvicinarsi e lasciare che fosse il desiderio ad avere la meglio, dare retta, per una volta, al proprio corpo.. a quello che la carne voleva… Non sapeva cosa scegliere.. avrebbe voluto.. così tanto… Amarlo ed essere riamato, le sue mani su di lui… il desiderio, la passione…

Aragorn non intendeva attendere. Si sporse velocemente in avanti, afferrando con forza i polsi di Legolas e tirandolo su di sé. Successe esattamente tutto quello che ambedue avevano desiderato. Legolas, colto di sorpresa, cadde in avanti, addosso ad Aragorn, le gambe divaricate intrappolarono quelle del Ramingo e Legolas poggiò le mani alla spalliera della sedia per non sbattere contro di lui. Stava seduto sopra di lui, ansante per la sorpresa, quasi scottato dai gesti e dai respiri dell’amico che gli cinse i fianchi con le braccia, avvicinandolo a sé con prepotenza.

-Sinome le na… (eccoti qui…)

Il respiro di Aragorn lambiva sensualmente le labbra di Legolas, che non badò alle sue parole. Voleva solo lasciarsi andare, smetterla di contenersi…

Mosse lentamente le mani dalla spalliera della sedia alle spalle di Aragorn, gli slacciò il mantello al collo e lo fece scivolare via. Lentamente, gli accarezzò il collo, salendo verso gli zigomi, le guance… poggiò il pollice dietro le orecchie di Aragorn, il resto della mano sul collo caldo… Lo tirò a sé incontrando le sue labbra calde in un bacio.. il loro primo bacio… Lambì le labbra di Aragorn una, due volte… l’uomo era impaziente di ottenere ciò che voleva… le labbra si rincorsero ancora, tanto che la lingua di Aragorn sfiorò il labbro superiore dell’Elfo .. cercò di muovere le mani per arrivare a spingere Legolas contro di sé, ma venne colto di sorpresa quando avvertì la lingua di Legolas contro la propria, veloce e desiderosa di possedere ogni angolo della sua bocca. Rimase senza fiato, cercando di fare la sua parte spingendo il bassoventre di Legolas contro il proprio. L’elfo si staccò da lui buttando la testa oltre la sua spalla, il respiro veloce mentre sentiva la passione di Aragorn premere contro di lui, sovrastarlo, eccitarlo ancora di più, annegarlo…

-Limbe tie i olor ta… (Molte volte ho sognato questo…)

ansimò cercando di trovare un equilibrio impossibile tra passione e ragione. Aragorn non ribatté, stava anche lui con le labbra semichiuse, premendo Legolas con maggiore forza, ancora e ancora…ansimante, cercava sempre maggiore contatto, quasi a voler entrare dentro Legolas, voleva…

Iniziò a cercare i nodi dei calzoni per spogliarlo…non sapeva come sarebbe stato… averlo, godere di lui, prendere possesso di quel corpo così ben scolpito …portarlo a quel momento in cui avrebbe sentito il petto di lui inarcarsi sotto i suoi tocchi, le mani l’avrebbero stretto spasmodicamente, ansante, grondante desiderio, mentre gli avrebbe urlato di smettere incitandolo a fare il contrario.Doveva averlo, quella creatura così rara, diversa da lui quanto bastava per affascinarlo e farlo scivolare tra le pieghe del suo mistero.. doveva essere sua.

Legolas si irrigidì nel sentire le mani di Aragorn su di sé che gli slacciavano la cintura di cuoio, ma non era ancora giunto il tempo…

Gli prese le mani, guardandolo intensamente negli occhi, e portò le sue dita sopra i lacci della casacca. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra sottili sentendola scivolargli giù dalle spalle. Aragorn si sporse in avanti a baciare il petto dell’elfo, assaporando la sua pelle liscia e salendo lentamente verso il collo. I respiri di Legolas erano sempre più veloci; Aragorn gli sollevò con foga il mento per arrivare all’attaccatura del collo e ancora su, fino all’orecchio, desideroso di avere sempre di più. Aragorn scivolò lentamente giù dalla sedia, facendo in modo che Legolas si stendesse su uno dei tanti tappeti di porpora che ricoprivano il tappeto. Quello si lasciò far manovrare, poggiando la schiena a terra con un “Oh” sommesso e tenendo le sue mani salde sulle spalle dell’uomo, che si distese sopra di lui, intrappolandogli le gambe tra le sue.

Legolas gli slacciò la casacca , ma le sue mani puntavano verso l’ombelico… premette leggermente sé stesso contro di lui, iniziando a slacciargli i vari nodi di cuoio dei calzoni. Come Aragorn sentì le mani dell’Elfo su di sé, lo avvicinò con forza intrappolandolo in un bacio, lasciando che le mani gli scendessero di nuovo sulla sua schiena, sempre più in basso, ordinando quel dolce movimento del quale sentiva bisogno. Legolas non se lo fece ripetere due volte, assecondando i desideri di Aragorn, che buttò la testa all’indietro cercando di urlare qualcosa, ma le parole non gli uscirono di bocca, soffocate dall’ondata di piacere che lo stava travolgendo.

Troppo, tutto ciò che accadeva lo stava sovrastando, desiderio di lui… lo premette ancora su di sé, le mani dell’Elfo abilmente avevano slacciato i calzoni “complicati” dell’uomo, prendendo possesso del suo corpo. Come per ripicca, anche Aragorn s’impossessò di Legolas, facendogli scivolare i pantaloni verso il basso e premendolo contro di sé.

L’Elfo fu colto quasi di sorpresa e rimase di stucco, ansante sotto il tocco deciso e sensuale di Aragorn. Avrebbe voluto parlare, gemere, ma dalle labbra gli uscirono solo ansiti, convulsi e accavallati. Allargò le gambe deciso a carpire tutto il piacere possibile, quasi a volersi fondere con Aragorn, dargli il maggior spazio possibile, donargli se stesso….

Iniziò a spingersi contro di lui quasi ritmicamente, ogni movimento accompagnato con un respiro fondo da parte di ambedue.

Legolas inarcò la schiena all’indietro, chiudendo le labbra di Aragorn con le proprie, continuando a muoversi, incontrando passionalmente la lingua dell’uomo, succhiandola sensualmente come fosse cosa normale, finalmente libero di darsi a colui che da tempo lo tormentava dolcemente.

Ad un tratto, il corpo dell’elfo s’irrigidì in uno spasimo beatamente piacevole, e allora tutti i gemiti che aveva trattenuto uscirono dalle sue labbra prepotentemente, mentre ancora continuava a scivolare sul bacino dell’uomo, colto dalla passione a sua volta, nettamente alla sprovvista ma ancora assetato di compiacenza.

Legolas si spinse con più foga contro Aragorn, mentre il suo corpo lo pregava di smettere e allo stesso tempo di ricevere di più.Con un gesto deciso, prese Aragorn di peso e lo scostò a lato, per poi stendersi sopra di lui, accarezzandone le labbra con un dito e continuando a muoversi lentamente. Sentiva che, se solo si fosse fermato, il desiderio l’avrebbe tormentato con violenza ed ora.. lui aveva Aragorn… poteva sentirlo… i loro desideri si incontravano e lottavano l’uno contro l’altro per essere padroni di quell’attimo…

Aragorn afferrò saldamente l’amante, per paura di venire travolto da quel piacere così dirompente…

-Ah.. Legolas… hauta le… I (fermati, io….)

e cercò di stringergli i polsi con le mani, ma il suo corpo estasiato non volle rispondere al comando…

-Lau, uu sin I arwa le… ar… le arwa-n-In… (No, non ora che ti ho… e… che tu hai me…)

-Nan uuner… ten otheri.... (Qualcuno… potrebbe sentirci…)

-Karne uerir ten otheri… U ‘osto ta… I varya le… eh…. (Lascia che ci sentano.. non temere… ti proteggerò io….)

ansimò Legolas movendosi con forza contro Aragorn.

-Lasta-n-In…. Ta na mare…. uume lanta… minna milme… (Ascoltami… è meglio… non cadere.. nel desiderio…)

-I talant… ar le o-n-In (Sono caduto…. E tu con me…)

E così dicendo Legolas trascinò ancora Aragorn nel baratro dell’estasi, talmente profondo che parve quasi non poterne più uscire… Era così piacevole, il contatto, tanto a lungo desiderato che nessuno dei due avrebbe voluto smettere.

-Na otheri… um y vanima nat? (Stiamo facendo.. la cosa giusta?)

Chiese l’uomo non tanto perché se lo domandasse davvero, ma perché trovava che la voce dell’Elfo fosse così sensualmente invitante da ascoltare… gli avrebbe fatto dire qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora parlare Elfico. Quella lingua, quella creatura… tutto così perfetto…

-I uu-minda… (Non m’importa…)

gemette Legolas ancora eccitato, ma rallentandosi e fermandosi, infine, a fissare l’amico. I capelli del ragazzo si erano sciolti dalle due trecce che portava strette dietro la nuca per fissare la chioma bionda, ed ora qualche ciuffo stava incollato alla sua guancia imperlata di sudore. Era più bello così.

-Le na iirima, iire uu ve sina… y aratar (Sei desiderabile, quando fai così .. l’esaltato…)

Legolas alzò un sopracciglio in un’espressione interrogativa, di chi non ha capito se fosse un complimento o un’esortazione a fermarsi. Peccato. Se così era. Perché aveva iniziato a piacergli, quel contatto con Aragorn. Magari sbagliato, magari contro natura… ma bello comunque. Decise ch’era giunto il tempo di fermarsi. Scivolò lentamente da sopra Aragorn e si riallacciò con cura i calzoni, voltandogli le spalle. Si passò amabilmente una mano tra i capelli, riordinandoli in una coda di cavallo sebbene qualche ciuffo ancora volasse qua e là.

Fremette quando una mano di Aragorn gli accarezzò le spalle, mentre il corpo dell’uomo si avvicinò da dietro di lui.

-Chiudi gli occhi….

Gli sussurrò misterioso e Legolas obbedì mestamente, sentendo qualcosa di freddo intorno al collo, pendente sul petto. Quando riaprì gli occhi e si guardò, vide Evenstar, splendente e fredda sulla sua pelle.

Aragorn… perché… lo doni a me?

Legolas si girò verso l’uomo con fare quasi offeso… non sapeva perché, ma avere quel gioiello al collo non lo rendeva particolarmente orgoglioso in quell’attimo.

-Perché….?-

chiese immergendo i suoi occhi in quelli dell’amico. Aveva un’aria tutt’altro che gioiosa o innamorata.

-E’ un dono…-

rispose Aragorn con voce fonda e quasi nostalgica dei momenti precedenti.

-Credi… credi così di appagare la tua immaginazione sostituendo me ad Arwen?-

non era sua iniziale idea il pronunciare quelle parole,ma le malandrine gli uscirono di bocca con violenza, avventandosi contro la dolcezza di Aragorn. Questi rimase con un palmo di naso, amareggiato dalla reazione di Legolas.

-Non era mia intenzione farti pensare questo… Comunque la mia risposta è no. Non sento il bisogno di Arwen.-

 e si avvicinò a Legolas, allungando una mano ed accarezzandogli una guancia dolcemente, per poi scendere sul collo ed arrivare a lambire con le dita il petto ben scolpito dell’elfo.

-Sento solo il bisogno di te…-

aggiunse sommessamente ad un orecchio di Legolas, appoggiandosi a lui in una specie di abbraccio. Il cuore di Legolas accellerò i battiti, e cinse le spalle dell’uomo con le braccia.

-Scusa…. I er arwa yeet ilya I turnna minna In… wendele I na o le… ( devo ancora vedere dentro il mio profondo.. specialmente quando sono con te….)

Aragorn sorrise, soffiando leggermente contro il collo dell’elfo per fargli il solletico. Quello lo spinse via maliziosamente e lo guardò con quei suoi begli occhi azzurro mare.

-Lo terrai?-

chiese Aragorn con tono un po’ apprensivo. Legolas ridacchiò scotendo leggermente le spalle e andando a recuperare la casacca. Se ne infilò una manica, poi si voltò verso l’uomo e rispose sorridendo con una voce dolce quanto la risacca delle onde sulla spiaggia:

- Tenn’ Ambar-metta… ar limbe tar…! (Fino alla fine del mondo… e molto oltre!)

Aragorn sorrise e afferrò la casacca che Legolas, oramai completamente vestito, gli porgeva. Seguì un lungo momento di silenzio… imbarazzante… Ad un tratto, ambedue presero il fiato per parlare, ma si dissero solamente “Prima tu” all’unisono.

