.|. Tourniquet .|.
1. Anlaime
(Arazzi) ~
C’era sempre vento.
Sempre.
Rohan era stata eretta
sopra una collina brulla, l‘erba gialla spuntava qua e là e sembrava
creasse un sentiero. Tutta la landa in mezzo alla quale sorgeva Rohan
era così. Gialla ed infinita, se non fosse stato per quelle due montagne
che la racchiudevano ad ovest ed est. Ogni giorno, il sole accarezzava
la cima della montagna ad est e la svegliava col sussurro del vento.
Vento da est, vento di speranza. Partiva dalla cima di quella montagna,
volando leggero e silenzioso, sibilando a bassa voce, poi prendeva la
rincorsa e ne percorreva i fianchi, accarezzandoli con una trasparente
gentilezza, correva, rimbalzava e giù! Tuonava ed urlava come un
adolescente che brandisce la sua prima spada di legno per giocare.
Prendeva la corsa e saltava dalla montagna. Si trovava davanti quell’immenso
campo giallastro e si sentiva libero. Soffiava, turbinava, cantava e
strillava gioioso, sollevando la terra arida come sabbia e facendola
turbinare in mille mulinelli dorati. Ma Rohan non tremava né vacillava.
Aveva piantato le sue salde radici di legno e pietra nella dura terra e
ne succhiava la vita, tenendosi stretta quasi disperatamente per paura
di volare via e di rimanere un vago ricordo.. come il nitrito di un
cavallo disperso nel vento.
Un vento
magico,mistico… nitrente e garrente, galoppante e selvaggio, che
scompigliava le code e le criniere dei cavalli ruminanti nelle stalle.
La collina
proteggeva la città, e la città copriva la collina come un mantello. Si
sostenevano a vicenda, proteggendosi dal vento un po’ brillo. Un vento
ubriaco che proveniva da Lorien e dai suoi alberi d’argento, s’inebriava
e riempiva di canti elfici e del dolce profumo delle foglie e dei fiori
del Niphrodel. Poi scendeva nella foresta di Fangorn, e lì s’insinuava
scherzoso tra i rami delle piante antiche. Passava le montagne
scavalcando Isengard come se la torre di Orthanc fosse alta quanto uno
stuzzicadenti. Si spandeva nell’ Enedwaith ebbro del profumo di foglie
delle foreste attraversate e fresco della neve del passo del Nan Curunir.
Allora sembrava tornasse indietro, costeggiando gli Ered Nimiras, li
carezzava dolcemente, osservandoli con occhi innamorati. Si riposava
sulle cime degli Halfirien e poi arrivava, finalmente, ad Edoras e la
colpiva in pieno.
Carico di
profumi, di sensazioni, di ricordi… di desideri.
Tutti questi
fantasmi di persone passate, anime intrappolate tra in capelli del
vento, accarezzavano dolcemente la pelle di un elfo, seduto sul bordo
della scalinata del bellissimo palazzo d’oro di Medusel. I capelli
biondi erano intrappolati in una coda, legata con un laccio azzurro, ma
nonostante questo qualche ciocca cercava di librarsi in volo, bionda e
chiara come la piuma di un angelo. Il vento, accanto a lui,sembrava
quasi si fermasse, lo accarezzasse dolcemente, sfiorandone gli zigomi e
guardandolo con occhi desiderosi. Desiderosi di immergersi in quella
pelle profumata, che sapeva di vaniglia e miele, che sapeva di libertà e
di ribellione.
Legolas leggeva,
o meglio, cercava di farlo, perché quel vento birichino voleva derubarlo
del foglio sottile, per guardarlo e farlo ammirare alla terra,
sventolandolo qua e là come fosse un trofeo.
No, Legolas non
sarebbe rientrato nel palazzo. Mai. Nemmeno se il vento lo avesse
malignamente spinto giù dalla gradinata alta e solida, nemmeno se il
vento stesso avesse iniziato a colpirlo e graffiarlo.
Non lo
sopportava, il palazzo. Era più forte di lui. Quella solida struttura di
pietra e legno lo opprimeva. Anche se il sole stava alto in mezzo a quel
cielo terso dalle nuvole, dentro Medusel regnava il buio. L’ombra
stendeva maligna le sue mani dentro ogni stanza, poggiava le
scheletriche dita sulle spalle coperte degli abitanti e ne gelava il
respiro, che si evolveva in tante nuvolette. L’oscurità si era accorta
dell’elfo, quell’unica volta ch’egli era entrato per salutare Re
Theoden. L’aveva notato, si era svegliata dal suo sonno e si era
avvicinata, sensuale e sinuosa come il vento stesso che cavalcava.
Ma lui si era
protetto. Si era avvicinato a Gandalf e l’ombra aveva temuto quel
vestito lindo e liscio. Ma l’ombra lo desiderava. Voleva attanagliarlo,
voleva strozzarlo e voleva impedirgli di illuminare ogni cosa solo col
suo sguardo color del cielo.
Non si era
avvicinato ad Aragorn.
No, non ce
l’aveva fatta. Già un’altra stava accanto a lui. Eowyn di Rohan, la
nipote di Theoden. Legolas non la temeva, ma la sentiva fredda, gelida
dentro. Una donna vuota. Svuotata da anni di disperazione. Bella, certo,
ma fredda e solitaria, pungente, distaccata…
Aragorn, invece..
come lo ricordava bene. Caldo, quel calore dell’onore, quel calore che
ribolliva nelle vene degli uomini, che tanto si scaldavano per la loro
vita tanto breve… Lo aveva sfiorato varie volte, e aveva sentito..
qualcosa. Non sapeva bene cosa. Aveva sentito il cuore accelerare i
battiti,veloci e tamburellanti, impazienti. Le mani si rendevano umide,
la gola secca.. lo sguardo provava ad intingersi in quello chiaro di
Aragorn… Il Re.
Il re.. di Gondor.
Legolas alzò lo sguardo dal foglio e perse gli occhi nella landa brulla
e desolata che avvolgeva Rohan. La sua mente camminò lungo gli Anorien,
scavalcò il monte Mindolluin e restò impigliata tra i rami dell’ Albero
Bianco. Vide Aragorn… vestito di nero. Una splendida corona poggiata
delicatamente sulle sue tempie, che gli stringeva i capelli scuri e
morbidi, in mille onde castane. Camminava lento e maestoso per il bianco
giardino di pietra. Bello, splendente, guardava il suo regno prosperoso
e ascoltava il chiaro suono di trombe che il vento gli portava in dono.
Legolas schiuse
le labbra, si rilassò completamente e il suo corpo si fece coccolare dal
vento. Vedeva Aragorn, e tutto gli bastava, voleva tenere quella visione
davanti a sé per sempre… Poi, dalla nera porta d’ebano del palazzo,
usciva una figura femminile, avvolta in un abito bianco e svolazzante
alla brezza leggera, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia.
Teneva per mano un bambino, piccolo, che faceva fatica ad arrivare alla
mano della propria madre.
-Arwen… Undomiel….-
mormorò Legolas,
la voce gli tremava… gli occhi gli si annebbiarono di lacrime… sentiva
come se volesse affogare lì, nel proprio pianto… Arwen… e… Eldarion….e…
-Aragorn…-
la voce uscì
dalle labbra di Legolas come un gemito,quasi un’implorazione, un tacito
richiamo che gli affiorò sulla bocca sottile. Piangente desiderio
impossibile.
-Aníron le
Aragorn…-
una lacrima gli corse
incontro, andando a morirgli sulle labbra. Leggermente salata, ma allo
stesso tempo tanto amara, amara e pulsante come quella ferita, quello
squarcio che Legolas si sentiva dentro. Gliel’aveva aperto Aragorn col
suo sguardo… quella notte… a Fangorn…
Prima di quella,
Legolas sentiva semplicemente un rosicare nel fianco, ogni volta che
guardava Aragorn. Il rosicare si intensificava al suo tocco,
s’ingrandiva e lo divorava… era passeggero…
Ora no. Ora era
perenne. Ora il corpo di Legolas fremeva ad ogni carezza del vento,
perché tanto desiderava che fossero le mani del Re; ogni volta che udiva
un sussurro, il cuore gli saltava in gola perché tanto desiderava fosse
il suo Re a sussurrargli all’orecchio.
Era strano,
questo suo comportamento. Quando era giunto a cavallo a Granburrone, non
si aspettava che tutto ciò sarebbe successo. Non credeva nemmeno che
sarebbe stata unita una Compagnia. Prima era silenzioso, deciso, non
faceva mai trasparire un sentimento sul suo volto. I suoi occhi erano
azzurri e limpidi, come un lago tranquillo. Ora, ad ogni minimo alito di
vento, il lago s’increspava di onde, e lui non riusciva a trattenersi..
gli tremava il respiro in gola, desiderava scomparire, diventare albero,
tramutarsi in pianta e non fremere mai più se non per i baci del sole.
Conosceva Aragorn
da lungo tempo, ma non gli si era mai avvicinato troppo.
Solo.. una notte…
quando Aragorn aveva a malapena trent’anni…
Legolas accarezzò
con tenerezza il suo ricordo. Lo conservava da anni nel suo cuore, come
una gemma dal sapore del polline.
Da quella notte,
l’amicizia aveva stretto intorno a loro due le sue funi di corda dorata
e loro non avevano mai fatto nulla per sfibrarle.
Si trovavano
allegri nelle notti d’estate, nei giardini illuminati di Granburrone.
Aragorn esagerava sempre con il sidro, e toccava a Legolas riportarlo (o
meglio, trascinarlo) fino nella sua stanza, caricandoselo sulle spalle.
Legolas sbuffò un
sorriso e si asciugò una lacrima con un dito.
Dentro di lui
avvenne tutto in un attimo. Si accese una fiamma.
-I le moka!
Sibilò a labbra
strette.
-Ti odio….
Lo ripeté ancora,
se lo disse dentro, lasciando che quelle due parole rimbombassero col
frastuono della tempesta, che lo sconvolgessero e scacciassero via ogni
desiderio. Lo odiava. Ma lo desiderava.
Lo odiava proprio
perché lo desiderava. Non poteva averlo e lo odiava. Non poteva essere
felice, ed era tutta colpa sua.
“laume anta lyaa indo an
weo, Legolas… Mai dare il tuo cuore ad un umano, Legolas. Non farà altro
che dividerti. Ti spezzerà in due parti, ti scorderai chi sei…
Lo amerai e lo
odierai perché lo vuoi… ma non potrai averlo. Non farti divorare dal
questo desiderio impossibile… enyala sina…
estelio mii
sina…ricorda questo.. credi in questo…”
Galadriel aveva ragione.
Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Non poteva più
ritirarsi… sia l’odio che il desiderio erano così brucianti dentro di
lui.. sembrava volessero farlo esplodere, pulsavano ogni notte nei suoi
sogni agitati, lo tormentavano e gli giocavano brutti scherzi.. era
disattento, desideroso di guerra.
Oh, sì…..
Solo la guerra sembrava
dargli sollievo. Metter mano all’arco, sentire il legno contro la
propria pelle.. accarezzare la freccia, tenerla con due dita… Solo
l’arco gli dava sollievo. Incoccava la freccia con la stessa delicatezza
con la quale voleva accarezzare Aragorn.. e la scagliava con tutto
l’odio che aveva in corpo; scaricava la fiele dentro quell’anima sottile
di legno e la guardava volar via, godeva dei gemiti che procurava e
catturava l’ultimo respiro che portava ad esalare. Si sentiva crudele.
Si sentiva spietato. Il suo corpo si adattava alla guerra, ne esprimeva
il bisogno.. eccitazione di sentire urla agguerrite, bramosia del caldo
del sangue…
-Man
na i umy? I lantane… minna morie…. Minna nuurhuine… (Cosa sto
facendo? Sto cadendo.. nell’ombra, nell’ombra della morte…)
Morte… quelle
cinque lettere sembravano così dolci in quel momento… l’ombra, il
freddo…il niente…
Si alzò in piedi
e aprì le mani, allargando le braccia e buttando la testa all’indietro.
Sciolse i capelli e si sentì libero. Le mani dell’aria lo abbracciavano
e lo accarezzavano, il fresco della mattina lo baciò dolcemente e
spasmodicamente, come si fa con un fratello appena ritrovato. Il foglio
gli volò via dalla mano e si librò seguendo il vento che lo leggeva e
strapazzava.
Inspirò
profondamente. Si sentiva bene, si sentiva felice. Avrebbe potuto
pregare i Valar… e lo fece. Pregò come solo gli Elfi sanno fare, aprendo
i propri pensieri alle stelle, cercando di urlarli così forte perché i
Signori delle loro Aule li sentissero, gridando sempre più forte… i
respiri quasi una canzone, il corpo di Legolas sembrava scomparisse,
portato via dal vento mentre stringeva gli occhi e cercava di urlare…
“Lasciatemi qui.. per
sempre… tramutatemi in colui che può sentire il vento per l’eternità…
lasciatemi qui. Fatemi vivere senza pensiero, fatemi vivere senza… di….”
Non ne ebbe il coraggio.
Non volle nemmeno pensare quel nome… Aragorn… Se l’avesse pronunciato il
Desiderio si sarebbe svegliato dal suo debole sonno e l’avrebbe
attanagliato. Però cambiò il suo canto, cambiò preghiera… il Desiderio
si era risvegliato e fingeva di cantare, invece bruciava.
Datelo a me… Per
scalare l’Erebor mi ci vuole un giro di sole… perché per avere lui mi ci
vuole la vita? E’ la mia vita che volete? Prendetela ora!”
Lo urlò dentro sé
stesso, chiamando i Valar a gran voce, anelando una risposta come
anelava l’aria. Stava lì, a braccia aperte, respirando la sua libertà
passeggera…
-Legolas…..?-
L’elfo trasalì, il suo
viso già latteo si fece ancora più bianco,mentre le guance si tinsero di
un rosso intenso…. Immaginò di vedere sé stesso con gli occhi del
ramingo che era appena spuntato da dietro le sue spalle. Stava lì, a
braccia aperte, in piedi col viso rivolto verso il cielo e il corpo
accarezzato da quel vento così strano… Lentamente, Legolas abbassò le
braccia e le rimise lungo i fianchi, disciolse i muscoli delle gambe e
aprì gli occhi girando la testa.
Oh, Valar…. Legolas…
perché diamine sono venuto a cercarti? Sono confuso e tu non fai altro
che disorientarmi…
Pensò Aragorn non appena
lo vide. Si sentiva così invischiato nella sua umiltà di mortale…
Inferiore ad una creatura così bella… bella al punto di volerla avere
solo per sé, di volerla stringere spasmodicamente, o semplicemente di
volerla…
Legolas si raccolse i
capelli nel suo laccio azzurro e sorrise dolcemente.
Aragorn si incantò nel
guardarlo. Solo Legolas era capace di donare agli occhi dell’Uomo quel
sorriso.. sereno e luminoso, come un sole che spuntava assonnato dalla
linea dell’orizzonte. Dolce quanto l’acqua fresca la mattina, che scava
nel tuo sonno chiuso e ti apre alla giornata. Bello… quasi soffuso in
ogni dove, come il rumore dell’onda spumosa, morbido quanto il tocco
dell’erba.
Mi sento egoista,
guardandoti… e disperato.
Non ti avrò mai…
-Umy le maure aenat?
(hai bisogno di qualcosa?)
-Er lyaa ooma… lyaa maur…
(solo del tuo aiuto, della tua
presenza.)
Legolas sorrise ancora.
Gli piaceva sentirsi utile. Soprattutto con Aragorn.
-So che ti disorienta..
ma preferirei che tu mi seguissi dentro il palazzo.
Disse Aragorn
timidamente, schiarendosi la voce a metà frase. Il viso di Legolas
cambiò repentinamente: scomparse il bel rossore che aveva sulle guance,
e la sua pelle si fece bianca, quasi cerulea, mentre spalancava gli
occhi, intrisi di terrore.
I respiri di Legolas si
fecero più veloci, spaventati, e Aragorn s’accorse che l’Elfo stava
stringendo forte i pugni.
-…Cosa ti spaventa…. Di
Medusel?…-
-Nulla. Fammi strada…-
si decise l’Elfo. Le
paure vanno combattute, ed un guerriero che si rispetti non deve avere
assolutamente alcun timore. Doveva ridere anche in faccia alla morte. E
Legolas sentiva che, dentro Medusel, gli sarebbe accaduta qualcosa… ma
non sapeva cosa.
Aragorn annuì lentamente
e gli volse le spalle.
Mi spiace… so che..
ti fa male. Ma io ho bisogno di te. E non posso starmene fuori..
vederti… dove tu vuoi. Devo rinchiuderti, o finirò con l’…… innamorarmi
di te…
Devo costringerti a
racchiudere il tuo essere, non entrare dentro di me, ti prego…
Non odiarmi, amico
mio. O finirò con l’amarti.
Entrarono nella sala
grande, dove una finestra sopra al trono del Re gettava una luce
fantasma, soave e leggera, ma spaurita dentro la sua costituzione
pallida, intimorita dalle solide mura di pietra e legno intagliato.
Aragorn fece per proseguire, ma sentì i passi di Legolas fermarsi al
centro del salone.
-Aragorn…. Ti prego… non
andiamo oltre…-
gemette l’elfo. Un tono
spaventato si era insinuato nella sua voce. Tremava la voce stessa.
Anche Aragorn venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena, ma
non era a causa della poca luce. Amava il modo in cui Legolas
pronunciava il suo nome… “Aragorn… aaarraagooorrrrrn”. In bocca a lui,
quel nome non sembrava così maledetto, così inutile ed effimero, così
sporco come la sua dinastia, così rude per tutte quelle “erre” e
così…mortale.
Pronuncialo ancora…
dimmi come mi chiamo.. fammelo dimenticare e poi riscoprire…
Decise di fermarsi. Con
lo sguardo cercò due sgabelli, ma Legolas sembrava avere tutta
l’intenzione di starsene in piedi. Sentiva che se si fosse accomodato,
l’oscurità lo avrebbe fiutato e sarebbe accorsa a sussurrargli parole
sensuali all’orecchio.. l’avrebbe fatto stendere e controllato, derubato
del calore… Fu così che si ritrovarono uno avanti all’altro, Aragorn
seduto e Legolas in piedi, stretto su se stesso e attento, lo sguardo
color del cielo immerso in quello di ghiaccio del ramingo.
Sono contento che tu
mi abbia cercato. Perché altrimenti l’avrei fatto io… e non so se… sarei
riuscito a… restare freddo…
-Goston tan i pêl
minno i…. (Temo quello che sta
succedendo dentro me…)
-Cosa sta succedendo…
dentro te?-
mormorò Legolas un po’
vergognoso… con quelle parole “dentro te” gli sembrava di avere un
rapporto con Aragorn… entrare dentro di lui in una maniera che non aveva
mai pensato… un qualcosa di forte… di prorompente….
-Sono disorientato,
Legolas. Non conosco il mio destino, o meglio… non lo capisco. Se è vero
il fatto che dovrò guidare gli Uomini contro il Male.. allora perché mi
sento così… impotente? Se è vero che dovrò passare il resto dei miei
giorni con una corona in capo e.. Arwen Undomiel al mio fianco… Perché
non desidero nessuna delle due?-
A quelle ultime parole,
Aragorn affondò lo sguardo negli occhi di Legolas, quasi cercando di
trovare in essi una risposta… berla e sentirsi libero da quelle ombre
nella sua testa. Legolas fu attanagliato da un pensiero che gli sembrò
così morboso…
Non desideri Ancalima
Undomiel… ma allora nel tuo cuore chi dimora? Lady Eowyn? No…Chi porti
con te a letto, Aragorn? Chi cerchi nel tuo petto per consolarti?
Evenstar ora è solo un fardello? Potrei asciugare io le tue pene?
Potresti.. desiderarmi come anche io desidero te… o la mia è solo una
vana, uumea el? (vanesia stella)
-Io non…-
-Legolas, sto sentendo
qualcosa.. sto cambiando. E tu che sei un Eldar dovresti sentirlo… Sto
diventando freddo… insensibile…
-Non puoi dire questo.
Tu sei destinato…
-Destino?-
Saltò su Aragorn con
un’espressione quasi furiosa: il collo teso, gli occhi stretti.
-Cos’è il destino se non
un ulteriore peso sull’anima?
-Dici così solo perché
stai attraversando un brutto momento. Non lo credi. Lo so.
-Tu non sai nulla di me.
-Allora.. insegnati a
me. Spiegati. E solo in questa maniera potrò confortarti.
-Non cerco conforto.
-Cerchi risposte che non
posso darti. E mi sembri nervoso. La tua bocca non ha fatto altro che
emettere scempiaggini in questi pochi minuti. La tua mente è forse in
vacanza o in ritiro militare? Se ti chiedessi una qualsiasi cosa nella
quale tu usualmente credi, molto probabilmente non faresti altro che
stravolgerla, ora.-
Legolas parlava con un
tono pacato, cercando di mantenere la calma. Perché Aragorn si
comportava così? Cosa gli era successo? Non aveva mai parlato in quella
maniera.. così… distaccata, diffidente…
-Tu parli ma non
concludi, Legolas.
-Mi stai forse dando
dell’insoluto?
-Appellare è limitare.
Voi Elfi non avete confini.
E pronunciò l’ultima
frase quasi con derisione. Legolas si sentì molto ferito. Aragorn
sragionava, certo. Ma non aveva mai osato criticare la Stirpe dei
Luminosi. Mai.
-Cosa vuoi insinuare?
-Io non insinuo mai,
Legolas. Faccio accuse precise.
Legolas si sentì
ribollire. Il desiderio verso Aragorn, la stima, la dolcezza.. svanirono
tutte in un lampo. L’uomo si era trasformato e non era più il coraggioso
e onorevole ramingo di poche ore prima. Era ottuso, chiuso e
irriverente. Legolas avrebbe voluto urlargli in faccia non so quante
maledizioni, ammonimenti, voleva andarsene ma non ne sentiva la forza…
-Sto iniziando a non
credere più in niente.
-E l’arte?
-Una malattia.
-L’amore?
-Un peso e un’illusione.
-E L’ONORE? Quello in
cui credi? Ciò per cui combatti?
-Un surrogato della moda
della fede.
-Sei uno scettico.
-Per carità! Lo
scetticismo è il principio della fede.
-Dammi un filo da
seguire…
-I fili si spezzano e
potresti perderti nel labirinto.
-Mi inquieti, parliamo di
qualcos’altro…
La discussione si fece
sempre più animata, Legolas era indignato.. si sentiva bollire di
rabbia.. gli avrebbe volentieri portato le mani al collo e l’avrebbe
strozzato… Elbereth quanto lo odiava in quel momento..
-Voi Eldar credete
sempre di poter raggirare gli ostacoli. Non è così la vita.
-CHE NE SAI TU DELLA
VITA? Sono 2931 anni che tengo piede su questa terra ed ho sofferto pene
che tu nemmeno immagini. Non puoi permetterti di giudicare la stirpe che
ti ha allevato solo perché stai attraversando un momento di follia! Non
ho intenzione di ascoltare un bamboccio come te! I LE MOKA, ARAGORN! -
E fece per andarsene,
ubriaco di rabbia e trasudante odio per quel lato di quell’uomo che era
sempre stato così desiderabile… non lo riconosceva più ed aveva paura.
Paura di perdere quello che amava di più. Non erano tanto le parole del
compagno a ferirlo, quanto la loro durezza, la loro assenza di fede e
calore, la loro obliquità…
-ARRIVERà IL GIORNO-
urlò Aragorn in preda al furore –ARRIVERà IL GIORNO IN CUI MI GRAFFIERAI
LA SCHIENA URLANDO CHE NON CE LA FAI PIU’! Poi mi pregherai di andare
avanti ancora.. e ancora… e ansimerai…-
gli occhi gelidi di Aragorn lo
trafissero e Legolas si sentì come immobilizzato… il sangue gli
ribolliva nelle vene, non riusciva a controllarsi, avrebbe voluto
sentire il collo di Aragorn stringersi sotto le sue mani… farlo
smettere…
-COME OSI!-
e Legolas si avventò
contro di lui sguainando dalla cintola un pugnale affilato, ma quando
gli fu davanti, Aragorn lo bloccò, lui rallentò…
Vicini.. non si erano
mai trovati così vicini… la mano di Aragorn sembrava puntasse in altri
luoghi invece che alla schiena dell’elfo.. Si potevano specchiare l’uno
negli occhi dell’altro… i loro respiri carezzavano le loro labbra… come
lo desiderava.. l’odio stava andando a tramutarsi in desiderio…. Folle,
perverso, cattivo ed inevitabile.
Con un movimento
repentino, Legolas spinse la testa dell’amico all’indietro,
avvicinandosi pericolosamente al suo collo…
-SOLO i Valar sanno
quanto desidero.. tagliarti.. la gola, ora…
-FALLO.
Legolas guardò Aragorn e
rabbrividì. Quella parola, quella specie di comando sembrava venisse da
un contesto lontano.. sembrava spuntasse da i gemiti di un uomo in preda
alla passione e alla foga dell’amplesso… sembrava fosse un esortazione a
ricevere di più… al volere… pulsante… Legolas avvicinò il pugnale al
collo dell’amico… voleva fargli credere di esserne capace, ma il suo
corpo andava in un’altra direzione ben diversa.
Ad un tratto, le mani di
Aragorn scattarono verso il bacino dell’elfo e lo spinsero contro di sé.
Legolas riuscì a
trattenere un gemito misto tra sorpresa e soddisfazione.. non aveva mai
sentito il corpo di Aragorn così vicino… caldo… passionale… sentiva il
ramingo premere contro di lui… Accaldato e magnifico… Desiderava
continuare il contatto, restare stretto contro Aragorn per l’eternità…
avrebbe voluto sentirsi libero di muoversi contro di lui.. dire ad
Aragorn cosa davvero provava… vederlo dischiudere le labbra, sentire il
suo respiro… Le mani di Aragorn scivolarono verso il basso…
Quell’attimo così
intenso gli annebbiò la vista.
Un altro istante e non
si sarebbe più controllato… e avrebbe buttato Aragorn sulla tavola, lo
avrebbe soddisfatto davanti a tutti… Capì cosa lo spingeva verso
quell’uomo…
Non poteva restare lì…
il desiderio stava prendendo possesso del suo corpo e se Aragorn se ne
fosse accorto…? Si staccò con un gesto brusco, l’amaro in bocca… voleva
uscire da quel palazzo. Dannato, dannato!
Yesta i le, Aragorn..
naa i uume merne le... (Provo
desiderio per te, Aragorn... ma non posso averti…)
-Alla stanza degli
arazzi, Legolas. L’unica luminosa del castello. Nell’ala est. Se
veramente pensi ciò che hai detto, fatti trovare lì .-
Legolas fece finta di non ascoltarlo..
non VOLEVA ascoltarlo.. ancora la voce dell’uomo nella sua testa
rimbombava.. “fallo… fallo oh, Legolas fallo…”
lo schifava e lo gratificava allo stesso momento. Gli piaceva sentirla
dentro di sé… lo disturbava…
-Al calare del sole,
Legolas. –
Aragorn urlò ancora.
Sulle labbra del ramingo stava un sorriso che traspariva la sicurezza
dell’uomo sul fatto che l’Elfo sarebbe venuto.
So che ti spaventa…
ma devi sapere…
Legolas aveva sentito.
Oh, se aveva sentito. In un primo momento non se ne accorse, ma aveva le
guance bagnate di lacrime.
Lacrime di rabbia, di
tristezza, di gioia per aver scoperto che anche Aragorn… e se fosse
stato solo… Avrebbe fatto male a… Cosa sarebbe…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
Si portò le mani alla
testa, premendo i palmi sulle orecchie appuntite per non sentire nulla..
quella voce.. veniva da fuori o dentro di sé? Quella voce era vera o era
solo la sua perversa immaginazione a crearla? Una lacrima gli stava
scendendo dolcemente lungo il collo.
Uscì di filato dal
palazzo, ritrovando quel vento pazzo ad accoglierlo con mille soffi e
sbuffi freschi. Girò l’angolo dei gradoni del palazzo, camminando
sull’orlo. Chi l’avesse notato, certamente sarebbe stato col fiato
sospeso per paura di vederlo cadere, ma lui seguiva il suo bordo dritto.
Era un po’ come una maniera per calmarsi… spostare la mente sul fatto
che non doveva cadere. Si sedette su un angolo, a guardare quel lato di
Edoras che non aveva mai curato più di tanto. Il lato aperto, quello
sconfinante nella prateria stepposa di Rohan. Chiuse gli occhi e riprese
quel suo contatto con la natura. Gli faceva bene. Sentì il vento tornare
verso di lui, abbracciarlo e sollevarlo da terra… lo portò in volo. Lo
lasciò in piedi, al limitare dei confini della città, dove stava una
palizzata di legno massiccio… e basta. Non aveva fatto un viaggio poi
così lungo. Perché si era fermato proprio lì? Quel sole così guardingo
lo fissava dall’alto, come se volesse leggergli nella mente e
risvegliare quei pensieri…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
No… no… non doveva
tornare quella voce… aveva impiegato così tanto per farla andare via…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
Aveva bisogno di un
bosco. Gli alberi lo calmavano. Ogni volta che sedeva su un ramo
sembrava che l’intera struttura di foglie e legno si curvasse su di lui.
Le foglie gli accarezzavano le gote e l’ombra fresca della chioma lo
consolava. Quando le foglie frusciavano gli cantavano una dolce canzone
che solo lui poteva sentire.
Ad un tratto, girò il
viso, spaesato e… il ramingo gli stava accanto.
Poggiava la schiena ad
uno dei pali di legno, le mani incrociate e il viso basso, coperto da
una cascata di onde fluenti e castane. Muoveva il piede sinistro come se
volesse scavare una buca in quella terra arida.
-A.. a… Aragorn?
Sussurrò accorgendosi
che la voce gli mancava tremendamente. La mente era completamente
disconnessa… che diavolo ci faceva lui lì? Voleva tormentarlo ancora?
-Che… che ci fai tu…
qui?-
ma lui non rispose. Lo
fissava. In quegli occhi azzurri poteva leggere… qualcosa.. che lo
spaventava.
Desiderio.
Un brivido gli percorse
la schiena… non poteva essere.. cosa.. cosa gli stava accadendo? Aveva
scuramente le traveggole! Voleva andarsene quando…
Aragorn si sporse in
avanti e si avvicinò a Legolas, prendendolo per un braccio.. aveva le
mani calde…
-Scusami…
gli sussurrò dolcemente.
Poi allungò una mano sul viso dell’Elfo e gli carezzò una guancia.
Legolas sentì il cuore accelerare, batteva a mille, il sangue scorreva
veloce per le vene, le mani umide… Perché gli succedeva così? Perché
solo con Aragorn? L’uomo gli si avvicinò di più, si sporse in avanti.
Legolas doveva tenere lo sguardo fisso negli occhi di lui? Lentamente,
invece, abbassò gli occhi color cielo fino a giungere alle labbra
dell’uomo. Doveva distogliere lo sguardo, lo sapeva, ma non ci riusciva…
Sentì una mano di Aragorn carezzargli la coscia…fremette…si sporse
ancora di più, il respiro gli lambiva le labbra sensualmente. Fu un
momento velocissimo.
Aragorn si sporse in
avanti un’ultima volta, poggiando una mano sulla nuca di Legolas e
tirandolo a sé, intrappolandolo in un bacio. Prima a labbra chiuse…
Legolas non sapeva come comportarsi.. doveva lasciarsi andare? Cosa mai
sarebbe successo… il Ramingo gli bloccava il capo con una mano e gli
stringeva le spalle con l’altro braccio, avvolto intorno a lui come
un’ombra scura ed eccitante. Si staccò lentamente e lo fissò negli
occhi.. poi li abbassò a sua volta sulle labbra dell’elfo e sembrava
ricordasse quello che era appena successo.
-Aragorn… ma…
(Aragorn… che…)
- Auta o quette… toi maaraer…(Basta
parole, sono così inutili…)
lo fermò l’uomo
poggiandogli due dita sulle labbra. Quel bacio era stato… caldo, anzi
no, bollente, dolce, sensuale, dirompente, improvviso, inaspettato,
piacevole… Aragorn si passò distrattamente la lingua sul labbro
superiore. A quel gesto, Legolas si sentì attratto come non mai… quel
bacio.. tanto veloce… non bastava. L’elfo allungò una mano verso quel
viso così mascolino e lo tirò a sé, baciandolo ancora. Prima piano, le
labbra strette contro quelle del ramingo;poi le aprì dolcemente e lasciò
che la lingua scivolasse incontro a quella di Aragorn, che lo accolse
caldamente. Passionale, Legolas gli succhiò dolcemente la lingua e per
tutta risposta Aragorn abbassò ambedue le mani verso l’inguine
dell’elfo, gli aprì leggermente le gambe. Aragorn era eccitante al punto
che Legolas gli si sciolse addosso, gettandosi su di lui in balia di
quelle mani così calde, continuando a baciarlo come se fosse quella
l’unica fonte di respiro… L’uomo muoveva le labbra dolcemente, con lui,
su di lui e contro di lui, lo fece appoggiare contro uno dei pali e
sembrava lo volesse divorare. Legolas si aggrappò alla schiena del
ramingo, mentre quello spostava le labbra sul collo dell’elfo e cercava
di slacciargli la casacca… dopo qualche tentativo,le mani di Aragorn
lasciarono stare i bottoni e scivolarono sui fianchi di Legolas…più giù,
più indietro… premendolo con forza contro di sé.