-Perché l’abbiamo fatto, Aragorn?-

chiese Legolas abbandonandosi sulla sedia. Aragorn rimase per un attimo a bocca aperta, convinto di avere le parole adatte, ma accorgendosi di non averle affatto. Legolas chinò la testa, piegandola su una spalla e fissando lo sguardo in un punto imprecisato della parete lui opposta. Le sue labbra si mossero per un poco senza emettere suono, poi sussurrò qualcosa:

-….desiderio….attrazione…passione….-

-… Amore?-

gli chiese Aragorn seriamente. Legolas alzò la testa fissandolo.

-… amore….-

ripeté a sua volta come a voler imparare quella parola così corta ma cosi irta di significati diversi.

-Era la mia risposta.-

sentenziò Aragorn. Legolas continuava a ripeterla tra sé e sé, assorto in chissà quali congetture.

-La tua risposta… è una domanda?-

Aragorn non seppe cosa rispondere e stette in silenzio. Allorché, Legolas si mise a bisbigliare, come se stesse parlando con se stesso, come se stesse ripetendo le nozioni imparate per un’interrogazione.

-Amore… mi è così difficile capire eppure esiste… per te, e tu per me… Amore…. Da tanto, ormai mi chiedevo se mai noi avessimo potuto… e mi ritrovo qui… tu ed io, prima… e anche adesso la mia mente sta a lambire quelle tue labbra… Amore… può davvero essere?-

e così pensando prese a giocherellare con Evenstar, sempre assorto. Poi, come d’incanto si ridestò dai suoi pensieri e si rivolse ad Aragorn con lo sguardo più terso e sincero ch’egli avesse mai visto:

-Ti… amo,Aragorn.-

e sorrise, illuminando il volto di una luce ammaliante e splendida. L’uomo rimase a bocca aperta per l’ovvietà e la meraviglia di quelle parole che da tanto il suo cuore pulsante anelava…

-Sì, Ti amo. Sono deciso. Se è vero che l’amore comprende la passione,il desiderio… e l’amicizia profonda, il rispetto e la dedizione… allora… Credo proprio di amarti .-

Aragorn non credette a quelle parole. Era così bello sentirgliele dire… finalmente… Gli si avvicinò e s’inginocchiò davanti a lui.

-Ripetilo… dillo ancora….-

L’elfo sorrise dolcemente e si piegò, scese dalla seggiola e s’inginocchiò di fronte all’uomo.

-Ti amo-

ridacchiò come se stesse giocando ed afferrò il viso di Aragorn, fissando prima i suoi occhi di ghiaccio, poi la sua bocca…

-Ti amo…-

e premette con forza le labbra contro quelle dell’uomo, di nuovo spinto dal desiderio verso di lui, dolcezza infinita e passione bruciante, finalmente libero d’annegare in quel mare sensuale.

Rimasero, poi, a lungo seduti, le spalle appoggiate alla parete, l’uno accanto all’altro, ogni tanto voltando la testa e scoppiando in una risata gustosa e cristallina.

Ad un tratto,Legolas s’alzò e si diresse verso la pesante porta di legno.

-Dove te ne vai?-

chiese Aragorn con un tono quasi preoccupato.  Stavano tanto bene lì, insieme..perché andarsene? E poi, dove?

-Sono stato al chiuso troppo, Aragorn. Sai come sono fatto.-

-Già- asserì – Non riesci mai a stare a lungo in un posto con le pareti! Non riesci a stare fermo a lungo. Il tuo animo è nomade. -

poi si alzò a sua volta e si avvicinò a lui, deciso a seguirlo.

-Ti succede anche con le persone, Legolas?-

l’elfo lo guardò profondamente, nella mente riaffiorava quel ricordo di tempo prima.. troppo doloroso eppure ancora vivo…

-No, Aragorn. Se giuro di amare una persona, lo faccio per sempre.-

Aragorn gli diede un bacio veloce sulle labbra ed uscì dal portone. Legolas rimase sull’uscio ancora un poco, esitante, carezzandosi il labbro con il pollice.

Infatti… io non l’ ho detto ma… c’è stato qualcun altro prima di te… molto prima… ma io… ti amo…

Si scosse e si avviò dietro Aragorn. Poteva sentirli, i guerrieri, vociare fuori del palazzo, già intenti nei preparativi, a caricare i loro cavalli di sacchi e bisacce. Le donne del villaggio riunivano in ceste le poche provviste e i bambini davano una mano.

Sarebbe stata guerra.

C’era sempre vento. Sempre.

Rohan era stata eretta sopra una collina brulla, l‘erba gialla spuntava qua e là e sembrava creasse un sentiero. Tutta la landa in mezzo alla quale sorgeva Rohan era così. Gialla ed infinita, se non fosse stato per quelle due montagne che la racchiudevano ad ovest ed est. Ogni giorno, il sole accarezzava la cima della montagna ad est e la svegliava col sussurro del vento. Vento da est, vento di speranza. Partiva dalla cima di quella montagna, volando leggero e silenzioso, sibilando a bassa voce, poi prendeva la rincorsa e ne percorreva i fianchi, accarezzandoli con una trasparente gentilezza, correva, rimbalzava e giù! Tuonava ed urlava come un adolescente che brandisce la sua prima spada di legno per giocare. Prendeva la corsa e saltava dalla montagna. Si trovava davanti quell’immenso campo giallastro e si sentiva libero. Soffiava, turbinava, cantava e strillava gioioso, sollevando la terra arida come sabbia e facendola turbinare in mille mulinelli dorati. Ma Rohan non tremava né vacillava. Aveva piantato le sue salde radici di legno e pietra nella dura terra e ne succhiava la vita, tenendosi stretta quasi disperatamente per paura di volare via e di rimanere un vago ricordo.. come il nitrito di un cavallo disperso nel vento.

Un vento magico,mistico… nitrente e garrente, galoppante e selvaggio, che scompigliava le code e le criniere dei cavalli ruminanti nelle stalle.

La collina proteggeva la città, e la città copriva la collina come un mantello. Si sostenevano a vicenda, proteggendosi dal vento un po’ brillo. Un vento ubriaco che proveniva da Lorien e dai suoi alberi d’argento, s’inebriava e riempiva di canti elfici e del dolce profumo delle foglie e dei fiori del Niphrodel. Poi scendeva nella foresta di Fangorn, e lì s’insinuava scherzoso tra i rami delle piante antiche. Passava le montagne scavalcando Isengard come se la torre di Orthanc fosse alta quanto uno stuzzicadenti. Si spandeva nell’ Enedwaith ebbro del profumo di foglie delle foreste attraversate e fresco della neve del passo del Nan Curunir. Allora sembrava tornasse indietro, costeggiando gli Ered Nimiras, li carezzava dolcemente, osservandoli con occhi innamorati. Si riposava sulle cime degli Halfirien e poi arrivava, finalmente, ad Edoras e la colpiva in pieno.

Carico di profumi, di sensazioni, di ricordi… di desideri.

Tutti questi fantasmi di persone passate, anime intrappolate tra in capelli del vento, accarezzavano dolcemente la pelle di un elfo, seduto sul bordo della scalinata del bellissimo palazzo d’oro di Medusel. I capelli biondi erano intrappolati in una coda, legata con un laccio azzurro, ma nonostante questo qualche ciocca cercava di librarsi in volo, bionda e chiara come la piuma di un angelo. Il vento, accanto a lui,sembrava quasi si fermasse, lo accarezzasse dolcemente, sfiorandone gli zigomi e guardandolo con occhi desiderosi. Desiderosi di immergersi in quella pelle profumata, che sapeva di vaniglia e miele, che sapeva di libertà e di ribellione.

Legolas leggeva, o meglio, cercava di farlo, perché quel vento birichino voleva derubarlo del foglio sottile, per guardarlo e farlo ammirare alla terra, sventolandolo qua e là come fosse un trofeo.

No, Legolas non sarebbe rientrato nel palazzo. Mai.  Nemmeno se il vento lo avesse malignamente spinto giù dalla gradinata alta e solida, nemmeno se il vento stesso avesse iniziato a colpirlo e graffiarlo.

Non lo sopportava, il palazzo. Era più forte di lui. Quella solida struttura di pietra e legno lo opprimeva. Anche se il sole stava alto in mezzo a quel cielo terso dalle nuvole, dentro Medusel regnava il buio. L’ombra stendeva maligna le sue mani dentro ogni stanza, poggiava le scheletriche dita sulle spalle coperte degli abitanti e ne gelava il respiro, che si evolveva in tante nuvolette. L’oscurità si era accorta dell’elfo, quell’unica volta ch’egli era entrato per salutare Re Theoden. L’aveva notato, si era svegliata dal suo sonno e si era avvicinata, sensuale e sinuosa come il vento stesso che cavalcava.

Ma lui si era protetto. Si era avvicinato a Gandalf e l’ombra aveva temuto quel vestito lindo e liscio. Ma l’ombra lo desiderava. Voleva attanagliarlo, voleva strozzarlo e voleva impedirgli di illuminare ogni cosa solo col suo sguardo color del cielo.

Non si era avvicinato ad Aragorn.

No, non ce l’aveva fatta. Già un’altra stava accanto a lui. Eowyn di Rohan, la nipote di Theoden. Legolas non la temeva, ma la sentiva fredda, gelida dentro. Una donna vuota. Svuotata da anni di disperazione. Bella, certo, ma fredda e solitaria, pungente, distaccata…

Aragorn, invece.. come lo ricordava bene. Caldo, quel calore dell’onore, quel calore che ribolliva nelle vene degli uomini, che tanto si scaldavano per la loro vita tanto breve… Lo aveva sfiorato varie volte, e aveva sentito.. qualcosa. Non sapeva bene cosa. Aveva sentito il cuore accelerare i battiti,veloci e tamburellanti, impazienti. Le mani si rendevano umide, la gola secca.. lo sguardo provava ad intingersi in quello chiaro di Aragorn… Il Re.

Il re.. di Gondor. Legolas alzò lo sguardo dal foglio e perse gli occhi nella landa brulla e desolata che avvolgeva Rohan. La sua mente camminò lungo gli Anorien, scavalcò il monte Mindolluin e restò impigliata tra i rami dell’ Albero Bianco. Vide Aragorn… vestito di nero. Una splendida corona poggiata delicatamente sulle sue tempie, che gli stringeva i capelli scuri e morbidi, in mille onde castane. Camminava lento e maestoso per il bianco giardino di pietra. Bello, splendente, guardava il suo regno prosperoso e ascoltava il chiaro suono di trombe che il vento gli portava in dono.

Legolas schiuse le labbra, si rilassò completamente e il suo corpo si fece coccolare dal vento. Vedeva Aragorn, e tutto gli bastava, voleva tenere quella visione davanti a sé per sempre… Poi, dalla nera porta d’ebano del palazzo, usciva una figura femminile, avvolta in un abito bianco e svolazzante alla brezza leggera, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia. Teneva per mano un bambino, piccolo, che faceva fatica ad arrivare alla mano della propria madre.

-Arwen… Undomiel….-

mormorò Legolas, la voce gli tremava… gli occhi gli si annebbiarono di lacrime… sentiva come se volesse affogare lì, nel proprio pianto… Arwen… e… Eldarion….e…

-Aragorn…-

la voce uscì dalle labbra di Legolas come un gemito,quasi un’implorazione, un tacito richiamo che gli affiorò sulla bocca sottile. Piangente desiderio impossibile.

-Aníron le Aragorn…-

una lacrima gli corse incontro, andando a morirgli sulle labbra. Leggermente salata, ma allo stesso tempo tanto amara, amara e pulsante come quella ferita, quello squarcio che Legolas si sentiva dentro. Gliel’aveva aperto Aragorn col suo sguardo… quella notte… a Fangorn…

Prima di quella, Legolas sentiva semplicemente un rosicare nel fianco, ogni volta che guardava Aragorn. Il rosicare si intensificava al suo tocco, s’ingrandiva e lo divorava… era passeggero…

Ora no. Ora era perenne. Ora il corpo di Legolas fremeva ad ogni carezza del vento, perché tanto desiderava che fossero le mani del Re; ogni volta che udiva un sussurro, il cuore gli saltava in gola perché tanto desiderava fosse il suo Re a sussurrargli all’orecchio.

Era strano, questo suo comportamento. Quando era giunto a cavallo a Granburrone, non si aspettava che tutto ciò sarebbe successo. Non credeva nemmeno che sarebbe stata unita una Compagnia. Prima era silenzioso, deciso, non faceva mai trasparire un sentimento sul suo volto. I suoi occhi erano azzurri e limpidi, come un lago tranquillo. Ora, ad ogni minimo alito di vento, il lago s’increspava di onde, e lui non riusciva a trattenersi.. gli tremava il respiro in gola, desiderava scomparire, diventare albero, tramutarsi in pianta e non fremere mai più se non per i baci del sole.

Conosceva Aragorn da lungo tempo, ma non gli si era mai avvicinato troppo.

Solo.. una notte… quando Aragorn aveva a malapena trent’anni…

Legolas accarezzò con tenerezza il suo ricordo. Lo conservava da anni nel suo cuore, come una gemma dal sapore del polline.

Da quella notte, l’amicizia aveva stretto intorno a loro due le sue funi di corda dorata e loro non avevano mai fatto nulla per sfibrarle.

Si trovavano allegri nelle notti d’estate, nei giardini illuminati di Granburrone. Aragorn esagerava sempre con il sidro, e toccava a Legolas riportarlo (o meglio, trascinarlo) fino nella sua stanza, caricandoselo sulle spalle.

Legolas sbuffò un sorriso e si asciugò una lacrima con un dito. 

Dentro di lui avvenne tutto in un attimo. Si accese una fiamma.

-I le moka!

Sibilò a labbra strette.

-Ti odio….

Lo ripeté ancora, se lo disse dentro, lasciando che quelle due parole rimbombassero col frastuono della tempesta, che lo sconvolgessero e scacciassero via ogni desiderio. Lo odiava. Ma lo desiderava.

Lo odiava proprio perché lo desiderava. Non poteva averlo e lo odiava. Non poteva essere felice, ed era tutta colpa sua.

“laume anta lyaa indo an weo, Legolas… Mai dare il tuo cuore ad un umano, Legolas. Non farà altro che dividerti. Ti spezzerà in due parti, ti scorderai chi sei…

Lo amerai e lo odierai perché lo vuoi… ma non potrai averlo. Non farti divorare dal questo desiderio impossibile… enyala sina…

estelio mii sina…ricorda questo.. credi in questo…”

Galadriel aveva ragione. Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Non poteva più ritirarsi… sia l’odio che il desiderio erano così brucianti dentro di lui.. sembrava volessero farlo esplodere, pulsavano ogni notte nei suoi sogni agitati, lo tormentavano e gli giocavano brutti scherzi.. era disattento, desideroso di guerra.

Oh, sì…..

Solo la guerra sembrava dargli sollievo. Metter mano all’arco, sentire il legno contro la propria pelle.. accarezzare la freccia, tenerla con due dita… Solo l’arco gli dava sollievo. Incoccava la freccia con la stessa delicatezza con la quale voleva accarezzare Aragorn.. e la scagliava con tutto l’odio che aveva in corpo; scaricava la fiele dentro quell’anima sottile di legno e la guardava volar via, godeva dei gemiti che procurava e catturava l’ultimo respiro che portava ad esalare. Si sentiva crudele. Si sentiva spietato. Il suo corpo si adattava alla guerra, ne esprimeva il bisogno.. eccitazione di sentire urla agguerrite, bramosia del caldo del sangue…

-Man na i umy? I lantane… minna morie…. Minna nuurhuine… (Cosa sto facendo? Sto cadendo.. nell’ombra, nell’ombra della morte…)

Morte… quelle cinque lettere sembravano così dolci in quel momento… l’ombra, il freddo…il niente…

Si alzò in piedi e aprì le mani, allargando le braccia e buttando la testa all’indietro. Sciolse i capelli e si sentì libero. Le mani dell’aria lo abbracciavano e lo accarezzavano, il fresco della mattina lo baciò dolcemente e spasmodicamente, come si fa con un fratello appena ritrovato. Il foglio gli volò via dalla mano e si librò seguendo il vento che lo leggeva e strapazzava.

Inspirò profondamente. Si sentiva bene, si sentiva felice. Avrebbe potuto pregare i Valar… e lo fece. Pregò come solo gli Elfi sanno fare, aprendo i propri pensieri alle stelle, cercando di urlarli così forte perché i Signori delle loro Aule li sentissero, gridando sempre più forte… i respiri quasi una canzone, il corpo di Legolas sembrava scomparisse, portato via dal vento mentre stringeva gli occhi e cercava di urlare…

“Lasciatemi qui.. per sempre… tramutatemi in colui che può sentire il vento per l’eternità… lasciatemi qui. Fatemi vivere senza pensiero, fatemi vivere senza… di….”

Non ne ebbe il coraggio. Non volle nemmeno pensare quel nome… Aragorn… Se l’avesse pronunciato il Desiderio si sarebbe svegliato dal suo debole sonno e l’avrebbe attanagliato. Però cambiò il suo canto, cambiò preghiera… il Desiderio si era risvegliato e fingeva di cantare, invece bruciava.

“Datelo a me… datelo a me che lo voglio, datelo a me perché è il lato che mi manca, quella parte di anima ch’io anelo… lo desidero… lo desidero come desidero l’acqua, il sole, l’erba e la freschezza della mia foresta…

Datelo a me… Per scalare l’Erebor mi ci vuole un giro di sole… perché per avere lui mi ci vuole la vita? E’ la mia vita che volete? Prendetela ora!”

Lo urlò dentro sé stesso, chiamando i Valar a gran voce, anelando una risposta come anelava l’aria. Stava lì, a braccia aperte, respirando la sua libertà passeggera…

-Legolas…..?-

L’elfo trasalì, il suo viso già latteo si fece ancora più bianco,mentre le guance si tinsero di un rosso intenso…. Immaginò di vedere sé stesso con gli occhi del ramingo che era appena spuntato da dietro le sue spalle. Stava lì, a braccia aperte, in piedi col viso rivolto verso il cielo e il corpo accarezzato da quel vento così strano… Lentamente, Legolas abbassò le braccia e le rimise lungo i fianchi, disciolse i muscoli delle gambe e aprì gli occhi girando la testa.

Oh, Valar…. Legolas… perché diamine sono venuto a cercarti? Sono confuso e tu non fai altro che disorientarmi…

Pensò Aragorn non appena lo vide. Si sentiva così invischiato nella sua umiltà di mortale… Inferiore ad una creatura così bella… bella al punto di volerla avere solo per sé, di volerla stringere spasmodicamente, o semplicemente di volerla…

Legolas si raccolse i capelli nel suo laccio azzurro e sorrise dolcemente.

Aragorn si incantò nel guardarlo. Solo Legolas era capace di donare agli occhi dell’Uomo quel sorriso.. sereno e luminoso, come un sole che spuntava assonnato dalla linea dell’orizzonte. Dolce quanto l’acqua fresca la mattina, che scava nel tuo sonno chiuso e ti apre alla giornata. Bello… quasi soffuso in ogni dove, come il rumore dell’onda spumosa, morbido quanto il tocco dell’erba.

Mi sento egoista, guardandoti… e disperato.

Non ti avrò mai…

-Umy le maure aenat? (hai bisogno di qualcosa?)

-Er lyaa ooma… lyaa maur… (solo del tuo aiuto, della tua presenza.)

Legolas sorrise ancora. Gli piaceva sentirsi utile. Soprattutto con Aragorn.

-So che ti disorienta.. ma preferirei che tu mi seguissi dentro il palazzo.

Disse Aragorn timidamente, schiarendosi la voce a metà frase. Il viso di Legolas cambiò repentinamente: scomparse il bel rossore che aveva sulle guance, e la sua pelle si fece bianca, quasi cerulea, mentre spalancava gli occhi, intrisi di terrore.

I respiri di Legolas si fecero più veloci, spaventati, e Aragorn s’accorse che l’Elfo stava stringendo forte i pugni.

-…Cosa ti spaventa…. Di Medusel?…-

-Nulla. Fammi strada…-

si decise l’Elfo. Le paure vanno combattute, ed un guerriero che si rispetti non deve avere assolutamente alcun timore. Doveva ridere anche in faccia alla morte. E Legolas sentiva che, dentro Medusel, gli sarebbe accaduta qualcosa… ma non sapeva cosa.

Aragorn annuì lentamente e gli volse le spalle.

Mi spiace… so che.. ti fa male. Ma io ho bisogno di te. E non posso starmene fuori.. vederti… dove tu vuoi. Devo rinchiuderti, o finirò con l’…… innamorarmi di te…

Devo costringerti a racchiudere il tuo essere, non entrare dentro di me, ti prego…

Non odiarmi, amico mio. O finirò con l’amarti.

Entrarono nella sala grande, dove una finestra sopra al trono del Re gettava una luce fantasma, soave e leggera, ma spaurita dentro la sua costituzione pallida, intimorita dalle solide mura di pietra e legno intagliato. Aragorn fece per proseguire, ma sentì i passi di Legolas fermarsi al centro del salone.

-Aragorn…. Ti prego… non andiamo oltre…-

gemette l’elfo. Un tono spaventato si era insinuato nella sua voce. Tremava la voce stessa. Anche Aragorn venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena, ma non era a causa della poca luce. Amava il modo in cui Legolas pronunciava il suo nome… “Aragorn… aaarraagooorrrrrn”. In bocca a lui, quel nome non sembrava così maledetto, così inutile ed effimero, così sporco come la sua dinastia, così rude per tutte quelle “erre” e così…mortale.

Pronuncialo ancora… dimmi come mi chiamo.. fammelo dimenticare e poi riscoprire…

Decise di fermarsi. Con lo sguardo cercò due sgabelli, ma Legolas sembrava avere tutta l’intenzione di starsene in piedi. Sentiva che se si fosse accomodato, l’oscurità lo avrebbe fiutato e sarebbe accorsa a sussurrargli parole sensuali all’orecchio.. l’avrebbe fatto stendere e controllato, derubato del calore… Fu così che si ritrovarono uno avanti all’altro, Aragorn seduto e Legolas in piedi, stretto su se stesso e attento, lo sguardo color del cielo immerso in quello di ghiaccio del ramingo.

Sono contento che tu mi abbia cercato. Perché altrimenti l’avrei fatto io… e non so se… sarei riuscito a… restare freddo…

-Goston tan i pêl  minno i…. (Temo quello che sta succedendo dentro me…)

-Cosa sta succedendo… dentro te?-

mormorò Legolas un po’ vergognoso… con quelle parole “dentro te” gli sembrava di avere un rapporto con Aragorn… entrare dentro di lui in una maniera che non aveva mai pensato… un qualcosa di forte… di prorompente….

-Sono disorientato, Legolas. Non conosco il mio destino, o meglio… non lo capisco. Se è vero il fatto che dovrò guidare gli Uomini contro il Male.. allora perché mi sento così… impotente? Se è vero che dovrò passare il resto dei miei giorni con una corona in capo e.. Arwen Undomiel al mio fianco… Perché non desidero nessuna delle due?-

A quelle ultime parole, Aragorn affondò lo sguardo negli occhi di Legolas, quasi cercando di trovare in essi una risposta… berla e sentirsi libero da quelle ombre nella sua testa. Legolas fu attanagliato da un pensiero che gli sembrò così morboso…

Non desideri Ancalima Undomiel… ma allora nel tuo cuore chi dimora? Lady Eowyn? No…Chi porti con te a letto, Aragorn? Chi cerchi nel tuo petto per consolarti? Evenstar ora è solo un fardello? Potrei asciugare io le tue pene? Potresti.. desiderarmi come anche io desidero te… o la mia è solo una vana, uumea  el? (vanesia stella)

-Io non…-

-Legolas, sto sentendo qualcosa.. sto cambiando. E tu che sei un Eldar dovresti sentirlo… Sto diventando freddo… insensibile…

-Non puoi dire questo. Tu sei destinato…

-Destino?-

Saltò su Aragorn con un’espressione quasi furiosa: il collo teso, gli occhi stretti.

-Cos’è il destino se non un ulteriore peso sull’anima?

-Dici così solo perché stai attraversando un brutto momento. Non lo credi. Lo so.

-Tu non sai nulla di me.

-Allora.. insegnati a me. Spiegati. E solo in questa maniera potrò confortarti.

-Non cerco conforto.

-Cerchi risposte che non posso darti. E mi sembri nervoso. La tua bocca non ha fatto altro che emettere scempiaggini in questi pochi minuti. La tua mente è forse in vacanza o in ritiro militare? Se ti chiedessi una qualsiasi cosa nella quale tu usualmente credi, molto probabilmente non faresti altro che stravolgerla, ora.-

Legolas parlava con un tono pacato, cercando di mantenere la calma. Perché Aragorn si comportava così? Cosa gli era successo? Non aveva mai parlato in quella maniera.. così… distaccata, diffidente…

-Tu parli ma non concludi, Legolas.

-Mi stai forse dando dell’insoluto?

-Appellare è limitare. Voi Elfi non avete confini.

E pronunciò l’ultima frase quasi con derisione. Legolas si sentì molto ferito. Aragorn sragionava, certo. Ma non aveva mai osato criticare la Stirpe dei Luminosi. Mai.

-Cosa vuoi insinuare?

-Io non insinuo mai, Legolas. Faccio accuse precise.