Legolas stava lì a
labbra socchiuse, gli occhi serrati al pari delle sue mani sulle spalle
di Aragorn… non sapeva come… muoversi.. eppure gli sembrava tutto così
naturale…
Si lasciò possedere per
lunghi ed appaganti momenti, baciando ancora l’oggetto del suo
desiderio. Lo strinse ancora, si avvicinò e sentì Aragorn muoversi
contro di lui…
-En
tulka....Aragorn….a..ah…. (più forte)
il Ramingo sembrava
seguisse una via sua, usasse l’elfo come un oggetto… Lo guardava con
quei suoi occhi glaciali, dello stesso colore del cielo che vegliava
sulle cime del passo di Caradhras, lo baciava ancora… Quelle labbra
calde segnavano il loro percorso sul collo di Legolas, le mani di
ambedue avevano volontà propria.
Il corpo di Aragorn
premeva con forza contro quello dell’elfo, divorato
dall’eccitazione.Dalle labbra sottili di Legolas uscivano gemiti
soffocati che, ogni tanto, Aragorn bloccava con baci veloci. Legolas ne
voleva sempre di più, di più… Ancora ed ancora le loro labbra si
incontrarono, e Legolas voleva che quei baci durassero per l’eternità…
Aragorn tolse le braccia da addosso a Legolas e le poggiò sulla
palizzata, bloccando l’elfo solo col suo corpo.
- Veela u le usin…
(vediamo se scappi…)
-I
voror… um ta… (Non lo… farei
mai...)
ansimò Legolas mentre il
piacere di Aragorn lo travolgeva. Continuava a stringere spasmodicamente
le spalle dell’uomo per evitare che fosse lui a scappare.. e anche per
evitare di scivolare in basso… In basso, ci andarono le mani di Aragorn,
giù giù fino ai calzoni di Legolas. Slacciarono velocemente la cintura
di cuoio che cadde a terra con un tonfo, poi armeggiarono un poco coi
bottoni.
-Aragorn.. non… ah… non
qui…. A… ah….
-Il desiderio non
conosce luoghi…
Lo ammonì l’uomo
tappandogli le labbra con la propria lingua. Legolas preferì tacere e
continuare quel bacio, ma Aragorn stava nettamente esagerando…
-Aragorn.. mo… auta le….
Ara…. ( che.. fermati…)
ma non fece in tempo a
finire la frase che il piacere lo travolse di sorpresa nel sentire le
mani di Aragorn su di sé, chiuse gli occhi, buttando la testa
all’indietro fino ad appoggiarla al palo di legno gemendo sommessamente,
ansante e desideroso di rimanere così. Aragorn lo toccava ancora,
esattamente dove Legolas voleva, mentre le labbra percorrevano il suo
collo in ogni angolo possibile.
-Basta Aragorn..
smetti….
L’uomo lo guardò. Fisso…
quegli occhi sembravano quasi taglienti, qualche ciocca di capelli era
attaccata alla sua pelle e gli arrivava ad un angolo della bocca.
-Era forse un ordine?
Chiese sollevando le
labbra in un sorriso malizioso. Legolas si chiuse i calzoni. Gli
piaceva, ma era troppo.
-Sì.
E così dicendo si avventò contro
Aragorn, sorprendendolo col bacio più forte che si fossero mai
scambiati. Noncurante delle mani di Aragorn sui propri fianchi, premette
con violenza la lingua dentro la bocca di Aragorn, soffocando i suoi
gemiti di sorpresa e piacere. Aragorn rimase senza fiato, mentre la
lingua di Legolas esplorava prepotentemente la sua bocca. Le mani
dell’Elfo afferrarono il colletto del Ramingo, tirandolo a sé fin quasi
a farlo sbilanciare.
Ad un tratto, però, a
Legolas non sembrò più di sentire Aragorn stretto a sé.. solo.. aria..
Aprì lentamente gli
occhi e si ritrovò sul gradino del palazzo, davanti a sé solamente una
distesa di sabbia compatta e stepposa.
-Er oloore….
(solo un sogno)
Sussurrò tra sé e sé,
mordicchiandosi un pollice per svegliarsi completamente. Voleva sentire
dolore… un dolore più forte di quello che già sentiva dentro di sé…
tristemente si dovette render conto d’essere nella realtà, dove Aragorn
l’aveva stretto molto probabilmente solo per rabbia o per un giochino
perverso che la confusione gli aveva dettato.
-MASTRO ELFO!
Legolas si drizzò da
sedere ed irrigidì la schiena. Gimli apparve dietro di lui, con quella
sua andatura pesante e barcollante, dovuta dalle gambette corte.
Davvero, Gimli era
l’ultima persona (err… l’ultimo nano) che Legolas avesse mai voluto
vedere. Non gli andava di mettersi a chiacchierare, e nemmeno mettersi a
cantare o raccontare. Gli andava solo di piangere.
-Senti, mastro Elfo..
avrei bisogno di un consigl…
-No, Gimli. Non ora.
Lo fermò Legolas, ben
deciso a troncare quell’inizio di conversazione. Se solo non fossero
stati due membri della Compagnia, lo avrebbe appeso all’asta della
bandiera che garriva davanti a Medusel. Il nano alzò un sopracciglio,
sconcertato. Legolas di malumore? Succedeva assai raramente! A
quell’elfo bastava che il sole splendesse per essere felice… valli a
capire, gli Eldar!
Legolas si alzò in
piedi.. ancora il sapore di quei baci sulle labbra… Doveva andare alla
stanza degli arazzi.. o no? E se avesse rivisto Aragorn sarebbe riuscito
a contenersi? Doveva semplicemente provare. Sorpassò Gimli con due passi
e lo lasciò a borbottare qualche sua canzoncina nanica o roba simile.
Non gl’importava. Il sole stava iniziando a calare.
.|.|.
Nel frattempo, Aragorn,
era corso in preda alla rabbia nella stanza dove stava il suo giaciglio
e quello di Legolas (ovviamente c’era anche quello di Gimli, ma non lo
vedeva…). Si sedette di peso sopra il suo, che aveva tutte le coperte
disordinate e scompigliate. Aragorn non dormiva quasi mai sonni
tranquilli, e la mattina tutto era più importante del rifare il letto.
Tanto doveva tornarci, poi, no? Poggiò la schiena contro il muro e si
prese la testa tra le mani.
Nella testa gli
rimbombava tutto quello che aveva detto. Quante bugie…
Era stato un vigliacco.
Aveva usato la provocazione come arma, per vedere cosa provava Legolas…
e invece di trovare il perché di quella perenne dolcezza, di
quell’idilliaca delicatezza, aveva scatenato l’odio dell’amico. Sarebbe
venuto? Adesso non ne era più cosi sicuro. Si sentiva disperato, come se
fosse caduto per ore ed ore in un baratro.. e l’anima stesse ancora
cadendo nel vuoto. Doveva andare da Legolas a scusarsi? Cosa stava
facendo l’elfo, ora? Aragorn conservava di lui un ricordo dolcissimo,
quanto il profumo della sua pelle. Gli era sempre stato accanto, da
quando si erano conosciuti, e se la mente non lo ingannava, era stato
proprio Legolas che, per caso, gli aveva fatto incontrare Arwen.
Arwen…
Si era scordato il viso
di lei. Si era scordato tutto di lei. Non portava più Evenstar al collo,
anzi, la teneva avvolta in un panno, segregata in una tasca della
saccoccia. Se Arwen fosse venuta ad incontrarlo in sogno, il cuore di
Aragorn si sarebbe strappato di sicuro.. o forse l’avrebbe strappato lui
stesso. Se era vero che avere un cuore faceva soffrire così tanto, il
non averlo affatto avrebbe potuto cancellare tutti quegli affanni? Come
si sentiva sbagliato, in quei giorni. Sbagliato.. gli sembrava
l’aggettivo migliore. Lui era tutto sbagliato, ciò che provava era
sbagliato, il suo destino era sbagliato…
Anche il suo amore era
sbagliato.
Era iniziato tutto al
ponte di Kazad-Dhum, quando Legolas aveva afferrato lui alla fine del
suo salto e non Frodo. L’aveva stretto.. forse senza neanche pensarci,
forse nemmeno se lo ricordava…
Lui, invece, sì. Da quel
momento… da quando aveva respirato il dolce profumo dell’elfo, nella sua
testa si erano accavallati pensieri, immagini, desideri, congetture… ma
solo una cosa lo spaventava.
Legolas… era… un uomo… beh, sì,
insomma… un Elfo, ma pur sempre un uomo. No, non era questo il suo
terrore più grande. Molto probabilmente quella creatura così luminosa
non aveva ancora mai conosciuto… l’amore, cosa vuol dire passione…
Aragorn lo vedeva come un guerriero, dal volto d’angelo e l’abilità di
un assassino, quasi distaccato dalla cognizione di se stesso… freddo ed
impassibile, calmo e pacato, controllato e calcolato nei suoi minimi
confini… Era certo che provasse sentimenti.. gli Elfi sono le creature
più emotive di Eä,
{Per chi non se lo ricordasse, Eä è il “Mondo che È”, ovvero il Mondo.
Da il Silmarillion, JRRTolkien,Bompiani Editore.
Prima citazione a pg.17 n.d.Me}
ma non era certo che
provasse QUEI sentimenti… quelli che confondevano Aragorn così tanto. Lo
confondevano e non lo facevano riposare, gli toglievano il coraggio…
Ma quando c’era Legolas
accanto a lui.. sentiva nelle mani quella forza che l’avrebbe reso
capace di sradicare un albero di Lorien… di sollevare l’intera Minas
Tirith… tutto tranne che baciarlo davvero.
Pochi minuti prima
l’aveva stretto a sé… lui era desideroso.. aveva visto nello sguardo
dell’elfo una luce baluginare…
Indignazione,
sgomento..o lo stesso desiderio che anche lui sentiva?
Poteva quell’essere
dalla bellezza così androgina sentire quel genere di sensazioni..
dirompenti e a volte cattive, come nel loro caso.. Un amare ed un
soffrire, desiderare e farsi male…
Non aveva nemmeno la
forza di volontà di prevalere su Legolas, di farsi amare anche solo per
un’ora, di farsi desiderare… come mai avrebbe potuto trovare la forza di
mandare avanti un regno…. E guardare negli occhi la donna che un tempo
amava.. e che tradiva col pensiero, accarezzando con le sue fantasie il
profilo di un altro uomo?
C’è una sedia… nella
mia mente, sulla quale, ogni tanto, mi piace sedere per pensare e
trovare la chiave a tutto ciò che mi è celato…
Dove posso correre?
Dove nascondermi? In chi mi tramuterò? Dove ho udito le voci che
ricordo? Ho un paio di parole scritte sullo schienale della sedia, come…
“Pensi che sia coraggioso?” ”Pensi che me ne importi?” Posso..
cancellare, bruciare le immagini che vedo? Posso? Non credo…
C’è una sedia
piccola, quanto basta per contenermi. Preferirei una scatola, ma poi
potrei desiderare di chiudere il coperchio… Restare solo, per sempre su
quella sedia… Incatenami, Morte.. seducimi ed io non cederò… o sì? Quale
maschera ti metterai per portarmi dove tu desideri? Continuando a
pensare in questo modo sarà difficile continuare…
Devo trovare
coraggio, ma oramai questi pensieri me l’ hanno succhiato via… si sono
cibati del mio ardore e l’ hanno sostituito con quest’incertezza… Ho
bisogno di te, ma non venire. Potrei non fermarmi.
Ho bisogno di te.. ma
tu stammi lontano. Magari il mio desiderio si spegnerà…
Basta.
Basta mentire anche
con me stesso… ho mentito così a lungo… Non smetterò mai di desiderarti,
mai le mie mani smetteranno di bramare il tuo corpo… Quell’attimo,
Legolas. Solo quell’attimo tale da dar pace al mio cuore… unica
richiesta, la mia… certo… eppure così difficile da esaudire…
Non posso, non
riesco… andare avanti così potrebbe significare il mio desiderio di
abbandono… Mi rendo conto di non volere più nulla: né regno, ne Arwen,
ne onore, né gloria… darei tutto per avere te solo un’ora.
E si ritrovò in mano la
stoffa nella quale era avvolta Evenstar. La srotolò pian piano ed un
luccicare veloce gli fece sbattere le palpebre un paio di volte. Il
gioiello stava lì, così piccolo nella sua mano… luminoso, la curva di
cristallo così dolce e morbida. Uno splendido fiore al centro dal quale
scendevano due lunghe foglie lanceiformi che s’incrociavano tra loro.
Evestar. La stella del vespro, quel gioiello racchiudeva l’intera
essenza di Arwen. E lui l’aveva in mano, sarebbe stato padrone di
spezzarla, sotterrarla da qualche parte o, semplicemente dimenticarla…
- Renich i lu i erui
govannen? (Ricordi la prima volta
che ci siamo incontrati?)
- Nauthannen i ned ol
reninannen (Credevo di essermi
perso in un sogno…)
- Guenwin in
enninath… u-arnech n naeth I si celich..
(Lunghi anni sono passati, non avevi gli stessi turbamenti che hai ora…)
Poteva ricordarselo così
bene, quel momento idilliaco… a Granburrone, sotto la luna… lei era così
bella, dolce… vanesia.. come l’immagine ed il ricordo nella mente di
Aragorn. Stava svanendo. Quella figura sottile stava assottigliandosi
più passava il tempo. Come la pallida stella oscurata dai raggi di un
sole sorgente e dirompente, Arwen non rimaneva nella testa del ramingo,
troppo accecato dalla luce di Legolas.
Ma era sicuro che quello
per l’elfo fosse solo.. mero desiderio? Spoglia bramosia carnale? No…
c’era dell’altro.Se fosse stata solo la voglia di averlo, di sicuro non
si sarebbe sentito così male… di sicuro non si sarebbe sentito così
solo.. sconsolato, affranto, spogliato della gioia…
Ma allora.. come poteva
lui provare… amore?
Man kara i mel le?
Man kara i aniron le? (Cosa mi fa
amarlo? Cosa mi fa desiderarlo?)
E pensare che.. no..sarebbe successo
comunque? Era già predisposto?
Lady Galadriel… l’aveva
forse visto? Lo sapeva? L’aveva detto ad Arwen? Non si ricordava come
fosse stato, a Lothlorien. Era passato troppo tempo.
No, da quello che gli
restava di quella notte, Lady Galadriel non aveva accennato nulla sul
fatto.. di quello strano accelerare dei battiti del cuore alla sola
vicinanza di Legolas, non aveva proferito parola a proposito di quel
desiderio così innaturale, ma così forte… Tra quegli alberi, se solo
fosse stato in grado, avrebbe tolto la verginità a quella creatura che
sembrava tutto tranne che reale. Così bello da fare male. Troppo male.
Alzò la testa e guardò
il muro davanti a sé. La solida roccia era contornata da intarsi di
legno, dai quali pendeva una grossa tenda di panno rosso. Silenzio.
Non mi piace il
silenzio. Voglio sentire il tuo canto, ancora una volta.
Una sera, nella chiara
notte prima di partire da Granburrone, aveva sentito Legolas cantare.
Non era uno dei soliti canti già scritti, che ricordavano le grandi
gesta degli Eldar che furono…. Molto probabilmente quel canto era stato
composto da Legolas in persona, una dolce canzone d’addio per un amore
sconosciuto. Più che un canto sembrava una poesia, composta fra le
lacrime e ridondante di nostalgia. Ma la voce di Legolas la recitava
così bene da farla somigliare al gorgogliare del fiume, e le stelle
stesse si univano in un coro. Abbandonato sulla ringhiera di uno dei
tanto balconi di Granburrone, aveva cantato per tutta la notte. Si era
offerto lui di partire, ma il viaggio già lo stava uccidendo.
E aveva cantato tutta la
notte, cullando la propria voce con le foglie addormentate. Su quel
balcone vi era rimasto anche dopo che il sole aveva fatto capolino tra i
tetti delle case, steso ed assopito, come coperto da un lenzuolo di
rugiada. E il sole dipingeva su quel viso angelico…ombre e luci
d’avorio. E lui non aveva potuto fare a meno di restare a guardarlo,
acquattato tra qualche colonna marmorea, trattenendo il respiro per
paura di svegliarlo. Incantato.
Era un vero peccato che
gli Elfi dormissero così poco. Lui era così bello…
Aragorn strinse con
forza Evenstar nella mano, fino a sentire le punte dei petali di
cristallo trafiggergli la pelle, volontariamente strinse più forte…
Dolore… naike…. Per
dimenticarti…
Ma non poteva
dimenticarlo. Nulla sarebbe servito a farlo. No, lui era legato ad un
destino che si divertiva a vederlo soffrire, ma che allo stesso tempo
gli regalava qualche sogno breve e passionale… passeggero e nostalgico.
Riaprì la mano. Che
stupido. Stupidissimo. Come aveva anche solo potuto pensare di usare il
dolore come anestetico per l’amore? E poi, era davvero amore?
Sì… Lo è.
Si rispose. Basta con le
bugie. Si può essere attori con chi non si conosce, ma non con se
stessi. Non si può fingere con la propria anima.
Lo giuro su tutto
quello che ho di più caro, lo giuro su tutto ciò che ritengo valente, lo
giuro sull’onore e su me stesso. Ti dirò quel ch’io provo. E mi farò
valere. Non puoi scapparmi per sempre, Legolas.
Sul viso gli si dipinse
un sorriso sottile… un po’ di sicurezza e quasi spavalderia tornò a
scorrergli nelle vene. Guardò fuori dall’unica finestra della stanza: il
cielo aveva iniziato a tingersi di rosso. Era ora.
Si alzò e si lisciò bene
bene la veste. La mano aveva già smesso di sanguinare. Fece scivolare
Evenstar in una delle tante tasche della palandrana.
I lende, Legolas
(Arrivo, Legolas)
.|.|.
tap tap tap….
Gli stivali di Legolas
ticchettavano sul pavimento liscio del palazzo, corridoio dopo
corridoio. Non gli faceva più così paura.. aveva imparato a tenersi
freddo, così l’Ombra non l’avrebbe notato ed avrebbe continuato a
persuadere qualcun altro. Aveva imparato a non essere più sè stesso.
Aveva imparato a placare ogni emozione, freddo come una statua di
ghiaccio. Le emozioni facevano così male, soprattutto in quel periodo,
in quel momento, in quel palazzo…. Aveva imparato a scacciare la propria
anima, lenire il dolore e sedare la passione. Sentiva le cose passargli
distrattamente accanto. Solo aria sulla pelle. Non gl’importava se era
contro natura, non gl’importava se tutto quello che gli era stato
insegnato ed aveva scoperto sulla bellezza della vita riteneva la
separazione dell’anima un peccato. Doveva tenersi freddo. Per Aragorn.
Lo faccio per noi,
per conservare almeno l’amicizia. Se ti dicessi ciò che veramente provo,
allora rovinerei tutto. Voglio tenerti sempre con me, Aragorn. Ti voglio
al mio fianco. Non mi farò lasciare da te solo per uno stupido
sentimento. Non sarà il mio amore a dividerci.
Assorto in questi
pensieri, Legolas lasciava che i piedi lo portassero dove volevano. Non
aveva la più pallida idea di dove fosse la stanza degli arazzi, e
sperava di poter trovare qualcuno che glie la indicasse, ma Medusel
sembrava deserto.
Noncurante del buio,
scese un paio di scalinate introdotte da un grosso arco di legno con dei
cavalli intagliati e degli uomini in parata con bandiere, stemmi e
scudi. Quattro torce illuminavano i gradini, alcuni dei quali erano
ricoperti di legno liscio.
Ma è tutto di legno,
qui? Legno e pietra.. non mi stupirei se le persone fossero fatte dello
stesso materiale!
Terminate le scale,
Legolas si trovò davanti una specie di saletta di pietra, come un
pianerottolo cubico. Due lati erano di pietra, ma uno era una grossa
tenda giallo paglierino, fermata in un lato da una nappa blu.
Curioso da questi colori
così sgargianti in un palazzo così tetro, Legolas scostò nappa e tenda.
Non avrebbe mai
immaginato di vedere, proprio a Rohan, una cosa così bella. Avanti a lui
si stendeva un corridoio inondato della luce del tramonto. Il pavimento
era di legno (il parquet medievale? N.d.Me) e tutta la parte destra del
corridoio era occhieggiata di finestre d’alabastro, coperte da tende
setose. Tra una finestra e l’altra, stavano delle statue lignee che
raffiguravano Re, cavalieri e chissà quali altri eroi. Tutto sembrava
così… elfico… come.. come poteva una tale bellezza architettonica
starsene nascosta in un palazzo freddo e desolante? Il soffitto era
affrescato di blu, puntellato da tantissime stelle che sembravano
bottoni d’oro incastonati nella roccia.
-Com’è tutto bello… qui…
e scoppiò in una sonora
risata cristallina, che tintinnò e si rifranse su tutti i muri,
rimbalzando come l’acqua nella corrente di un torrente appena uscito
dalla sua sorgente.
-Come ho fatto a temere
tutto ciò? Come posso temere ciò che mi somiglia?
Si bloccò di scatto con
quelle parole ancora sulle labbra .
TEMERE Ciò CHE MI
SOMIGLIA… ed iniziò a parlottare
tra sé e sé con una voce sottile quanto il vento d’autunno tra le
foglie. Per tenersi compagnia.
-Aragorn…. I Kaure le… I mel
le…. (Ti temo, ti amo) Ma perché ti
temo se sei simile a me? Perché tremo se mi sei accanto? Cosa mi spinge
a volerti? Sei… un uomo, come me… ed io…. Non ho mai… provato… amore. A
parte con….-
E Qui si interruppe,
abbassando la testa, nella mente un ricordo troppo doloroso da
rievocare.
-Perché con te? Perché è
tutto così confuso, così difficile? Perché non posso dirti quello che
veramente sento? E se tu provassi il mio stesso calore… allora vorrei
gridarlo al mondo… ma non potrei farlo…
Se la Terra di Mezzo
venisse a sapere quello che potrebbe esserci tra… me… e te… allora
sarebbe la rovina? E Ancalima Undomiel? Il suo amore per te… è così
forte da poter offuscare il mio? O il contrario? Porti ancora Evenstar….
… se è il tuo simbolo d’amore…
potrei portarla io? -
Scrollò la testa quasi
cercando di scacciare via quel pensiero. Come aveva anche solo potuto
pensare che Aragorn gli avrebbe donato il suo fiore di cristallo? Come
avrebbe mai potuto pensare che Aragorn avrebbe lasciato la donna a lui
promessa.. l’amore della sua vita…. Per… lui? Che sciocco si sentiva… e
questa volta avrebbe davvero voluto svanire.. via.. via.. a correre
verso casa, Bosco Atro… a rifugiarsi sui suoi alberi, a cercare l’ombra
ed il conforto del vento… il silenzio, la calma ed il calore del suo
sole, di casa sua…
Ad un tratto, fu
obbligato a svoltare un angolo nel corridoio e… poco lontano, vide lady
Eowyn aspettare, in piedi, davanti ad una tenda rossa. Troppo tardi per
girare i tacchi ed andarsene.. lei l’aveva già visto.
-Sire Legolas…
mugolò lei con quella
sua voce così fredda e monotona. Legolas trattenne un brivido.
-Lady Eowyn…
la salutò freddamente
con gesto del capo. Non gli piaceva incontrarla.
-Cosa fate voi qui…?
Pensavo che Medusel vi terrorizzasse….
-NULLA mi terrorizza,
mia signora.
Puntualizzò lui
sentendosi sbeffeggiato da quella statua di ghiaccio che camminava.
-Nulla mi terrorizza, ma
alle volte preferisco certi ambienti ad altri.
Eowyn si stupì della
pronta risposta dell’elfo, ma non lo diede a vedere. L’aveva sempre
creduto uno silenzioso, chiuso, quasi ottuso… e invece…
-Preferite la steppa al
palazzo?
-Preferisco la libertà
alla prigione
-…l’insicurezza alla
forza?
-La verità alla
menzogna, comunque passeggiavo per curiosità e basta.
Troncò indispettito.
Meno parole uscivano dalle labbra di Eowyn, meglio si sentiva.
-Avete per caso visto
sire Aragorn? Gli ho dato appuntamento qui, ma non si è ancora
presentato…
Legolas fu colpito da
quell’affermazione. Lei aveva dato appuntamento ad Aragorn.. davanti ad
una sala? La sala degli arazzi rossi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa
fare? Gia s’immaginava la scena: “Che casualità, lui ha dato
appuntamento a me!” e si sarebbe sentito un weomelindo
{Ho trovato il modo per scrivere “gay”
in elfico… n.d.Me} davanti a “statua di ghiaccio”, helkeheri
(Signora di ghiaccio) e, chissà,
magari si sarebbero messi a chiacchierare dell’uncinetto e del punto
croce aspettando l’arrivo di Aragorn. Improvvisamente un qualcosa gli
uscì dalle labbra,mentitore e rapido.
-Ho incontrato Aragorn.
Mi ha detto di riferirvi, se vi avessi vista, che non sarebbe potuto
venire a causa di… faccende fuori dal palazzo. Non so esattamente di
cosa.-
Che bugiardo.. ma oramai
l’aveva detto e non avrebbe potuto tornare indietro. Sul volto ceruleo
di Eowyn si dipinse un’espressione delusa. Sempre e comunque fredda.
-Ah.. vi… vi ringrazio.
E così dicendo chinò il
capo e se ne andò, prendendo la direzione dalla quale veniva Legolas.
Lui, con fare allegro e noncurante, le gridò dietro:
-Voite maara daana!
(Buona giornata!)
alzando un braccio in
segno di saluto. Stranamente quella bugia gli aveva dato sollievo, ma
ancor più vedere Eowyn andarsene dopo solo due parole l’aveva reso più
tranquillo.
Stranamente soddisfatto
di sé stesso, si fermò davanti alla tenda rossa, molto probabilmente
l’entrata alla stanza degli arazzi. Con sicurezza scostò leggermente la
tenda e fece per entrare, quando si bloccò appena in tempo per non
andare a sbattere contro un’enorme porta di legno.
-Legno anche qui.. avrei
dovuto aspettarmelo!
E aprì il pesante
portone, entrando nella stanza.
Era piuttosto piccola
per come Legolas se l’era immaginata, ed aveva le pareti interamente
coperte da drappi rossi e morbidi che cadevano sul pavimento inondandolo
di stoffa color sangue. Solo una parete, quella opposta alla porta, era
occupata quasi tutta da una bella finestra di alabastro, con una tenda
rossa anch’essa, ma di stoffa più sottile, che faceva filtrare il sole.
Per il resto, nella stanza non v’era altro arredamento se non per una
sedia, al centro della stanza. Una sedia piccola, di legno scuro con un
cuscino rosso sopra.
-Gran bell’arredamento…
davvero!
.|.|.
tap…tap…tap…
-Tardi tardi tardi….!
Accidenti a me e alla mia testa! Tardi tardi….-
si ripeteva Aragorn
freneticamente, come se quella parola avesse potuto fermare il tempo e
dargli un po’ di vantaggio per arrivare in orario. Il suo sesto senso
gli diceva che, anche se non sapeva la direzione, Legolas sarebbe certo
stato dentro quella stanza quando il sole avrebbe lambito le prime cime
delle montagne. Svoltò un angolo e si acquattò di scatto contro il muro.
Eowyn stava passando, dritta davanti a sé, al testa china. Gli aveva
dato appuntamento lei per prima, ma lui sentiva il bisogno di Legolas.
Sarebbe stato quello, il momento giusto per toccarlo.. per averlo… farsi
amare… Trattenne il respiro ed avanzò rasente al muro per non farsi
vedere. Il percorso lo sapeva bene e, quando Eowyn fu scomparsa, riprese
a correre come un forsennato. Scale, corridoio, angolo… la porta era lì,
la tenda rossa ben calata davanti… Appena di fronte all’entrata si fermò
per un paio di secondi. Doveva riprendere fiato e calmarsi, non tanto
perla corsa, ma per il fatto che lui e Legolas sarebbero stati lì,
chiusi in quella stanza… soli…
Voglio te. Voglio
ubriacarmi delle tue parole, inebriarmi della tua pelle, bere la tua
luce dalle tue labbra…
Entrò.
Legolas stava in piedi,
davanti alla finestra d’alabastro, le braccia incrociate sul petto. La
sua figura si stagliava nera e nitida contro la luce rossastra che
faceva illuminare la tenda di un color tramonto vivido. Era.. perfetto.
La sua forma alta e slanciata sembrava così fragile… composta dello
stesso materiale di Evenstar, così delicata e preziosa… Però, la
calzamaglia scura stretta sulle gambe dell’elfo ne sottolineava i
muscoli, tesi e lineari, i polpacci chiusi negli stivali di cuoio. La
casacca gli arrivava a metà coscia: una cascata d’argento che le stelle
gli avevano fatto piovere addosso… acqua morbida che gli ricopriva la
schiena, gli carezzava i fianchi…
Ad Aragorn sembrò di
poter sentire le sue mani scorrere su quella stoffa leggera. Sfilarla da
dosso a lui… stringerlo e vedere il suo collo sottile distendersi,
facendogli poggiare la testa sulla sua spalla…già sentiva le labbra
ebbre di quel suo odore dolce… Una droga, che doveva assumere subito per
restare lucido.
-Legolas…
l’elfo si girò. Il sole
morente gettava un’ombra sensuale sul suo volto splendido, dai
lineamenti scolpiti nel marmo di quella pelle liscia. La morbida curva
delle labbra risvegliò in Aragorn qualcosa… sentiva bruciare dentro… non
riusciva più a controllare il suo respiro… Quella sensazione che gli era
sempre stata difficile da sedare gli irruppe addosso come una secchiata
d’acqua, crudele e terribile…
Ora ti dirò che ti
bramo… ora ti svelerò dove vorrei che le mie mani potessero arrivare… ti
darò quello che non hai mai ricevuto…ora ti avrò e tu mi obbedirai… e
godrai di me… lascerai ch’io lo faccia con te… Amarti ed essere amato…
sentirai come brucia il sangue… porterò le mie mani su di te e tu
gemerai… prevarrò su di te e tu non ti ribellerai… perché anche se non
lo vuoi.. ti possiederò.
-Sei in ritardo… come
solito.
E sorrise
dolcemente, curvando le labbra… Aragorn strinse i pugni per trattenersi…
Legolas si voltò verso la finestra di alabastro.
-Scacciapensieri
elfico.. credevo che qui a Rohan non ci fossero!
Esclamò con l’allegria
di un bambino davanti ad un maggiolino ronzante, indicando il piccolo
sole di cristallo che pendeva dallo stipite della finestra.
-Legolas… scusami.
Fece Aragorn a voce
bassa, la testa china… se solo avesse incrociato il suo sguardo allora
sarebbe…
-Per il ritardo?
Figurati!
Ridacchiò l’elfo quasi
sbeffeggiandolo, senza accorgersi che la voce di Aragorn tremava, che
Aragorn stesso stava tremando.
-Non è per il ritardo…
Legolas.
La voce di Aragorn si
era fatta d’un tratto più flebile.. più tremolante… indecisa, spaurita.
Legolas si avvicinò amichevolmente ad Aragorn:
-Man ta na raika?
(Qualcosa che non va?)
e fece per poggiargli
una mano sulla spalla, ma Aragorn lo respinse in malo modo, quasi
facendogli male, per poi andare a sedersi sulla piccola seggiola.
-UUME TULYA LE!(non
ti avvicinare)
Legolas lo guardò con
aria preoccupata.. che cosa gli stava accadendo? Perché in quel periodo
Aragorn era così cambiato… avrebbe fatto qualunque cosa per farlo
tornare com’era prima… qualunque cosa…
-Aragorn… man..kara…
insomma…. Che… che ti succede?
Balbettò confuso. Gli
sembrava che quelle parole fossero così superficiali… inutili, stupide…
fuori luogo… eppure doveva pronunciarle, doveva dire qualcosa … si
sentiva così inutile! Stava lì, fermo,dritto ed immobile, la mano ancora
a mezz’aria, scostata e dolente per il gesto repentino di Aragorn. Anche
lui stava immobile, seduto, o meglio, raggomitolato sulla sedia, la
testa china, non gli si vedevano nemmeno gli occhi. E Legolas voleva
vederli. Gli piacevano così tanto gli occhi di Aragorn… freddi come il
ghiaccio eppure così caldi, fieri, decisi…
A quel paese tutto, se
Aragorn gli avesse fatto male un’altra volta lui non avrebbe sentito
dolore. Gli si avvicinò più deciso e gli alzò il mento usando i
polpastrelli dell’indice e del medio.
-Non m’importa cos’ hai
oggi, non m’importa se hai paura, non m’importa se piangi e ti fa male…
devi dirmi cos’ hai…..-
ma si bloccò e cercò di
sedare tutta la rabbia che era esplosa in lui: Aragorn stava piangendo.
Una lacrima argentea stava scendendo sulla guancia sinistra del Ramingo,
lentamente, fino ad arrivare poco vicino alle sue labbra serrate. Il
respiro era lento e pesante, e sembrava che Aragorn stesse per
collassate, esplodere in un mare di lacrime…
Perché… piangi,
Aragorn? E’ forse colpa mia? Ho… fatto qualcosa che non va? Se solo
potessi… se solo tu mi lasciassi asciugare le tue lacrime io…
Legolas s’inginocchiò
davanti al Ramingo che teneva la testa bassa e raggiunse con due dita la
lacrima che stava scorrendo sul volto di Aragorn. Dolcemente ne percorse
il sottile rivolo umido sulla pelle abbronzata… dalla guancia, scendendo
sensualmente fin sulle sue labbra… perse gli occhi in quel volto
rabbuiato, bevve la tristezza di Aragorn come fosse pioggia d’estate,
per togliergli quell’angoscia dalle spalle… sembrava stare sospeso in un
sogno… sotto la dolce pioggia… di nuovo a… casa…
Si svegliò di
soprassalto quando sentì… la lingua di Aragorn contro le proprie dita.
Un brivido lo percorse partendo dalla mano fino ad arrivare
all’estremità delle gambe. Brivido di….sorpresa? Brivido di piacere….
Aragorn aveva appoggiato
le dita sul polso di Legolas per tenerlo avanti a sé e ne leccava le
dita lentamente, quasi bramando ogni singola goccia di piacere. L’elfo
era rimasto a bocca aperta… ma velocemente ritrasse la mano e volse lo
sguardo verso l’amico. Un lungo momento durante il quale i due sguardi
s’incrociarono: l’uno incuriosito e l’altro enigmatico. Dentro lo
sguardo di Aragorn, Legolas poteva vedere… nemmeno lui lo sapeva. Sapeva
solo che.. che quel desiderio che tanto aveva cercato di reprimere si
era risvegliato. Ora più che mai sentiva il sangue bruciare nelle vene,
il cuore accelerava i battiti.. aveva Aragorn così vicino… così…
-I merne le..
Legolas… er ten moore… (ti voglio, Legolas..
solo per una notte…)
-Aragorn… le koita
amba nate ta i kaure… (Aragorn… hai svegliato dentro me cose che
temo…)
-U ‘osto han…(non
temerle…)
E così dicendo Aragorn
si sedette meglio sulla sedia, le gambe leggermente divaricate,
osservando Legolas con uno sguardo estremamente eloquente.
-Tulya sinome…
(vieni qui…)
gli sussurrò a voce
bassa. Un tono sensuale, invitante, caldo… Legolas non sapeva come
fare.. era esattamente avanti ad Aragorn.. la situazione stava in mano a
lui… Poteva andarsene e reprimere per sempre ciò che sentiva, o
avvicinarsi e lasciare che fosse il desiderio ad avere la meglio, dare
retta, per una volta, al proprio corpo.. a quello che la carne voleva…
Non sapeva cosa scegliere.. avrebbe voluto.. così tanto… Amarlo ed
essere riamato, le sue mani su di lui… il desiderio, la passione…
Aragorn non intendeva
attendere. Si sporse velocemente in avanti, afferrando con forza i polsi
di Legolas e tirandolo su di sé. Successe esattamente tutto quello che
ambedue avevano desiderato. Legolas, colto di sorpresa, cadde in avanti,
addosso ad Aragorn, le gambe divaricate intrappolarono quelle del
Ramingo e Legolas poggiò le mani alla spalliera della sedia per non
sbattere contro di lui. Stava seduto sopra di lui, ansante per la
sorpresa, quasi scottato dai gesti e dai respiri dell’amico che gli
cinse i fianchi con le braccia, avvicinandolo a sé con prepotenza.
-Sinome le na…
(eccoti qui…)
Il respiro di Aragorn
lambiva sensualmente le labbra di Legolas, che non badò alle sue parole.
Voleva solo lasciarsi andare, smetterla di contenersi…
Mosse lentamente le mani
dalla spalliera della sedia alle spalle di Aragorn, gli slacciò il
mantello al collo e lo fece scivolare via. Lentamente, gli accarezzò il
collo, salendo verso gli zigomi, le guance… poggiò il pollice dietro le
orecchie di Aragorn, il resto della mano sul collo caldo… Lo tirò a sé
incontrando le sue labbra calde in un bacio.. il loro primo bacio… Lambì
le labbra di Aragorn una, due volte… l’uomo era impaziente di ottenere
ciò che voleva… le labbra si rincorsero ancora, tanto che la lingua di
Aragorn sfiorò il labbro superiore dell’Elfo .. cercò di muovere le mani
per arrivare a spingere Legolas contro di sé, ma venne colto di sorpresa
quando avvertì la lingua di Legolas contro la propria, veloce e
desiderosa di possedere ogni angolo della sua bocca. Rimase senza fiato,
cercando di fare la sua parte spingendo il bassoventre di Legolas contro
il proprio. L’elfo si staccò da lui buttando la testa oltre la sua
spalla, il respiro veloce mentre sentiva la passione di Aragorn premere
contro di lui, sovrastarlo, eccitarlo ancora di più, annegarlo…
-Limbe tie i olor ta…
(Molte volte ho sognato questo…)
ansimò cercando di
trovare un equilibrio impossibile tra passione e ragione. Aragorn non
ribatté, stava anche lui con le labbra semichiuse, premendo Legolas con
maggiore forza, ancora e ancora…ansimante, cercava sempre maggiore
contatto, quasi a voler entrare dentro Legolas, voleva…
Iniziò a cercare i nodi
dei calzoni per spogliarlo…non sapeva come sarebbe stato… averlo, godere
di lui, prendere possesso di quel corpo così ben scolpito …portarlo a
quel momento in cui avrebbe sentito il petto di lui inarcarsi sotto i
suoi tocchi, le mani l’avrebbero stretto spasmodicamente, ansante,
grondante desiderio, mentre gli avrebbe urlato di smettere incitandolo a
fare il contrario.Doveva averlo, quella creatura così rara, diversa da
lui quanto bastava per affascinarlo e farlo scivolare tra le pieghe del
suo mistero.. doveva essere sua.
Legolas si irrigidì nel
sentire le mani di Aragorn su di sé che gli slacciavano la cintura di
cuoio, ma non era ancora giunto il tempo…
Gli prese le mani,
guardandolo intensamente negli occhi, e portò le sue dita sopra i lacci
della casacca. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra sottili sentendola
scivolargli giù dalle spalle. Aragorn si sporse in avanti a baciare il
petto dell’elfo, assaporando la sua pelle liscia e salendo lentamente
verso il collo. I respiri di Legolas erano sempre più veloci; Aragorn
gli sollevò con foga il mento per arrivare all’attaccatura del collo e
ancora su, fino all’orecchio, desideroso di avere sempre di più. Aragorn
scivolò lentamente giù dalla sedia, facendo in modo che Legolas si
stendesse su uno dei tanti tappeti di porpora che ricoprivano il
tappeto. Quello si lasciò far manovrare, poggiando la schiena a terra
con un “Oh” sommesso e tenendo le sue mani salde sulle spalle dell’uomo,
che si distese sopra di lui, intrappolandogli le gambe tra le sue.
Legolas gli slacciò la
casacca , ma le sue mani puntavano verso l’ombelico… premette
leggermente sé stesso contro di lui, iniziando a slacciargli i vari nodi
di cuoio dei calzoni. Come Aragorn sentì le mani dell’Elfo su di sé, lo
avvicinò con forza intrappolandolo in un bacio, lasciando che le mani
gli scendessero di nuovo sulla sua schiena, sempre più in basso,
ordinando quel dolce movimento del quale sentiva bisogno. Legolas non se
lo fece ripetere due volte, assecondando i desideri di Aragorn, che
buttò la testa all’indietro cercando di urlare qualcosa, ma le parole
non gli uscirono di bocca, soffocate dall’ondata di piacere che lo stava
travolgendo.
Troppo, tutto ciò che
accadeva lo stava sovrastando, desiderio di lui… lo premette ancora su
di sé, le mani dell’Elfo abilmente avevano slacciato i calzoni
“complicati” dell’uomo, prendendo possesso del suo corpo. Come per
ripicca, anche Aragorn s’impossessò di Legolas, facendogli scivolare i
pantaloni verso il basso e premendolo contro di sé.
L’Elfo fu colto quasi di
sorpresa e rimase di stucco, ansante sotto il tocco deciso e sensuale di
Aragorn. Avrebbe voluto parlare, gemere, ma dalle labbra gli uscirono
solo ansiti, convulsi e accavallati. Allargò le gambe deciso a carpire
tutto il piacere possibile, quasi a volersi fondere con Aragorn, dargli
il maggior spazio possibile, donargli se stesso….
Iniziò a spingersi
contro di lui quasi ritmicamente, ogni movimento accompagnato con un
respiro fondo da parte di ambedue.
Legolas inarcò la
schiena all’indietro, chiudendo le labbra di Aragorn con le proprie,
continuando a muoversi, incontrando passionalmente la lingua dell’uomo,
succhiandola sensualmente come fosse cosa normale, finalmente libero di
darsi a colui che da tempo lo tormentava dolcemente.
Ad un tratto, il corpo
dell’elfo s’irrigidì in uno spasimo beatamente piacevole, e allora tutti
i gemiti che aveva trattenuto uscirono dalle sue labbra prepotentemente,
mentre ancora continuava a scivolare sul bacino dell’uomo, colto dalla
passione a sua volta, nettamente alla sprovvista ma ancora assetato di
compiacenza.
Legolas si spinse con
più foga contro Aragorn, mentre il suo corpo lo pregava di smettere e
allo stesso tempo di ricevere di più.Con un gesto deciso, prese Aragorn
di peso e lo scostò a lato, per poi stendersi sopra di lui,
accarezzandone le labbra con un dito e continuando a muoversi
lentamente. Sentiva che, se solo si fosse fermato, il desiderio
l’avrebbe tormentato con violenza ed ora.. lui aveva Aragorn… poteva
sentirlo… i loro desideri si incontravano e lottavano l’uno contro
l’altro per essere padroni di quell’attimo…
Aragorn afferrò
saldamente l’amante, per paura di venire travolto da quel piacere così
dirompente…
-Ah.. Legolas… hauta
le… I (fermati, io….)
e cercò di stringergli i
polsi con le mani, ma il suo corpo estasiato non volle rispondere al
comando…
-Lau, uu sin I arwa
le… ar… le arwa-n-In… (No, non ora che ti ho… e… che tu hai me…)
-Nan
uuner… ten otheri.... (Qualcuno… potrebbe sentirci…)
-Karne uerir ten otheri… U ‘osto ta… I varya le… eh…. (Lascia
che ci sentano.. non temere… ti proteggerò io….)
ansimò Legolas movendosi
con forza contro Aragorn.
-Lasta-n-In…. Ta na
mare…. uume lanta… minna milme… (Ascoltami… è meglio… non cadere..
nel desiderio…)
-I talant… ar le
o-n-In (Sono caduto…. E tu con me…)
E così dicendo Legolas
trascinò ancora Aragorn nel baratro dell’estasi, talmente profondo che
parve quasi non poterne più uscire… Era così piacevole, il contatto,
tanto a lungo desiderato che nessuno dei due avrebbe voluto smettere.
-Na otheri… um y
vanima nat? (Stiamo facendo.. la cosa giusta?)
Chiese l’uomo non tanto
perché se lo domandasse davvero, ma perché trovava che la voce dell’Elfo
fosse così sensualmente invitante da ascoltare… gli avrebbe fatto dire
qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora parlare Elfico. Quella lingua,
quella creatura… tutto così perfetto…
-I uu-minda… (Non
m’importa…)
gemette Legolas ancora
eccitato, ma rallentandosi e fermandosi, infine, a fissare l’amico. I
capelli del ragazzo si erano sciolti dalle due trecce che portava
strette dietro la nuca per fissare la chioma bionda, ed ora qualche
ciuffo stava incollato alla sua guancia imperlata di sudore. Era più
bello così.
-Le na iirima, iire
uu ve sina… y aratar (Sei desiderabile, quando fai così ..
l’esaltato…)
Legolas alzò un
sopracciglio in un’espressione interrogativa, di chi non ha capito se
fosse un complimento o un’esortazione a fermarsi. Peccato. Se così era.
Perché aveva iniziato a piacergli, quel contatto con Aragorn. Magari
sbagliato, magari contro natura… ma bello comunque. Decise ch’era giunto
il tempo di fermarsi. Scivolò lentamente da sopra Aragorn e si
riallacciò con cura i calzoni, voltandogli le spalle. Si passò
amabilmente una mano tra i capelli, riordinandoli in una coda di cavallo
sebbene qualche ciuffo ancora volasse qua e là.
Fremette quando una mano
di Aragorn gli accarezzò le spalle, mentre il corpo dell’uomo si
avvicinò da dietro di lui.
-Chiudi gli occhi….
Gli sussurrò misterioso
e Legolas obbedì mestamente, sentendo qualcosa di freddo intorno al
collo, pendente sul petto. Quando riaprì gli occhi e si guardò, vide
Evenstar, splendente e fredda sulla sua pelle.
Aragorn… perché… lo
doni a me?
Legolas si girò verso
l’uomo con fare quasi offeso… non sapeva perché, ma avere quel gioiello
al collo non lo rendeva particolarmente orgoglioso in quell’attimo.
-Perché….?-
chiese immergendo i suoi
occhi in quelli dell’amico. Aveva un’aria tutt’altro che gioiosa o
innamorata.
-E’ un dono…-
rispose Aragorn con voce
fonda e quasi nostalgica dei momenti precedenti.
-Credi… credi così di
appagare la tua immaginazione sostituendo me ad Arwen?-
non era sua iniziale
idea il pronunciare quelle parole,ma le malandrine gli uscirono di bocca
con violenza, avventandosi contro la dolcezza di Aragorn. Questi rimase
con un palmo di naso, amareggiato dalla reazione di Legolas.
-Non era mia intenzione
farti pensare questo… Comunque la mia risposta è no. Non sento il
bisogno di Arwen.-
e si avvicinò a
Legolas, allungando una mano ed accarezzandogli una guancia dolcemente,
per poi scendere sul collo ed arrivare a lambire con le dita il petto
ben scolpito dell’elfo.
-Sento solo il bisogno
di te…-
aggiunse sommessamente
ad un orecchio di Legolas, appoggiandosi a lui in una specie di
abbraccio. Il cuore di Legolas accellerò i battiti, e cinse le spalle
dell’uomo con le braccia.
-Scusa…. I er arwa
yeet ilya I turnna minna In… wendele I na o le… ( devo ancora vedere
dentro il mio profondo.. specialmente quando sono con te….)
Aragorn sorrise,
soffiando leggermente contro il collo dell’elfo per fargli il solletico.
Quello lo spinse via maliziosamente e lo guardò con quei suoi begli
occhi azzurro mare.
-Lo terrai?-
chiese Aragorn con tono
un po’ apprensivo. Legolas ridacchiò scotendo leggermente le spalle e
andando a recuperare la casacca. Se ne infilò una manica, poi si voltò
verso l’uomo e rispose sorridendo con una voce dolce quanto la risacca
delle onde sulla spiaggia:
- Tenn’ Ambar-metta…
ar limbe tar…! (Fino alla fine del mondo… e molto oltre!)
Aragorn sorrise e
afferrò la casacca che Legolas, oramai completamente vestito, gli
porgeva. Seguì un lungo momento di silenzio… imbarazzante… Ad un tratto,
ambedue presero il fiato per parlare, ma si dissero solamente “Prima tu”
all’unisono.
-Perché l’abbiamo fatto,
Aragorn?-
chiese Legolas
abbandonandosi sulla sedia. Aragorn rimase per un attimo a bocca aperta,
convinto di avere le parole adatte, ma accorgendosi di non averle
affatto. Legolas chinò la testa, piegandola su una spalla e fissando lo
sguardo in un punto imprecisato della parete lui opposta. Le sue labbra
si mossero per un poco senza emettere suono, poi sussurrò qualcosa:
-….desiderio….attrazione…passione….-
-… Amore?-
gli chiese Aragorn
seriamente. Legolas alzò la testa fissandolo.
-… amore….-
ripeté a sua volta come
a voler imparare quella parola così corta ma cosi irta di significati
diversi.
-Era la mia risposta.-
sentenziò Aragorn.
Legolas continuava a ripeterla tra sé e sé, assorto in chissà quali
congetture.
-La tua risposta… è una
domanda?-
Aragorn non seppe cosa
rispondere e stette in silenzio. Allorché, Legolas si mise a
bisbigliare, come se stesse parlando con se stesso, come se stesse
ripetendo le nozioni imparate per un’interrogazione.
-Amore… mi è così
difficile capire eppure esiste… per te, e tu per me… Amore…. Da tanto,
ormai mi chiedevo se mai noi avessimo potuto… e mi ritrovo qui… tu ed
io, prima… e anche adesso la mia mente sta a lambire quelle tue labbra…
Amore… può davvero essere?-
e così pensando prese a
giocherellare con Evenstar, sempre assorto. Poi, come d’incanto si
ridestò dai suoi pensieri e si rivolse ad Aragorn con lo sguardo più
terso e sincero ch’egli avesse mai visto:
-Ti… amo,Aragorn.-
e sorrise, illuminando
il volto di una luce ammaliante e splendida. L’uomo rimase a bocca
aperta per l’ovvietà e la meraviglia di quelle parole che da tanto il
suo cuore pulsante anelava…
-Sì, Ti amo. Sono
deciso. Se è vero che l’amore comprende la passione,il desiderio… e
l’amicizia profonda, il rispetto e la dedizione… allora… Credo proprio
di amarti .-
Aragorn non credette a
quelle parole. Era così bello sentirgliele dire… finalmente… Gli si
avvicinò e s’inginocchiò davanti a lui.
-Ripetilo… dillo
ancora….-
L’elfo sorrise
dolcemente e si piegò, scese dalla seggiola e s’inginocchiò di fronte
all’uomo.
-Ti amo-
ridacchiò come se stesse
giocando ed afferrò il viso di Aragorn, fissando prima i suoi occhi di
ghiaccio, poi la sua bocca…
-Ti amo…-
e premette con forza le
labbra contro quelle dell’uomo, di nuovo spinto dal desiderio verso di
lui, dolcezza infinita e passione bruciante, finalmente libero
d’annegare in quel mare sensuale.
Rimasero, poi, a lungo
seduti, le spalle appoggiate alla parete, l’uno accanto all’altro, ogni
tanto voltando la testa e scoppiando in una risata gustosa e
cristallina.
Ad un tratto,Legolas
s’alzò e si diresse verso la pesante porta di legno.
-Dove te ne vai?-
chiese Aragorn con un
tono quasi preoccupato. Stavano tanto bene lì, insieme..perché
andarsene? E poi, dove?
-Sono stato al chiuso
troppo, Aragorn. Sai come sono fatto.-
-Già- asserì – Non
riesci mai a stare a lungo in un posto con le pareti! Non riesci a stare
fermo a lungo. Il tuo animo è nomade. -
poi si alzò a sua volta
e si avvicinò a lui, deciso a seguirlo.
-Ti succede anche con le
persone, Legolas?-
l’elfo lo guardò
profondamente, nella mente riaffiorava quel ricordo di tempo prima..
troppo doloroso eppure ancora vivo…
-No, Aragorn. Se giuro
di amare una persona, lo faccio per sempre.-
Aragorn gli diede un
bacio veloce sulle labbra ed uscì dal portone. Legolas rimase sull’uscio
ancora un poco, esitante, carezzandosi il labbro con il pollice.
Infatti… io non l’ ho
detto ma… c’è stato qualcun altro prima di te… molto prima… ma io… ti
amo…
Si scosse e si avviò
dietro Aragorn. Poteva sentirli, i guerrieri, vociare fuori del palazzo,
già intenti nei preparativi, a caricare i loro cavalli di sacchi e
bisacce. Le donne del villaggio riunivano in ceste le poche provviste e
i bambini davano una mano.
Sarebbe stata guerra.
C’era sempre vento.
Sempre.
Rohan era stata eretta
sopra una collina brulla, l‘erba gialla spuntava qua e là e sembrava
creasse un sentiero. Tutta la landa in mezzo alla quale sorgeva Rohan
era così. Gialla ed infinita, se non fosse stato per quelle due montagne
che la racchiudevano ad ovest ed est. Ogni giorno, il sole accarezzava
la cima della montagna ad est e la svegliava col sussurro del vento.
Vento da est, vento di speranza. Partiva dalla cima di quella montagna,
volando leggero e silenzioso, sibilando a bassa voce, poi prendeva la
rincorsa e ne percorreva i fianchi, accarezzandoli con una trasparente
gentilezza, correva, rimbalzava e giù! Tuonava ed urlava come un
adolescente che brandisce la sua prima spada di legno per giocare.
Prendeva la corsa e saltava dalla montagna. Si trovava davanti quell’immenso
campo giallastro e si sentiva libero. Soffiava, turbinava, cantava e
strillava gioioso, sollevando la terra arida come sabbia e facendola
turbinare in mille mulinelli dorati. Ma Rohan non tremava né vacillava.
Aveva piantato le sue salde radici di legno e pietra nella dura terra e
ne succhiava la vita, tenendosi stretta quasi disperatamente per paura
di volare via e di rimanere un vago ricordo.. come il nitrito di un
cavallo disperso nel vento.
Un vento
magico,mistico… nitrente e garrente, galoppante e selvaggio, che
scompigliava le code e le criniere dei cavalli ruminanti nelle stalle.
La collina
proteggeva la città, e la città copriva la collina come un mantello. Si
sostenevano a vicenda, proteggendosi dal vento un po’ brillo. Un vento
ubriaco che proveniva da Lorien e dai suoi alberi d’argento, s’inebriava
e riempiva di canti elfici e del dolce profumo delle foglie e dei fiori
del Niphrodel. Poi scendeva nella foresta di Fangorn, e lì s’insinuava
scherzoso tra i rami delle piante antiche. Passava le montagne
scavalcando Isengard come se la torre di Orthanc fosse alta quanto uno
stuzzicadenti. Si spandeva nell’ Enedwaith ebbro del profumo di foglie
delle foreste attraversate e fresco della neve del passo del Nan Curunir.
Allora sembrava tornasse indietro, costeggiando gli Ered Nimiras, li
carezzava dolcemente, osservandoli con occhi innamorati. Si riposava
sulle cime degli Halfirien e poi arrivava, finalmente, ad Edoras e la
colpiva in pieno.
Carico di
profumi, di sensazioni, di ricordi… di desideri.
Tutti questi
fantasmi di persone passate, anime intrappolate tra in capelli del
vento, accarezzavano dolcemente la pelle di un elfo, seduto sul bordo
della scalinata del bellissimo palazzo d’oro di Medusel. I capelli
biondi erano intrappolati in una coda, legata con un laccio azzurro, ma
nonostante questo qualche ciocca cercava di librarsi in volo, bionda e
chiara come la piuma di un angelo. Il vento, accanto a lui,sembrava
quasi si fermasse, lo accarezzasse dolcemente, sfiorandone gli zigomi e
guardandolo con occhi desiderosi. Desiderosi di immergersi in quella
pelle profumata, che sapeva di vaniglia e miele, che sapeva di libertà e
di ribellione.
Legolas leggeva,
o meglio, cercava di farlo, perché quel vento birichino voleva derubarlo
del foglio sottile, per guardarlo e farlo ammirare alla terra,
sventolandolo qua e là come fosse un trofeo.
No, Legolas non
sarebbe rientrato nel palazzo. Mai. Nemmeno se il vento lo avesse
malignamente spinto giù dalla gradinata alta e solida, nemmeno se il
vento stesso avesse iniziato a colpirlo e graffiarlo.
Non lo
sopportava, il palazzo. Era più forte di lui. Quella solida struttura di
pietra e legno lo opprimeva. Anche se il sole stava alto in mezzo a quel
cielo terso dalle nuvole, dentro Medusel regnava il buio. L’ombra
stendeva maligna le sue mani dentro ogni stanza, poggiava le
scheletriche dita sulle spalle coperte degli abitanti e ne gelava il
respiro, che si evolveva in tante nuvolette. L’oscurità si era accorta
dell’elfo, quell’unica volta ch’egli era entrato per salutare Re Theoden.
L’aveva notato, si era svegliata dal suo sonno e si era avvicinata,
sensuale e sinuosa come il vento stesso che cavalcava.
Ma lui si era
protetto. Si era avvicinato a Gandalf e l’ombra aveva temuto quel
vestito lindo e liscio. Ma l’ombra lo desiderava. Voleva attanagliarlo,
voleva strozzarlo e voleva impedirgli di illuminare ogni cosa solo col
suo sguardo color del cielo.
Non si era
avvicinato ad Aragorn.
No, non ce
l’aveva fatta. Già un’altra stava accanto a lui. Eowyn di Rohan, la
nipote di Theoden. Legolas non la temeva, ma la sentiva fredda, gelida
dentro. Una donna vuota. Svuotata da anni di disperazione. Bella, certo,
ma fredda e solitaria, pungente, distaccata…
Aragorn, invece..
come lo ricordava bene. Caldo, quel calore dell’onore, quel calore che
ribolliva nelle vene degli uomini, che tanto si scaldavano per la loro
vita tanto breve… Lo aveva sfiorato varie volte, e aveva sentito..
qualcosa. Non sapeva bene cosa. Aveva sentito il cuore accelerare i
battiti,veloci e tamburellanti, impazienti. Le mani si rendevano umide,
la gola secca.. lo sguardo provava ad intingersi in quello chiaro di
Aragorn… Il Re.
Il re.. di Gondor.
Legolas alzò lo sguardo dal foglio e perse gli occhi nella landa brulla
e desolata che avvolgeva Rohan. La sua mente camminò lungo gli Anorien,
scavalcò il monte Mindolluin e restò impigliata tra i rami dell’ Albero
Bianco. Vide Aragorn… vestito di nero. Una splendida corona poggiata
delicatamente sulle sue tempie, che gli stringeva i capelli scuri e
morbidi, in mille onde castane. Camminava lento e maestoso per il bianco
giardino di pietra. Bello, splendente, guardava il suo regno prosperoso
e ascoltava il chiaro suono di trombe che il vento gli portava in dono.
Legolas schiuse
le labbra, si rilassò completamente e il suo corpo si fece coccolare dal
vento. Vedeva Aragorn, e tutto gli bastava, voleva tenere quella visione
davanti a sé per sempre… Poi, dalla nera porta d’ebano del palazzo,
usciva una figura femminile, avvolta in un abito bianco e svolazzante
alla brezza leggera, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia.
Teneva per mano un bambino, piccolo, che faceva fatica ad arrivare alla
mano della propria madre.
-Arwen… Undomiel….-
mormorò Legolas,
la voce gli tremava… gli occhi gli si annebbiarono di lacrime… sentiva
come se volesse affogare lì, nel proprio pianto… Arwen… e… Eldarion….e…
-Aragorn…-
la voce uscì
dalle labbra di Legolas come un gemito,quasi un’implorazione, un tacito
richiamo che gli affiorò sulla bocca sottile. Piangente desiderio
impossibile.
-Aníron le
Aragorn…-
una lacrima gli corse
incontro, andando a morirgli sulle labbra. Leggermente salata, ma allo
stesso tempo tanto amara, amara e pulsante come quella ferita, quello
squarcio che Legolas si sentiva dentro. Gliel’aveva aperto Aragorn col
suo sguardo… quella notte… a Fangorn…
Prima di quella,
Legolas sentiva semplicemente un rosicare nel fianco, ogni volta che
guardava Aragorn. Il rosicare si intensificava al suo tocco,
s’ingrandiva e lo divorava… era passeggero…
Ora no. Ora era
perenne. Ora il corpo di Legolas fremeva ad ogni carezza del vento,
perché tanto desiderava che fossero le mani del Re; ogni volta che udiva
un sussurro, il cuore gli saltava in gola perché tanto desiderava fosse
il suo Re a sussurrargli all’orecchio.
Era strano,
questo suo comportamento. Quando era giunto a cavallo a Granburrone, non
si aspettava che tutto ciò sarebbe successo. Non credeva nemmeno che
sarebbe stata unita una Compagnia. Prima era silenzioso, deciso, non
faceva mai trasparire un sentimento sul suo volto. I suoi occhi erano
azzurri e limpidi, come un lago tranquillo. Ora, ad ogni minimo alito di
vento, il lago s’increspava di onde, e lui non riusciva a trattenersi..
gli tremava il respiro in gola, desiderava scomparire, diventare albero,
tramutarsi in pianta e non fremere mai più se non per i baci del sole.
Conosceva Aragorn
da lungo tempo, ma non gli si era mai avvicinato troppo.
Solo.. una notte…
quando Aragorn aveva a malapena trent’anni…
Legolas accarezzò
con tenerezza il suo ricordo. Lo conservava da anni nel suo cuore, come
una gemma dal sapore del polline.
Da quella notte,
l’amicizia aveva stretto intorno a loro due le sue funi di corda dorata
e loro non avevano mai fatto nulla per sfibrarle.
Si trovavano
allegri nelle notti d’estate, nei giardini illuminati di Granburrone.
Aragorn esagerava sempre con il sidro, e toccava a Legolas riportarlo (o
meglio, trascinarlo) fino nella sua stanza, caricandoselo sulle spalle.
Legolas sbuffò un
sorriso e si asciugò una lacrima con un dito.
Dentro di lui
avvenne tutto in un attimo. Si accese una fiamma.
-I le moka!
Sibilò a labbra
strette.
-Ti odio….
Lo ripeté ancora,
se lo disse dentro, lasciando che quelle due parole rimbombassero col
frastuono della tempesta, che lo sconvolgessero e scacciassero via ogni
desiderio. Lo odiava. Ma lo desiderava.
Lo odiava proprio
perché lo desiderava. Non poteva averlo e lo odiava. Non poteva essere
felice, ed era tutta colpa sua.
“laume anta lyaa indo an
weo, Legolas… Mai dare il tuo cuore ad un umano, Legolas. Non farà altro
che dividerti. Ti spezzerà in due parti, ti scorderai chi sei…
Lo amerai e lo
odierai perché lo vuoi… ma non potrai averlo. Non farti divorare dal
questo desiderio impossibile… enyala sina…
estelio mii
sina…ricorda questo.. credi in questo…”
Galadriel aveva ragione.
Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Non poteva più
ritirarsi… sia l’odio che il desiderio erano così brucianti dentro di
lui.. sembrava volessero farlo esplodere, pulsavano ogni notte nei suoi
sogni agitati, lo tormentavano e gli giocavano brutti scherzi.. era
disattento, desideroso di guerra.
Oh, sì…..
Solo la guerra sembrava
dargli sollievo. Metter mano all’arco, sentire il legno contro la
propria pelle.. accarezzare la freccia, tenerla con due dita… Solo
l’arco gli dava sollievo. Incoccava la freccia con la stessa delicatezza
con la quale voleva accarezzare Aragorn.. e la scagliava con tutto
l’odio che aveva in corpo; scaricava la fiele dentro quell’anima sottile
di legno e la guardava volar via, godeva dei gemiti che procurava e
catturava l’ultimo respiro che portava ad esalare. Si sentiva crudele.
Si sentiva spietato. Il suo corpo si adattava alla guerra, ne esprimeva
il bisogno.. eccitazione di sentire urla agguerrite, bramosia del caldo
del sangue…
-Man
na i umy? I lantane… minna morie…. Minna nuurhuine… (Cosa sto
facendo? Sto cadendo.. nell’ombra, nell’ombra della morte…)
Morte… quelle
cinque lettere sembravano così dolci in quel momento… l’ombra, il
freddo…il niente…
Si alzò in piedi
e aprì le mani, allargando le braccia e buttando la testa all’indietro.
Sciolse i capelli e si sentì libero. Le mani dell’aria lo abbracciavano
e lo accarezzavano, il fresco della mattina lo baciò dolcemente e
spasmodicamente, come si fa con un fratello appena ritrovato. Il foglio
gli volò via dalla mano e si librò seguendo il vento che lo leggeva e
strapazzava.
Inspirò
profondamente. Si sentiva bene, si sentiva felice. Avrebbe potuto
pregare i Valar… e lo fece. Pregò come solo gli Elfi sanno fare, aprendo
i propri pensieri alle stelle, cercando di urlarli così forte perché i
Signori delle loro Aule li sentissero, gridando sempre più forte… i
respiri quasi una canzone, il corpo di Legolas sembrava scomparisse,
portato via dal vento mentre stringeva gli occhi e cercava di urlare…
“Lasciatemi qui.. per
sempre… tramutatemi in colui che può sentire il vento per l’eternità…
lasciatemi qui. Fatemi vivere senza pensiero, fatemi vivere senza… di….”