Legolas si sentì ribollire. Il desiderio verso Aragorn, la stima, la dolcezza.. svanirono tutte in un lampo. L’uomo si era trasformato e non era più il coraggioso e onorevole ramingo di poche ore prima. Era ottuso, chiuso e irriverente. Legolas avrebbe voluto urlargli in faccia non so quante maledizioni, ammonimenti, voleva andarsene ma non ne sentiva la forza…

-Sto iniziando a non credere più in niente.

-E l’arte?

-Una malattia.

-L’amore?

-Un peso e un’illusione.

-E L’ONORE? Quello in cui credi? Ciò per cui combatti?

-Un surrogato della moda della fede.

-Sei uno scettico.

-Per carità! Lo scetticismo è il principio della fede.

-Dammi un filo da seguire…

-I fili si spezzano e potresti perderti nel labirinto.

-Mi inquieti, parliamo di qualcos’altro…

La discussione si fece sempre più animata, Legolas era indignato.. si sentiva bollire di rabbia.. gli avrebbe volentieri portato le mani al collo e l’avrebbe strozzato… Elbereth quanto lo odiava in quel momento..

-Voi Eldar credete sempre di poter raggirare gli ostacoli. Non è così la vita.

-CHE NE SAI TU DELLA VITA? Sono 2931 anni che tengo piede su questa terra ed ho sofferto pene che tu nemmeno immagini. Non puoi permetterti di giudicare la stirpe che ti ha allevato solo perché stai attraversando un momento di follia! Non ho intenzione di ascoltare un bamboccio come te! I LE MOKA, ARAGORN! -

E fece per andarsene, ubriaco di rabbia e trasudante odio per quel lato di quell’uomo che era sempre stato così desiderabile… non lo riconosceva più ed aveva paura. Paura di perdere quello che amava di più. Non erano tanto le parole del compagno a ferirlo, quanto la loro durezza, la loro assenza di fede e calore, la loro obliquità…

-ARRIVERà IL GIORNO- urlò Aragorn in preda al furore –ARRIVERà IL GIORNO IN CUI MI GRAFFIERAI LA SCHIENA URLANDO CHE NON CE LA FAI PIU’! Poi mi pregherai di andare avanti ancora.. e ancora… e ansimerai…-

gli occhi gelidi di Aragorn lo trafissero e Legolas si sentì come immobilizzato… il sangue gli ribolliva nelle vene, non riusciva a controllarsi, avrebbe voluto sentire il collo di Aragorn stringersi sotto le sue mani… farlo smettere…

-COME OSI!-

e Legolas si avventò contro di lui sguainando dalla cintola un pugnale affilato, ma quando gli fu davanti, Aragorn lo bloccò, lui rallentò…

Vicini.. non si erano mai trovati così vicini… la mano di Aragorn sembrava puntasse in altri luoghi invece che alla schiena dell’elfo.. Si potevano specchiare l’uno negli occhi dell’altro… i loro respiri carezzavano le loro labbra… come lo desiderava.. l’odio stava andando a tramutarsi in desiderio…. Folle, perverso, cattivo ed inevitabile.

Con un movimento repentino, Legolas spinse la testa dell’amico all’indietro, avvicinandosi pericolosamente al suo collo…

-SOLO i Valar sanno quanto desidero.. tagliarti.. la gola, ora…

-FALLO.

Legolas guardò Aragorn e rabbrividì. Quella parola, quella specie di comando sembrava venisse da un contesto lontano.. sembrava spuntasse da i gemiti di un uomo in preda alla passione e alla foga dell’amplesso… sembrava fosse un esortazione a ricevere di più… al volere… pulsante… Legolas avvicinò il pugnale al collo dell’amico… voleva fargli credere di esserne capace, ma il suo corpo andava in un’altra direzione ben diversa.

Ad un tratto, le mani di Aragorn scattarono verso il bacino dell’elfo e lo spinsero contro di sé.

Legolas riuscì a trattenere un gemito misto tra sorpresa e soddisfazione.. non aveva mai sentito il corpo di Aragorn così vicino… caldo… passionale… sentiva il ramingo premere contro di lui… Accaldato e magnifico… Desiderava continuare il contatto, restare stretto contro Aragorn per l’eternità… avrebbe voluto sentirsi libero di muoversi contro di lui.. dire ad Aragorn cosa davvero provava… vederlo dischiudere le labbra, sentire il suo respiro… Le mani di Aragorn scivolarono verso il basso…

Quell’attimo così intenso gli annebbiò la vista.   

Un altro istante e non si sarebbe più controllato… e avrebbe buttato Aragorn sulla tavola, lo avrebbe soddisfatto davanti a tutti… Capì cosa lo spingeva verso quell’uomo…

Non poteva restare lì… il desiderio stava prendendo possesso del suo corpo e se Aragorn se ne fosse accorto…? Si staccò con un gesto brusco, l’amaro in bocca… voleva uscire da quel palazzo. Dannato, dannato!

Yesta i le, Aragorn.. naa i uume merne le... (Provo desiderio per te, Aragorn... ma non posso averti…)

-Alla stanza degli arazzi, Legolas. L’unica luminosa del castello. Nell’ala est. Se veramente pensi ciò che hai detto, fatti trovare lì .-

Legolas fece finta di non ascoltarlo.. non VOLEVA ascoltarlo.. ancora la voce dell’uomo nella sua testa rimbombava.. “fallo… fallo oh, Legolas fallo…” lo schifava e lo gratificava allo stesso momento. Gli piaceva sentirla dentro di sé… lo disturbava…

-Al calare del sole, Legolas. –

Aragorn urlò ancora. Sulle labbra del ramingo stava un sorriso che traspariva la sicurezza dell’uomo sul fatto che l’Elfo sarebbe venuto.

So che ti spaventa… ma devi sapere…

Legolas aveva sentito. Oh, se aveva sentito. In un primo momento non se ne accorse, ma aveva le guance bagnate di lacrime.

Lacrime di rabbia, di tristezza, di gioia per aver scoperto che anche Aragorn… e se fosse stato solo… Avrebbe fatto male a… Cosa sarebbe…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

Si portò le mani alla testa, premendo i palmi sulle orecchie appuntite per non sentire nulla.. quella voce.. veniva da fuori o dentro di sé? Quella voce era vera o era solo la sua perversa immaginazione a crearla? Una lacrima gli stava scendendo dolcemente lungo il collo.

Uscì di filato dal palazzo, ritrovando quel vento pazzo ad accoglierlo con mille soffi e sbuffi freschi. Girò l’angolo dei gradoni del palazzo, camminando sull’orlo. Chi l’avesse notato, certamente sarebbe stato col fiato sospeso per paura di vederlo cadere, ma lui seguiva il suo bordo dritto. Era un po’ come una maniera per calmarsi… spostare la mente sul fatto che non doveva cadere. Si sedette su un angolo, a guardare quel lato di Edoras che non aveva mai curato più di tanto. Il lato aperto, quello sconfinante nella prateria stepposa di Rohan. Chiuse gli occhi e riprese quel suo contatto con la natura. Gli faceva bene. Sentì il vento tornare verso di lui, abbracciarlo e sollevarlo da terra… lo portò in volo. Lo lasciò in piedi, al limitare dei confini della città, dove stava una palizzata di legno massiccio… e basta. Non aveva fatto un viaggio poi così lungo. Perché si era fermato proprio lì? Quel sole così guardingo lo fissava dall’alto, come se volesse leggergli nella mente e risvegliare quei pensieri…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

No… no… non doveva tornare quella voce… aveva impiegato così tanto per farla andare via…

“Fallo… fallo,oh, Legolas fallo…”

Aveva bisogno di un bosco. Gli alberi lo calmavano. Ogni volta che sedeva su un ramo sembrava che l’intera struttura di foglie e legno si curvasse su di lui. Le foglie gli accarezzavano le gote e l’ombra fresca della chioma lo consolava. Quando le foglie frusciavano gli cantavano una dolce canzone che solo lui poteva sentire.

Ad un tratto, girò il viso, spaesato e…  il ramingo gli stava accanto.

Poggiava la schiena ad uno dei pali di legno, le mani incrociate e il viso basso, coperto da una cascata di onde fluenti e castane. Muoveva il piede sinistro come se volesse scavare una buca in quella terra arida.

-A.. a… Aragorn?

Sussurrò accorgendosi che la voce gli mancava tremendamente. La mente era completamente disconnessa… che diavolo ci faceva lui lì? Voleva tormentarlo ancora?

-Che… che ci fai tu… qui?-

ma lui non rispose. Lo fissava. In quegli occhi azzurri poteva leggere… qualcosa.. che lo spaventava.

Desiderio.

Un brivido gli percorse la schiena… non poteva essere.. cosa.. cosa gli stava accadendo? Aveva scuramente le traveggole! Voleva andarsene quando…

Aragorn si sporse in avanti e  si avvicinò a Legolas, prendendolo per un braccio.. aveva le mani calde…

-Scusami…

gli sussurrò dolcemente. Poi allungò una mano sul viso dell’Elfo e gli carezzò una guancia. Legolas sentì il cuore accelerare, batteva a mille, il sangue scorreva veloce per le vene, le mani umide… Perché gli succedeva così? Perché solo con Aragorn? L’uomo gli si avvicinò di più, si sporse in avanti. Legolas doveva tenere lo sguardo fisso negli occhi di lui? Lentamente, invece, abbassò gli occhi color cielo fino a giungere alle labbra dell’uomo. Doveva distogliere lo sguardo, lo sapeva, ma non ci riusciva… Sentì una mano di Aragorn carezzargli la coscia…fremette…si sporse ancora di più, il respiro gli lambiva le labbra sensualmente. Fu un momento velocissimo.

Aragorn si sporse in avanti un’ultima volta, poggiando una mano sulla nuca di Legolas e tirandolo a sé, intrappolandolo in un bacio. Prima a labbra chiuse… Legolas non sapeva come comportarsi.. doveva lasciarsi andare? Cosa mai sarebbe successo… il Ramingo gli bloccava il capo con una mano e gli stringeva le spalle con l’altro braccio, avvolto intorno a lui come un’ombra scura ed eccitante. Si staccò lentamente e lo fissò negli occhi.. poi li abbassò a sua volta sulle labbra dell’elfo e sembrava ricordasse quello che era appena successo.

-Aragorn… ma… (Aragorn… che…)

- Auta o quette… toi maaraer…(Basta parole, sono così inutili…)

lo fermò l’uomo poggiandogli due dita sulle labbra. Quel bacio era stato… caldo, anzi no, bollente, dolce, sensuale, dirompente, improvviso, inaspettato, piacevole… Aragorn si passò distrattamente la lingua sul labbro superiore. A quel gesto, Legolas si sentì attratto come non mai… quel bacio.. tanto veloce…  non bastava. L’elfo allungò una mano verso quel viso così mascolino e lo tirò a sé, baciandolo ancora. Prima piano, le labbra strette contro quelle del ramingo;poi le aprì dolcemente e lasciò che la lingua scivolasse incontro a quella di Aragorn, che lo accolse caldamente. Passionale, Legolas gli succhiò dolcemente la lingua e per tutta risposta Aragorn abbassò ambedue le mani verso l’inguine dell’elfo, gli aprì leggermente le gambe. Aragorn era eccitante al punto che Legolas gli si sciolse addosso, gettandosi su di lui in balia di quelle mani così calde, continuando a baciarlo come se fosse quella l’unica fonte di respiro…  L’uomo muoveva le labbra dolcemente, con lui, su di lui e contro di lui, lo fece appoggiare contro uno dei pali e sembrava lo volesse divorare. Legolas si aggrappò alla schiena del ramingo, mentre quello spostava le labbra sul collo dell’elfo e cercava di slacciargli la casacca… dopo qualche tentativo,le mani di Aragorn lasciarono stare i bottoni e scivolarono sui fianchi di Legolas…più giù, più indietro… premendolo con forza contro di sé.

Legolas stava lì a labbra socchiuse, gli occhi serrati al pari delle sue mani sulle spalle di Aragorn… non sapeva come… muoversi.. eppure gli sembrava tutto così naturale…

Si lasciò possedere per lunghi ed appaganti momenti, baciando ancora l’oggetto del suo desiderio. Lo strinse ancora, si avvicinò e sentì Aragorn muoversi contro di lui…

-En tulka....Aragorn….a..ah…. (più forte)

il Ramingo sembrava seguisse una via sua, usasse l’elfo come un oggetto… Lo guardava con quei suoi occhi glaciali, dello stesso colore del cielo che vegliava sulle cime del passo di Caradhras, lo baciava ancora… Quelle labbra calde segnavano il loro percorso sul collo di Legolas, le mani di ambedue avevano volontà propria.