Non ne ebbe il coraggio.
Non volle nemmeno pensare quel nome… Aragorn… Se l’avesse pronunciato il
Desiderio si sarebbe svegliato dal suo debole sonno e l’avrebbe
attanagliato. Però cambiò il suo canto, cambiò preghiera… il Desiderio
si era risvegliato e fingeva di cantare, invece bruciava.
Datelo a me… Per
scalare l’Erebor mi ci vuole un giro di sole… perché per avere lui mi ci
vuole la vita? E’ la mia vita che volete? Prendetela ora!”
Lo urlò dentro sé
stesso, chiamando i Valar a gran voce, anelando una risposta come
anelava l’aria. Stava lì, a braccia aperte, respirando la sua libertà
passeggera…
-Legolas…..?-
L’elfo trasalì, il suo
viso già latteo si fece ancora più bianco,mentre le guance si tinsero di
un rosso intenso…. Immaginò di vedere sé stesso con gli occhi del
ramingo che era appena spuntato da dietro le sue spalle. Stava lì, a
braccia aperte, in piedi col viso rivolto verso il cielo e il corpo
accarezzato da quel vento così strano… Lentamente, Legolas abbassò le
braccia e le rimise lungo i fianchi, disciolse i muscoli delle gambe e
aprì gli occhi girando la testa.
Oh, Valar…. Legolas…
perché diamine sono venuto a cercarti? Sono confuso e tu non fai altro
che disorientarmi…
Pensò Aragorn non appena
lo vide. Si sentiva così invischiato nella sua umiltà di mortale…
Inferiore ad una creatura così bella… bella al punto di volerla avere
solo per sé, di volerla stringere spasmodicamente, o semplicemente di
volerla…
Legolas si raccolse i
capelli nel suo laccio azzurro e sorrise dolcemente.
Aragorn si incantò nel
guardarlo. Solo Legolas era capace di donare agli occhi dell’Uomo quel
sorriso.. sereno e luminoso, come un sole che spuntava assonnato dalla
linea dell’orizzonte. Dolce quanto l’acqua fresca la mattina, che scava
nel tuo sonno chiuso e ti apre alla giornata. Bello… quasi soffuso in
ogni dove, come il rumore dell’onda spumosa, morbido quanto il tocco
dell’erba.
Mi sento egoista,
guardandoti… e disperato.
Non ti avrò mai…
-Umy le maure aenat?
(hai bisogno di qualcosa?)
-Er lyaa ooma… lyaa maur…
(solo del tuo aiuto, della tua
presenza.)
Legolas sorrise ancora.
Gli piaceva sentirsi utile. Soprattutto con Aragorn.
-So che ti disorienta..
ma preferirei che tu mi seguissi dentro il palazzo.
Disse Aragorn
timidamente, schiarendosi la voce a metà frase. Il viso di Legolas
cambiò repentinamente: scomparse il bel rossore che aveva sulle guance,
e la sua pelle si fece bianca, quasi cerulea, mentre spalancava gli
occhi, intrisi di terrore.
I respiri di Legolas si
fecero più veloci, spaventati, e Aragorn s’accorse che l’Elfo stava
stringendo forte i pugni.
-…Cosa ti spaventa…. Di
Medusel?…-
-Nulla. Fammi strada…-
si decise l’Elfo. Le
paure vanno combattute, ed un guerriero che si rispetti non deve avere
assolutamente alcun timore. Doveva ridere anche in faccia alla morte. E
Legolas sentiva che, dentro Medusel, gli sarebbe accaduta qualcosa… ma
non sapeva cosa.
Aragorn annuì lentamente
e gli volse le spalle.
Mi spiace… so che..
ti fa male. Ma io ho bisogno di te. E non posso starmene fuori..
vederti… dove tu vuoi. Devo rinchiuderti, o finirò con l’…… innamorarmi
di te…
Devo costringerti a
racchiudere il tuo essere, non entrare dentro di me, ti prego…
Non odiarmi, amico
mio. O finirò con l’amarti.
Entrarono nella sala
grande, dove una finestra sopra al trono del Re gettava una luce
fantasma, soave e leggera, ma spaurita dentro la sua costituzione
pallida, intimorita dalle solide mura di pietra e legno intagliato.
Aragorn fece per proseguire, ma sentì i passi di Legolas fermarsi al
centro del salone.
-Aragorn…. Ti prego… non
andiamo oltre…-
gemette l’elfo. Un tono
spaventato si era insinuato nella sua voce. Tremava la voce stessa.
Anche Aragorn venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena, ma
non era a causa della poca luce. Amava il modo in cui Legolas
pronunciava il suo nome… “Aragorn… aaarraagooorrrrrn”. In bocca a lui,
quel nome non sembrava così maledetto, così inutile ed effimero, così
sporco come la sua dinastia, così rude per tutte quelle “erre” e
così…mortale.
Pronuncialo ancora…
dimmi come mi chiamo.. fammelo dimenticare e poi riscoprire…
Decise di fermarsi. Con
lo sguardo cercò due sgabelli, ma Legolas sembrava avere tutta
l’intenzione di starsene in piedi. Sentiva che se si fosse accomodato,
l’oscurità lo avrebbe fiutato e sarebbe accorsa a sussurrargli parole
sensuali all’orecchio.. l’avrebbe fatto stendere e controllato, derubato
del calore… Fu così che si ritrovarono uno avanti all’altro, Aragorn
seduto e Legolas in piedi, stretto su se stesso e attento, lo sguardo
color del cielo immerso in quello di ghiaccio del ramingo.
Sono contento che tu
mi abbia cercato. Perché altrimenti l’avrei fatto io… e non so se… sarei
riuscito a… restare freddo…
-Goston tan i pêl
minno i…. (Temo quello che sta
succedendo dentro me…)
-Cosa sta succedendo…
dentro te?-
mormorò Legolas un po’
vergognoso… con quelle parole “dentro te” gli sembrava di avere un
rapporto con Aragorn… entrare dentro di lui in una maniera che non aveva
mai pensato… un qualcosa di forte… di prorompente….
-Sono disorientato,
Legolas. Non conosco il mio destino, o meglio… non lo capisco. Se è vero
il fatto che dovrò guidare gli Uomini contro il Male.. allora perché mi
sento così… impotente? Se è vero che dovrò passare il resto dei miei
giorni con una corona in capo e.. Arwen Undomiel al mio fianco… Perché
non desidero nessuna delle due?-
A quelle ultime parole,
Aragorn affondò lo sguardo negli occhi di Legolas, quasi cercando di
trovare in essi una risposta… berla e sentirsi libero da quelle ombre
nella sua testa. Legolas fu attanagliato da un pensiero che gli sembrò
così morboso…
Non desideri Ancalima
Undomiel… ma allora nel tuo cuore chi dimora? Lady Eowyn? No…Chi porti
con te a letto, Aragorn? Chi cerchi nel tuo petto per consolarti?
Evenstar ora è solo un fardello? Potrei asciugare io le tue pene?
Potresti.. desiderarmi come anche io desidero te… o la mia è solo una
vana, uumea el? (vanesia stella)
-Io non…-
-Legolas, sto sentendo
qualcosa.. sto cambiando. E tu che sei un Eldar dovresti sentirlo… Sto
diventando freddo… insensibile…
-Non puoi dire questo.
Tu sei destinato…
-Destino?-
Saltò su Aragorn con
un’espressione quasi furiosa: il collo teso, gli occhi stretti.
-Cos’è il destino se non
un ulteriore peso sull’anima?
-Dici così solo perché
stai attraversando un brutto momento. Non lo credi. Lo so.
-Tu non sai nulla di me.
-Allora.. insegnati a
me. Spiegati. E solo in questa maniera potrò confortarti.
-Non cerco conforto.
-Cerchi risposte che non
posso darti. E mi sembri nervoso. La tua bocca non ha fatto altro che
emettere scempiaggini in questi pochi minuti. La tua mente è forse in
vacanza o in ritiro militare? Se ti chiedessi una qualsiasi cosa nella
quale tu usualmente credi, molto probabilmente non faresti altro che
stravolgerla, ora.-
Legolas parlava con un
tono pacato, cercando di mantenere la calma. Perché Aragorn si
comportava così? Cosa gli era successo? Non aveva mai parlato in quella
maniera.. così… distaccata, diffidente…
-Tu parli ma non
concludi, Legolas.
-Mi stai forse dando
dell’insoluto?
-Appellare è limitare.
Voi Elfi non avete confini.
E pronunciò l’ultima
frase quasi con derisione. Legolas si sentì molto ferito. Aragorn
sragionava, certo. Ma non aveva mai osato criticare la Stirpe dei
Luminosi. Mai.
-Cosa vuoi insinuare?
-Io non insinuo mai,
Legolas. Faccio accuse precise.
Legolas si sentì
ribollire. Il desiderio verso Aragorn, la stima, la dolcezza.. svanirono
tutte in un lampo. L’uomo si era trasformato e non era più il coraggioso
e onorevole ramingo di poche ore prima. Era ottuso, chiuso e
irriverente. Legolas avrebbe voluto urlargli in faccia non so quante
maledizioni, ammonimenti, voleva andarsene ma non ne sentiva la forza…
-Sto iniziando a non
credere più in niente.
-E l’arte?
-Una malattia.
-L’amore?
-Un peso e un’illusione.
-E L’ONORE? Quello in
cui credi? Ciò per cui combatti?
-Un surrogato della moda
della fede.
-Sei uno scettico.
-Per carità! Lo
scetticismo è il principio della fede.
-Dammi un filo da
seguire…
-I fili si spezzano e
potresti perderti nel labirinto.
-Mi inquieti, parliamo di
qualcos’altro…
La discussione si fece
sempre più animata, Legolas era indignato.. si sentiva bollire di
rabbia.. gli avrebbe volentieri portato le mani al collo e l’avrebbe
strozzato… Elbereth quanto lo odiava in quel momento..
-Voi Eldar credete
sempre di poter raggirare gli ostacoli. Non è così la vita.
-CHE NE SAI TU DELLA
VITA? Sono 2931 anni che tengo piede su questa terra ed ho sofferto pene
che tu nemmeno immagini. Non puoi permetterti di giudicare la stirpe che
ti ha allevato solo perché stai attraversando un momento di follia! Non
ho intenzione di ascoltare un bamboccio come te! I LE MOKA, ARAGORN! -
E fece per andarsene,
ubriaco di rabbia e trasudante odio per quel lato di quell’uomo che era
sempre stato così desiderabile… non lo riconosceva più ed aveva paura.
Paura di perdere quello che amava di più. Non erano tanto le parole del
compagno a ferirlo, quanto la loro durezza, la loro assenza di fede e
calore, la loro obliquità…
-ARRIVERà IL GIORNO-
urlò Aragorn in preda al furore –ARRIVERà IL GIORNO IN CUI MI GRAFFIERAI
LA SCHIENA URLANDO CHE NON CE LA FAI PIU’! Poi mi pregherai di andare
avanti ancora.. e ancora… e ansimerai…-
gli occhi gelidi di Aragorn lo
trafissero e Legolas si sentì come immobilizzato… il sangue gli
ribolliva nelle vene, non riusciva a controllarsi, avrebbe voluto
sentire il collo di Aragorn stringersi sotto le sue mani… farlo
smettere…
-COME OSI!-
e Legolas si avventò
contro di lui sguainando dalla cintola un pugnale affilato, ma quando
gli fu davanti, Aragorn lo bloccò, lui rallentò…
Vicini.. non si erano
mai trovati così vicini… la mano di Aragorn sembrava puntasse in altri
luoghi invece che alla schiena dell’elfo.. Si potevano specchiare l’uno
negli occhi dell’altro… i loro respiri carezzavano le loro labbra… come
lo desiderava.. l’odio stava andando a tramutarsi in desiderio…. Folle,
perverso, cattivo ed inevitabile.
Con un movimento
repentino, Legolas spinse la testa dell’amico all’indietro,
avvicinandosi pericolosamente al suo collo…
-SOLO i Valar sanno
quanto desidero.. tagliarti.. la gola, ora…
-FALLO.
Legolas guardò Aragorn e
rabbrividì. Quella parola, quella specie di comando sembrava venisse da
un contesto lontano.. sembrava spuntasse da i gemiti di un uomo in preda
alla passione e alla foga dell’amplesso… sembrava fosse un esortazione a
ricevere di più… al volere… pulsante… Legolas avvicinò il pugnale al
collo dell’amico… voleva fargli credere di esserne capace, ma il suo
corpo andava in un’altra direzione ben diversa.
Ad un tratto, le mani di
Aragorn scattarono verso il bacino dell’elfo e lo spinsero contro di sé.
Legolas riuscì a
trattenere un gemito misto tra sorpresa e soddisfazione.. non aveva mai
sentito il corpo di Aragorn così vicino… caldo… passionale… sentiva il
ramingo premere contro di lui… Accaldato e magnifico… Desiderava
continuare il contatto, restare stretto contro Aragorn per l’eternità…
avrebbe voluto sentirsi libero di muoversi contro di lui.. dire ad
Aragorn cosa davvero provava… vederlo dischiudere le labbra, sentire il
suo respiro… Le mani di Aragorn scivolarono verso il basso…
Quell’attimo così
intenso gli annebbiò la vista.
Un altro istante e non
si sarebbe più controllato… e avrebbe buttato Aragorn sulla tavola, lo
avrebbe soddisfatto davanti a tutti… Capì cosa lo spingeva verso
quell’uomo…
Non poteva restare lì…
il desiderio stava prendendo possesso del suo corpo e se Aragorn se ne
fosse accorto…? Si staccò con un gesto brusco, l’amaro in bocca… voleva
uscire da quel palazzo. Dannato, dannato!
Yesta i le, Aragorn..
naa i uume merne le... (Provo
desiderio per te, Aragorn... ma non posso averti…)
-Alla stanza degli
arazzi, Legolas. L’unica luminosa del castello. Nell’ala est. Se
veramente pensi ciò che hai detto, fatti trovare lì .-
Legolas fece finta di non ascoltarlo..
non VOLEVA ascoltarlo.. ancora la voce dell’uomo nella sua testa
rimbombava.. “fallo… fallo oh, Legolas fallo…”
lo schifava e lo gratificava allo stesso momento. Gli piaceva sentirla
dentro di sé… lo disturbava…
-Al calare del sole,
Legolas. –
Aragorn urlò ancora.
Sulle labbra del ramingo stava un sorriso che traspariva la sicurezza
dell’uomo sul fatto che l’Elfo sarebbe venuto.
So che ti spaventa…
ma devi sapere…
Legolas aveva sentito.
Oh, se aveva sentito. In un primo momento non se ne accorse, ma aveva le
guance bagnate di lacrime.
Lacrime di rabbia, di
tristezza, di gioia per aver scoperto che anche Aragorn… e se fosse
stato solo… Avrebbe fatto male a… Cosa sarebbe…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
Si portò le mani alla
testa, premendo i palmi sulle orecchie appuntite per non sentire nulla..
quella voce.. veniva da fuori o dentro di sé? Quella voce era vera o era
solo la sua perversa immaginazione a crearla? Una lacrima gli stava
scendendo dolcemente lungo il collo.
Uscì di filato dal
palazzo, ritrovando quel vento pazzo ad accoglierlo con mille soffi e
sbuffi freschi. Girò l’angolo dei gradoni del palazzo, camminando
sull’orlo. Chi l’avesse notato, certamente sarebbe stato col fiato
sospeso per paura di vederlo cadere, ma lui seguiva il suo bordo dritto.
Era un po’ come una maniera per calmarsi… spostare la mente sul fatto
che non doveva cadere. Si sedette su un angolo, a guardare quel lato di
Edoras che non aveva mai curato più di tanto. Il lato aperto, quello
sconfinante nella prateria stepposa di Rohan. Chiuse gli occhi e riprese
quel suo contatto con la natura. Gli faceva bene. Sentì il vento tornare
verso di lui, abbracciarlo e sollevarlo da terra… lo portò in volo. Lo
lasciò in piedi, al limitare dei confini della città, dove stava una
palizzata di legno massiccio… e basta. Non aveva fatto un viaggio poi
così lungo. Perché si era fermato proprio lì? Quel sole così guardingo
lo fissava dall’alto, come se volesse leggergli nella mente e
risvegliare quei pensieri…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
No… no… non doveva
tornare quella voce… aveva impiegato così tanto per farla andare via…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
Aveva bisogno di un
bosco. Gli alberi lo calmavano. Ogni volta che sedeva su un ramo
sembrava che l’intera struttura di foglie e legno si curvasse su di lui.
Le foglie gli accarezzavano le gote e l’ombra fresca della chioma lo
consolava. Quando le foglie frusciavano gli cantavano una dolce canzone
che solo lui poteva sentire.
Ad un tratto, girò il
viso, spaesato e… il ramingo gli stava accanto.
Poggiava la schiena ad
uno dei pali di legno, le mani incrociate e il viso basso, coperto da
una cascata di onde fluenti e castane. Muoveva il piede sinistro come se
volesse scavare una buca in quella terra arida.
-A.. a… Aragorn?
Sussurrò accorgendosi
che la voce gli mancava tremendamente. La mente era completamente
disconnessa… che diavolo ci faceva lui lì? Voleva tormentarlo ancora?
-Che… che ci fai tu…
qui?-
ma lui non rispose. Lo
fissava. In quegli occhi azzurri poteva leggere… qualcosa.. che lo
spaventava.
Desiderio.
Un brivido gli percorse
la schiena… non poteva essere.. cosa.. cosa gli stava accadendo? Aveva
scuramente le traveggole! Voleva andarsene quando…
Aragorn si sporse in
avanti e si avvicinò a Legolas, prendendolo per un braccio.. aveva le
mani calde…
-Scusami…
gli sussurrò dolcemente.
Poi allungò una mano sul viso dell’Elfo e gli carezzò una guancia.
Legolas sentì il cuore accelerare, batteva a mille, il sangue scorreva
veloce per le vene, le mani umide… Perché gli succedeva così? Perché
solo con Aragorn? L’uomo gli si avvicinò di più, si sporse in avanti.
Legolas doveva tenere lo sguardo fisso negli occhi di lui? Lentamente,
invece, abbassò gli occhi color cielo fino a giungere alle labbra
dell’uomo. Doveva distogliere lo sguardo, lo sapeva, ma non ci riusciva…
Sentì una mano di Aragorn carezzargli la coscia…fremette…si sporse
ancora di più, il respiro gli lambiva le labbra sensualmente. Fu un
momento velocissimo.
Aragorn si sporse in
avanti un’ultima volta, poggiando una mano sulla nuca di Legolas e
tirandolo a sé, intrappolandolo in un bacio. Prima a labbra chiuse…
Legolas non sapeva come comportarsi.. doveva lasciarsi andare? Cosa mai
sarebbe successo… il Ramingo gli bloccava il capo con una mano e gli
stringeva le spalle con l’altro braccio, avvolto intorno a lui come
un’ombra scura ed eccitante. Si staccò lentamente e lo fissò negli
occhi.. poi li abbassò a sua volta sulle labbra dell’elfo e sembrava
ricordasse quello che era appena successo.
-Aragorn… ma…
(Aragorn… che…)
- Auta o quette… toi maaraer…(Basta
parole, sono così inutili…)
lo fermò l’uomo
poggiandogli due dita sulle labbra. Quel bacio era stato… caldo, anzi
no, bollente, dolce, sensuale, dirompente, improvviso, inaspettato,
piacevole… Aragorn si passò distrattamente la lingua sul labbro
superiore. A quel gesto, Legolas si sentì attratto come non mai… quel
bacio.. tanto veloce… non bastava. L’elfo allungò una mano verso quel
viso così mascolino e lo tirò a sé, baciandolo ancora. Prima piano, le
labbra strette contro quelle del ramingo;poi le aprì dolcemente e lasciò
che la lingua scivolasse incontro a quella di Aragorn, che lo accolse
caldamente. Passionale, Legolas gli succhiò dolcemente la lingua e per
tutta risposta Aragorn abbassò ambedue le mani verso l’inguine
dell’elfo, gli aprì leggermente le gambe. Aragorn era eccitante al punto
che Legolas gli si sciolse addosso, gettandosi su di lui in balia di
quelle mani così calde, continuando a baciarlo come se fosse quella
l’unica fonte di respiro… L’uomo muoveva le labbra dolcemente, con lui,
su di lui e contro di lui, lo fece appoggiare contro uno dei pali e
sembrava lo volesse divorare. Legolas si aggrappò alla schiena del
ramingo, mentre quello spostava le labbra sul collo dell’elfo e cercava
di slacciargli la casacca… dopo qualche tentativo,le mani di Aragorn
lasciarono stare i bottoni e scivolarono sui fianchi di Legolas…più giù,
più indietro… premendolo con forza contro di sé.
Legolas stava lì a
labbra socchiuse, gli occhi serrati al pari delle sue mani sulle spalle
di Aragorn… non sapeva come… muoversi.. eppure gli sembrava tutto così
naturale…
Si lasciò possedere per
lunghi ed appaganti momenti, baciando ancora l’oggetto del suo
desiderio. Lo strinse ancora, si avvicinò e sentì Aragorn muoversi
contro di lui…
-En
tulka....Aragorn….a..ah…. (più forte)
il Ramingo sembrava
seguisse una via sua, usasse l’elfo come un oggetto… Lo guardava con
quei suoi occhi glaciali, dello stesso colore del cielo che vegliava
sulle cime del passo di Caradhras, lo baciava ancora… Quelle labbra
calde segnavano il loro percorso sul collo di Legolas, le mani di
ambedue avevano volontà propria.
Il corpo di Aragorn
premeva con forza contro quello dell’elfo, divorato
dall’eccitazione.Dalle labbra sottili di Legolas uscivano gemiti
soffocati che, ogni tanto, Aragorn bloccava con baci veloci. Legolas ne
voleva sempre di più, di più… Ancora ed ancora le loro labbra si
incontrarono, e Legolas voleva che quei baci durassero per l’eternità…
Aragorn tolse le braccia da addosso a Legolas e le poggiò sulla
palizzata, bloccando l’elfo solo col suo corpo.
- Veela u le usin…
(vediamo se scappi…)
-I
voror… um ta… (Non lo… farei
mai...)
ansimò Legolas mentre il
piacere di Aragorn lo travolgeva. Continuava a stringere spasmodicamente
le spalle dell’uomo per evitare che fosse lui a scappare.. e anche per
evitare di scivolare in basso… In basso, ci andarono le mani di Aragorn,
giù giù fino ai calzoni di Legolas. Slacciarono velocemente la cintura
di cuoio che cadde a terra con un tonfo, poi armeggiarono un poco coi
bottoni.
-Aragorn.. non… ah… non
qui…. A… ah….
-Il desiderio non
conosce luoghi…
Lo ammonì l’uomo
tappandogli le labbra con la propria lingua. Legolas preferì tacere e
continuare quel bacio, ma Aragorn stava nettamente esagerando…
-Aragorn.. mo… auta le….
Ara…. ( che.. fermati…)
ma non fece in tempo a
finire la frase che il piacere lo travolse di sorpresa nel sentire le
mani di Aragorn su di sé, chiuse gli occhi, buttando la testa
all’indietro fino ad appoggiarla al palo di legno gemendo sommessamente,
ansante e desideroso di rimanere così. Aragorn lo toccava ancora,
esattamente dove Legolas voleva, mentre le labbra percorrevano il suo
collo in ogni angolo possibile.
-Basta Aragorn..
smetti….
L’uomo lo guardò. Fisso…
quegli occhi sembravano quasi taglienti, qualche ciocca di capelli era
attaccata alla sua pelle e gli arrivava ad un angolo della bocca.
-Era forse un ordine?
Chiese sollevando le
labbra in un sorriso malizioso. Legolas si chiuse i calzoni. Gli
piaceva, ma era troppo.
-Sì.
E così dicendo si avventò contro
Aragorn, sorprendendolo col bacio più forte che si fossero mai
scambiati. Noncurante delle mani di Aragorn sui propri fianchi, premette
con violenza la lingua dentro la bocca di Aragorn, soffocando i suoi
gemiti di sorpresa e piacere. Aragorn rimase senza fiato, mentre la
lingua di Legolas esplorava prepotentemente la sua bocca. Le mani
dell’Elfo afferrarono il colletto del Ramingo, tirandolo a sé fin quasi
a farlo sbilanciare.
Ad un tratto, però, a
Legolas non sembrò più di sentire Aragorn stretto a sé.. solo.. aria..
Aprì lentamente gli
occhi e si ritrovò sul gradino del palazzo, davanti a sé solamente una
distesa di sabbia compatta e stepposa.
-Er oloore….
(solo un sogno)
Sussurrò tra sé e sé,
mordicchiandosi un pollice per svegliarsi completamente. Voleva sentire
dolore… un dolore più forte di quello che già sentiva dentro di sé…
tristemente si dovette render conto d’essere nella realtà, dove Aragorn
l’aveva stretto molto probabilmente solo per rabbia o per un giochino
perverso che la confusione gli aveva dettato.
-MASTRO ELFO!
Legolas si drizzò da
sedere ed irrigidì la schiena. Gimli apparve dietro di lui, con quella
sua andatura pesante e barcollante, dovuta dalle gambette corte.
Davvero, Gimli era
l’ultima persona (err… l’ultimo nano) che Legolas avesse mai voluto
vedere. Non gli andava di mettersi a chiacchierare, e nemmeno mettersi a
cantare o raccontare. Gli andava solo di piangere.
-Senti, mastro Elfo..
avrei bisogno di un consigl…
-No, Gimli. Non ora.
Lo fermò Legolas, ben
deciso a troncare quell’inizio di conversazione. Se solo non fossero
stati due membri della Compagnia, lo avrebbe appeso all’asta della
bandiera che garriva davanti a Medusel. Il nano alzò un sopracciglio,
sconcertato. Legolas di malumore? Succedeva assai raramente! A
quell’elfo bastava che il sole splendesse per essere felice… valli a
capire, gli Eldar!
Legolas si alzò in
piedi.. ancora il sapore di quei baci sulle labbra… Doveva andare alla
stanza degli arazzi.. o no? E se avesse rivisto Aragorn sarebbe riuscito
a contenersi? Doveva semplicemente provare. Sorpassò Gimli con due passi
e lo lasciò a borbottare qualche sua canzoncina nanica o roba simile.
Non gl’importava. Il sole stava iniziando a calare.
.|.|.
Nel frattempo, Aragorn,
era corso in preda alla rabbia nella stanza dove stava il suo giaciglio
e quello di Legolas (ovviamente c’era anche quello di Gimli, ma non lo
vedeva…). Si sedette di peso sopra il suo, che aveva tutte le coperte
disordinate e scompigliate. Aragorn non dormiva quasi mai sonni
tranquilli, e la mattina tutto era più importante del rifare il letto.
Tanto doveva tornarci, poi, no? Poggiò la schiena contro il muro e si
prese la testa tra le mani.
Nella testa gli
rimbombava tutto quello che aveva detto. Quante bugie…
Era stato un vigliacco.
Aveva usato la provocazione come arma, per vedere cosa provava Legolas…
e invece di trovare il perché di quella perenne dolcezza, di
quell’idilliaca delicatezza, aveva scatenato l’odio dell’amico. Sarebbe
venuto? Adesso non ne era più cosi sicuro. Si sentiva disperato, come se
fosse caduto per ore ed ore in un baratro.. e l’anima stesse ancora
cadendo nel vuoto. Doveva andare da Legolas a scusarsi? Cosa stava
facendo l’elfo, ora? Aragorn conservava di lui un ricordo dolcissimo,
quanto il profumo della sua pelle. Gli era sempre stato accanto, da
quando si erano conosciuti, e se la mente non lo ingannava, era stato
proprio Legolas che, per caso, gli aveva fatto incontrare Arwen.
Arwen…
Si era scordato il viso
di lei. Si era scordato tutto di lei. Non portava più Evenstar al collo,
anzi, la teneva avvolta in un panno, segregata in una tasca della
saccoccia. Se Arwen fosse venuta ad incontrarlo in sogno, il cuore di
Aragorn si sarebbe strappato di sicuro.. o forse l’avrebbe strappato lui
stesso. Se era vero che avere un cuore faceva soffrire così tanto, il
non averlo affatto avrebbe potuto cancellare tutti quegli affanni? Come
si sentiva sbagliato, in quei giorni. Sbagliato.. gli sembrava
l’aggettivo migliore. Lui era tutto sbagliato, ciò che provava era
sbagliato, il suo destino era sbagliato…
Anche il suo amore era
sbagliato.
Era iniziato tutto al
ponte di Kazad-Dhum, quando Legolas aveva afferrato lui alla fine del
suo salto e non Frodo. L’aveva stretto.. forse senza neanche pensarci,
forse nemmeno se lo ricordava…
Lui, invece, sì. Da quel
momento… da quando aveva respirato il dolce profumo dell’elfo, nella sua
testa si erano accavallati pensieri, immagini, desideri, congetture… ma
solo una cosa lo spaventava.
Legolas… era… un uomo… beh, sì,
insomma… un Elfo, ma pur sempre un uomo. No, non era questo il suo
terrore più grande. Molto probabilmente quella creatura così luminosa
non aveva ancora mai conosciuto… l’amore, cosa vuol dire passione…
Aragorn lo vedeva come un guerriero, dal volto d’angelo e l’abilità di
un assassino, quasi distaccato dalla cognizione di se stesso… freddo ed
impassibile, calmo e pacato, controllato e calcolato nei suoi minimi
confini… Era certo che provasse sentimenti.. gli Elfi sono le creature
più emotive di Eä,
{Per chi non se lo ricordasse, Eä è il “Mondo che È”, ovvero il Mondo.
Da il Silmarillion, JRRTolkien,Bompiani Editore.
Prima citazione a pg.17 n.d.Me}
ma non era certo che
provasse QUEI sentimenti… quelli che confondevano Aragorn così tanto. Lo
confondevano e non lo facevano riposare, gli toglievano il coraggio…
Ma quando c’era Legolas
accanto a lui.. sentiva nelle mani quella forza che l’avrebbe reso
capace di sradicare un albero di Lorien… di sollevare l’intera Minas
Tirith… tutto tranne che baciarlo davvero.
Pochi minuti prima
l’aveva stretto a sé… lui era desideroso.. aveva visto nello sguardo
dell’elfo una luce baluginare…
Indignazione,
sgomento..o lo stesso desiderio che anche lui sentiva?
Poteva quell’essere
dalla bellezza così androgina sentire quel genere di sensazioni..
dirompenti e a volte cattive, come nel loro caso.. Un amare ed un
soffrire, desiderare e farsi male…
Non aveva nemmeno la
forza di volontà di prevalere su Legolas, di farsi amare anche solo per
un’ora, di farsi desiderare… come mai avrebbe potuto trovare la forza di
mandare avanti un regno…. E guardare negli occhi la donna che un tempo
amava.. e che tradiva col pensiero, accarezzando con le sue fantasie il
profilo di un altro uomo?
C’è una sedia… nella
mia mente, sulla quale, ogni tanto, mi piace sedere per pensare e
trovare la chiave a tutto ciò che mi è celato…
Dove posso correre?
Dove nascondermi? In chi mi tramuterò? Dove ho udito le voci che
ricordo? Ho un paio di parole scritte sullo schienale della sedia, come…
“Pensi che sia coraggioso?” ”Pensi che me ne importi?” Posso..
cancellare, bruciare le immagini che vedo? Posso? Non credo…
C’è una sedia
piccola, quanto basta per contenermi. Preferirei una scatola, ma poi
potrei desiderare di chiudere il coperchio… Restare solo, per sempre su
quella sedia… Incatenami, Morte.. seducimi ed io non cederò… o sì? Quale
maschera ti metterai per portarmi dove tu desideri? Continuando a
pensare in questo modo sarà difficile continuare…
Devo trovare
coraggio, ma oramai questi pensieri me l’ hanno succhiato via… si sono
cibati del mio ardore e l’ hanno sostituito con quest’incertezza… Ho
bisogno di te, ma non venire. Potrei non fermarmi.
Ho bisogno di te.. ma
tu stammi lontano. Magari il mio desiderio si spegnerà…
Basta.
Basta mentire anche
con me stesso… ho mentito così a lungo… Non smetterò mai di desiderarti,
mai le mie mani smetteranno di bramare il tuo corpo… Quell’attimo,
Legolas. Solo quell’attimo tale da dar pace al mio cuore… unica
richiesta, la mia… certo… eppure così difficile da esaudire…
Non posso, non
riesco… andare avanti così potrebbe significare il mio desiderio di
abbandono… Mi rendo conto di non volere più nulla: né regno, ne Arwen,
ne onore, né gloria… darei tutto per avere te solo un’ora.