Il corpo di Aragorn premeva con forza contro quello dell’elfo, divorato dall’eccitazione.Dalle labbra sottili di Legolas uscivano gemiti soffocati che, ogni tanto, Aragorn bloccava con baci veloci. Legolas ne voleva sempre di più, di più… Ancora ed ancora le loro labbra si incontrarono, e Legolas voleva che quei baci durassero per l’eternità… Aragorn tolse le braccia da addosso a Legolas e le poggiò sulla palizzata, bloccando l’elfo solo col suo corpo.

- Veela u le usin… (vediamo se scappi…)

-I voror… um ta… (Non lo… farei mai...)

ansimò Legolas mentre il piacere di Aragorn lo travolgeva. Continuava a stringere spasmodicamente le spalle dell’uomo per evitare che fosse lui a scappare.. e anche per evitare di scivolare in basso… In basso, ci andarono le mani di Aragorn, giù giù fino ai calzoni di Legolas. Slacciarono velocemente la cintura di cuoio che cadde a terra con un tonfo, poi armeggiarono un poco coi bottoni.

-Aragorn.. non… ah… non qui…. A… ah….

-Il desiderio non conosce luoghi…

Lo ammonì l’uomo tappandogli le labbra con la propria lingua. Legolas preferì tacere e continuare quel bacio, ma Aragorn stava nettamente esagerando…

-Aragorn.. mo… auta le…. Ara…. ( che.. fermati…)

ma non fece in tempo a finire la frase che il piacere lo travolse di sorpresa nel sentire le mani di Aragorn su di sé, chiuse gli occhi, buttando la testa all’indietro fino ad appoggiarla al palo di legno gemendo sommessamente, ansante e desideroso di rimanere così. Aragorn lo toccava ancora, esattamente dove Legolas voleva, mentre le labbra percorrevano il suo collo in ogni angolo possibile.

-Basta Aragorn.. smetti….

L’uomo lo guardò. Fisso… quegli occhi sembravano quasi taglienti, qualche ciocca di capelli era attaccata alla sua pelle e gli arrivava ad un angolo della bocca.

-Era forse un ordine?

Chiese sollevando le labbra in un sorriso malizioso. Legolas si chiuse i calzoni. Gli piaceva, ma era troppo.

-Sì.

E così dicendo si avventò contro Aragorn, sorprendendolo col bacio più forte che si fossero mai scambiati. Noncurante delle mani di Aragorn sui propri fianchi, premette con violenza la lingua dentro la bocca di Aragorn, soffocando i suoi gemiti di sorpresa e piacere. Aragorn rimase senza fiato, mentre la lingua di Legolas esplorava prepotentemente la sua bocca. Le mani dell’Elfo afferrarono il colletto del Ramingo, tirandolo a sé fin quasi a farlo sbilanciare.

Ad un tratto, però, a Legolas non sembrò più di sentire Aragorn stretto a sé.. solo.. aria..

Aprì lentamente gli occhi e si ritrovò sul gradino del palazzo, davanti a sé solamente una distesa di sabbia compatta e stepposa.

-Er oloore…. (solo un sogno)

Sussurrò tra sé e sé, mordicchiandosi un pollice per svegliarsi completamente. Voleva sentire dolore… un dolore più forte di quello che già sentiva dentro di sé… tristemente si dovette render conto d’essere nella realtà, dove Aragorn l’aveva stretto molto probabilmente solo per rabbia o per un giochino perverso che la confusione gli aveva dettato.

-MASTRO ELFO!

Legolas si drizzò da sedere ed irrigidì la schiena. Gimli apparve dietro di lui, con quella sua andatura pesante e barcollante, dovuta dalle gambette corte.

Davvero, Gimli era l’ultima persona (err… l’ultimo nano) che Legolas avesse mai voluto vedere. Non gli andava di mettersi a chiacchierare, e nemmeno mettersi a cantare o raccontare. Gli andava solo di piangere.

-Senti, mastro Elfo.. avrei bisogno di un consigl…

-No, Gimli. Non ora.

Lo fermò Legolas, ben deciso a troncare quell’inizio di conversazione. Se solo non fossero stati due membri della Compagnia, lo avrebbe appeso all’asta della bandiera che garriva davanti a Medusel. Il nano alzò un sopracciglio, sconcertato. Legolas di malumore? Succedeva assai raramente! A quell’elfo bastava che il sole splendesse per essere felice… valli a capire, gli Eldar!

Legolas si alzò in piedi.. ancora il sapore di quei baci sulle labbra… Doveva andare alla stanza degli arazzi.. o no? E se avesse rivisto Aragorn sarebbe riuscito a contenersi? Doveva semplicemente provare. Sorpassò Gimli con due passi e lo lasciò a borbottare qualche sua canzoncina nanica o roba simile. Non gl’importava. Il sole stava iniziando a calare.

.|.|.

Nel frattempo, Aragorn, era corso in preda alla rabbia nella stanza dove stava il suo giaciglio e quello di Legolas (ovviamente c’era anche quello di Gimli, ma non lo vedeva…). Si sedette di peso sopra il suo, che aveva tutte le coperte disordinate e scompigliate. Aragorn non dormiva quasi mai sonni tranquilli, e la mattina tutto era più importante del rifare il letto. Tanto doveva tornarci, poi, no? Poggiò la schiena contro il muro e si prese la testa tra le mani.

Nella testa gli rimbombava tutto quello che aveva detto. Quante bugie…

Era stato un vigliacco. Aveva usato la provocazione come arma, per vedere cosa provava Legolas… e invece di trovare il perché di quella perenne dolcezza, di quell’idilliaca delicatezza, aveva scatenato l’odio dell’amico. Sarebbe venuto? Adesso non ne era più cosi sicuro. Si sentiva disperato, come se fosse caduto per ore ed ore in un baratro.. e l’anima stesse ancora cadendo nel vuoto. Doveva andare da Legolas a scusarsi? Cosa stava facendo l’elfo, ora? Aragorn conservava di lui un ricordo dolcissimo, quanto il profumo della sua pelle. Gli era sempre stato accanto, da quando si erano conosciuti, e se la mente non lo ingannava, era stato proprio Legolas che, per caso, gli aveva fatto incontrare Arwen.

Arwen…

Si era scordato il viso di lei. Si era scordato tutto di lei. Non portava più Evenstar al collo, anzi, la teneva avvolta in un panno, segregata in una tasca della saccoccia. Se Arwen fosse venuta ad incontrarlo in sogno, il cuore di Aragorn si sarebbe strappato di sicuro.. o forse l’avrebbe strappato lui stesso. Se era vero che avere un cuore faceva soffrire così tanto, il non averlo affatto avrebbe potuto cancellare tutti quegli affanni? Come si sentiva sbagliato, in quei giorni. Sbagliato.. gli sembrava l’aggettivo migliore. Lui era tutto sbagliato, ciò che provava era sbagliato, il suo destino era sbagliato…

Anche il suo amore era sbagliato.

Era iniziato tutto al ponte di Kazad-Dhum, quando Legolas aveva afferrato lui alla fine del suo salto e non Frodo. L’aveva stretto.. forse senza neanche pensarci, forse nemmeno se lo ricordava…

Lui, invece, sì. Da quel momento… da quando aveva respirato il dolce profumo dell’elfo, nella sua testa si erano accavallati pensieri, immagini, desideri, congetture… ma solo una cosa lo spaventava.

Legolas… era… un uomo… beh, sì, insomma… un Elfo, ma pur sempre un uomo. No, non era questo il suo terrore più grande. Molto probabilmente quella creatura così luminosa non aveva ancora mai conosciuto… l’amore, cosa vuol dire passione… Aragorn lo vedeva come un guerriero, dal volto d’angelo e l’abilità di un assassino, quasi distaccato dalla cognizione di se stesso… freddo ed impassibile, calmo e pacato, controllato e calcolato nei suoi minimi confini… Era certo che provasse sentimenti.. gli Elfi sono le creature più emotive di Eä, {Per chi non se lo ricordasse, Eä è il “Mondo che È”, ovvero il Mondo. Da il Silmarillion, JRRTolkien,Bompiani Editore. Prima citazione a pg.17 n.d.Me}

ma non era certo che provasse QUEI sentimenti… quelli che confondevano Aragorn così tanto. Lo confondevano e non lo facevano riposare, gli toglievano il coraggio…

Ma quando c’era Legolas accanto a lui.. sentiva nelle mani quella forza che l’avrebbe reso capace di sradicare un albero di Lorien… di sollevare l’intera Minas Tirith… tutto tranne che baciarlo davvero.

Pochi minuti prima l’aveva stretto a sé… lui era desideroso.. aveva visto nello sguardo dell’elfo una luce baluginare…

Indignazione, sgomento..o lo stesso desiderio che anche lui sentiva?

Poteva quell’essere dalla bellezza così androgina sentire quel genere di sensazioni.. dirompenti e a volte cattive, come nel loro caso.. Un amare ed un soffrire, desiderare e farsi male…

Non aveva nemmeno la forza di volontà di prevalere su Legolas, di farsi amare anche solo per un’ora, di farsi desiderare… come mai avrebbe potuto trovare la forza di mandare avanti un regno…. E guardare negli occhi la donna che un tempo amava.. e che tradiva col pensiero, accarezzando con le sue fantasie il profilo di un altro uomo?

C’è una sedia… nella mia mente, sulla quale, ogni tanto, mi piace sedere per pensare e trovare la chiave a tutto ciò che mi è celato…

Dove posso correre? Dove nascondermi? In chi mi tramuterò? Dove ho udito le voci che ricordo? Ho un paio di parole scritte sullo schienale della sedia, come… “Pensi che sia coraggioso?” ”Pensi che me ne importi?”  Posso.. cancellare, bruciare le immagini che vedo? Posso? Non credo…

C’è una sedia piccola, quanto basta per contenermi. Preferirei una scatola, ma poi potrei desiderare di chiudere il coperchio… Restare solo, per sempre su quella sedia… Incatenami, Morte.. seducimi ed io non cederò… o sì? Quale maschera ti metterai per portarmi dove tu desideri? Continuando a pensare in questo modo sarà difficile continuare…

Devo trovare coraggio, ma oramai questi pensieri me l’ hanno succhiato via… si sono cibati del mio ardore e l’ hanno sostituito con quest’incertezza… Ho bisogno di te, ma non venire. Potrei non fermarmi.

Ho bisogno di te.. ma tu stammi lontano. Magari il mio desiderio si spegnerà…

Basta.

Basta mentire anche con me stesso… ho mentito così a lungo… Non smetterò mai di desiderarti, mai le mie mani smetteranno di bramare il tuo corpo… Quell’attimo, Legolas. Solo quell’attimo tale da dar pace al mio cuore… unica richiesta, la mia… certo… eppure così difficile da esaudire…

Non posso, non riesco… andare avanti così potrebbe significare il mio desiderio di abbandono… Mi rendo conto di non volere più nulla: né regno, ne Arwen, ne onore, né gloria… darei tutto per avere te solo un’ora.

E si ritrovò in mano la stoffa nella quale era avvolta Evenstar. La srotolò pian piano ed un luccicare veloce gli fece sbattere le palpebre un paio di volte. Il gioiello stava lì, così piccolo nella sua mano… luminoso, la curva di cristallo così dolce e morbida. Uno splendido fiore al centro dal quale scendevano due lunghe foglie lanceiformi che s’incrociavano tra loro. Evestar. La stella del vespro, quel gioiello racchiudeva l’intera essenza di Arwen. E lui l’aveva in mano, sarebbe stato padrone di spezzarla, sotterrarla da qualche parte o, semplicemente dimenticarla…

- Renich i lu i erui govannen? (Ricordi la prima volta che ci siamo incontrati?)

- Nauthannen i ned ol reninannen (Credevo di essermi perso in un sogno…)

- Guenwin in enninath… u-arnech n naeth I si celich.. (Lunghi anni sono passati, non avevi gli stessi turbamenti che hai ora…)

Poteva ricordarselo così bene, quel momento idilliaco… a Granburrone, sotto la luna… lei era così bella, dolce… vanesia.. come l’immagine ed il ricordo nella mente di Aragorn. Stava svanendo.  Quella figura sottile stava assottigliandosi più passava il tempo. Come la pallida stella oscurata dai raggi di un sole sorgente e dirompente, Arwen non rimaneva nella testa del ramingo, troppo accecato dalla luce di Legolas.

Ma era sicuro che quello per l’elfo fosse solo.. mero desiderio? Spoglia bramosia carnale? No… c’era dell’altro.Se fosse stata solo la voglia di averlo, di sicuro non si sarebbe sentito così male… di sicuro non si sarebbe sentito così solo.. sconsolato, affranto, spogliato della gioia…

Ma allora.. come poteva lui provare… amore?

Man kara i mel le? Man kara i aniron le?  (Cosa mi fa amarlo? Cosa mi fa desiderarlo?)