E si ritrovò in mano la
stoffa nella quale era avvolta Evenstar. La srotolò pian piano ed un
luccicare veloce gli fece sbattere le palpebre un paio di volte. Il
gioiello stava lì, così piccolo nella sua mano… luminoso, la curva di
cristallo così dolce e morbida. Uno splendido fiore al centro dal quale
scendevano due lunghe foglie lanceiformi che s’incrociavano tra loro.
Evestar. La stella del vespro, quel gioiello racchiudeva l’intera
essenza di Arwen. E lui l’aveva in mano, sarebbe stato padrone di
spezzarla, sotterrarla da qualche parte o, semplicemente dimenticarla…
- Renich i lu i erui
govannen? (Ricordi la prima volta
che ci siamo incontrati?)
- Nauthannen i ned ol
reninannen (Credevo di essermi
perso in un sogno…)
- Guenwin in
enninath… u-arnech n naeth I si celich..
(Lunghi anni sono passati, non avevi gli stessi turbamenti che hai ora…)
Poteva ricordarselo così
bene, quel momento idilliaco… a Granburrone, sotto la luna… lei era così
bella, dolce… vanesia.. come l’immagine ed il ricordo nella mente di
Aragorn. Stava svanendo. Quella figura sottile stava assottigliandosi
più passava il tempo. Come la pallida stella oscurata dai raggi di un
sole sorgente e dirompente, Arwen non rimaneva nella testa del ramingo,
troppo accecato dalla luce di Legolas.
Ma era sicuro che quello
per l’elfo fosse solo.. mero desiderio? Spoglia bramosia carnale? No…
c’era dell’altro.Se fosse stata solo la voglia di averlo, di sicuro non
si sarebbe sentito così male… di sicuro non si sarebbe sentito così
solo.. sconsolato, affranto, spogliato della gioia…
Ma allora.. come poteva
lui provare… amore?
Man kara i mel le?
Man kara i aniron le? (Cosa mi fa
amarlo? Cosa mi fa desiderarlo?)
E pensare che.. no..sarebbe successo
comunque? Era già predisposto?
Lady Galadriel… l’aveva
forse visto? Lo sapeva? L’aveva detto ad Arwen? Non si ricordava come
fosse stato, a Lothlorien. Era passato troppo tempo.
No, da quello che gli
restava di quella notte, Lady Galadriel non aveva accennato nulla sul
fatto.. di quello strano accelerare dei battiti del cuore alla sola
vicinanza di Legolas, non aveva proferito parola a proposito di quel
desiderio così innaturale, ma così forte… Tra quegli alberi, se solo
fosse stato in grado, avrebbe tolto la verginità a quella creatura che
sembrava tutto tranne che reale. Così bello da fare male. Troppo male.
Alzò la testa e guardò
il muro davanti a sé. La solida roccia era contornata da intarsi di
legno, dai quali pendeva una grossa tenda di panno rosso. Silenzio.
Non mi piace il
silenzio. Voglio sentire il tuo canto, ancora una volta.
Una sera, nella chiara
notte prima di partire da Granburrone, aveva sentito Legolas cantare.
Non era uno dei soliti canti già scritti, che ricordavano le grandi
gesta degli Eldar che furono…. Molto probabilmente quel canto era stato
composto da Legolas in persona, una dolce canzone d’addio per un amore
sconosciuto. Più che un canto sembrava una poesia, composta fra le
lacrime e ridondante di nostalgia. Ma la voce di Legolas la recitava
così bene da farla somigliare al gorgogliare del fiume, e le stelle
stesse si univano in un coro. Abbandonato sulla ringhiera di uno dei
tanto balconi di Granburrone, aveva cantato per tutta la notte. Si era
offerto lui di partire, ma il viaggio già lo stava uccidendo.
E aveva cantato tutta la
notte, cullando la propria voce con le foglie addormentate. Su quel
balcone vi era rimasto anche dopo che il sole aveva fatto capolino tra i
tetti delle case, steso ed assopito, come coperto da un lenzuolo di
rugiada. E il sole dipingeva su quel viso angelico…ombre e luci
d’avorio. E lui non aveva potuto fare a meno di restare a guardarlo,
acquattato tra qualche colonna marmorea, trattenendo il respiro per
paura di svegliarlo. Incantato.
Era un vero peccato che
gli Elfi dormissero così poco. Lui era così bello…
Aragorn strinse con
forza Evenstar nella mano, fino a sentire le punte dei petali di
cristallo trafiggergli la pelle, volontariamente strinse più forte…
Dolore… naike…. Per
dimenticarti…
Ma non poteva
dimenticarlo. Nulla sarebbe servito a farlo. No, lui era legato ad un
destino che si divertiva a vederlo soffrire, ma che allo stesso tempo
gli regalava qualche sogno breve e passionale… passeggero e nostalgico.
Riaprì la mano. Che
stupido. Stupidissimo. Come aveva anche solo potuto pensare di usare il
dolore come anestetico per l’amore? E poi, era davvero amore?
Sì… Lo è.
Si rispose. Basta con le
bugie. Si può essere attori con chi non si conosce, ma non con se
stessi. Non si può fingere con la propria anima.
Lo giuro su tutto
quello che ho di più caro, lo giuro su tutto ciò che ritengo valente, lo
giuro sull’onore e su me stesso. Ti dirò quel ch’io provo. E mi farò
valere. Non puoi scapparmi per sempre, Legolas.
Sul viso gli si dipinse
un sorriso sottile… un po’ di sicurezza e quasi spavalderia tornò a
scorrergli nelle vene. Guardò fuori dall’unica finestra della stanza: il
cielo aveva iniziato a tingersi di rosso. Era ora.
Si alzò e si lisciò bene
bene la veste. La mano aveva già smesso di sanguinare. Fece scivolare
Evenstar in una delle tante tasche della palandrana.
I lende, Legolas
(Arrivo, Legolas)
.|.|.
tap tap tap….
Gli stivali di Legolas
ticchettavano sul pavimento liscio del palazzo, corridoio dopo
corridoio. Non gli faceva più così paura.. aveva imparato a tenersi
freddo, così l’Ombra non l’avrebbe notato ed avrebbe continuato a
persuadere qualcun altro. Aveva imparato a non essere più sè stesso.
Aveva imparato a placare ogni emozione, freddo come una statua di
ghiaccio. Le emozioni facevano così male, soprattutto in quel periodo,
in quel momento, in quel palazzo…. Aveva imparato a scacciare la propria
anima, lenire il dolore e sedare la passione. Sentiva le cose passargli
distrattamente accanto. Solo aria sulla pelle. Non gl’importava se era
contro natura, non gl’importava se tutto quello che gli era stato
insegnato ed aveva scoperto sulla bellezza della vita riteneva la
separazione dell’anima un peccato. Doveva tenersi freddo. Per Aragorn.
Lo faccio per noi,
per conservare almeno l’amicizia. Se ti dicessi ciò che veramente provo,
allora rovinerei tutto. Voglio tenerti sempre con me, Aragorn. Ti voglio
al mio fianco. Non mi farò lasciare da te solo per uno stupido
sentimento. Non sarà il mio amore a dividerci.
Assorto in questi
pensieri, Legolas lasciava che i piedi lo portassero dove volevano. Non
aveva la più pallida idea di dove fosse la stanza degli arazzi, e
sperava di poter trovare qualcuno che glie la indicasse, ma Medusel
sembrava deserto.
Noncurante del buio,
scese un paio di scalinate introdotte da un grosso arco di legno con dei
cavalli intagliati e degli uomini in parata con bandiere, stemmi e
scudi. Quattro torce illuminavano i gradini, alcuni dei quali erano
ricoperti di legno liscio.
Ma è tutto di legno,
qui? Legno e pietra.. non mi stupirei se le persone fossero fatte dello
stesso materiale!
Terminate le scale,
Legolas si trovò davanti una specie di saletta di pietra, come un
pianerottolo cubico. Due lati erano di pietra, ma uno era una grossa
tenda giallo paglierino, fermata in un lato da una nappa blu.
Curioso da questi colori
così sgargianti in un palazzo così tetro, Legolas scostò nappa e tenda.
Non avrebbe mai
immaginato di vedere, proprio a Rohan, una cosa così bella. Avanti a lui
si stendeva un corridoio inondato della luce del tramonto. Il pavimento
era di legno (il parquet medievale? N.d.Me) e tutta la parte destra del
corridoio era occhieggiata di finestre d’alabastro, coperte da tende
setose. Tra una finestra e l’altra, stavano delle statue lignee che
raffiguravano Re, cavalieri e chissà quali altri eroi. Tutto sembrava
così… elfico… come.. come poteva una tale bellezza architettonica
starsene nascosta in un palazzo freddo e desolante? Il soffitto era
affrescato di blu, puntellato da tantissime stelle che sembravano
bottoni d’oro incastonati nella roccia.
-Com’è tutto bello… qui…
e scoppiò in una sonora
risata cristallina, che tintinnò e si rifranse su tutti i muri,
rimbalzando come l’acqua nella corrente di un torrente appena uscito
dalla sua sorgente.
-Come ho fatto a temere
tutto ciò? Come posso temere ciò che mi somiglia?
Si bloccò di scatto con
quelle parole ancora sulle labbra .
TEMERE Ciò CHE MI
SOMIGLIA… ed iniziò a parlottare
tra sé e sé con una voce sottile quanto il vento d’autunno tra le
foglie. Per tenersi compagnia.
-Aragorn…. I Kaure le… I mel
le…. (Ti temo, ti amo) Ma perché ti
temo se sei simile a me? Perché tremo se mi sei accanto? Cosa mi spinge
a volerti? Sei… un uomo, come me… ed io…. Non ho mai… provato… amore. A
parte con….-
E Qui si interruppe,
abbassando la testa, nella mente un ricordo troppo doloroso da
rievocare.
-Perché con te? Perché è
tutto così confuso, così difficile? Perché non posso dirti quello che
veramente sento? E se tu provassi il mio stesso calore… allora vorrei
gridarlo al mondo… ma non potrei farlo…
Se la Terra di Mezzo
venisse a sapere quello che potrebbe esserci tra… me… e te… allora
sarebbe la rovina? E Ancalima Undomiel? Il suo amore per te… è così
forte da poter offuscare il mio? O il contrario? Porti ancora Evenstar….
… se è il tuo simbolo d’amore…
potrei portarla io? -
Scrollò la testa quasi
cercando di scacciare via quel pensiero. Come aveva anche solo potuto
pensare che Aragorn gli avrebbe donato il suo fiore di cristallo? Come
avrebbe mai potuto pensare che Aragorn avrebbe lasciato la donna a lui
promessa.. l’amore della sua vita…. Per… lui? Che sciocco si sentiva… e
questa volta avrebbe davvero voluto svanire.. via.. via.. a correre
verso casa, Bosco Atro… a rifugiarsi sui suoi alberi, a cercare l’ombra
ed il conforto del vento… il silenzio, la calma ed il calore del suo
sole, di casa sua…
Ad un tratto, fu
obbligato a svoltare un angolo nel corridoio e… poco lontano, vide lady
Eowyn aspettare, in piedi, davanti ad una tenda rossa. Troppo tardi per
girare i tacchi ed andarsene.. lei l’aveva già visto.
-Sire Legolas…
mugolò lei con quella
sua voce così fredda e monotona. Legolas trattenne un brivido.
-Lady Eowyn…
la salutò freddamente
con gesto del capo. Non gli piaceva incontrarla.
-Cosa fate voi qui…?
Pensavo che Medusel vi terrorizzasse….
-NULLA mi terrorizza,
mia signora.
Puntualizzò lui
sentendosi sbeffeggiato da quella statua di ghiaccio che camminava.
-Nulla mi terrorizza, ma
alle volte preferisco certi ambienti ad altri.
Eowyn si stupì della
pronta risposta dell’elfo, ma non lo diede a vedere. L’aveva sempre
creduto uno silenzioso, chiuso, quasi ottuso… e invece…
-Preferite la steppa al
palazzo?
-Preferisco la libertà
alla prigione
-…l’insicurezza alla
forza?
-La verità alla
menzogna, comunque passeggiavo per curiosità e basta.
Troncò indispettito.
Meno parole uscivano dalle labbra di Eowyn, meglio si sentiva.
-Avete per caso visto
sire Aragorn? Gli ho dato appuntamento qui, ma non si è ancora
presentato…
Legolas fu colpito da
quell’affermazione. Lei aveva dato appuntamento ad Aragorn.. davanti ad
una sala? La sala degli arazzi rossi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa
fare? Gia s’immaginava la scena: “Che casualità, lui ha dato
appuntamento a me!” e si sarebbe sentito un weomelindo
{Ho trovato il modo per scrivere “gay”
in elfico… n.d.Me} davanti a “statua di ghiaccio”, helkeheri
(Signora di ghiaccio) e, chissà,
magari si sarebbero messi a chiacchierare dell’uncinetto e del punto
croce aspettando l’arrivo di Aragorn. Improvvisamente un qualcosa gli
uscì dalle labbra,mentitore e rapido.
-Ho incontrato Aragorn.
Mi ha detto di riferirvi, se vi avessi vista, che non sarebbe potuto
venire a causa di… faccende fuori dal palazzo. Non so esattamente di
cosa.-
Che bugiardo.. ma oramai
l’aveva detto e non avrebbe potuto tornare indietro. Sul volto ceruleo
di Eowyn si dipinse un’espressione delusa. Sempre e comunque fredda.
-Ah.. vi… vi ringrazio.
E così dicendo chinò il
capo e se ne andò, prendendo la direzione dalla quale veniva Legolas.
Lui, con fare allegro e noncurante, le gridò dietro:
-Voite maara daana!
(Buona giornata!)
alzando un braccio in
segno di saluto. Stranamente quella bugia gli aveva dato sollievo, ma
ancor più vedere Eowyn andarsene dopo solo due parole l’aveva reso più
tranquillo.
Stranamente soddisfatto
di sé stesso, si fermò davanti alla tenda rossa, molto probabilmente
l’entrata alla stanza degli arazzi. Con sicurezza scostò leggermente la
tenda e fece per entrare, quando si bloccò appena in tempo per non
andare a sbattere contro un’enorme porta di legno.
-Legno anche qui.. avrei
dovuto aspettarmelo!
E aprì il pesante
portone, entrando nella stanza.
Era piuttosto piccola
per come Legolas se l’era immaginata, ed aveva le pareti interamente
coperte da drappi rossi e morbidi che cadevano sul pavimento inondandolo
di stoffa color sangue. Solo una parete, quella opposta alla porta, era
occupata quasi tutta da una bella finestra di alabastro, con una tenda
rossa anch’essa, ma di stoffa più sottile, che faceva filtrare il sole.
Per il resto, nella stanza non v’era altro arredamento se non per una
sedia, al centro della stanza. Una sedia piccola, di legno scuro con un
cuscino rosso sopra.
-Gran bell’arredamento…
davvero!
.|.|.
tap…tap…tap…
-Tardi tardi tardi….!
Accidenti a me e alla mia testa! Tardi tardi….-
si ripeteva Aragorn
freneticamente, come se quella parola avesse potuto fermare il tempo e
dargli un po’ di vantaggio per arrivare in orario. Il suo sesto senso
gli diceva che, anche se non sapeva la direzione, Legolas sarebbe certo
stato dentro quella stanza quando il sole avrebbe lambito le prime cime
delle montagne. Svoltò un angolo e si acquattò di scatto contro il muro.
Eowyn stava passando, dritta davanti a sé, al testa china. Gli aveva
dato appuntamento lei per prima, ma lui sentiva il bisogno di Legolas.
Sarebbe stato quello, il momento giusto per toccarlo.. per averlo… farsi
amare… Trattenne il respiro ed avanzò rasente al muro per non farsi
vedere. Il percorso lo sapeva bene e, quando Eowyn fu scomparsa, riprese
a correre come un forsennato. Scale, corridoio, angolo… la porta era lì,
la tenda rossa ben calata davanti… Appena di fronte all’entrata si fermò
per un paio di secondi. Doveva riprendere fiato e calmarsi, non tanto
perla corsa, ma per il fatto che lui e Legolas sarebbero stati lì,
chiusi in quella stanza… soli…
Voglio te. Voglio
ubriacarmi delle tue parole, inebriarmi della tua pelle, bere la tua
luce dalle tue labbra…
Entrò.
Legolas stava in piedi,
davanti alla finestra d’alabastro, le braccia incrociate sul petto. La
sua figura si stagliava nera e nitida contro la luce rossastra che
faceva illuminare la tenda di un color tramonto vivido. Era.. perfetto.
La sua forma alta e slanciata sembrava così fragile… composta dello
stesso materiale di Evenstar, così delicata e preziosa… Però, la
calzamaglia scura stretta sulle gambe dell’elfo ne sottolineava i
muscoli, tesi e lineari, i polpacci chiusi negli stivali di cuoio. La
casacca gli arrivava a metà coscia: una cascata d’argento che le stelle
gli avevano fatto piovere addosso… acqua morbida che gli ricopriva la
schiena, gli carezzava i fianchi…
Ad Aragorn sembrò di
poter sentire le sue mani scorrere su quella stoffa leggera. Sfilarla da
dosso a lui… stringerlo e vedere il suo collo sottile distendersi,
facendogli poggiare la testa sulla sua spalla…già sentiva le labbra
ebbre di quel suo odore dolce… Una droga, che doveva assumere subito per
restare lucido.
-Legolas…
l’elfo si girò. Il sole
morente gettava un’ombra sensuale sul suo volto splendido, dai
lineamenti scolpiti nel marmo di quella pelle liscia. La morbida curva
delle labbra risvegliò in Aragorn qualcosa… sentiva bruciare dentro… non
riusciva più a controllare il suo respiro… Quella sensazione che gli era
sempre stata difficile da sedare gli irruppe addosso come una secchiata
d’acqua, crudele e terribile…
Ora ti dirò che ti
bramo… ora ti svelerò dove vorrei che le mie mani potessero arrivare… ti
darò quello che non hai mai ricevuto…ora ti avrò e tu mi obbedirai… e
godrai di me… lascerai ch’io lo faccia con te… Amarti ed essere amato…
sentirai come brucia il sangue… porterò le mie mani su di te e tu
gemerai… prevarrò su di te e tu non ti ribellerai… perché anche se non
lo vuoi.. ti possiederò.
-Sei in ritardo… come
solito.
E sorrise
dolcemente, curvando le labbra… Aragorn strinse i pugni per trattenersi…
Legolas si voltò verso la finestra di alabastro.
-Scacciapensieri
elfico.. credevo che qui a Rohan non ci fossero!
Esclamò con l’allegria
di un bambino davanti ad un maggiolino ronzante, indicando il piccolo
sole di cristallo che pendeva dallo stipite della finestra.
-Legolas… scusami.
Fece Aragorn a voce
bassa, la testa china… se solo avesse incrociato il suo sguardo allora
sarebbe…
-Per il ritardo?
Figurati!
Ridacchiò l’elfo quasi
sbeffeggiandolo, senza accorgersi che la voce di Aragorn tremava, che
Aragorn stesso stava tremando.
-Non è per il ritardo…
Legolas.
La voce di Aragorn si
era fatta d’un tratto più flebile.. più tremolante… indecisa, spaurita.
Legolas si avvicinò amichevolmente ad Aragorn:
-Man ta na raika?
(Qualcosa che non va?)
e fece per poggiargli
una mano sulla spalla, ma Aragorn lo respinse in malo modo, quasi
facendogli male, per poi andare a sedersi sulla piccola seggiola.
-UUME TULYA LE!(non
ti avvicinare)
Legolas lo guardò con
aria preoccupata.. che cosa gli stava accadendo? Perché in quel periodo
Aragorn era così cambiato… avrebbe fatto qualunque cosa per farlo
tornare com’era prima… qualunque cosa…
-Aragorn… man..kara…
insomma…. Che… che ti succede?
Balbettò confuso. Gli
sembrava che quelle parole fossero così superficiali… inutili, stupide…
fuori luogo… eppure doveva pronunciarle, doveva dire qualcosa … si
sentiva così inutile! Stava lì, fermo,dritto ed immobile, la mano ancora
a mezz’aria, scostata e dolente per il gesto repentino di Aragorn. Anche
lui stava immobile, seduto, o meglio, raggomitolato sulla sedia, la
testa china, non gli si vedevano nemmeno gli occhi. E Legolas voleva
vederli. Gli piacevano così tanto gli occhi di Aragorn… freddi come il
ghiaccio eppure così caldi, fieri, decisi…
A quel paese tutto, se
Aragorn gli avesse fatto male un’altra volta lui non avrebbe sentito
dolore. Gli si avvicinò più deciso e gli alzò il mento usando i
polpastrelli dell’indice e del medio.
-Non m’importa cos’ hai
oggi, non m’importa se hai paura, non m’importa se piangi e ti fa male…
devi dirmi cos’ hai…..-
ma si bloccò e cercò di
sedare tutta la rabbia che era esplosa in lui: Aragorn stava piangendo.
Una lacrima argentea stava scendendo sulla guancia sinistra del Ramingo,
lentamente, fino ad arrivare poco vicino alle sue labbra serrate. Il
respiro era lento e pesante, e sembrava che Aragorn stesse per
collassate, esplodere in un mare di lacrime…
Perché… piangi,
Aragorn? E’ forse colpa mia? Ho… fatto qualcosa che non va? Se solo
potessi… se solo tu mi lasciassi asciugare le tue lacrime io…
Legolas s’inginocchiò
davanti al Ramingo che teneva la testa bassa e raggiunse con due dita la
lacrima che stava scorrendo sul volto di Aragorn. Dolcemente ne percorse
il sottile rivolo umido sulla pelle abbronzata… dalla guancia, scendendo
sensualmente fin sulle sue labbra… perse gli occhi in quel volto
rabbuiato, bevve la tristezza di Aragorn come fosse pioggia d’estate,
per togliergli quell’angoscia dalle spalle… sembrava stare sospeso in un
sogno… sotto la dolce pioggia… di nuovo a… casa…
Si svegliò di
soprassalto quando sentì… la lingua di Aragorn contro le proprie dita.
Un brivido lo percorse partendo dalla mano fino ad arrivare
all’estremità delle gambe. Brivido di….sorpresa? Brivido di piacere….
Aragorn aveva appoggiato
le dita sul polso di Legolas per tenerlo avanti a sé e ne leccava le
dita lentamente, quasi bramando ogni singola goccia di piacere. L’elfo
era rimasto a bocca aperta… ma velocemente ritrasse la mano e volse lo
sguardo verso l’amico. Un lungo momento durante il quale i due sguardi
s’incrociarono: l’uno incuriosito e l’altro enigmatico. Dentro lo
sguardo di Aragorn, Legolas poteva vedere… nemmeno lui lo sapeva. Sapeva
solo che.. che quel desiderio che tanto aveva cercato di reprimere si
era risvegliato. Ora più che mai sentiva il sangue bruciare nelle vene,
il cuore accelerava i battiti.. aveva Aragorn così vicino… così…
-I merne le..
Legolas… er ten moore… (ti voglio, Legolas..
solo per una notte…)
-Aragorn… le koita
amba nate ta i kaure… (Aragorn… hai svegliato dentro me cose che
temo…)
-U ‘osto han…(non
temerle…)
E così dicendo Aragorn
si sedette meglio sulla sedia, le gambe leggermente divaricate,
osservando Legolas con uno sguardo estremamente eloquente.
-Tulya sinome…
(vieni qui…)
gli sussurrò a voce
bassa. Un tono sensuale, invitante, caldo… Legolas non sapeva come
fare.. era esattamente avanti ad Aragorn.. la situazione stava in mano a
lui… Poteva andarsene e reprimere per sempre ciò che sentiva, o
avvicinarsi e lasciare che fosse il desiderio ad avere la meglio, dare
retta, per una volta, al proprio corpo.. a quello che la carne voleva…
Non sapeva cosa scegliere.. avrebbe voluto.. così tanto… Amarlo ed
essere riamato, le sue mani su di lui… il desiderio, la passione…
Aragorn non intendeva
attendere. Si sporse velocemente in avanti, afferrando con forza i polsi
di Legolas e tirandolo su di sé. Successe esattamente tutto quello che
ambedue avevano desiderato. Legolas, colto di sorpresa, cadde in avanti,
addosso ad Aragorn, le gambe divaricate intrappolarono quelle del
Ramingo e Legolas poggiò le mani alla spalliera della sedia per non
sbattere contro di lui. Stava seduto sopra di lui, ansante per la
sorpresa, quasi scottato dai gesti e dai respiri dell’amico che gli
cinse i fianchi con le braccia, avvicinandolo a sé con prepotenza.
-Sinome le na…
(eccoti qui…)
Il respiro di Aragorn
lambiva sensualmente le labbra di Legolas, che non badò alle sue parole.
Voleva solo lasciarsi andare, smetterla di contenersi…
Mosse lentamente le mani
dalla spalliera della sedia alle spalle di Aragorn, gli slacciò il
mantello al collo e lo fece scivolare via. Lentamente, gli accarezzò il
collo, salendo verso gli zigomi, le guance… poggiò il pollice dietro le
orecchie di Aragorn, il resto della mano sul collo caldo… Lo tirò a sé
incontrando le sue labbra calde in un bacio.. il loro primo bacio… Lambì
le labbra di Aragorn una, due volte… l’uomo era impaziente di ottenere
ciò che voleva… le labbra si rincorsero ancora, tanto che la lingua di
Aragorn sfiorò il labbro superiore dell’Elfo .. cercò di muovere le mani
per arrivare a spingere Legolas contro di sé, ma venne colto di sorpresa
quando avvertì la lingua di Legolas contro la propria, veloce e
desiderosa di possedere ogni angolo della sua bocca. Rimase senza fiato,
cercando di fare la sua parte spingendo il bassoventre di Legolas contro
il proprio. L’elfo si staccò da lui buttando la testa oltre la sua
spalla, il respiro veloce mentre sentiva la passione di Aragorn premere
contro di lui, sovrastarlo, eccitarlo ancora di più, annegarlo…
-Limbe tie i olor ta…
(Molte volte ho sognato questo…)
ansimò cercando di
trovare un equilibrio impossibile tra passione e ragione. Aragorn non
ribatté, stava anche lui con le labbra semichiuse, premendo Legolas con
maggiore forza, ancora e ancora…ansimante, cercava sempre maggiore
contatto, quasi a voler entrare dentro Legolas, voleva…
Iniziò a cercare i nodi
dei calzoni per spogliarlo…non sapeva come sarebbe stato… averlo, godere
di lui, prendere possesso di quel corpo così ben scolpito …portarlo a
quel momento in cui avrebbe sentito il petto di lui inarcarsi sotto i
suoi tocchi, le mani l’avrebbero stretto spasmodicamente, ansante,
grondante desiderio, mentre gli avrebbe urlato di smettere incitandolo a
fare il contrario.Doveva averlo, quella creatura così rara, diversa da
lui quanto bastava per affascinarlo e farlo scivolare tra le pieghe del
suo mistero.. doveva essere sua.
Legolas si irrigidì nel
sentire le mani di Aragorn su di sé che gli slacciavano la cintura di
cuoio, ma non era ancora giunto il tempo…
Gli prese le mani,
guardandolo intensamente negli occhi, e portò le sue dita sopra i lacci
della casacca. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra sottili sentendola
scivolargli giù dalle spalle. Aragorn si sporse in avanti a baciare il
petto dell’elfo, assaporando la sua pelle liscia e salendo lentamente
verso il collo. I respiri di Legolas erano sempre più veloci; Aragorn
gli sollevò con foga il mento per arrivare all’attaccatura del collo e
ancora su, fino all’orecchio, desideroso di avere sempre di più. Aragorn
scivolò lentamente giù dalla sedia, facendo in modo che Legolas si
stendesse su uno dei tanti tappeti di porpora che ricoprivano il
tappeto. Quello si lasciò far manovrare, poggiando la schiena a terra
con un “Oh” sommesso e tenendo le sue mani salde sulle spalle dell’uomo,
che si distese sopra di lui, intrappolandogli le gambe tra le sue.
Legolas gli slacciò la
casacca , ma le sue mani puntavano verso l’ombelico… premette
leggermente sé stesso contro di lui, iniziando a slacciargli i vari nodi
di cuoio dei calzoni. Come Aragorn sentì le mani dell’Elfo su di sé, lo
avvicinò con forza intrappolandolo in un bacio, lasciando che le mani
gli scendessero di nuovo sulla sua schiena, sempre più in basso,
ordinando quel dolce movimento del quale sentiva bisogno. Legolas non se
lo fece ripetere due volte, assecondando i desideri di Aragorn, che
buttò la testa all’indietro cercando di urlare qualcosa, ma le parole
non gli uscirono di bocca, soffocate dall’ondata di piacere che lo stava
travolgendo.
Troppo, tutto ciò che
accadeva lo stava sovrastando, desiderio di lui… lo premette ancora su
di sé, le mani dell’Elfo abilmente avevano slacciato i calzoni
“complicati” dell’uomo, prendendo possesso del suo corpo. Come per
ripicca, anche Aragorn s’impossessò di Legolas, facendogli scivolare i
pantaloni verso il basso e premendolo contro di sé.
L’Elfo fu colto quasi di
sorpresa e rimase di stucco, ansante sotto il tocco deciso e sensuale di
Aragorn. Avrebbe voluto parlare, gemere, ma dalle labbra gli uscirono
solo ansiti, convulsi e accavallati. Allargò le gambe deciso a carpire
tutto il piacere possibile, quasi a volersi fondere con Aragorn, dargli
il maggior spazio possibile, donargli se stesso….
Iniziò a spingersi
contro di lui quasi ritmicamente, ogni movimento accompagnato con un
respiro fondo da parte di ambedue.
Legolas inarcò la
schiena all’indietro, chiudendo le labbra di Aragorn con le proprie,
continuando a muoversi, incontrando passionalmente la lingua dell’uomo,
succhiandola sensualmente come fosse cosa normale, finalmente libero di
darsi a colui che da tempo lo tormentava dolcemente.
Ad un tratto, il corpo
dell’elfo s’irrigidì in uno spasimo beatamente piacevole, e allora tutti
i gemiti che aveva trattenuto uscirono dalle sue labbra prepotentemente,
mentre ancora continuava a scivolare sul bacino dell’uomo, colto dalla
passione a sua volta, nettamente alla sprovvista ma ancora assetato di
compiacenza.
Legolas si spinse con
più foga contro Aragorn, mentre il suo corpo lo pregava di smettere e
allo stesso tempo di ricevere di più.Con un gesto deciso, prese Aragorn
di peso e lo scostò a lato, per poi stendersi sopra di lui,
accarezzandone le labbra con un dito e continuando a muoversi
lentamente. Sentiva che, se solo si fosse fermato, il desiderio
l’avrebbe tormentato con violenza ed ora.. lui aveva Aragorn… poteva
sentirlo… i loro desideri si incontravano e lottavano l’uno contro
l’altro per essere padroni di quell’attimo…
Aragorn afferrò
saldamente l’amante, per paura di venire travolto da quel piacere così
dirompente…
-Ah.. Legolas… hauta
le… I (fermati, io….)
e cercò di stringergli i
polsi con le mani, ma il suo corpo estasiato non volle rispondere al
comando…
-Lau, uu sin I arwa
le… ar… le arwa-n-In… (No, non ora che ti ho… e… che tu hai me…)
-Nan
uuner… ten otheri.... (Qualcuno… potrebbe sentirci…)
-Karne uerir ten otheri… U ‘osto ta… I varya le… eh…. (Lascia
che ci sentano.. non temere… ti proteggerò io….)
ansimò Legolas movendosi
con forza contro Aragorn.
-Lasta-n-In…. Ta na
mare…. uume lanta… minna milme… (Ascoltami… è meglio… non cadere..
nel desiderio…)
-I talant… ar le
o-n-In (Sono caduto…. E tu con me…)
E così dicendo Legolas
trascinò ancora Aragorn nel baratro dell’estasi, talmente profondo che
parve quasi non poterne più uscire… Era così piacevole, il contatto,
tanto a lungo desiderato che nessuno dei due avrebbe voluto smettere.
-Na otheri… um y
vanima nat? (Stiamo facendo.. la cosa giusta?)
Chiese l’uomo non tanto
perché se lo domandasse davvero, ma perché trovava che la voce dell’Elfo
fosse così sensualmente invitante da ascoltare… gli avrebbe fatto dire
qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora parlare Elfico. Quella lingua,
quella creatura… tutto così perfetto…
-I uu-minda… (Non
m’importa…)
gemette Legolas ancora
eccitato, ma rallentandosi e fermandosi, infine, a fissare l’amico. I
capelli del ragazzo si erano sciolti dalle due trecce che portava
strette dietro la nuca per fissare la chioma bionda, ed ora qualche
ciuffo stava incollato alla sua guancia imperlata di sudore. Era più
bello così.