E pensare che.. no..sarebbe successo comunque? Era già predisposto?

Lady Galadriel… l’aveva forse visto? Lo sapeva? L’aveva detto ad Arwen? Non si ricordava come fosse stato, a Lothlorien. Era passato troppo tempo.

No, da quello che gli restava di quella notte, Lady Galadriel non aveva accennato nulla sul fatto.. di quello strano accelerare dei battiti del cuore alla sola vicinanza di Legolas, non aveva proferito parola a proposito di quel desiderio così innaturale, ma così forte… Tra quegli alberi, se solo fosse stato in grado, avrebbe tolto la verginità a quella creatura che sembrava tutto tranne che reale. Così bello da fare male. Troppo male.

Alzò la testa e guardò il muro davanti a sé. La solida roccia era contornata da intarsi di legno, dai quali pendeva una grossa tenda di panno rosso. Silenzio.

Non mi piace il silenzio. Voglio sentire il tuo canto, ancora una volta.

Una sera, nella chiara notte prima di partire da Granburrone, aveva sentito Legolas cantare. Non era uno dei soliti canti già scritti, che ricordavano le grandi gesta degli Eldar che furono…. Molto probabilmente quel canto era stato composto da Legolas in persona, una dolce canzone d’addio per un amore sconosciuto. Più che un canto sembrava una poesia, composta fra le lacrime e ridondante di nostalgia. Ma la voce di Legolas la recitava così bene da farla somigliare al gorgogliare del fiume, e le stelle stesse si univano in un coro. Abbandonato sulla ringhiera di uno dei tanto balconi di Granburrone, aveva cantato per tutta la notte. Si era offerto lui di partire, ma il viaggio già lo stava uccidendo.

E aveva cantato tutta la notte, cullando la propria voce con le foglie addormentate. Su quel balcone vi era rimasto anche dopo che il sole aveva fatto capolino tra i tetti delle case, steso ed assopito, come coperto da un lenzuolo di rugiada. E il sole dipingeva su quel viso angelico…ombre e luci d’avorio. E lui non aveva potuto fare a meno di restare a guardarlo, acquattato tra qualche colonna marmorea, trattenendo il respiro per paura di svegliarlo. Incantato.

Era un vero peccato che gli Elfi dormissero così poco. Lui era così bello…

Aragorn strinse con forza Evenstar nella mano, fino a sentire le punte dei petali di cristallo trafiggergli la pelle, volontariamente strinse più forte…

Dolore… naike…. Per dimenticarti…

Ma non poteva dimenticarlo. Nulla sarebbe servito a farlo. No, lui era legato ad un destino che si divertiva a vederlo soffrire, ma che allo stesso tempo gli regalava qualche sogno breve e passionale… passeggero e nostalgico.

Riaprì la mano. Che stupido. Stupidissimo. Come aveva anche solo potuto pensare di usare il dolore come anestetico per l’amore? E poi, era davvero amore?

Sì… Lo è.

Si rispose. Basta con le bugie. Si può essere attori con chi non si conosce, ma non con se stessi. Non si può fingere con la propria anima.

Lo giuro su tutto quello che ho di più caro, lo giuro su tutto ciò che ritengo valente, lo giuro sull’onore e su me stesso. Ti dirò quel ch’io provo. E mi farò valere. Non puoi scapparmi per sempre, Legolas.

Sul viso gli si dipinse un sorriso sottile… un po’ di sicurezza e quasi spavalderia tornò a scorrergli nelle vene. Guardò fuori dall’unica finestra della stanza: il cielo aveva iniziato a tingersi di rosso. Era ora.

Si alzò e si lisciò bene bene la veste. La mano aveva già smesso di sanguinare. Fece scivolare Evenstar in una delle tante tasche della palandrana.

I lende, Legolas (Arrivo, Legolas)

.|.|.

tap tap tap….

Gli stivali di Legolas ticchettavano sul pavimento liscio del palazzo, corridoio dopo corridoio. Non gli faceva più così paura.. aveva imparato a tenersi freddo, così l’Ombra non l’avrebbe notato ed avrebbe continuato a persuadere qualcun altro. Aveva imparato a non essere più sè stesso. Aveva imparato a placare ogni emozione, freddo come una statua di ghiaccio. Le emozioni facevano così male, soprattutto in quel periodo, in quel momento, in quel palazzo…. Aveva imparato a scacciare la propria anima, lenire il dolore e sedare la passione. Sentiva le cose passargli distrattamente accanto. Solo aria sulla pelle. Non gl’importava se era contro natura, non gl’importava se tutto quello che gli era stato insegnato ed aveva scoperto sulla bellezza della vita riteneva la separazione dell’anima un peccato. Doveva tenersi freddo. Per Aragorn.

Lo faccio per noi, per conservare almeno l’amicizia. Se ti dicessi ciò che veramente provo, allora rovinerei tutto. Voglio tenerti sempre con me, Aragorn. Ti voglio al mio fianco. Non mi farò lasciare da te solo per uno stupido sentimento. Non sarà il mio amore a dividerci.

Assorto in questi pensieri, Legolas lasciava che i piedi lo portassero dove volevano. Non aveva la più pallida idea di dove fosse la stanza degli arazzi, e sperava di poter trovare qualcuno che glie la indicasse, ma Medusel sembrava deserto.

Noncurante del buio, scese un paio di scalinate introdotte da un grosso arco di legno con dei cavalli intagliati e degli uomini in parata con bandiere, stemmi e scudi. Quattro torce illuminavano i gradini, alcuni dei quali erano ricoperti di legno liscio.

Ma è tutto di legno, qui? Legno e pietra.. non mi stupirei se le persone fossero fatte dello stesso materiale!

Terminate le scale, Legolas si trovò davanti una specie di saletta di pietra, come un pianerottolo cubico. Due lati erano di pietra, ma uno era una grossa tenda giallo paglierino, fermata in un lato da una nappa blu.

Curioso da questi colori così sgargianti in un palazzo così tetro, Legolas scostò nappa e tenda.

Non avrebbe mai immaginato di vedere, proprio a Rohan, una cosa così bella. Avanti a lui si stendeva un corridoio inondato della luce del tramonto. Il pavimento era di legno (il parquet medievale? N.d.Me) e tutta la parte destra del corridoio era occhieggiata di finestre d’alabastro, coperte da tende setose. Tra una finestra e l’altra, stavano delle statue lignee che raffiguravano Re, cavalieri e chissà quali altri eroi. Tutto sembrava così… elfico… come.. come poteva una tale bellezza architettonica starsene nascosta in un palazzo freddo e desolante? Il soffitto era affrescato di blu, puntellato da tantissime stelle che sembravano bottoni d’oro incastonati nella roccia.

-Com’è tutto bello… qui…

e scoppiò in una sonora risata cristallina, che tintinnò e si rifranse su tutti i muri, rimbalzando come l’acqua nella corrente di un torrente appena uscito dalla sua sorgente.

-Come ho fatto a temere tutto ciò? Come posso temere ciò che mi somiglia?

Si bloccò di scatto con quelle parole ancora sulle labbra .

TEMERE Ciò CHE MI SOMIGLIA… ed iniziò a parlottare tra sé e sé con una voce sottile quanto il vento d’autunno tra le foglie. Per tenersi compagnia.

-Aragorn…. I Kaure le… I mel le…. (Ti temo, ti amo) Ma perché ti temo se sei simile a me? Perché tremo se mi sei accanto? Cosa mi spinge a volerti? Sei… un uomo, come me… ed io…. Non ho mai… provato… amore. A parte con….-

E Qui si interruppe, abbassando la testa, nella mente un ricordo troppo doloroso da rievocare.

-Perché con te? Perché è tutto così confuso, così difficile? Perché non posso dirti quello che veramente sento? E se tu provassi il mio stesso calore… allora vorrei gridarlo al mondo… ma non potrei farlo…

Se la Terra di Mezzo venisse a sapere quello che potrebbe esserci tra… me… e te… allora sarebbe la rovina? E Ancalima Undomiel? Il suo amore per te… è così forte da poter offuscare il mio? O il contrario? Porti ancora Evenstar….

… se è il tuo simbolo d’amore… potrei portarla io? -

Scrollò la testa quasi cercando di scacciare via quel pensiero. Come aveva anche solo potuto pensare che Aragorn gli avrebbe donato il suo fiore di cristallo? Come avrebbe mai potuto pensare che Aragorn avrebbe lasciato la donna a lui promessa.. l’amore della sua vita…. Per… lui? Che sciocco si sentiva… e questa volta avrebbe davvero voluto svanire.. via.. via.. a correre verso casa, Bosco Atro… a rifugiarsi sui suoi alberi, a cercare l’ombra ed il conforto del vento… il silenzio, la calma ed il calore del suo sole, di casa sua…

Ad un tratto, fu obbligato a svoltare un angolo nel corridoio e… poco lontano, vide lady Eowyn aspettare, in piedi, davanti ad una tenda rossa. Troppo tardi per girare i tacchi ed andarsene.. lei l’aveva già visto.

-Sire Legolas…

mugolò lei con quella sua voce così fredda e monotona. Legolas trattenne un brivido.

-Lady Eowyn…

la salutò freddamente con gesto del capo. Non gli piaceva incontrarla.

-Cosa fate voi qui…? Pensavo che Medusel vi terrorizzasse….

-NULLA mi terrorizza, mia signora.

Puntualizzò lui sentendosi sbeffeggiato da quella statua di ghiaccio che camminava.

-Nulla mi terrorizza, ma alle volte preferisco certi ambienti ad altri.

Eowyn si stupì della pronta risposta dell’elfo, ma non lo diede a vedere. L’aveva sempre creduto uno silenzioso, chiuso, quasi ottuso… e invece…

-Preferite la steppa al palazzo?

-Preferisco la libertà alla prigione

-…l’insicurezza alla forza?

-La verità alla menzogna, comunque passeggiavo per curiosità e basta.

Troncò indispettito. Meno parole uscivano dalle labbra di Eowyn, meglio si sentiva.

-Avete per caso visto sire Aragorn? Gli ho dato appuntamento qui, ma non si è ancora presentato…

Legolas fu colpito da quell’affermazione. Lei aveva dato appuntamento ad Aragorn.. davanti ad una sala? La sala degli arazzi rossi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa fare? Gia s’immaginava la scena: “Che casualità, lui ha dato appuntamento a me!” e si sarebbe sentito un weomelindo {Ho trovato il modo per scrivere “gay” in elfico… n.d.Me} davanti a “statua di ghiaccio”, helkeheri (Signora di ghiaccio) e, chissà, magari si sarebbero messi a chiacchierare dell’uncinetto e del punto croce aspettando l’arrivo di Aragorn. Improvvisamente un qualcosa gli uscì dalle labbra,mentitore e rapido.

-Ho incontrato Aragorn. Mi ha detto di riferirvi, se vi avessi vista, che non sarebbe potuto venire a causa di… faccende fuori dal palazzo. Non so esattamente di cosa.-

Che bugiardo.. ma oramai l’aveva detto e non avrebbe potuto tornare indietro. Sul volto ceruleo di Eowyn si dipinse un’espressione delusa. Sempre e comunque fredda.

-Ah.. vi… vi ringrazio.

E così dicendo chinò il capo e se ne andò, prendendo la direzione dalla quale veniva Legolas. Lui, con fare allegro e noncurante, le gridò dietro:

-Voite maara daana! (Buona giornata!)

alzando un braccio in segno di saluto. Stranamente quella bugia gli aveva dato sollievo, ma ancor più vedere Eowyn andarsene dopo solo due parole l’aveva reso più tranquillo.

Stranamente soddisfatto di sé stesso, si fermò davanti alla tenda rossa, molto probabilmente l’entrata alla stanza degli arazzi. Con sicurezza scostò leggermente la tenda e fece per entrare, quando si bloccò appena in tempo per non andare a sbattere contro un’enorme porta di legno.

-Legno anche qui.. avrei dovuto aspettarmelo!

E aprì il pesante portone, entrando nella stanza.

Era piuttosto piccola per come Legolas se l’era immaginata, ed aveva le pareti interamente coperte da drappi rossi e morbidi che cadevano sul pavimento inondandolo di stoffa color sangue. Solo una parete, quella opposta alla porta, era occupata quasi tutta da una bella finestra di alabastro, con una tenda rossa anch’essa, ma di stoffa più sottile, che faceva filtrare il sole. Per il resto, nella stanza non v’era altro arredamento se non per una sedia, al centro della stanza. Una sedia piccola, di legno scuro con un cuscino rosso sopra.

-Gran bell’arredamento… davvero!