-Le na iirima, iire
uu ve sina… y aratar (Sei desiderabile, quando fai così ..
l’esaltato…)
Legolas alzò un
sopracciglio in un’espressione interrogativa, di chi non ha capito se
fosse un complimento o un’esortazione a fermarsi. Peccato. Se così era.
Perché aveva iniziato a piacergli, quel contatto con Aragorn. Magari
sbagliato, magari contro natura… ma bello comunque. Decise ch’era giunto
il tempo di fermarsi. Scivolò lentamente da sopra Aragorn e si
riallacciò con cura i calzoni, voltandogli le spalle. Si passò
amabilmente una mano tra i capelli, riordinandoli in una coda di cavallo
sebbene qualche ciuffo ancora volasse qua e là.
Fremette quando una mano
di Aragorn gli accarezzò le spalle, mentre il corpo dell’uomo si
avvicinò da dietro di lui.
-Chiudi gli occhi….
Gli sussurrò misterioso
e Legolas obbedì mestamente, sentendo qualcosa di freddo intorno al
collo, pendente sul petto. Quando riaprì gli occhi e si guardò, vide
Evenstar, splendente e fredda sulla sua pelle.
Aragorn… perché… lo
doni a me?
Legolas si girò verso
l’uomo con fare quasi offeso… non sapeva perché, ma avere quel gioiello
al collo non lo rendeva particolarmente orgoglioso in quell’attimo.
-Perché….?-
chiese immergendo i suoi
occhi in quelli dell’amico. Aveva un’aria tutt’altro che gioiosa o
innamorata.
-E’ un dono…-
rispose Aragorn con voce
fonda e quasi nostalgica dei momenti precedenti.
-Credi… credi così di
appagare la tua immaginazione sostituendo me ad Arwen?-
non era sua iniziale
idea il pronunciare quelle parole,ma le malandrine gli uscirono di bocca
con violenza, avventandosi contro la dolcezza di Aragorn. Questi rimase
con un palmo di naso, amareggiato dalla reazione di Legolas.
-Non era mia intenzione
farti pensare questo… Comunque la mia risposta è no. Non sento il
bisogno di Arwen.-
e si avvicinò a
Legolas, allungando una mano ed accarezzandogli una guancia dolcemente,
per poi scendere sul collo ed arrivare a lambire con le dita il petto
ben scolpito dell’elfo.
-Sento solo il bisogno
di te…-
aggiunse sommessamente
ad un orecchio di Legolas, appoggiandosi a lui in una specie di
abbraccio. Il cuore di Legolas accellerò i battiti, e cinse le spalle
dell’uomo con le braccia.
-Scusa…. I er arwa
yeet ilya I turnna minna In… wendele I na o le… ( devo ancora vedere
dentro il mio profondo.. specialmente quando sono con te….)
Aragorn sorrise,
soffiando leggermente contro il collo dell’elfo per fargli il solletico.
Quello lo spinse via maliziosamente e lo guardò con quei suoi begli
occhi azzurro mare.
-Lo terrai?-
chiese Aragorn con tono
un po’ apprensivo. Legolas ridacchiò scotendo leggermente le spalle e
andando a recuperare la casacca. Se ne infilò una manica, poi si voltò
verso l’uomo e rispose sorridendo con una voce dolce quanto la risacca
delle onde sulla spiaggia:
- Tenn’ Ambar-metta…
ar limbe tar…! (Fino alla fine del mondo… e molto oltre!)
Aragorn sorrise e
afferrò la casacca che Legolas, oramai completamente vestito, gli
porgeva. Seguì un lungo momento di silenzio… imbarazzante… Ad un tratto,
ambedue presero il fiato per parlare, ma si dissero solamente “Prima tu”
all’unisono.
-Perché l’abbiamo fatto,
Aragorn?-
chiese Legolas
abbandonandosi sulla sedia. Aragorn rimase per un attimo a bocca aperta,
convinto di avere le parole adatte, ma accorgendosi di non averle
affatto. Legolas chinò la testa, piegandola su una spalla e fissando lo
sguardo in un punto imprecisato della parete lui opposta. Le sue labbra
si mossero per un poco senza emettere suono, poi sussurrò qualcosa:
-….desiderio….attrazione…passione….-
-… Amore?-
gli chiese Aragorn
seriamente. Legolas alzò la testa fissandolo.
-… amore….-
ripeté a sua volta come
a voler imparare quella parola così corta ma cosi irta di significati
diversi.
-Era la mia risposta.-
sentenziò Aragorn.
Legolas continuava a ripeterla tra sé e sé, assorto in chissà quali
congetture.
-La tua risposta… è una
domanda?-
Aragorn non seppe cosa
rispondere e stette in silenzio. Allorché, Legolas si mise a
bisbigliare, come se stesse parlando con se stesso, come se stesse
ripetendo le nozioni imparate per un’interrogazione.
-Amore… mi è così
difficile capire eppure esiste… per te, e tu per me… Amore…. Da tanto,
ormai mi chiedevo se mai noi avessimo potuto… e mi ritrovo qui… tu ed
io, prima… e anche adesso la mia mente sta a lambire quelle tue labbra…
Amore… può davvero essere?-
e così pensando prese a
giocherellare con Evenstar, sempre assorto. Poi, come d’incanto si
ridestò dai suoi pensieri e si rivolse ad Aragorn con lo sguardo più
terso e sincero ch’egli avesse mai visto:
-Ti… amo,Aragorn.-
e sorrise, illuminando
il volto di una luce ammaliante e splendida. L’uomo rimase a bocca
aperta per l’ovvietà e la meraviglia di quelle parole che da tanto il
suo cuore pulsante anelava…
-Sì, Ti amo. Sono
deciso. Se è vero che l’amore comprende la passione,il desiderio… e
l’amicizia profonda, il rispetto e la dedizione… allora… Credo proprio
di amarti .-
Aragorn non credette a
quelle parole. Era così bello sentirgliele dire… finalmente… Gli si
avvicinò e s’inginocchiò davanti a lui.
-Ripetilo… dillo
ancora….-
L’elfo sorrise
dolcemente e si piegò, scese dalla seggiola e s’inginocchiò di fronte
all’uomo.
-Ti amo-
ridacchiò come se stesse
giocando ed afferrò il viso di Aragorn, fissando prima i suoi occhi di
ghiaccio, poi la sua bocca…
-Ti amo…-
e premette con forza le
labbra contro quelle dell’uomo, di nuovo spinto dal desiderio verso di
lui, dolcezza infinita e passione bruciante, finalmente libero
d’annegare in quel mare sensuale.
Rimasero, poi, a lungo
seduti, le spalle appoggiate alla parete, l’uno accanto all’altro, ogni
tanto voltando la testa e scoppiando in una risata gustosa e
cristallina.
Ad un tratto,Legolas
s’alzò e si diresse verso la pesante porta di legno.
-Dove te ne vai?-
chiese Aragorn con un
tono quasi preoccupato. Stavano tanto bene lì, insieme..perché
andarsene? E poi, dove?
-Sono stato al chiuso
troppo, Aragorn. Sai come sono fatto.-
-Già- asserì – Non
riesci mai a stare a lungo in un posto con le pareti! Non riesci a stare
fermo a lungo. Il tuo animo è nomade. -
poi si alzò a sua volta
e si avvicinò a lui, deciso a seguirlo.
-Ti succede anche con le
persone, Legolas?-
l’elfo lo guardò
profondamente, nella mente riaffiorava quel ricordo di tempo prima..
troppo doloroso eppure ancora vivo…
-No, Aragorn. Se giuro
di amare una persona, lo faccio per sempre.-
Aragorn gli diede un
bacio veloce sulle labbra ed uscì dal portone. Legolas rimase sull’uscio
ancora un poco, esitante, carezzandosi il labbro con il pollice.
Infatti… io non l’ ho
detto ma… c’è stato qualcun altro prima di te… molto prima… ma io… ti
amo…
Si scosse e si avviò
dietro Aragorn. Poteva sentirli, i guerrieri, vociare fuori del palazzo,
già intenti nei preparativi, a caricare i loro cavalli di sacchi e
bisacce. Le donne del villaggio riunivano in ceste le poche provviste e
i bambini davano una mano.
Sarebbe stata guerra.
C’era sempre vento.
Sempre.
Rohan era stata eretta
sopra una collina brulla, l‘erba gialla spuntava qua e là e sembrava
creasse un sentiero. Tutta la landa in mezzo alla quale sorgeva Rohan
era così. Gialla ed infinita, se non fosse stato per quelle due montagne
che la racchiudevano ad ovest ed est. Ogni giorno, il sole accarezzava
la cima della montagna ad est e la svegliava col sussurro del vento.
Vento da est, vento di speranza. Partiva dalla cima di quella montagna,
volando leggero e silenzioso, sibilando a bassa voce, poi prendeva la
rincorsa e ne percorreva i fianchi, accarezzandoli con una trasparente
gentilezza, correva, rimbalzava e giù! Tuonava ed urlava come un
adolescente che brandisce la sua prima spada di legno per giocare.
Prendeva la corsa e saltava dalla montagna. Si trovava davanti
quell’immenso campo giallastro e si sentiva libero. Soffiava, turbinava,
cantava e strillava gioioso, sollevando la terra arida come sabbia e
facendola turbinare in mille mulinelli dorati. Ma Rohan non tremava né
vacillava. Aveva piantato le sue salde radici di legno e pietra nella
dura terra e ne succhiava la vita, tenendosi stretta quasi
disperatamente per paura di volare via e di rimanere un vago ricordo..
come il nitrito di un cavallo disperso nel vento.
Un vento
magico,mistico… nitrente e garrente, galoppante e selvaggio, che
scompigliava le code e le criniere dei cavalli ruminanti nelle stalle.
La collina
proteggeva la città, e la città copriva la collina come un mantello. Si
sostenevano a vicenda, proteggendosi dal vento un po’ brillo. Un vento
ubriaco che proveniva da Lorien e dai suoi alberi d’argento, s’inebriava
e riempiva di canti elfici e del dolce profumo delle foglie e dei fiori
del Niphrodel. Poi scendeva nella foresta di Fangorn, e lì s’insinuava
scherzoso tra i rami delle piante antiche. Passava le montagne
scavalcando Isengard come se la torre di Orthanc fosse alta quanto uno
stuzzicadenti. Si spandeva nell’ Enedwaith ebbro del profumo di foglie
delle foreste attraversate e fresco della neve del passo del Nan Curunir.
Allora sembrava tornasse indietro, costeggiando gli Ered Nimiras, li
carezzava dolcemente, osservandoli con occhi innamorati. Si riposava
sulle cime degli Halfirien e poi arrivava, finalmente, ad Edoras e la
colpiva in pieno.
Carico di
profumi, di sensazioni, di ricordi… di desideri.
Tutti questi
fantasmi di persone passate, anime intrappolate tra in capelli del
vento, accarezzavano dolcemente la pelle di un elfo, seduto sul bordo
della scalinata del bellissimo palazzo d’oro di Medusel. I capelli
biondi erano intrappolati in una coda, legata con un laccio azzurro, ma
nonostante questo qualche ciocca cercava di librarsi in volo, bionda e
chiara come la piuma di un angelo. Il vento, accanto a lui,sembrava
quasi si fermasse, lo accarezzasse dolcemente, sfiorandone gli zigomi e
guardandolo con occhi desiderosi. Desiderosi di immergersi in quella
pelle profumata, che sapeva di vaniglia e miele, che sapeva di libertà e
di ribellione.
Legolas leggeva,
o meglio, cercava di farlo, perché quel vento birichino voleva derubarlo
del foglio sottile, per guardarlo e farlo ammirare alla terra,
sventolandolo qua e là come fosse un trofeo.
No, Legolas non
sarebbe rientrato nel palazzo. Mai. Nemmeno se il vento lo avesse
malignamente spinto giù dalla gradinata alta e solida, nemmeno se il
vento stesso avesse iniziato a colpirlo e graffiarlo.
Non lo
sopportava, il palazzo. Era più forte di lui. Quella solida struttura di
pietra e legno lo opprimeva. Anche se il sole stava alto in mezzo a quel
cielo terso dalle nuvole, dentro Medusel regnava il buio. L’ombra
stendeva maligna le sue mani dentro ogni stanza, poggiava le
scheletriche dita sulle spalle coperte degli abitanti e ne gelava il
respiro, che si evolveva in tante nuvolette. L’oscurità si era accorta
dell’elfo, quell’unica volta ch’egli era entrato per salutare Re Theoden.
L’aveva notato, si era svegliata dal suo sonno e si era avvicinata,
sensuale e sinuosa come il vento stesso che cavalcava.
Ma lui si era
protetto. Si era avvicinato a Gandalf e l’ombra aveva temuto quel
vestito lindo e liscio. Ma l’ombra lo desiderava. Voleva attanagliarlo,
voleva strozzarlo e voleva impedirgli di illuminare ogni cosa solo col
suo sguardo color del cielo.
Non si era
avvicinato ad Aragorn.
No, non ce
l’aveva fatta. Già un’altra stava accanto a lui. Eowyn di Rohan, la
nipote di Theoden. Legolas non la temeva, ma la sentiva fredda, gelida
dentro. Una donna vuota. Svuotata da anni di disperazione. Bella, certo,
ma fredda e solitaria, pungente, distaccata…
Aragorn, invece..
come lo ricordava bene. Caldo, quel calore dell’onore, quel calore che
ribolliva nelle vene degli uomini, che tanto si scaldavano per la loro
vita tanto breve… Lo aveva sfiorato varie volte, e aveva sentito..
qualcosa. Non sapeva bene cosa. Aveva sentito il cuore accelerare i
battiti,veloci e tamburellanti, impazienti. Le mani si rendevano umide,
la gola secca.. lo sguardo provava ad intingersi in quello chiaro di
Aragorn… Il Re.
Il re.. di Gondor.
Legolas alzò lo sguardo dal foglio e perse gli occhi nella landa brulla
e desolata che avvolgeva Rohan. La sua mente camminò lungo gli Anorien,
scavalcò il monte Mindolluin e restò impigliata tra i rami dell’ Albero
Bianco. Vide Aragorn… vestito di nero. Una splendida corona poggiata
delicatamente sulle sue tempie, che gli stringeva i capelli scuri e
morbidi, in mille onde castane. Camminava lento e maestoso per il bianco
giardino di pietra. Bello, splendente, guardava il suo regno prosperoso
e ascoltava il chiaro suono di trombe che il vento gli portava in dono.
Legolas schiuse
le labbra, si rilassò completamente e il suo corpo si fece coccolare dal
vento. Vedeva Aragorn, e tutto gli bastava, voleva tenere quella visione
davanti a sé per sempre… Poi, dalla nera porta d’ebano del palazzo,
usciva una figura femminile, avvolta in un abito bianco e svolazzante
alla brezza leggera, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia.
Teneva per mano un bambino, piccolo, che faceva fatica ad arrivare alla
mano della propria madre.
-Arwen… Undomiel….-
mormorò Legolas,
la voce gli tremava… gli occhi gli si annebbiarono di lacrime… sentiva
come se volesse affogare lì, nel proprio pianto… Arwen… e… Eldarion….e…
-Aragorn…-
la voce uscì
dalle labbra di Legolas come un gemito,quasi un’implorazione, un tacito
richiamo che gli affiorò sulla bocca sottile. Piangente desiderio
impossibile.
-Aníron le
Aragorn…-
una lacrima gli corse
incontro, andando a morirgli sulle labbra. Leggermente salata, ma allo
stesso tempo tanto amara, amara e pulsante come quella ferita, quello
squarcio che Legolas si sentiva dentro. Gliel’aveva aperto Aragorn col
suo sguardo… quella notte… a Fangorn…
Prima di quella,
Legolas sentiva semplicemente un rosicare nel fianco, ogni volta che
guardava Aragorn. Il rosicare si intensificava al suo tocco,
s’ingrandiva e lo divorava… era passeggero…
Ora no. Ora era
perenne. Ora il corpo di Legolas fremeva ad ogni carezza del vento,
perché tanto desiderava che fossero le mani del Re; ogni volta che udiva
un sussurro, il cuore gli saltava in gola perché tanto desiderava fosse
il suo Re a sussurrargli all’orecchio.
Era strano,
questo suo comportamento. Quando era giunto a cavallo a Granburrone, non
si aspettava che tutto ciò sarebbe successo. Non credeva nemmeno che
sarebbe stata unita una Compagnia. Prima era silenzioso, deciso, non
faceva mai trasparire un sentimento sul suo volto. I suoi occhi erano
azzurri e limpidi, come un lago tranquillo. Ora, ad ogni minimo alito di
vento, il lago s’increspava di onde, e lui non riusciva a trattenersi..
gli tremava il respiro in gola, desiderava scomparire, diventare albero,
tramutarsi in pianta e non fremere mai più se non per i baci del sole.
Conosceva Aragorn
da lungo tempo, ma non gli si era mai avvicinato troppo.
Solo.. una notte…
quando Aragorn aveva a malapena trent’anni…
Legolas accarezzò
con tenerezza il suo ricordo. Lo conservava da anni nel suo cuore, come
una gemma dal sapore del polline.
Da quella notte,
l’amicizia aveva stretto intorno a loro due le sue funi di corda dorata
e loro non avevano mai fatto nulla per sfibrarle.
Si trovavano
allegri nelle notti d’estate, nei giardini illuminati di Granburrone.
Aragorn esagerava sempre con il sidro, e toccava a Legolas riportarlo (o
meglio, trascinarlo) fino nella sua stanza, caricandoselo sulle spalle.
Legolas sbuffò un
sorriso e si asciugò una lacrima con un dito.
Dentro di lui
avvenne tutto in un attimo. Si accese una fiamma.
-I le moka!
Sibilò a labbra
strette.
-Ti odio….
Lo ripeté ancora,
se lo disse dentro, lasciando che quelle due parole rimbombassero col
frastuono della tempesta, che lo sconvolgessero e scacciassero via ogni
desiderio. Lo odiava. Ma lo desiderava.
Lo odiava proprio
perché lo desiderava. Non poteva averlo e lo odiava. Non poteva essere
felice, ed era tutta colpa sua.
“laume anta lyaa indo an
weo, Legolas… Mai dare il tuo cuore ad un umano, Legolas. Non farà altro
che dividerti. Ti spezzerà in due parti, ti scorderai chi sei…
Lo amerai e lo
odierai perché lo vuoi… ma non potrai averlo. Non farti divorare dal
questo desiderio impossibile… enyala sina…
estelio mii
sina…ricorda questo.. credi in questo…”
Galadriel aveva ragione.
Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Non poteva più
ritirarsi… sia l’odio che il desiderio erano così brucianti dentro di
lui.. sembrava volessero farlo esplodere, pulsavano ogni notte nei suoi
sogni agitati, lo tormentavano e gli giocavano brutti scherzi.. era
disattento, desideroso di guerra.
Oh, sì…..
Solo la guerra sembrava
dargli sollievo. Metter mano all’arco, sentire il legno contro la
propria pelle.. accarezzare la freccia, tenerla con due dita… Solo
l’arco gli dava sollievo. Incoccava la freccia con la stessa delicatezza
con la quale voleva accarezzare Aragorn.. e la scagliava con tutto
l’odio che aveva in corpo; scaricava la fiele dentro quell’anima sottile
di legno e la guardava volar via, godeva dei gemiti che procurava e
catturava l’ultimo respiro che portava ad esalare. Si sentiva crudele.
Si sentiva spietato. Il suo corpo si adattava alla guerra, ne esprimeva
il bisogno.. eccitazione di sentire urla agguerrite, bramosia del caldo
del sangue…
-Man
na i umy? I lantane… minna morie…. Minna nuurhuine… (Cosa sto
facendo? Sto cadendo.. nell’ombra, nell’ombra della morte…)
Morte… quelle
cinque lettere sembravano così dolci in quel momento… l’ombra, il
freddo…il niente…
Si alzò in piedi
e aprì le mani, allargando le braccia e buttando la testa all’indietro.
Sciolse i capelli e si sentì libero. Le mani dell’aria lo abbracciavano
e lo accarezzavano, il fresco della mattina lo baciò dolcemente e
spasmodicamente, come si fa con un fratello appena ritrovato. Il foglio
gli volò via dalla mano e si librò seguendo il vento che lo leggeva e
strapazzava.
Inspirò
profondamente. Si sentiva bene, si sentiva felice. Avrebbe potuto
pregare i Valar… e lo fece. Pregò come solo gli Elfi sanno fare, aprendo
i propri pensieri alle stelle, cercando di urlarli così forte perché i
Signori delle loro Aule li sentissero, gridando sempre più forte… i
respiri quasi una canzone, il corpo di Legolas sembrava scomparisse,
portato via dal vento mentre stringeva gli occhi e cercava di urlare…
“Lasciatemi qui.. per
sempre… tramutatemi in colui che può sentire il vento per l’eternità…
lasciatemi qui. Fatemi vivere senza pensiero, fatemi vivere senza… di….”
Non ne ebbe il coraggio.
Non volle nemmeno pensare quel nome… Aragorn… Se l’avesse pronunciato il
Desiderio si sarebbe svegliato dal suo debole sonno e l’avrebbe
attanagliato. Però cambiò il suo canto, cambiò preghiera… il Desiderio
si era risvegliato e fingeva di cantare, invece bruciava.
Datelo a me… Per
scalare l’Erebor mi ci vuole un giro di sole… perché per avere lui mi ci
vuole la vita? E’ la mia vita che volete? Prendetela ora!”
Lo urlò dentro sé
stesso, chiamando i Valar a gran voce, anelando una risposta come
anelava l’aria. Stava lì, a braccia aperte, respirando la sua libertà
passeggera…
-Legolas…..?-
L’elfo trasalì, il suo
viso già latteo si fece ancora più bianco,mentre le guance si tinsero di
un rosso intenso…. Immaginò di vedere sé stesso con gli occhi del
ramingo che era appena spuntato da dietro le sue spalle. Stava lì, a
braccia aperte, in piedi col viso rivolto verso il cielo e il corpo
accarezzato da quel vento così strano… Lentamente, Legolas abbassò le
braccia e le rimise lungo i fianchi, disciolse i muscoli delle gambe e
aprì gli occhi girando la testa.
Oh, Valar…. Legolas…
perché diamine sono venuto a cercarti? Sono confuso e tu non fai altro
che disorientarmi…
Pensò Aragorn non appena
lo vide. Si sentiva così invischiato nella sua umiltà di mortale…
Inferiore ad una creatura così bella… bella al punto di volerla avere
solo per sé, di volerla stringere spasmodicamente, o semplicemente di
volerla…
Legolas si raccolse i
capelli nel suo laccio azzurro e sorrise dolcemente.
Aragorn si incantò nel
guardarlo. Solo Legolas era capace di donare agli occhi dell’Uomo quel
sorriso.. sereno e luminoso, come un sole che spuntava assonnato dalla
linea dell’orizzonte. Dolce quanto l’acqua fresca la mattina, che scava
nel tuo sonno chiuso e ti apre alla giornata. Bello… quasi soffuso in
ogni dove, come il rumore dell’onda spumosa, morbido quanto il tocco
dell’erba.
Mi sento egoista,
guardandoti… e disperato.
Non ti avrò mai…
-Umy le maure aenat?
(hai bisogno di qualcosa?)
-Er lyaa ooma… lyaa maur…
(solo del tuo aiuto, della tua
presenza.)
Legolas sorrise ancora.
Gli piaceva sentirsi utile. Soprattutto con Aragorn.
-So che ti disorienta..
ma preferirei che tu mi seguissi dentro il palazzo.
Disse Aragorn
timidamente, schiarendosi la voce a metà frase. Il viso di Legolas
cambiò repentinamente: scomparse il bel rossore che aveva sulle guance,
e la sua pelle si fece bianca, quasi cerulea, mentre spalancava gli
occhi, intrisi di terrore.
I respiri di Legolas si
fecero più veloci, spaventati, e Aragorn s’accorse che l’Elfo stava
stringendo forte i pugni.
-…Cosa ti spaventa…. Di
Medusel?…-
-Nulla. Fammi strada…-
si decise l’Elfo. Le
paure vanno combattute, ed un guerriero che si rispetti non deve avere
assolutamente alcun timore. Doveva ridere anche in faccia alla morte. E
Legolas sentiva che, dentro Medusel, gli sarebbe accaduta qualcosa… ma
non sapeva cosa.
Aragorn annuì lentamente
e gli volse le spalle.
Mi spiace… so che..
ti fa male. Ma io ho bisogno di te. E non posso starmene fuori..
vederti… dove tu vuoi. Devo rinchiuderti, o finirò con l’…… innamorarmi
di te…
Devo costringerti a
racchiudere il tuo essere, non entrare dentro di me, ti prego…
Non odiarmi, amico
mio. O finirò con l’amarti.
Entrarono nella sala
grande, dove una finestra sopra al trono del Re gettava una luce
fantasma, soave e leggera, ma spaurita dentro la sua costituzione
pallida, intimorita dalle solide mura di pietra e legno intagliato.
Aragorn fece per proseguire, ma sentì i passi di Legolas fermarsi al
centro del salone.
-Aragorn…. Ti prego… non
andiamo oltre…-
gemette l’elfo. Un tono
spaventato si era insinuato nella sua voce. Tremava la voce stessa.
Anche Aragorn venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena, ma
non era a causa della poca luce. Amava il modo in cui Legolas
pronunciava il suo nome… “Aragorn… aaarraagooorrrrrn”. In bocca a lui,
quel nome non sembrava così maledetto, così inutile ed effimero, così
sporco come la sua dinastia, così rude per tutte quelle “erre” e
così…mortale.
Pronuncialo ancora…
dimmi come mi chiamo.. fammelo dimenticare e poi riscoprire…
Decise di fermarsi. Con
lo sguardo cercò due sgabelli, ma Legolas sembrava avere tutta
l’intenzione di starsene in piedi. Sentiva che se si fosse accomodato,
l’oscurità lo avrebbe fiutato e sarebbe accorsa a sussurrargli parole
sensuali all’orecchio.. l’avrebbe fatto stendere e controllato, derubato
del calore… Fu così che si ritrovarono uno avanti all’altro, Aragorn
seduto e Legolas in piedi, stretto su se stesso e attento, lo sguardo
color del cielo immerso in quello di ghiaccio del ramingo.
Sono contento che tu
mi abbia cercato. Perché altrimenti l’avrei fatto io… e non so se… sarei
riuscito a… restare freddo…
-Goston tan i pêl
minno i…. (Temo quello che sta
succedendo dentro me…)
-Cosa sta succedendo…
dentro te?-
mormorò Legolas un po’
vergognoso… con quelle parole “dentro te” gli sembrava di avere un
rapporto con Aragorn… entrare dentro di lui in una maniera che non aveva
mai pensato… un qualcosa di forte… di prorompente….
-Sono disorientato,
Legolas. Non conosco il mio destino, o meglio… non lo capisco. Se è vero
il fatto che dovrò guidare gli Uomini contro il Male.. allora perché mi
sento così… impotente? Se è vero che dovrò passare il resto dei miei
giorni con una corona in capo e.. Arwen Undomiel al mio fianco… Perché
non desidero nessuna delle due?-
A quelle ultime parole,
Aragorn affondò lo sguardo negli occhi di Legolas, quasi cercando di
trovare in essi una risposta… berla e sentirsi libero da quelle ombre
nella sua testa. Legolas fu attanagliato da un pensiero che gli sembrò
così morboso…
Non desideri Ancalima
Undomiel… ma allora nel tuo cuore chi dimora? Lady Eowyn? No…Chi porti
con te a letto, Aragorn? Chi cerchi nel tuo petto per consolarti?
Evenstar ora è solo un fardello? Potrei asciugare io le tue pene?
Potresti.. desiderarmi come anche io desidero te… o la mia è solo una
vana, uumea el? (vanesia stella)
-Io non…-
-Legolas, sto sentendo
qualcosa.. sto cambiando. E tu che sei un Eldar dovresti sentirlo… Sto
diventando freddo… insensibile…
-Non puoi dire questo.
Tu sei destinato…
-Destino?-
Saltò su Aragorn con
un’espressione quasi furiosa: il collo teso, gli occhi stretti.
-Cos’è il destino se non
un ulteriore peso sull’anima?
-Dici così solo perché
stai attraversando un brutto momento. Non lo credi. Lo so.
-Tu non sai nulla di me.
-Allora.. insegnati a
me. Spiegati. E solo in questa maniera potrò confortarti.
-Non cerco conforto.
-Cerchi risposte che non
posso darti. E mi sembri nervoso. La tua bocca non ha fatto altro che
emettere scempiaggini in questi pochi minuti. La tua mente è forse in
vacanza o in ritiro militare? Se ti chiedessi una qualsiasi cosa nella
quale tu usualmente credi, molto probabilmente non faresti altro che
stravolgerla, ora.-
Legolas parlava con un
tono pacato, cercando di mantenere la calma. Perché Aragorn si
comportava così? Cosa gli era successo? Non aveva mai parlato in quella
maniera.. così… distaccata, diffidente…
-Tu parli ma non
concludi, Legolas.
-Mi stai forse dando
dell’insoluto?
-Appellare è limitare.
Voi Elfi non avete confini.
E pronunciò l’ultima
frase quasi con derisione. Legolas si sentì molto ferito. Aragorn
sragionava, certo. Ma non aveva mai osato criticare la Stirpe dei
Luminosi. Mai.
-Cosa vuoi insinuare?
-Io non insinuo mai,
Legolas. Faccio accuse precise.
Legolas si sentì
ribollire. Il desiderio verso Aragorn, la stima, la dolcezza.. svanirono
tutte in un lampo. L’uomo si era trasformato e non era più il coraggioso
e onorevole ramingo di poche ore prima. Era ottuso, chiuso e
irriverente. Legolas avrebbe voluto urlargli in faccia non so quante
maledizioni, ammonimenti, voleva andarsene ma non ne sentiva la forza…
-Sto iniziando a non
credere più in niente.
-E l’arte?
-Una malattia.
-L’amore?
-Un peso e un’illusione.
-E L’ONORE? Quello in
cui credi? Ciò per cui combatti?
-Un surrogato della moda
della fede.
-Sei uno scettico.
-Per carità! Lo
scetticismo è il principio della fede.
-Dammi un filo da
seguire…
-I fili si spezzano e
potresti perderti nel labirinto.
-Mi inquieti, parliamo di
qualcos’altro…
La discussione si fece
sempre più animata, Legolas era indignato.. si sentiva bollire di
rabbia.. gli avrebbe volentieri portato le mani al collo e l’avrebbe
strozzato… Elbereth quanto lo odiava in quel momento..
-Voi Eldar credete
sempre di poter raggirare gli ostacoli. Non è così la vita.
-CHE NE SAI TU DELLA
VITA? Sono 2931 anni che tengo piede su questa terra ed ho sofferto pene
che tu nemmeno immagini. Non puoi permetterti di giudicare la stirpe che
ti ha allevato solo perché stai attraversando un momento di follia! Non
ho intenzione di ascoltare un bamboccio come te! I LE MOKA, ARAGORN! -
E fece per andarsene,
ubriaco di rabbia e trasudante odio per quel lato di quell’uomo che era
sempre stato così desiderabile… non lo riconosceva più ed aveva paura.
Paura di perdere quello che amava di più. Non erano tanto le parole del
compagno a ferirlo, quanto la loro durezza, la loro assenza di fede e
calore, la loro obliquità…
-ARRIVERà IL GIORNO-
urlò Aragorn in preda al furore –ARRIVERà IL GIORNO IN CUI MI GRAFFIERAI
LA SCHIENA URLANDO CHE NON CE LA FAI PIU’! Poi mi pregherai di andare
avanti ancora.. e ancora… e ansimerai…-
gli occhi gelidi di Aragorn lo
trafissero e Legolas si sentì come immobilizzato… il sangue gli
ribolliva nelle vene, non riusciva a controllarsi, avrebbe voluto
sentire il collo di Aragorn stringersi sotto le sue mani… farlo
smettere…
-COME OSI!-
e Legolas si avventò
contro di lui sguainando dalla cintola un pugnale affilato, ma quando
gli fu davanti, Aragorn lo bloccò, lui rallentò…
Vicini.. non si erano
mai trovati così vicini… la mano di Aragorn sembrava puntasse in altri
luoghi invece che alla schiena dell’elfo.. Si potevano specchiare l’uno
negli occhi dell’altro… i loro respiri carezzavano le loro labbra… come
lo desiderava.. l’odio stava andando a tramutarsi in desiderio…. Folle,
perverso, cattivo ed inevitabile.
Con un movimento
repentino, Legolas spinse la testa dell’amico all’indietro,
avvicinandosi pericolosamente al suo collo…
-SOLO i Valar sanno
quanto desidero.. tagliarti.. la gola, ora…
-FALLO.
Legolas guardò Aragorn e
rabbrividì. Quella parola, quella specie di comando sembrava venisse da
un contesto lontano.. sembrava spuntasse da i gemiti di un uomo in preda
alla passione e alla foga dell’amplesso… sembrava fosse un esortazione a
ricevere di più… al volere… pulsante… Legolas avvicinò il pugnale al
collo dell’amico… voleva fargli credere di esserne capace, ma il suo
corpo andava in un’altra direzione ben diversa.