.|.|.

tap…tap…tap…

-Tardi tardi tardi….! Accidenti a me e alla mia testa! Tardi tardi….-

si ripeteva Aragorn freneticamente, come se quella parola avesse potuto fermare il tempo e dargli un po’ di vantaggio per arrivare in orario. Il suo sesto senso gli diceva che, anche se non sapeva la direzione, Legolas sarebbe certo stato dentro quella stanza quando il sole avrebbe lambito le prime cime delle montagne. Svoltò un angolo e si acquattò di scatto contro il muro. Eowyn stava passando, dritta davanti a sé, al testa china. Gli aveva dato appuntamento lei per prima, ma lui sentiva il bisogno di Legolas. Sarebbe stato quello, il momento giusto per toccarlo.. per averlo… farsi amare… Trattenne il respiro ed avanzò rasente al muro per non farsi vedere. Il percorso lo sapeva bene e, quando Eowyn fu scomparsa, riprese a correre come un forsennato. Scale, corridoio, angolo… la porta era lì, la tenda rossa ben calata davanti… Appena di fronte all’entrata si fermò per un paio di secondi. Doveva riprendere fiato e calmarsi, non tanto perla corsa, ma per il fatto che lui e Legolas sarebbero stati lì, chiusi in quella stanza… soli…

Voglio te. Voglio ubriacarmi delle tue parole, inebriarmi della tua pelle, bere la tua luce dalle tue labbra…

Entrò.

Legolas stava in piedi, davanti alla finestra d’alabastro, le braccia incrociate sul petto. La sua figura si stagliava nera e nitida contro la luce rossastra che faceva illuminare la tenda di un color tramonto vivido. Era.. perfetto.  La sua forma alta e slanciata sembrava così fragile… composta dello stesso materiale di Evenstar, così delicata e preziosa… Però, la calzamaglia scura stretta sulle gambe dell’elfo ne sottolineava i muscoli, tesi e lineari, i polpacci chiusi negli stivali di cuoio. La casacca gli arrivava a metà coscia: una cascata d’argento che le stelle gli avevano fatto piovere addosso… acqua morbida che gli ricopriva la schiena, gli carezzava i fianchi…

Ad Aragorn sembrò di poter sentire le sue mani scorrere su quella stoffa leggera. Sfilarla da dosso a lui… stringerlo e vedere il suo collo sottile distendersi, facendogli poggiare la testa sulla sua spalla…già sentiva le labbra ebbre di quel suo odore dolce… Una droga, che doveva assumere subito per restare lucido.

-Legolas…

l’elfo si girò. Il sole morente gettava un’ombra sensuale sul suo volto splendido, dai lineamenti scolpiti nel marmo di quella pelle liscia. La morbida curva delle labbra risvegliò in Aragorn qualcosa… sentiva bruciare dentro… non riusciva più a controllare il suo respiro… Quella sensazione che gli era sempre stata difficile da sedare gli irruppe addosso come una secchiata d’acqua, crudele e terribile…

Ora ti dirò che ti bramo… ora ti svelerò dove vorrei che le mie mani potessero arrivare… ti darò quello che non hai mai ricevuto…ora ti avrò e tu mi obbedirai… e godrai di me… lascerai ch’io lo faccia con te… Amarti ed essere amato… sentirai come brucia il sangue… porterò le mie mani su di te e tu gemerai… prevarrò su di te e tu non ti ribellerai… perché anche se non lo vuoi.. ti possiederò.

-Sei in ritardo… come solito.

E sorrise dolcemente, curvando le labbra… Aragorn strinse i pugni per trattenersi… Legolas si voltò verso la finestra di alabastro.

-Scacciapensieri elfico.. credevo che qui a Rohan non ci fossero!

Esclamò con l’allegria di un bambino davanti ad un maggiolino ronzante, indicando il piccolo sole di cristallo che pendeva dallo stipite della finestra.

-Legolas… scusami.

Fece Aragorn a voce bassa, la testa china… se solo avesse incrociato il suo sguardo allora sarebbe…

-Per il ritardo? Figurati!

Ridacchiò l’elfo quasi sbeffeggiandolo, senza accorgersi che la voce di Aragorn tremava, che Aragorn stesso stava tremando.

-Non è per il ritardo… Legolas.

La voce di Aragorn si era fatta d’un tratto più flebile.. più tremolante… indecisa, spaurita. Legolas si avvicinò amichevolmente ad Aragorn:

-Man ta na raika?  (Qualcosa che non va?)

e fece per poggiargli una mano sulla spalla, ma Aragorn lo respinse in malo modo, quasi facendogli male, per poi andare a sedersi sulla piccola seggiola.

-UUME TULYA LE!(non ti avvicinare)

Legolas lo guardò con aria preoccupata.. che cosa gli stava accadendo? Perché in quel periodo Aragorn era così cambiato… avrebbe fatto qualunque cosa per farlo tornare com’era prima… qualunque cosa…

-Aragorn… man..kara… insomma…. Che… che ti succede?

Balbettò confuso. Gli sembrava che quelle parole fossero così superficiali… inutili, stupide… fuori luogo… eppure doveva pronunciarle, doveva dire qualcosa … si sentiva così inutile! Stava lì, fermo,dritto ed immobile, la mano ancora a mezz’aria, scostata e dolente per il gesto repentino di Aragorn. Anche lui stava immobile, seduto, o meglio, raggomitolato sulla sedia, la testa china, non gli si vedevano nemmeno gli occhi. E Legolas voleva vederli. Gli piacevano così tanto gli occhi di Aragorn… freddi come il ghiaccio eppure così caldi, fieri, decisi…

A quel paese tutto, se Aragorn gli avesse fatto male un’altra volta lui non avrebbe sentito dolore. Gli si avvicinò più deciso e gli alzò il mento usando i polpastrelli dell’indice e del medio.

-Non m’importa cos’ hai oggi, non m’importa se hai paura, non m’importa se piangi e ti fa male… devi dirmi cos’ hai…..-

ma si bloccò e cercò di sedare tutta la rabbia che era esplosa in lui: Aragorn stava piangendo. Una lacrima argentea stava scendendo sulla guancia sinistra del Ramingo, lentamente, fino ad arrivare poco vicino alle sue labbra serrate. Il respiro era lento e pesante, e sembrava che Aragorn stesse per collassate, esplodere in un mare di lacrime…

Perché… piangi, Aragorn? E’ forse colpa mia? Ho… fatto qualcosa che non va? Se solo potessi… se solo tu mi lasciassi asciugare le tue lacrime io…

Legolas s’inginocchiò davanti al Ramingo che teneva la testa bassa e raggiunse con due dita la lacrima che stava scorrendo sul volto di Aragorn. Dolcemente ne percorse il sottile rivolo umido sulla pelle abbronzata… dalla guancia, scendendo sensualmente fin sulle sue labbra… perse gli occhi in quel volto rabbuiato, bevve la tristezza di Aragorn come fosse pioggia d’estate, per togliergli quell’angoscia dalle spalle… sembrava stare sospeso in un sogno… sotto la dolce pioggia… di nuovo a… casa…

Si svegliò di soprassalto quando sentì… la lingua di Aragorn contro le proprie dita. Un brivido lo percorse partendo dalla mano fino ad arrivare all’estremità delle gambe. Brivido di….sorpresa? Brivido di piacere….

Aragorn aveva appoggiato le dita sul polso di Legolas per tenerlo avanti a sé e ne leccava le dita lentamente, quasi bramando ogni singola goccia di piacere. L’elfo era rimasto a bocca aperta… ma velocemente ritrasse la mano e volse lo sguardo verso l’amico. Un lungo momento durante il quale i due sguardi s’incrociarono: l’uno incuriosito e l’altro enigmatico. Dentro lo sguardo di Aragorn, Legolas poteva vedere… nemmeno lui lo sapeva. Sapeva solo che.. che quel desiderio che tanto aveva cercato di reprimere si era risvegliato. Ora più che mai sentiva il sangue bruciare nelle vene, il cuore accelerava i battiti.. aveva Aragorn così vicino… così…

-I merne le.. Legolas… er ten moore… (ti voglio, Legolas.. solo per una notte…)

-Aragorn… le koita amba nate ta i kaure… (Aragorn… hai svegliato dentro me cose che temo…)

-U ‘osto han…(non temerle…)

E così dicendo Aragorn si sedette meglio sulla sedia, le gambe leggermente divaricate, osservando Legolas con uno sguardo estremamente eloquente.

-Tulya sinome… (vieni qui…)

gli sussurrò a voce bassa. Un tono sensuale, invitante, caldo… Legolas non sapeva come fare.. era esattamente avanti ad Aragorn.. la situazione stava in mano a lui… Poteva andarsene e reprimere per sempre ciò che sentiva, o avvicinarsi e lasciare che fosse il desiderio ad avere la meglio, dare retta, per una volta, al proprio corpo.. a quello che la carne voleva… Non sapeva cosa scegliere.. avrebbe voluto.. così tanto… Amarlo ed essere riamato, le sue mani su di lui… il desiderio, la passione…

Aragorn non intendeva attendere. Si sporse velocemente in avanti, afferrando con forza i polsi di Legolas e tirandolo su di sé. Successe esattamente tutto quello che ambedue avevano desiderato. Legolas, colto di sorpresa, cadde in avanti, addosso ad Aragorn, le gambe divaricate intrappolarono quelle del Ramingo e Legolas poggiò le mani alla spalliera della sedia per non sbattere contro di lui. Stava seduto sopra di lui, ansante per la sorpresa, quasi scottato dai gesti e dai respiri dell’amico che gli cinse i fianchi con le braccia, avvicinandolo a sé con prepotenza.

-Sinome le na… (eccoti qui…)

Il respiro di Aragorn lambiva sensualmente le labbra di Legolas, che non badò alle sue parole. Voleva solo lasciarsi andare, smetterla di contenersi…

Mosse lentamente le mani dalla spalliera della sedia alle spalle di Aragorn, gli slacciò il mantello al collo e lo fece scivolare via. Lentamente, gli accarezzò il collo, salendo verso gli zigomi, le guance… poggiò il pollice dietro le orecchie di Aragorn, il resto della mano sul collo caldo… Lo tirò a sé incontrando le sue labbra calde in un bacio.. il loro primo bacio… Lambì le labbra di Aragorn una, due volte… l’uomo era impaziente di ottenere ciò che voleva… le labbra si rincorsero ancora, tanto che la lingua di Aragorn sfiorò il labbro superiore dell’Elfo .. cercò di muovere le mani per arrivare a spingere Legolas contro di sé, ma venne colto di sorpresa quando avvertì la lingua di Legolas contro la propria, veloce e desiderosa di possedere ogni angolo della sua bocca. Rimase senza fiato, cercando di fare la sua parte spingendo il bassoventre di Legolas contro il proprio. L’elfo si staccò da lui buttando la testa oltre la sua spalla, il respiro veloce mentre sentiva la passione di Aragorn premere contro di lui, sovrastarlo, eccitarlo ancora di più, annegarlo…

-Limbe tie i olor ta… (Molte volte ho sognato questo…)

ansimò cercando di trovare un equilibrio impossibile tra passione e ragione. Aragorn non ribatté, stava anche lui con le labbra semichiuse, premendo Legolas con maggiore forza, ancora e ancora…ansimante, cercava sempre maggiore contatto, quasi a voler entrare dentro Legolas, voleva…

Iniziò a cercare i nodi dei calzoni per spogliarlo…non sapeva come sarebbe stato… averlo, godere di lui, prendere possesso di quel corpo così ben scolpito …portarlo a quel momento in cui avrebbe sentito il petto di lui inarcarsi sotto i suoi tocchi, le mani l’avrebbero stretto spasmodicamente, ansante, grondante desiderio, mentre gli avrebbe urlato di smettere incitandolo a fare il contrario.Doveva averlo, quella creatura così rara, diversa da lui quanto bastava per affascinarlo e farlo scivolare tra le pieghe del suo mistero.. doveva essere sua.

Legolas si irrigidì nel sentire le mani di Aragorn su di sé che gli slacciavano la cintura di cuoio, ma non era ancora giunto il tempo…

Gli prese le mani, guardandolo intensamente negli occhi, e portò le sue dita sopra i lacci della casacca. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra sottili sentendola scivolargli giù dalle spalle. Aragorn si sporse in avanti a baciare il petto dell’elfo, assaporando la sua pelle liscia e salendo lentamente verso il collo. I respiri di Legolas erano sempre più veloci; Aragorn gli sollevò con foga il mento per arrivare all’attaccatura del collo e ancora su, fino all’orecchio, desideroso di avere sempre di più. Aragorn scivolò lentamente giù dalla sedia, facendo in modo che Legolas si stendesse su uno dei tanti tappeti di porpora che ricoprivano il tappeto. Quello si lasciò far manovrare, poggiando la schiena a terra con un “Oh” sommesso e tenendo le sue mani salde sulle spalle dell’uomo, che si distese sopra di lui, intrappolandogli le gambe tra le sue.