Ad un tratto, le mani di
Aragorn scattarono verso il bacino dell’elfo e lo spinsero contro di sé.
Legolas riuscì a
trattenere un gemito misto tra sorpresa e soddisfazione.. non aveva mai
sentito il corpo di Aragorn così vicino… caldo… passionale… sentiva il
ramingo premere contro di lui… Accaldato e magnifico… Desiderava
continuare il contatto, restare stretto contro Aragorn per l’eternità…
avrebbe voluto sentirsi libero di muoversi contro di lui.. dire ad
Aragorn cosa davvero provava… vederlo dischiudere le labbra, sentire il
suo respiro… Le mani di Aragorn scivolarono verso il basso…
Quell’attimo così
intenso gli annebbiò la vista.
Un altro istante e non
si sarebbe più controllato… e avrebbe buttato Aragorn sulla tavola, lo
avrebbe soddisfatto davanti a tutti… Capì cosa lo spingeva verso
quell’uomo…
Non poteva restare lì…
il desiderio stava prendendo possesso del suo corpo e se Aragorn se ne
fosse accorto…? Si staccò con un gesto brusco, l’amaro in bocca… voleva
uscire da quel palazzo. Dannato, dannato!
Yesta i le, Aragorn..
naa i uume merne le... (Provo
desiderio per te, Aragorn... ma non posso averti…)
-Alla stanza degli
arazzi, Legolas. L’unica luminosa del castello. Nell’ala est. Se
veramente pensi ciò che hai detto, fatti trovare lì .-
Legolas fece finta di non ascoltarlo..
non VOLEVA ascoltarlo.. ancora la voce dell’uomo nella sua testa
rimbombava.. “fallo… fallo oh, Legolas fallo…”
lo schifava e lo gratificava allo stesso momento. Gli piaceva sentirla
dentro di sé… lo disturbava…
-Al calare del sole,
Legolas. –
Aragorn urlò ancora.
Sulle labbra del ramingo stava un sorriso che traspariva la sicurezza
dell’uomo sul fatto che l’Elfo sarebbe venuto.
So che ti spaventa…
ma devi sapere…
Legolas aveva sentito.
Oh, se aveva sentito. In un primo momento non se ne accorse, ma aveva le
guance bagnate di lacrime.
Lacrime di rabbia, di
tristezza, di gioia per aver scoperto che anche Aragorn… e se fosse
stato solo… Avrebbe fatto male a… Cosa sarebbe…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
Si portò le mani alla
testa, premendo i palmi sulle orecchie appuntite per non sentire nulla..
quella voce.. veniva da fuori o dentro di sé? Quella voce era vera o era
solo la sua perversa immaginazione a crearla? Una lacrima gli stava
scendendo dolcemente lungo il collo.
Uscì di filato dal
palazzo, ritrovando quel vento pazzo ad accoglierlo con mille soffi e
sbuffi freschi. Girò l’angolo dei gradoni del palazzo, camminando
sull’orlo. Chi l’avesse notato, certamente sarebbe stato col fiato
sospeso per paura di vederlo cadere, ma lui seguiva il suo bordo dritto.
Era un po’ come una maniera per calmarsi… spostare la mente sul fatto
che non doveva cadere. Si sedette su un angolo, a guardare quel lato di
Edoras che non aveva mai curato più di tanto. Il lato aperto, quello
sconfinante nella prateria stepposa di Rohan. Chiuse gli occhi e riprese
quel suo contatto con la natura. Gli faceva bene. Sentì il vento tornare
verso di lui, abbracciarlo e sollevarlo da terra… lo portò in volo. Lo
lasciò in piedi, al limitare dei confini della città, dove stava una
palizzata di legno massiccio… e basta. Non aveva fatto un viaggio poi
così lungo. Perché si era fermato proprio lì? Quel sole così guardingo
lo fissava dall’alto, come se volesse leggergli nella mente e
risvegliare quei pensieri…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
No… no… non doveva
tornare quella voce… aveva impiegato così tanto per farla andare via…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
Aveva bisogno di un
bosco. Gli alberi lo calmavano. Ogni volta che sedeva su un ramo
sembrava che l’intera struttura di foglie e legno si curvasse su di lui.
Le foglie gli accarezzavano le gote e l’ombra fresca della chioma lo
consolava. Quando le foglie frusciavano gli cantavano una dolce canzone
che solo lui poteva sentire.
Ad un tratto, girò il
viso, spaesato e… il ramingo gli stava accanto.
Poggiava la schiena ad
uno dei pali di legno, le mani incrociate e il viso basso, coperto da
una cascata di onde fluenti e castane. Muoveva il piede sinistro come se
volesse scavare una buca in quella terra arida.
-A.. a… Aragorn?
Sussurrò accorgendosi
che la voce gli mancava tremendamente. La mente era completamente
disconnessa… che diavolo ci faceva lui lì? Voleva tormentarlo ancora?
-Che… che ci fai tu…
qui?-
ma lui non rispose. Lo
fissava. In quegli occhi azzurri poteva leggere… qualcosa.. che lo
spaventava.
Desiderio.
Un brivido gli percorse
la schiena… non poteva essere.. cosa.. cosa gli stava accadendo? Aveva
scuramente le traveggole! Voleva andarsene quando…
Aragorn si sporse in
avanti e si avvicinò a Legolas, prendendolo per un braccio.. aveva le
mani calde…
-Scusami…
gli sussurrò dolcemente.
Poi allungò una mano sul viso dell’Elfo e gli carezzò una guancia.
Legolas sentì il cuore accelerare, batteva a mille, il sangue scorreva
veloce per le vene, le mani umide… Perché gli succedeva così? Perché
solo con Aragorn? L’uomo gli si avvicinò di più, si sporse in avanti.
Legolas doveva tenere lo sguardo fisso negli occhi di lui? Lentamente,
invece, abbassò gli occhi color cielo fino a giungere alle labbra
dell’uomo. Doveva distogliere lo sguardo, lo sapeva, ma non ci riusciva…
Sentì una mano di Aragorn carezzargli la coscia…fremette…si sporse
ancora di più, il respiro gli lambiva le labbra sensualmente. Fu un
momento velocissimo.
Aragorn si sporse in
avanti un’ultima volta, poggiando una mano sulla nuca di Legolas e
tirandolo a sé, intrappolandolo in un bacio. Prima a labbra chiuse…
Legolas non sapeva come comportarsi.. doveva lasciarsi andare? Cosa mai
sarebbe successo… il Ramingo gli bloccava il capo con una mano e gli
stringeva le spalle con l’altro braccio, avvolto intorno a lui come
un’ombra scura ed eccitante. Si staccò lentamente e lo fissò negli
occhi.. poi li abbassò a sua volta sulle labbra dell’elfo e sembrava
ricordasse quello che era appena successo.
-Aragorn… ma…
(Aragorn… che…)
- Auta o quette… toi maaraer…(Basta
parole, sono così inutili…)
lo fermò l’uomo
poggiandogli due dita sulle labbra. Quel bacio era stato… caldo, anzi
no, bollente, dolce, sensuale, dirompente, improvviso, inaspettato,
piacevole… Aragorn si passò distrattamente la lingua sul labbro
superiore. A quel gesto, Legolas si sentì attratto come non mai… quel
bacio.. tanto veloce… non bastava. L’elfo allungò una mano verso quel
viso così mascolino e lo tirò a sé, baciandolo ancora. Prima piano, le
labbra strette contro quelle del ramingo;poi le aprì dolcemente e lasciò
che la lingua scivolasse incontro a quella di Aragorn, che lo accolse
caldamente. Passionale, Legolas gli succhiò dolcemente la lingua e per
tutta risposta Aragorn abbassò ambedue le mani verso l’inguine
dell’elfo, gli aprì leggermente le gambe. Aragorn era eccitante al punto
che Legolas gli si sciolse addosso, gettandosi su di lui in balia di
quelle mani così calde, continuando a baciarlo come se fosse quella
l’unica fonte di respiro… L’uomo muoveva le labbra dolcemente, con lui,
su di lui e contro di lui, lo fece appoggiare contro uno dei pali e
sembrava lo volesse divorare. Legolas si aggrappò alla schiena del
ramingo, mentre quello spostava le labbra sul collo dell’elfo e cercava
di slacciargli la casacca… dopo qualche tentativo,le mani di Aragorn
lasciarono stare i bottoni e scivolarono sui fianchi di Legolas…più giù,
più indietro… premendolo con forza contro di sé.
Legolas stava lì a
labbra socchiuse, gli occhi serrati al pari delle sue mani sulle spalle
di Aragorn… non sapeva come… muoversi.. eppure gli sembrava tutto così
naturale…
Si lasciò possedere per
lunghi ed appaganti momenti, baciando ancora l’oggetto del suo
desiderio. Lo strinse ancora, si avvicinò e sentì Aragorn muoversi
contro di lui…
-En
tulka....Aragorn….a..ah…. (più forte)
il Ramingo sembrava
seguisse una via sua, usasse l’elfo come un oggetto… Lo guardava con
quei suoi occhi glaciali, dello stesso colore del cielo che vegliava
sulle cime del passo di Caradhras, lo baciava ancora… Quelle labbra
calde segnavano il loro percorso sul collo di Legolas, le mani di
ambedue avevano volontà propria.
Il corpo di Aragorn
premeva con forza contro quello dell’elfo, divorato
dall’eccitazione.Dalle labbra sottili di Legolas uscivano gemiti
soffocati che, ogni tanto, Aragorn bloccava con baci veloci. Legolas ne
voleva sempre di più, di più… Ancora ed ancora le loro labbra si
incontrarono, e Legolas voleva che quei baci durassero per l’eternità…
Aragorn tolse le braccia da addosso a Legolas e le poggiò sulla
palizzata, bloccando l’elfo solo col suo corpo.
- Veela u le usin…
(vediamo se scappi…)
-I
voror… um ta… (Non lo… farei
mai...)
ansimò Legolas mentre il
piacere di Aragorn lo travolgeva. Continuava a stringere spasmodicamente
le spalle dell’uomo per evitare che fosse lui a scappare.. e anche per
evitare di scivolare in basso… In basso, ci andarono le mani di Aragorn,
giù giù fino ai calzoni di Legolas. Slacciarono velocemente la cintura
di cuoio che cadde a terra con un tonfo, poi armeggiarono un poco coi
bottoni.
-Aragorn.. non… ah… non
qui…. A… ah….
-Il desiderio non
conosce luoghi…
Lo ammonì l’uomo
tappandogli le labbra con la propria lingua. Legolas preferì tacere e
continuare quel bacio, ma Aragorn stava nettamente esagerando…
-Aragorn.. mo… auta le….
Ara…. ( che.. fermati…)
ma non fece in tempo a
finire la frase che il piacere lo travolse di sorpresa nel sentire le
mani di Aragorn su di sé, chiuse gli occhi, buttando la testa
all’indietro fino ad appoggiarla al palo di legno gemendo sommessamente,
ansante e desideroso di rimanere così. Aragorn lo toccava ancora,
esattamente dove Legolas voleva, mentre le labbra percorrevano il suo
collo in ogni angolo possibile.
-Basta Aragorn..
smetti….
L’uomo lo guardò. Fisso…
quegli occhi sembravano quasi taglienti, qualche ciocca di capelli era
attaccata alla sua pelle e gli arrivava ad un angolo della bocca.
-Era forse un ordine?
Chiese sollevando le
labbra in un sorriso malizioso. Legolas si chiuse i calzoni. Gli
piaceva, ma era troppo.
-Sì.
E così dicendo si avventò contro
Aragorn, sorprendendolo col bacio più forte che si fossero mai
scambiati. Noncurante delle mani di Aragorn sui propri fianchi, premette
con violenza la lingua dentro la bocca di Aragorn, soffocando i suoi
gemiti di sorpresa e piacere. Aragorn rimase senza fiato, mentre la
lingua di Legolas esplorava prepotentemente la sua bocca. Le mani
dell’Elfo afferrarono il colletto del Ramingo, tirandolo a sé fin quasi
a farlo sbilanciare.
Ad un tratto, però, a
Legolas non sembrò più di sentire Aragorn stretto a sé.. solo.. aria..
Aprì lentamente gli
occhi e si ritrovò sul gradino del palazzo, davanti a sé solamente una
distesa di sabbia compatta e stepposa.
-Er oloore….
(solo un sogno)
Sussurrò tra sé e sé,
mordicchiandosi un pollice per svegliarsi completamente. Voleva sentire
dolore… un dolore più forte di quello che già sentiva dentro di sé…
tristemente si dovette render conto d’essere nella realtà, dove Aragorn
l’aveva stretto molto probabilmente solo per rabbia o per un giochino
perverso che la confusione gli aveva dettato.
-MASTRO ELFO!
Legolas si drizzò da
sedere ed irrigidì la schiena. Gimli apparve dietro di lui, con quella
sua andatura pesante e barcollante, dovuta dalle gambette corte.
Davvero, Gimli era
l’ultima persona (err… l’ultimo nano) che Legolas avesse mai voluto
vedere. Non gli andava di mettersi a chiacchierare, e nemmeno mettersi a
cantare o raccontare. Gli andava solo di piangere.
-Senti, mastro Elfo..
avrei bisogno di un consigl…
-No, Gimli. Non ora.
Lo fermò Legolas, ben
deciso a troncare quell’inizio di conversazione. Se solo non fossero
stati due membri della Compagnia, lo avrebbe appeso all’asta della
bandiera che garriva davanti a Medusel. Il nano alzò un sopracciglio,
sconcertato. Legolas di malumore? Succedeva assai raramente! A
quell’elfo bastava che il sole splendesse per essere felice… valli a
capire, gli Eldar!
Legolas si alzò in
piedi.. ancora il sapore di quei baci sulle labbra… Doveva andare alla
stanza degli arazzi.. o no? E se avesse rivisto Aragorn sarebbe riuscito
a contenersi? Doveva semplicemente provare. Sorpassò Gimli con due passi
e lo lasciò a borbottare qualche sua canzoncina nanica o roba simile.
Non gl’importava. Il sole stava iniziando a calare.
.|.|.
Nel frattempo, Aragorn,
era corso in preda alla rabbia nella stanza dove stava il suo giaciglio
e quello di Legolas (ovviamente c’era anche quello di Gimli, ma non lo
vedeva…). Si sedette di peso sopra il suo, che aveva tutte le coperte
disordinate e scompigliate. Aragorn non dormiva quasi mai sonni
tranquilli, e la mattina tutto era più importante del rifare il letto.
Tanto doveva tornarci, poi, no? Poggiò la schiena contro il muro e si
prese la testa tra le mani.
Nella testa gli
rimbombava tutto quello che aveva detto. Quante bugie…
Era stato un vigliacco.
Aveva usato la provocazione come arma, per vedere cosa provava Legolas…
e invece di trovare il perché di quella perenne dolcezza, di
quell’idilliaca delicatezza, aveva scatenato l’odio dell’amico. Sarebbe
venuto? Adesso non ne era più cosi sicuro. Si sentiva disperato, come se
fosse caduto per ore ed ore in un baratro.. e l’anima stesse ancora
cadendo nel vuoto. Doveva andare da Legolas a scusarsi? Cosa stava
facendo l’elfo, ora? Aragorn conservava di lui un ricordo dolcissimo,
quanto il profumo della sua pelle. Gli era sempre stato accanto, da
quando si erano conosciuti, e se la mente non lo ingannava, era stato
proprio Legolas che, per caso, gli aveva fatto incontrare Arwen.
Arwen…
Si era scordato il viso
di lei. Si era scordato tutto di lei. Non portava più Evenstar al collo,
anzi, la teneva avvolta in un panno, segregata in una tasca della
saccoccia. Se Arwen fosse venuta ad incontrarlo in sogno, il cuore di
Aragorn si sarebbe strappato di sicuro.. o forse l’avrebbe strappato lui
stesso. Se era vero che avere un cuore faceva soffrire così tanto, il
non averlo affatto avrebbe potuto cancellare tutti quegli affanni? Come
si sentiva sbagliato, in quei giorni. Sbagliato.. gli sembrava
l’aggettivo migliore. Lui era tutto sbagliato, ciò che provava era
sbagliato, il suo destino era sbagliato…
Anche il suo amore era
sbagliato.
Era iniziato tutto al
ponte di Kazad-Dhum, quando Legolas aveva afferrato lui alla fine del
suo salto e non Frodo. L’aveva stretto.. forse senza neanche pensarci,
forse nemmeno se lo ricordava…
Lui, invece, sì. Da quel
momento… da quando aveva respirato il dolce profumo dell’elfo, nella sua
testa si erano accavallati pensieri, immagini, desideri, congetture… ma
solo una cosa lo spaventava.
Legolas… era… un uomo… beh, sì,
insomma… un Elfo, ma pur sempre un uomo. No, non era questo il suo
terrore più grande. Molto probabilmente quella creatura così luminosa
non aveva ancora mai conosciuto… l’amore, cosa vuol dire passione…
Aragorn lo vedeva come un guerriero, dal volto d’angelo e l’abilità di
un assassino, quasi distaccato dalla cognizione di se stesso… freddo ed
impassibile, calmo e pacato, controllato e calcolato nei suoi minimi
confini… Era certo che provasse sentimenti.. gli Elfi sono le creature
più emotive di Eä,
{Per chi non se lo ricordasse, Eä è il “Mondo che È”, ovvero il Mondo.
Da il Silmarillion, JRRTolkien,Bompiani Editore.
Prima citazione a pg.17 n.d.Me}
ma non era certo che
provasse QUEI sentimenti… quelli che confondevano Aragorn così tanto. Lo
confondevano e non lo facevano riposare, gli toglievano il coraggio…
Ma quando c’era Legolas
accanto a lui.. sentiva nelle mani quella forza che l’avrebbe reso
capace di sradicare un albero di Lorien… di sollevare l’intera Minas
Tirith… tutto tranne che baciarlo davvero.
Pochi minuti prima
l’aveva stretto a sé… lui era desideroso.. aveva visto nello sguardo
dell’elfo una luce baluginare…
Indignazione,
sgomento..o lo stesso desiderio che anche lui sentiva?
Poteva quell’essere
dalla bellezza così androgina sentire quel genere di sensazioni..
dirompenti e a volte cattive, come nel loro caso.. Un amare ed un
soffrire, desiderare e farsi male…
Non aveva nemmeno la
forza di volontà di prevalere su Legolas, di farsi amare anche solo per
un’ora, di farsi desiderare… come mai avrebbe potuto trovare la forza di
mandare avanti un regno…. E guardare negli occhi la donna che un tempo
amava.. e che tradiva col pensiero, accarezzando con le sue fantasie il
profilo di un altro uomo?
C’è una sedia… nella
mia mente, sulla quale, ogni tanto, mi piace sedere per pensare e
trovare la chiave a tutto ciò che mi è celato…
Dove posso correre?
Dove nascondermi? In chi mi tramuterò? Dove ho udito le voci che
ricordo? Ho un paio di parole scritte sullo schienale della sedia, come…
“Pensi che sia coraggioso?” ”Pensi che me ne importi?” Posso..
cancellare, bruciare le immagini che vedo? Posso? Non credo…
C’è una sedia
piccola, quanto basta per contenermi. Preferirei una scatola, ma poi
potrei desiderare di chiudere il coperchio… Restare solo, per sempre su
quella sedia… Incatenami, Morte.. seducimi ed io non cederò… o sì? Quale
maschera ti metterai per portarmi dove tu desideri? Continuando a
pensare in questo modo sarà difficile continuare…
Devo trovare
coraggio, ma oramai questi pensieri me l’ hanno succhiato via… si sono
cibati del mio ardore e l’ hanno sostituito con quest’incertezza… Ho
bisogno di te, ma non venire. Potrei non fermarmi.
Ho bisogno di te.. ma
tu stammi lontano. Magari il mio desiderio si spegnerà…
Basta.
Basta mentire anche
con me stesso… ho mentito così a lungo… Non smetterò mai di desiderarti,
mai le mie mani smetteranno di bramare il tuo corpo… Quell’attimo,
Legolas. Solo quell’attimo tale da dar pace al mio cuore… unica
richiesta, la mia… certo… eppure così difficile da esaudire…
Non posso, non
riesco… andare avanti così potrebbe significare il mio desiderio di
abbandono… Mi rendo conto di non volere più nulla: né regno, ne Arwen,
ne onore, né gloria… darei tutto per avere te solo un’ora.
E si ritrovò in mano la
stoffa nella quale era avvolta Evenstar. La srotolò pian piano ed un
luccicare veloce gli fece sbattere le palpebre un paio di volte. Il
gioiello stava lì, così piccolo nella sua mano… luminoso, la curva di
cristallo così dolce e morbida. Uno splendido fiore al centro dal quale
scendevano due lunghe foglie lanceiformi che s’incrociavano tra loro.
Evestar. La stella del vespro, quel gioiello racchiudeva l’intera
essenza di Arwen. E lui l’aveva in mano, sarebbe stato padrone di
spezzarla, sotterrarla da qualche parte o, semplicemente dimenticarla…
- Renich i lu i erui
govannen? (Ricordi la prima volta
che ci siamo incontrati?)
- Nauthannen i ned ol
reninannen (Credevo di essermi
perso in un sogno…)
- Guenwin in
enninath… u-arnech n naeth I si celich..
(Lunghi anni sono passati, non avevi gli stessi turbamenti che hai ora…)
Poteva ricordarselo così
bene, quel momento idilliaco… a Granburrone, sotto la luna… lei era così
bella, dolce… vanesia.. come l’immagine ed il ricordo nella mente di
Aragorn. Stava svanendo. Quella figura sottile stava assottigliandosi
più passava il tempo. Come la pallida stella oscurata dai raggi di un
sole sorgente e dirompente, Arwen non rimaneva nella testa del ramingo,
troppo accecato dalla luce di Legolas.
Ma era sicuro che quello
per l’elfo fosse solo.. mero desiderio? Spoglia bramosia carnale? No…
c’era dell’altro.Se fosse stata solo la voglia di averlo, di sicuro non
si sarebbe sentito così male… di sicuro non si sarebbe sentito così
solo.. sconsolato, affranto, spogliato della gioia…
Ma allora.. come poteva
lui provare… amore?
Man kara i mel le?
Man kara i aniron le? (Cosa mi fa
amarlo? Cosa mi fa desiderarlo?)
E pensare che.. no..sarebbe successo
comunque? Era già predisposto?
Lady Galadriel… l’aveva
forse visto? Lo sapeva? L’aveva detto ad Arwen? Non si ricordava come
fosse stato, a Lothlorien. Era passato troppo tempo.
No, da quello che gli
restava di quella notte, Lady Galadriel non aveva accennato nulla sul
fatto.. di quello strano accelerare dei battiti del cuore alla sola
vicinanza di Legolas, non aveva proferito parola a proposito di quel
desiderio così innaturale, ma così forte… Tra quegli alberi, se solo
fosse stato in grado, avrebbe tolto la verginità a quella creatura che
sembrava tutto tranne che reale. Così bello da fare male. Troppo male.
Alzò la testa e guardò
il muro davanti a sé. La solida roccia era contornata da intarsi di
legno, dai quali pendeva una grossa tenda di panno rosso. Silenzio.
Non mi piace il
silenzio. Voglio sentire il tuo canto, ancora una volta.
Una sera, nella chiara
notte prima di partire da Granburrone, aveva sentito Legolas cantare.
Non era uno dei soliti canti già scritti, che ricordavano le grandi
gesta degli Eldar che furono…. Molto probabilmente quel canto era stato
composto da Legolas in persona, una dolce canzone d’addio per un amore
sconosciuto. Più che un canto sembrava una poesia, composta fra le
lacrime e ridondante di nostalgia. Ma la voce di Legolas la recitava
così bene da farla somigliare al gorgogliare del fiume, e le stelle
stesse si univano in un coro. Abbandonato sulla ringhiera di uno dei
tanto balconi di Granburrone, aveva cantato per tutta la notte. Si era
offerto lui di partire, ma il viaggio già lo stava uccidendo.
E aveva cantato tutta la
notte, cullando la propria voce con le foglie addormentate. Su quel
balcone vi era rimasto anche dopo che il sole aveva fatto capolino tra i
tetti delle case, steso ed assopito, come coperto da un lenzuolo di
rugiada. E il sole dipingeva su quel viso angelico…ombre e luci
d’avorio. E lui non aveva potuto fare a meno di restare a guardarlo,
acquattato tra qualche colonna marmorea, trattenendo il respiro per
paura di svegliarlo. Incantato.
Era un vero peccato che
gli Elfi dormissero così poco. Lui era così bello…
Aragorn strinse con
forza Evenstar nella mano, fino a sentire le punte dei petali di
cristallo trafiggergli la pelle, volontariamente strinse più forte…
Dolore… naike…. Per
dimenticarti…
Ma non poteva
dimenticarlo. Nulla sarebbe servito a farlo. No, lui era legato ad un
destino che si divertiva a vederlo soffrire, ma che allo stesso tempo
gli regalava qualche sogno breve e passionale… passeggero e nostalgico.
Riaprì la mano. Che
stupido. Stupidissimo. Come aveva anche solo potuto pensare di usare il
dolore come anestetico per l’amore? E poi, era davvero amore?
Sì… Lo è.
Si rispose. Basta con le
bugie. Si può essere attori con chi non si conosce, ma non con se
stessi. Non si può fingere con la propria anima.
Lo giuro su tutto
quello che ho di più caro, lo giuro su tutto ciò che ritengo valente, lo
giuro sull’onore e su me stesso. Ti dirò quel ch’io provo. E mi farò
valere. Non puoi scapparmi per sempre, Legolas.
Sul viso gli si dipinse
un sorriso sottile… un po’ di sicurezza e quasi spavalderia tornò a
scorrergli nelle vene. Guardò fuori dall’unica finestra della stanza: il
cielo aveva iniziato a tingersi di rosso. Era ora.
Si alzò e si lisciò bene
bene la veste. La mano aveva già smesso di sanguinare. Fece scivolare
Evenstar in una delle tante tasche della palandrana.
I lende, Legolas
(Arrivo, Legolas)
.|.|.
tap tap tap….
Gli stivali di Legolas
ticchettavano sul pavimento liscio del palazzo, corridoio dopo
corridoio. Non gli faceva più così paura.. aveva imparato a tenersi
freddo, così l’Ombra non l’avrebbe notato ed avrebbe continuato a
persuadere qualcun altro. Aveva imparato a non essere più sè stesso.
Aveva imparato a placare ogni emozione, freddo come una statua di
ghiaccio. Le emozioni facevano così male, soprattutto in quel periodo,
in quel momento, in quel palazzo…. Aveva imparato a scacciare la propria
anima, lenire il dolore e sedare la passione. Sentiva le cose passargli
distrattamente accanto. Solo aria sulla pelle. Non gl’importava se era
contro natura, non gl’importava se tutto quello che gli era stato
insegnato ed aveva scoperto sulla bellezza della vita riteneva la
separazione dell’anima un peccato. Doveva tenersi freddo. Per Aragorn.
Lo faccio per noi,
per conservare almeno l’amicizia. Se ti dicessi ciò che veramente provo,
allora rovinerei tutto. Voglio tenerti sempre con me, Aragorn. Ti voglio
al mio fianco. Non mi farò lasciare da te solo per uno stupido
sentimento. Non sarà il mio amore a dividerci.
Assorto in questi
pensieri, Legolas lasciava che i piedi lo portassero dove volevano. Non
aveva la più pallida idea di dove fosse la stanza degli arazzi, e
sperava di poter trovare qualcuno che glie la indicasse, ma Medusel
sembrava deserto.
Noncurante del buio,
scese un paio di scalinate introdotte da un grosso arco di legno con dei
cavalli intagliati e degli uomini in parata con bandiere, stemmi e
scudi. Quattro torce illuminavano i gradini, alcuni dei quali erano
ricoperti di legno liscio.
Ma è tutto di legno,
qui? Legno e pietra.. non mi stupirei se le persone fossero fatte dello
stesso materiale!
Terminate le scale,
Legolas si trovò davanti una specie di saletta di pietra, come un
pianerottolo cubico. Due lati erano di pietra, ma uno era una grossa
tenda giallo paglierino, fermata in un lato da una nappa blu.
Curioso da questi colori
così sgargianti in un palazzo così tetro, Legolas scostò nappa e tenda.
Non avrebbe mai
immaginato di vedere, proprio a Rohan, una cosa così bella. Avanti a lui
si stendeva un corridoio inondato della luce del tramonto. Il pavimento
era di legno (il parquet medievale? N.d.Me) e tutta la parte destra del
corridoio era occhieggiata di finestre d’alabastro, coperte da tende
setose. Tra una finestra e l’altra, stavano delle statue lignee che
raffiguravano Re, cavalieri e chissà quali altri eroi. Tutto sembrava
così… elfico… come.. come poteva una tale bellezza architettonica
starsene nascosta in un palazzo freddo e desolante? Il soffitto era
affrescato di blu, puntellato da tantissime stelle che sembravano
bottoni d’oro incastonati nella roccia.
-Com’è tutto bello… qui…
e scoppiò in una sonora
risata cristallina, che tintinnò e si rifranse su tutti i muri,
rimbalzando come l’acqua nella corrente di un torrente appena uscito
dalla sua sorgente.
-Come ho fatto a temere
tutto ciò? Come posso temere ciò che mi somiglia?
Si bloccò di scatto con
quelle parole ancora sulle labbra .
TEMERE Ciò CHE MI
SOMIGLIA… ed iniziò a parlottare
tra sé e sé con una voce sottile quanto il vento d’autunno tra le
foglie. Per tenersi compagnia.
-Aragorn…. I Kaure le… I mel
le…. (Ti temo, ti amo) Ma perché ti
temo se sei simile a me? Perché tremo se mi sei accanto? Cosa mi spinge
a volerti? Sei… un uomo, come me… ed io…. Non ho mai… provato… amore. A
parte con….-
E Qui si interruppe,
abbassando la testa, nella mente un ricordo troppo doloroso da
rievocare.
-Perché con te? Perché è
tutto così confuso, così difficile? Perché non posso dirti quello che
veramente sento? E se tu provassi il mio stesso calore… allora vorrei
gridarlo al mondo… ma non potrei farlo…
Se la Terra di Mezzo
venisse a sapere quello che potrebbe esserci tra… me… e te… allora
sarebbe la rovina? E Ancalima Undomiel? Il suo amore per te… è così
forte da poter offuscare il mio? O il contrario? Porti ancora Evenstar….
… se è il tuo simbolo d’amore…
potrei portarla io? -
Scrollò la testa quasi
cercando di scacciare via quel pensiero. Come aveva anche solo potuto
pensare che Aragorn gli avrebbe donato il suo fiore di cristallo? Come
avrebbe mai potuto pensare che Aragorn avrebbe lasciato la donna a lui
promessa.. l’amore della sua vita…. Per… lui? Che sciocco si sentiva… e
questa volta avrebbe davvero voluto svanire.. via.. via.. a correre
verso casa, Bosco Atro… a rifugiarsi sui suoi alberi, a cercare l’ombra
ed il conforto del vento… il silenzio, la calma ed il calore del suo
sole, di casa sua…
Ad un tratto, fu
obbligato a svoltare un angolo nel corridoio e… poco lontano, vide lady
Eowyn aspettare, in piedi, davanti ad una tenda rossa. Troppo tardi per
girare i tacchi ed andarsene.. lei l’aveva già visto.
-Sire Legolas…
mugolò lei con quella
sua voce così fredda e monotona. Legolas trattenne un brivido.
-Lady Eowyn…
la salutò freddamente
con gesto del capo. Non gli piaceva incontrarla.
-Cosa fate voi qui…?
Pensavo che Medusel vi terrorizzasse….
-NULLA mi terrorizza,
mia signora.
Puntualizzò lui
sentendosi sbeffeggiato da quella statua di ghiaccio che camminava.
-Nulla mi terrorizza, ma
alle volte preferisco certi ambienti ad altri.
Eowyn si stupì della
pronta risposta dell’elfo, ma non lo diede a vedere. L’aveva sempre
creduto uno silenzioso, chiuso, quasi ottuso… e invece…
-Preferite la steppa al
palazzo?
-Preferisco la libertà
alla prigione
-…l’insicurezza alla
forza?
-La verità alla
menzogna, comunque passeggiavo per curiosità e basta.
Troncò indispettito.
Meno parole uscivano dalle labbra di Eowyn, meglio si sentiva.
-Avete per caso visto
sire Aragorn? Gli ho dato appuntamento qui, ma non si è ancora
presentato…
Legolas fu colpito da
quell’affermazione. Lei aveva dato appuntamento ad Aragorn.. davanti ad
una sala? La sala degli arazzi rossi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa
fare? Gia s’immaginava la scena: “Che casualità, lui ha dato
appuntamento a me!” e si sarebbe sentito un weomelindo
{Ho trovato il modo per scrivere “gay”
in elfico… n.d.Me} davanti a “statua di ghiaccio”, helkeheri
(Signora di ghiaccio) e, chissà,
magari si sarebbero messi a chiacchierare dell’uncinetto e del punto
croce aspettando l’arrivo di Aragorn. Improvvisamente un qualcosa gli
uscì dalle labbra,mentitore e rapido.