Legolas gli slacciò la casacca , ma le sue mani puntavano verso l’ombelico… premette leggermente sé stesso contro di lui, iniziando a slacciargli i vari nodi di cuoio dei calzoni. Come Aragorn sentì le mani dell’Elfo su di sé, lo avvicinò con forza intrappolandolo in un bacio, lasciando che le mani gli scendessero di nuovo sulla sua schiena, sempre più in basso, ordinando quel dolce movimento del quale sentiva bisogno. Legolas non se lo fece ripetere due volte, assecondando i desideri di Aragorn, che buttò la testa all’indietro cercando di urlare qualcosa, ma le parole non gli uscirono di bocca, soffocate dall’ondata di piacere che lo stava travolgendo.

Troppo, tutto ciò che accadeva lo stava sovrastando, desiderio di lui… lo premette ancora su di sé, le mani dell’Elfo abilmente avevano slacciato i calzoni “complicati” dell’uomo, prendendo possesso del suo corpo. Come per ripicca, anche Aragorn s’impossessò di Legolas, facendogli scivolare i pantaloni verso il basso e premendolo contro di sé.

L’Elfo fu colto quasi di sorpresa e rimase di stucco, ansante sotto il tocco deciso e sensuale di Aragorn. Avrebbe voluto parlare, gemere, ma dalle labbra gli uscirono solo ansiti, convulsi e accavallati. Allargò le gambe deciso a carpire tutto il piacere possibile, quasi a volersi fondere con Aragorn, dargli il maggior spazio possibile, donargli se stesso….

Iniziò a spingersi contro di lui quasi ritmicamente, ogni movimento accompagnato con un respiro fondo da parte di ambedue.

Legolas inarcò la schiena all’indietro, chiudendo le labbra di Aragorn con le proprie, continuando a muoversi, incontrando passionalmente la lingua dell’uomo, succhiandola sensualmente come fosse cosa normale, finalmente libero di darsi a colui che da tempo lo tormentava dolcemente.

Ad un tratto, il corpo dell’elfo s’irrigidì in uno spasimo beatamente piacevole, e allora tutti i gemiti che aveva trattenuto uscirono dalle sue labbra prepotentemente, mentre ancora continuava a scivolare sul bacino dell’uomo, colto dalla passione a sua volta, nettamente alla sprovvista ma ancora assetato di compiacenza.

Legolas si spinse con più foga contro Aragorn, mentre il suo corpo lo pregava di smettere e allo stesso tempo di ricevere di più.Con un gesto deciso, prese Aragorn di peso e lo scostò a lato, per poi stendersi sopra di lui, accarezzandone le labbra con un dito e continuando a muoversi lentamente. Sentiva che, se solo si fosse fermato, il desiderio l’avrebbe tormentato con violenza ed ora.. lui aveva Aragorn… poteva sentirlo… i loro desideri si incontravano e lottavano l’uno contro l’altro per essere padroni di quell’attimo…

Aragorn afferrò saldamente l’amante, per paura di venire travolto da quel piacere così dirompente…

-Ah.. Legolas… hauta le… I (fermati, io….)

e cercò di stringergli i polsi con le mani, ma il suo corpo estasiato non volle rispondere al comando…

-Lau, uu sin I arwa le… ar… le arwa-n-In… (No, non ora che ti ho… e… che tu hai me…)

-Nan uuner… ten otheri.... (Qualcuno… potrebbe sentirci…)

-Karne uerir ten otheri… U ‘osto ta… I varya le… eh…. (Lascia che ci sentano.. non temere… ti proteggerò io….)

ansimò Legolas movendosi con forza contro Aragorn.

-Lasta-n-In…. Ta na mare…. uume lanta… minna milme… (Ascoltami… è meglio… non cadere.. nel desiderio…)

-I talant… ar le o-n-In (Sono caduto…. E tu con me…)

E così dicendo Legolas trascinò ancora Aragorn nel baratro dell’estasi, talmente profondo che parve quasi non poterne più uscire… Era così piacevole, il contatto, tanto a lungo desiderato che nessuno dei due avrebbe voluto smettere.

-Na otheri… um y vanima nat? (Stiamo facendo.. la cosa giusta?)

Chiese l’uomo non tanto perché se lo domandasse davvero, ma perché trovava che la voce dell’Elfo fosse così sensualmente invitante da ascoltare… gli avrebbe fatto dire qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora parlare Elfico. Quella lingua, quella creatura… tutto così perfetto…

-I uu-minda… (Non m’importa…)

gemette Legolas ancora eccitato, ma rallentandosi e fermandosi, infine, a fissare l’amico. I capelli del ragazzo si erano sciolti dalle due trecce che portava strette dietro la nuca per fissare la chioma bionda, ed ora qualche ciuffo stava incollato alla sua guancia imperlata di sudore. Era più bello così.

-Le na iirima, iire uu ve sina… y aratar (Sei desiderabile, quando fai così .. l’esaltato…)

Legolas alzò un sopracciglio in un’espressione interrogativa, di chi non ha capito se fosse un complimento o un’esortazione a fermarsi. Peccato. Se così era. Perché aveva iniziato a piacergli, quel contatto con Aragorn. Magari sbagliato, magari contro natura… ma bello comunque. Decise ch’era giunto il tempo di fermarsi. Scivolò lentamente da sopra Aragorn e si riallacciò con cura i calzoni, voltandogli le spalle. Si passò amabilmente una mano tra i capelli, riordinandoli in una coda di cavallo sebbene qualche ciuffo ancora volasse qua e là.

Fremette quando una mano di Aragorn gli accarezzò le spalle, mentre il corpo dell’uomo si avvicinò da dietro di lui.

-Chiudi gli occhi….

Gli sussurrò misterioso e Legolas obbedì mestamente, sentendo qualcosa di freddo intorno al collo, pendente sul petto. Quando riaprì gli occhi e si guardò, vide Evenstar, splendente e fredda sulla sua pelle.

Aragorn… perché… lo doni a me?

Legolas si girò verso l’uomo con fare quasi offeso… non sapeva perché, ma avere quel gioiello al collo non lo rendeva particolarmente orgoglioso in quell’attimo.

-Perché….?-

chiese immergendo i suoi occhi in quelli dell’amico. Aveva un’aria tutt’altro che gioiosa o innamorata.

-E’ un dono…-

rispose Aragorn con voce fonda e quasi nostalgica dei momenti precedenti.

-Credi… credi così di appagare la tua immaginazione sostituendo me ad Arwen?-

non era sua iniziale idea il pronunciare quelle parole,ma le malandrine gli uscirono di bocca con violenza, avventandosi contro la dolcezza di Aragorn. Questi rimase con un palmo di naso, amareggiato dalla reazione di Legolas.

-Non era mia intenzione farti pensare questo… Comunque la mia risposta è no. Non sento il bisogno di Arwen.-

 e si avvicinò a Legolas, allungando una mano ed accarezzandogli una guancia dolcemente, per poi scendere sul collo ed arrivare a lambire con le dita il petto ben scolpito dell’elfo.

-Sento solo il bisogno di te…-

aggiunse sommessamente ad un orecchio di Legolas, appoggiandosi a lui in una specie di abbraccio. Il cuore di Legolas accellerò i battiti, e cinse le spalle dell’uomo con le braccia.

-Scusa…. I er arwa yeet ilya I turnna minna In… wendele I na o le… ( devo ancora vedere dentro il mio profondo.. specialmente quando sono con te….)

Aragorn sorrise, soffiando leggermente contro il collo dell’elfo per fargli il solletico. Quello lo spinse via maliziosamente e lo guardò con quei suoi begli occhi azzurro mare.

-Lo terrai?-

chiese Aragorn con tono un po’ apprensivo. Legolas ridacchiò scotendo leggermente le spalle e andando a recuperare la casacca. Se ne infilò una manica, poi si voltò verso l’uomo e rispose sorridendo con una voce dolce quanto la risacca delle onde sulla spiaggia:

- Tenn’ Ambar-metta… ar limbe tar…! (Fino alla fine del mondo… e molto oltre!)

Aragorn sorrise e afferrò la casacca che Legolas, oramai completamente vestito, gli porgeva. Seguì un lungo momento di silenzio… imbarazzante… Ad un tratto, ambedue presero il fiato per parlare, ma si dissero solamente “Prima tu” all’unisono.

-Perché l’abbiamo fatto, Aragorn?-

chiese Legolas abbandonandosi sulla sedia. Aragorn rimase per un attimo a bocca aperta, convinto di avere le parole adatte, ma accorgendosi di non averle affatto. Legolas chinò la testa, piegandola su una spalla e fissando lo sguardo in un punto imprecisato della parete lui opposta. Le sue labbra si mossero per un poco senza emettere suono, poi sussurrò qualcosa:

-….desiderio….attrazione…passione….-

-… Amore?-

gli chiese Aragorn seriamente. Legolas alzò la testa fissandolo.

-… amore….-

ripeté a sua volta come a voler imparare quella parola così corta ma cosi irta di significati diversi.

-Era la mia risposta.-

sentenziò Aragorn. Legolas continuava a ripeterla tra sé e sé, assorto in chissà quali congetture.

-La tua risposta… è una domanda?-

Aragorn non seppe cosa rispondere e stette in silenzio. Allorché, Legolas si mise a bisbigliare, come se stesse parlando con se stesso, come se stesse ripetendo le nozioni imparate per un’interrogazione.

-Amore… mi è così difficile capire eppure esiste… per te, e tu per me… Amore…. Da tanto, ormai mi chiedevo se mai noi avessimo potuto… e mi ritrovo qui… tu ed io, prima… e anche adesso la mia mente sta a lambire quelle tue labbra… Amore… può davvero essere?-

e così pensando prese a giocherellare con Evenstar, sempre assorto. Poi, come d’incanto si ridestò dai suoi pensieri e si rivolse ad Aragorn con lo sguardo più terso e sincero ch’egli avesse mai visto:

-Ti… amo,Aragorn.-

e sorrise, illuminando il volto di una luce ammaliante e splendida. L’uomo rimase a bocca aperta per l’ovvietà e la meraviglia di quelle parole che da tanto il suo cuore pulsante anelava…

-Sì, Ti amo. Sono deciso. Se è vero che l’amore comprende la passione,il desiderio… e l’amicizia profonda, il rispetto e la dedizione… allora… Credo proprio di amarti .-

Aragorn non credette a quelle parole. Era così bello sentirgliele dire… finalmente… Gli si avvicinò e s’inginocchiò davanti a lui.

-Ripetilo… dillo ancora….-

L’elfo sorrise dolcemente e si piegò, scese dalla seggiola e s’inginocchiò di fronte all’uomo.

-Ti amo-

ridacchiò come se stesse giocando ed afferrò il viso di Aragorn, fissando prima i suoi occhi di ghiaccio, poi la sua bocca…

-Ti amo…-

e premette con forza le labbra contro quelle dell’uomo, di nuovo spinto dal desiderio verso di lui, dolcezza infinita e passione bruciante, finalmente libero d’annegare in quel mare sensuale.

Rimasero, poi, a lungo seduti, le spalle appoggiate alla parete, l’uno accanto all’altro, ogni tanto voltando la testa e scoppiando in una risata gustosa e cristallina.

Ad un tratto,Legolas s’alzò e si diresse verso la pesante porta di legno.

-Dove te ne vai?-

chiese Aragorn con un tono quasi preoccupato.  Stavano tanto bene lì, insieme..perché andarsene? E poi, dove?

-Sono stato al chiuso troppo, Aragorn. Sai come sono fatto.-

-Già- asserì – Non riesci mai a stare a lungo in un posto con le pareti! Non riesci a stare fermo a lungo. Il tuo animo è nomade. -

poi si alzò a sua volta e si avvicinò a lui, deciso a seguirlo.

-Ti succede anche con le persone, Legolas?-

l’elfo lo guardò profondamente, nella mente riaffiorava quel ricordo di tempo prima.. troppo doloroso eppure ancora vivo…

-No, Aragorn. Se giuro di amare una persona, lo faccio per sempre.-

Aragorn gli diede un bacio veloce sulle labbra ed uscì dal portone. Legolas rimase sull’uscio ancora un poco, esitante, carezzandosi il labbro con il pollice.

Infatti… io non l’ ho detto ma… c’è stato qualcun altro prima di te… molto prima… ma io… ti amo…

Si scosse e si avviò dietro Aragorn. Poteva sentirli, i guerrieri, vociare fuori del palazzo, già intenti nei preparativi, a caricare i loro cavalli di sacchi e bisacce. Le donne del villaggio riunivano in ceste le poche provviste e i bambini davano una mano.

Sarebbe stata guerra.