-Ho incontrato Aragorn.
Mi ha detto di riferirvi, se vi avessi vista, che non sarebbe potuto
venire a causa di… faccende fuori dal palazzo. Non so esattamente di
cosa.-
Che bugiardo.. ma oramai
l’aveva detto e non avrebbe potuto tornare indietro. Sul volto ceruleo
di Eowyn si dipinse un’espressione delusa. Sempre e comunque fredda.
-Ah.. vi… vi ringrazio.
E così dicendo chinò il
capo e se ne andò, prendendo la direzione dalla quale veniva Legolas.
Lui, con fare allegro e noncurante, le gridò dietro:
-Voite maara daana!
(Buona giornata!)
alzando un braccio in
segno di saluto. Stranamente quella bugia gli aveva dato sollievo, ma
ancor più vedere Eowyn andarsene dopo solo due parole l’aveva reso più
tranquillo.
Stranamente soddisfatto
di sé stesso, si fermò davanti alla tenda rossa, molto probabilmente
l’entrata alla stanza degli arazzi. Con sicurezza scostò leggermente la
tenda e fece per entrare, quando si bloccò appena in tempo per non
andare a sbattere contro un’enorme porta di legno.
-Legno anche qui.. avrei
dovuto aspettarmelo!
E aprì il pesante
portone, entrando nella stanza.
Era piuttosto piccola
per come Legolas se l’era immaginata, ed aveva le pareti interamente
coperte da drappi rossi e morbidi che cadevano sul pavimento inondandolo
di stoffa color sangue. Solo una parete, quella opposta alla porta, era
occupata quasi tutta da una bella finestra di alabastro, con una tenda
rossa anch’essa, ma di stoffa più sottile, che faceva filtrare il sole.
Per il resto, nella stanza non v’era altro arredamento se non per una
sedia, al centro della stanza. Una sedia piccola, di legno scuro con un
cuscino rosso sopra.
-Gran bell’arredamento…
davvero!
.|.|.
tap…tap…tap…
-Tardi tardi tardi….!
Accidenti a me e alla mia testa! Tardi tardi….-
si ripeteva Aragorn
freneticamente, come se quella parola avesse potuto fermare il tempo e
dargli un po’ di vantaggio per arrivare in orario. Il suo sesto senso
gli diceva che, anche se non sapeva la direzione, Legolas sarebbe certo
stato dentro quella stanza quando il sole avrebbe lambito le prime cime
delle montagne. Svoltò un angolo e si acquattò di scatto contro il muro.
Eowyn stava passando, dritta davanti a sé, al testa china. Gli aveva
dato appuntamento lei per prima, ma lui sentiva il bisogno di Legolas.
Sarebbe stato quello, il momento giusto per toccarlo.. per averlo… farsi
amare… Trattenne il respiro ed avanzò rasente al muro per non farsi
vedere. Il percorso lo sapeva bene e, quando Eowyn fu scomparsa, riprese
a correre come un forsennato. Scale, corridoio, angolo… la porta era lì,
la tenda rossa ben calata davanti… Appena di fronte all’entrata si fermò
per un paio di secondi. Doveva riprendere fiato e calmarsi, non tanto
perla corsa, ma per il fatto che lui e Legolas sarebbero stati lì,
chiusi in quella stanza… soli…
Voglio te. Voglio
ubriacarmi delle tue parole, inebriarmi della tua pelle, bere la tua
luce dalle tue labbra…
Entrò.
Legolas stava in piedi,
davanti alla finestra d’alabastro, le braccia incrociate sul petto. La
sua figura si stagliava nera e nitida contro la luce rossastra che
faceva illuminare la tenda di un color tramonto vivido. Era.. perfetto.
La sua forma alta e slanciata sembrava così fragile… composta dello
stesso materiale di Evenstar, così delicata e preziosa… Però, la
calzamaglia scura stretta sulle gambe dell’elfo ne sottolineava i
muscoli, tesi e lineari, i polpacci chiusi negli stivali di cuoio. La
casacca gli arrivava a metà coscia: una cascata d’argento che le stelle
gli avevano fatto piovere addosso… acqua morbida che gli ricopriva la
schiena, gli carezzava i fianchi…
Ad Aragorn sembrò di
poter sentire le sue mani scorrere su quella stoffa leggera. Sfilarla da
dosso a lui… stringerlo e vedere il suo collo sottile distendersi,
facendogli poggiare la testa sulla sua spalla…già sentiva le labbra
ebbre di quel suo odore dolce… Una droga, che doveva assumere subito per
restare lucido.
-Legolas…
l’elfo si girò. Il sole
morente gettava un’ombra sensuale sul suo volto splendido, dai
lineamenti scolpiti nel marmo di quella pelle liscia. La morbida curva
delle labbra risvegliò in Aragorn qualcosa… sentiva bruciare dentro… non
riusciva più a controllare il suo respiro… Quella sensazione che gli era
sempre stata difficile da sedare gli irruppe addosso come una secchiata
d’acqua, crudele e terribile…
Ora ti dirò che ti
bramo… ora ti svelerò dove vorrei che le mie mani potessero arrivare… ti
darò quello che non hai mai ricevuto…ora ti avrò e tu mi obbedirai… e
godrai di me… lascerai ch’io lo faccia con te… Amarti ed essere amato…
sentirai come brucia il sangue… porterò le mie mani su di te e tu
gemerai… prevarrò su di te e tu non ti ribellerai… perché anche se non
lo vuoi.. ti possiederò.
-Sei in ritardo… come
solito.
E sorrise
dolcemente, curvando le labbra… Aragorn strinse i pugni per trattenersi…
Legolas si voltò verso la finestra di alabastro.
-Scacciapensieri
elfico.. credevo che qui a Rohan non ci fossero!
Esclamò con l’allegria
di un bambino davanti ad un maggiolino ronzante, indicando il piccolo
sole di cristallo che pendeva dallo stipite della finestra.
-Legolas… scusami.
Fece Aragorn a voce
bassa, la testa china… se solo avesse incrociato il suo sguardo allora
sarebbe…
-Per il ritardo?
Figurati!
Ridacchiò l’elfo quasi
sbeffeggiandolo, senza accorgersi che la voce di Aragorn tremava, che
Aragorn stesso stava tremando.
-Non è per il ritardo…
Legolas.
La voce di Aragorn si
era fatta d’un tratto più flebile.. più tremolante… indecisa, spaurita.
Legolas si avvicinò amichevolmente ad Aragorn:
-Man ta na raika?
(Qualcosa che non va?)
e fece per poggiargli
una mano sulla spalla, ma Aragorn lo respinse in malo modo, quasi
facendogli male, per poi andare a sedersi sulla piccola seggiola.
-UUME TULYA LE!(non
ti avvicinare)
Legolas lo guardò con
aria preoccupata.. che cosa gli stava accadendo? Perché in quel periodo
Aragorn era così cambiato… avrebbe fatto qualunque cosa per farlo
tornare com’era prima… qualunque cosa…
-Aragorn… man..kara…
insomma…. Che… che ti succede?
Balbettò confuso. Gli
sembrava che quelle parole fossero così superficiali… inutili, stupide…
fuori luogo… eppure doveva pronunciarle, doveva dire qualcosa … si
sentiva così inutile! Stava lì, fermo,dritto ed immobile, la mano ancora
a mezz’aria, scostata e dolente per il gesto repentino di Aragorn. Anche
lui stava immobile, seduto, o meglio, raggomitolato sulla sedia, la
testa china, non gli si vedevano nemmeno gli occhi. E Legolas voleva
vederli. Gli piacevano così tanto gli occhi di Aragorn… freddi come il
ghiaccio eppure così caldi, fieri, decisi…
A quel paese tutto, se
Aragorn gli avesse fatto male un’altra volta lui non avrebbe sentito
dolore. Gli si avvicinò più deciso e gli alzò il mento usando i
polpastrelli dell’indice e del medio.
-Non m’importa cos’ hai
oggi, non m’importa se hai paura, non m’importa se piangi e ti fa male…
devi dirmi cos’ hai…..-
ma si bloccò e cercò di
sedare tutta la rabbia che era esplosa in lui: Aragorn stava piangendo.
Una lacrima argentea stava scendendo sulla guancia sinistra del Ramingo,
lentamente, fino ad arrivare poco vicino alle sue labbra serrate. Il
respiro era lento e pesante, e sembrava che Aragorn stesse per
collassate, esplodere in un mare di lacrime…
Perché… piangi,
Aragorn? E’ forse colpa mia? Ho… fatto qualcosa che non va? Se solo
potessi… se solo tu mi lasciassi asciugare le tue lacrime io…
Legolas s’inginocchiò
davanti al Ramingo che teneva la testa bassa e raggiunse con due dita la
lacrima che stava scorrendo sul volto di Aragorn. Dolcemente ne percorse
il sottile rivolo umido sulla pelle abbronzata… dalla guancia, scendendo
sensualmente fin sulle sue labbra… perse gli occhi in quel volto
rabbuiato, bevve la tristezza di Aragorn come fosse pioggia d’estate,
per togliergli quell’angoscia dalle spalle… sembrava stare sospeso in un
sogno… sotto la dolce pioggia… di nuovo a… casa…
Si svegliò di
soprassalto quando sentì… la lingua di Aragorn contro le proprie dita.
Un brivido lo percorse partendo dalla mano fino ad arrivare
all’estremità delle gambe. Brivido di….sorpresa? Brivido di piacere….
Aragorn aveva appoggiato
le dita sul polso di Legolas per tenerlo avanti a sé e ne leccava le
dita lentamente, quasi bramando ogni singola goccia di piacere. L’elfo
era rimasto a bocca aperta… ma velocemente ritrasse la mano e volse lo
sguardo verso l’amico. Un lungo momento durante il quale i due sguardi
s’incrociarono: l’uno incuriosito e l’altro enigmatico. Dentro lo
sguardo di Aragorn, Legolas poteva vedere… nemmeno lui lo sapeva. Sapeva
solo che.. che quel desiderio che tanto aveva cercato di reprimere si
era risvegliato. Ora più che mai sentiva il sangue bruciare nelle vene,
il cuore accelerava i battiti.. aveva Aragorn così vicino… così…
-I merne le..
Legolas… er ten moore… (ti voglio, Legolas..
solo per una notte…)
-Aragorn… le koita
amba nate ta i kaure… (Aragorn… hai svegliato dentro me cose che
temo…)
-U ‘osto han…(non
temerle…)
E così dicendo Aragorn
si sedette meglio sulla sedia, le gambe leggermente divaricate,
osservando Legolas con uno sguardo estremamente eloquente.
-Tulya sinome…
(vieni qui…)
gli sussurrò a voce
bassa. Un tono sensuale, invitante, caldo… Legolas non sapeva come
fare.. era esattamente avanti ad Aragorn.. la situazione stava in mano a
lui… Poteva andarsene e reprimere per sempre ciò che sentiva, o
avvicinarsi e lasciare che fosse il desiderio ad avere la meglio, dare
retta, per una volta, al proprio corpo.. a quello che la carne voleva…
Non sapeva cosa scegliere.. avrebbe voluto.. così tanto… Amarlo ed
essere riamato, le sue mani su di lui… il desiderio, la passione…
Aragorn non intendeva
attendere. Si sporse velocemente in avanti, afferrando con forza i polsi
di Legolas e tirandolo su di sé. Successe esattamente tutto quello che
ambedue avevano desiderato. Legolas, colto di sorpresa, cadde in avanti,
addosso ad Aragorn, le gambe divaricate intrappolarono quelle del
Ramingo e Legolas poggiò le mani alla spalliera della sedia per non
sbattere contro di lui. Stava seduto sopra di lui, ansante per la
sorpresa, quasi scottato dai gesti e dai respiri dell’amico che gli
cinse i fianchi con le braccia, avvicinandolo a sé con prepotenza.
-Sinome le na…
(eccoti qui…)
Il respiro di Aragorn
lambiva sensualmente le labbra di Legolas, che non badò alle sue parole.
Voleva solo lasciarsi andare, smetterla di contenersi…
Mosse lentamente le mani
dalla spalliera della sedia alle spalle di Aragorn, gli slacciò il
mantello al collo e lo fece scivolare via. Lentamente, gli accarezzò il
collo, salendo verso gli zigomi, le guance… poggiò il pollice dietro le
orecchie di Aragorn, il resto della mano sul collo caldo… Lo tirò a sé
incontrando le sue labbra calde in un bacio.. il loro primo bacio… Lambì
le labbra di Aragorn una, due volte… l’uomo era impaziente di ottenere
ciò che voleva… le labbra si rincorsero ancora, tanto che la lingua di
Aragorn sfiorò il labbro superiore dell’Elfo .. cercò di muovere le mani
per arrivare a spingere Legolas contro di sé, ma venne colto di sorpresa
quando avvertì la lingua di Legolas contro la propria, veloce e
desiderosa di possedere ogni angolo della sua bocca. Rimase senza fiato,
cercando di fare la sua parte spingendo il bassoventre di Legolas contro
il proprio. L’elfo si staccò da lui buttando la testa oltre la sua
spalla, il respiro veloce mentre sentiva la passione di Aragorn premere
contro di lui, sovrastarlo, eccitarlo ancora di più, annegarlo…
-Limbe tie i olor ta…
(Molte volte ho sognato questo…)
ansimò cercando di
trovare un equilibrio impossibile tra passione e ragione. Aragorn non
ribatté, stava anche lui con le labbra semichiuse, premendo Legolas con
maggiore forza, ancora e ancora…ansimante, cercava sempre maggiore
contatto, quasi a voler entrare dentro Legolas, voleva…
Iniziò a cercare i nodi
dei calzoni per spogliarlo…non sapeva come sarebbe stato… averlo, godere
di lui, prendere possesso di quel corpo così ben scolpito …portarlo a
quel momento in cui avrebbe sentito il petto di lui inarcarsi sotto i
suoi tocchi, le mani l’avrebbero stretto spasmodicamente, ansante,
grondante desiderio, mentre gli avrebbe urlato di smettere incitandolo a
fare il contrario.Doveva averlo, quella creatura così rara, diversa da
lui quanto bastava per affascinarlo e farlo scivolare tra le pieghe del
suo mistero.. doveva essere sua.
Legolas si irrigidì nel
sentire le mani di Aragorn su di sé che gli slacciavano la cintura di
cuoio, ma non era ancora giunto il tempo…
Gli prese le mani,
guardandolo intensamente negli occhi, e portò le sue dita sopra i lacci
della casacca. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra sottili sentendola
scivolargli giù dalle spalle. Aragorn si sporse in avanti a baciare il
petto dell’elfo, assaporando la sua pelle liscia e salendo lentamente
verso il collo. I respiri di Legolas erano sempre più veloci; Aragorn
gli sollevò con foga il mento per arrivare all’attaccatura del collo e
ancora su, fino all’orecchio, desideroso di avere sempre di più. Aragorn
scivolò lentamente giù dalla sedia, facendo in modo che Legolas si
stendesse su uno dei tanti tappeti di porpora che ricoprivano il
tappeto. Quello si lasciò far manovrare, poggiando la schiena a terra
con un “Oh” sommesso e tenendo le sue mani salde sulle spalle dell’uomo,
che si distese sopra di lui, intrappolandogli le gambe tra le sue.
Legolas gli slacciò la
casacca , ma le sue mani puntavano verso l’ombelico… premette
leggermente sé stesso contro di lui, iniziando a slacciargli i vari nodi
di cuoio dei calzoni. Come Aragorn sentì le mani dell’Elfo su di sé, lo
avvicinò con forza intrappolandolo in un bacio, lasciando che le mani
gli scendessero di nuovo sulla sua schiena, sempre più in basso,
ordinando quel dolce movimento del quale sentiva bisogno. Legolas non se
lo fece ripetere due volte, assecondando i desideri di Aragorn, che
buttò la testa all’indietro cercando di urlare qualcosa, ma le parole
non gli uscirono di bocca, soffocate dall’ondata di piacere che lo stava
travolgendo.
Troppo, tutto ciò che
accadeva lo stava sovrastando, desiderio di lui… lo premette ancora su
di sé, le mani dell’Elfo abilmente avevano slacciato i calzoni
“complicati” dell’uomo, prendendo possesso del suo corpo. Come per
ripicca, anche Aragorn s’impossessò di Legolas, facendogli scivolare i
pantaloni verso il basso e premendolo contro di sé.
L’Elfo fu colto quasi di
sorpresa e rimase di stucco, ansante sotto il tocco deciso e sensuale di
Aragorn. Avrebbe voluto parlare, gemere, ma dalle labbra gli uscirono
solo ansiti, convulsi e accavallati. Allargò le gambe deciso a carpire
tutto il piacere possibile, quasi a volersi fondere con Aragorn, dargli
il maggior spazio possibile, donargli se stesso….
Iniziò a spingersi
contro di lui quasi ritmicamente, ogni movimento accompagnato con un
respiro fondo da parte di ambedue.
Legolas inarcò la
schiena all’indietro, chiudendo le labbra di Aragorn con le proprie,
continuando a muoversi, incontrando passionalmente la lingua dell’uomo,
succhiandola sensualmente come fosse cosa normale, finalmente libero di
darsi a colui che da tempo lo tormentava dolcemente.
Ad un tratto, il corpo
dell’elfo s’irrigidì in uno spasimo beatamente piacevole, e allora tutti
i gemiti che aveva trattenuto uscirono dalle sue labbra prepotentemente,
mentre ancora continuava a scivolare sul bacino dell’uomo, colto dalla
passione a sua volta, nettamente alla sprovvista ma ancora assetato di
compiacenza.
Legolas si spinse con
più foga contro Aragorn, mentre il suo corpo lo pregava di smettere e
allo stesso tempo di ricevere di più.Con un gesto deciso, prese Aragorn
di peso e lo scostò a lato, per poi stendersi sopra di lui,
accarezzandone le labbra con un dito e continuando a muoversi
lentamente. Sentiva che, se solo si fosse fermato, il desiderio
l’avrebbe tormentato con violenza ed ora.. lui aveva Aragorn… poteva
sentirlo… i loro desideri si incontravano e lottavano l’uno contro
l’altro per essere padroni di quell’attimo…
Aragorn afferrò
saldamente l’amante, per paura di venire travolto da quel piacere così
dirompente…
-Ah.. Legolas… hauta
le… I (fermati, io….)
e cercò di stringergli i
polsi con le mani, ma il suo corpo estasiato non volle rispondere al
comando…
-Lau, uu sin I arwa
le… ar… le arwa-n-In… (No, non ora che ti ho… e… che tu hai me…)
-Nan
uuner… ten otheri.... (Qualcuno… potrebbe sentirci…)
-Karne uerir ten otheri… U ‘osto ta… I varya le… eh…. (Lascia
che ci sentano.. non temere… ti proteggerò io….)
ansimò Legolas movendosi
con forza contro Aragorn.
-Lasta-n-In…. Ta na
mare…. uume lanta… minna milme… (Ascoltami… è meglio… non cadere..
nel desiderio…)
-I talant… ar le
o-n-In (Sono caduto…. E tu con me…)
E così dicendo Legolas
trascinò ancora Aragorn nel baratro dell’estasi, talmente profondo che
parve quasi non poterne più uscire… Era così piacevole, il contatto,
tanto a lungo desiderato che nessuno dei due avrebbe voluto smettere.
-Na otheri… um y
vanima nat? (Stiamo facendo.. la cosa giusta?)
Chiese l’uomo non tanto
perché se lo domandasse davvero, ma perché trovava che la voce dell’Elfo
fosse così sensualmente invitante da ascoltare… gli avrebbe fatto dire
qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora parlare Elfico. Quella lingua,
quella creatura… tutto così perfetto…
-I uu-minda… (Non
m’importa…)
gemette Legolas ancora
eccitato, ma rallentandosi e fermandosi, infine, a fissare l’amico. I
capelli del ragazzo si erano sciolti dalle due trecce che portava
strette dietro la nuca per fissare la chioma bionda, ed ora qualche
ciuffo stava incollato alla sua guancia imperlata di sudore. Era più
bello così.
-Le na iirima, iire
uu ve sina… y aratar (Sei desiderabile, quando fai così ..
l’esaltato…)
Legolas alzò un
sopracciglio in un’espressione interrogativa, di chi non ha capito se
fosse un complimento o un’esortazione a fermarsi. Peccato. Se così era.
Perché aveva iniziato a piacergli, quel contatto con Aragorn. Magari
sbagliato, magari contro natura… ma bello comunque. Decise ch’era giunto
il tempo di fermarsi. Scivolò lentamente da sopra Aragorn e si
riallacciò con cura i calzoni, voltandogli le spalle. Si passò
amabilmente una mano tra i capelli, riordinandoli in una coda di cavallo
sebbene qualche ciuffo ancora volasse qua e là.
Fremette quando una mano
di Aragorn gli accarezzò le spalle, mentre il corpo dell’uomo si
avvicinò da dietro di lui.
-Chiudi gli occhi….
Gli sussurrò misterioso
e Legolas obbedì mestamente, sentendo qualcosa di freddo intorno al
collo, pendente sul petto. Quando riaprì gli occhi e si guardò, vide
Evenstar, splendente e fredda sulla sua pelle.
Aragorn… perché… lo
doni a me?
Legolas si girò verso
l’uomo con fare quasi offeso… non sapeva perché, ma avere quel gioiello
al collo non lo rendeva particolarmente orgoglioso in quell’attimo.
-Perché….?-
chiese immergendo i suoi
occhi in quelli dell’amico. Aveva un’aria tutt’altro che gioiosa o
innamorata.
-E’ un dono…-
rispose Aragorn con voce
fonda e quasi nostalgica dei momenti precedenti.
-Credi… credi così di
appagare la tua immaginazione sostituendo me ad Arwen?-
non era sua iniziale
idea il pronunciare quelle parole,ma le malandrine gli uscirono di bocca
con violenza, avventandosi contro la dolcezza di Aragorn. Questi rimase
con un palmo di naso, amareggiato dalla reazione di Legolas.
-Non era mia intenzione
farti pensare questo… Comunque la mia risposta è no. Non sento il
bisogno di Arwen.-
e si avvicinò a
Legolas, allungando una mano ed accarezzandogli una guancia dolcemente,
per poi scendere sul collo ed arrivare a lambire con le dita il petto
ben scolpito dell’elfo.
-Sento solo il bisogno
di te…-
aggiunse sommessamente
ad un orecchio di Legolas, appoggiandosi a lui in una specie di
abbraccio. Il cuore di Legolas accellerò i battiti, e cinse le spalle
dell’uomo con le braccia.
-Scusa…. I er arwa
yeet ilya I turnna minna In… wendele I na o le… ( devo ancora vedere
dentro il mio profondo.. specialmente quando sono con te….)
Aragorn sorrise,
soffiando leggermente contro il collo dell’elfo per fargli il solletico.
Quello lo spinse via maliziosamente e lo guardò con quei suoi begli
occhi azzurro mare.
-Lo terrai?-
chiese Aragorn con tono
un po’ apprensivo. Legolas ridacchiò scotendo leggermente le spalle e
andando a recuperare la casacca. Se ne infilò una manica, poi si voltò
verso l’uomo e rispose sorridendo con una voce dolce quanto la risacca
delle onde sulla spiaggia:
- Tenn’ Ambar-metta…
ar limbe tar…! (Fino alla fine del mondo… e molto oltre!)
Aragorn sorrise e
afferrò la casacca che Legolas, oramai completamente vestito, gli
porgeva. Seguì un lungo momento di silenzio… imbarazzante… Ad un tratto,
ambedue presero il fiato per parlare, ma si dissero solamente “Prima tu”
all’unisono.
-Perché l’abbiamo fatto,
Aragorn?-
chiese Legolas
abbandonandosi sulla sedia. Aragorn rimase per un attimo a bocca aperta,
convinto di avere le parole adatte, ma accorgendosi di non averle
affatto. Legolas chinò la testa, piegandola su una spalla e fissando lo
sguardo in un punto imprecisato della parete lui opposta. Le sue labbra
si mossero per un poco senza emettere suono, poi sussurrò qualcosa:
-….desiderio….attrazione…passione….-
-… Amore?-
gli chiese Aragorn
seriamente. Legolas alzò la testa fissandolo.
-… amore….-
ripeté a sua volta come
a voler imparare quella parola così corta ma cosi irta di significati
diversi.
-Era la mia risposta.-
sentenziò Aragorn.
Legolas continuava a ripeterla tra sé e sé, assorto in chissà quali
congetture.
-La tua risposta… è una
domanda?-
Aragorn non seppe cosa
rispondere e stette in silenzio. Allorché, Legolas si mise a
bisbigliare, come se stesse parlando con se stesso, come se stesse
ripetendo le nozioni imparate per un’interrogazione.
-Amore… mi è così
difficile capire eppure esiste… per te, e tu per me… Amore…. Da tanto,
ormai mi chiedevo se mai noi avessimo potuto… e mi ritrovo qui… tu ed
io, prima… e anche adesso la mia mente sta a lambire quelle tue labbra…
Amore… può davvero essere?-
e così pensando prese a
giocherellare con Evenstar, sempre assorto. Poi, come d’incanto si
ridestò dai suoi pensieri e si rivolse ad Aragorn con lo sguardo più
terso e sincero ch’egli avesse mai visto:
-Ti… amo,Aragorn.-
e sorrise, illuminando
il volto di una luce ammaliante e splendida. L’uomo rimase a bocca
aperta per l’ovvietà e la meraviglia di quelle parole che da tanto il
suo cuore pulsante anelava…
-Sì, Ti amo. Sono
deciso. Se è vero che l’amore comprende la passione,il desiderio… e
l’amicizia profonda, il rispetto e la dedizione… allora… Credo proprio
di amarti .-
Aragorn non credette a
quelle parole. Era così bello sentirgliele dire… finalmente… Gli si
avvicinò e s’inginocchiò davanti a lui.
-Ripetilo… dillo
ancora….-
L’elfo sorrise
dolcemente e si piegò, scese dalla seggiola e s’inginocchiò di fronte
all’uomo.
-Ti amo-
ridacchiò come se stesse
giocando ed afferrò il viso di Aragorn, fissando prima i suoi occhi di
ghiaccio, poi la sua bocca…
-Ti amo…-
e premette con forza le
labbra contro quelle dell’uomo, di nuovo spinto dal desiderio verso di
lui, dolcezza infinita e passione bruciante, finalmente libero
d’annegare in quel mare sensuale.
Rimasero, poi, a lungo
seduti, le spalle appoggiate alla parete, l’uno accanto all’altro, ogni
tanto voltando la testa e scoppiando in una risata gustosa e
cristallina.
Ad un tratto,Legolas
s’alzò e si diresse verso la pesante porta di legno.
-Dove te ne vai?-
chiese Aragorn con un
tono quasi preoccupato. Stavano tanto bene lì, insieme..perché
andarsene? E poi, dove?
-Sono stato al chiuso
troppo, Aragorn. Sai come sono fatto.-
-Già- asserì – Non
riesci mai a stare a lungo in un posto con le pareti! Non riesci a stare
fermo a lungo. Il tuo animo è nomade. -
poi si alzò a sua volta
e si avvicinò a lui, deciso a seguirlo.
-Ti succede anche con le
persone, Legolas?-
l’elfo lo guardò
profondamente, nella mente riaffiorava quel ricordo di tempo prima..
troppo doloroso eppure ancora vivo…
-No, Aragorn. Se giuro
di amare una persona, lo faccio per sempre.-
Aragorn gli diede un
bacio veloce sulle labbra ed uscì dal portone. Legolas rimase sull’uscio
ancora un poco, esitante, carezzandosi il labbro con il pollice.
Infatti… io non l’ ho
detto ma… c’è stato qualcun altro prima di te… molto prima… ma io… ti
amo…
Si scosse e si avviò
dietro Aragorn. Poteva sentirli, i guerrieri, vociare fuori del palazzo,
già intenti nei preparativi, a caricare i loro cavalli di sacchi e
bisacce. Le donne del villaggio riunivano in ceste le poche provviste e
i bambini davano una mano.
Sarebbe stata guerra.
C’era sempre vento.
Sempre.
Rohan era stata eretta
sopra una collina brulla, l‘erba gialla spuntava qua e là e sembrava
creasse un sentiero. Tutta la landa in mezzo alla quale sorgeva Rohan
era così. Gialla ed infinita, se non fosse stato per quelle due montagne
che la racchiudevano ad ovest ed est. Ogni giorno, il sole accarezzava
la cima della montagna ad est e la svegliava col sussurro del vento.
Vento da est, vento di speranza. Partiva dalla cima di quella montagna,
volando leggero e silenzioso, sibilando a bassa voce, poi prendeva la
rincorsa e ne percorreva i fianchi, accarezzandoli con una trasparente
gentilezza, correva, rimbalzava e giù! Tuonava ed urlava come un
adolescente che brandisce la sua prima spada di legno per giocare.
Prendeva la corsa e saltava dalla montagna. Si trovava davanti quell’immenso
campo giallastro e si sentiva libero. Soffiava, turbinava, cantava e
strillava gioioso, sollevando la terra arida come sabbia e facendola
turbinare in mille mulinelli dorati. Ma Rohan non tremava né vacillava.
Aveva piantato le sue salde radici di legno e pietra nella dura terra e
ne succhiava la vita, tenendosi stretta quasi disperatamente per paura
di volare via e di rimanere un vago ricordo.. come il nitrito di un
cavallo disperso nel vento.
Un vento
magico,mistico… nitrente e garrente, galoppante e selvaggio, che
scompigliava le code e le criniere dei cavalli ruminanti nelle stalle.
La collina
proteggeva la città, e la città copriva la collina come un mantello. Si
sostenevano a vicenda, proteggendosi dal vento un po’ brillo. Un vento
ubriaco che proveniva da Lorien e dai suoi alberi d’argento, s’inebriava
e riempiva di canti elfici e del dolce profumo delle foglie e dei fiori
del Niphrodel. Poi scendeva nella foresta di Fangorn, e lì s’insinuava
scherzoso tra i rami delle piante antiche. Passava le montagne
scavalcando Isengard come se la torre di Orthanc fosse alta quanto uno
stuzzicadenti. Si spandeva nell’ Enedwaith ebbro del profumo di foglie
delle foreste attraversate e fresco della neve del passo del Nan Curunir.
Allora sembrava tornasse indietro, costeggiando gli Ered Nimiras, li
carezzava dolcemente, osservandoli con occhi innamorati. Si riposava
sulle cime degli Halfirien e poi arrivava, finalmente, ad Edoras e la
colpiva in pieno.
Carico di
profumi, di sensazioni, di ricordi… di desideri.
Tutti questi
fantasmi di persone passate, anime intrappolate tra in capelli del
vento, accarezzavano dolcemente la pelle di un elfo, seduto sul bordo
della scalinata del bellissimo palazzo d’oro di Medusel. I capelli
biondi erano intrappolati in una coda, legata con un laccio azzurro, ma
nonostante questo qualche ciocca cercava di librarsi in volo, bionda e
chiara come la piuma di un angelo. Il vento, accanto a lui,sembrava
quasi si fermasse, lo accarezzasse dolcemente, sfiorandone gli zigomi e
guardandolo con occhi desiderosi. Desiderosi di immergersi in quella
pelle profumata, che sapeva di vaniglia e miele, che sapeva di libertà e
di ribellione.
Legolas leggeva,
o meglio, cercava di farlo, perché quel vento birichino voleva derubarlo
del foglio sottile, per guardarlo e farlo ammirare alla terra,
sventolandolo qua e là come fosse un trofeo.
No, Legolas non
sarebbe rientrato nel palazzo. Mai. Nemmeno se il vento lo avesse
malignamente spinto giù dalla gradinata alta e solida, nemmeno se il
vento stesso avesse iniziato a colpirlo e graffiarlo.
Non lo
sopportava, il palazzo. Era più forte di lui. Quella solida struttura di
pietra e legno lo opprimeva. Anche se il sole stava alto in mezzo a quel
cielo terso dalle nuvole, dentro Medusel regnava il buio. L’ombra
stendeva maligna le sue mani dentro ogni stanza, poggiava le
scheletriche dita sulle spalle coperte degli abitanti e ne gelava il
respiro, che si evolveva in tante nuvolette. L’oscurità si era accorta
dell’elfo, quell’unica volta ch’egli era entrato per salutare Re Theoden.
L’aveva notato, si era svegliata dal suo sonno e si era avvicinata,
sensuale e sinuosa come il vento stesso che cavalcava.
Ma lui si era
protetto. Si era avvicinato a Gandalf e l’ombra aveva temuto quel
vestito lindo e liscio. Ma l’ombra lo desiderava. Voleva attanagliarlo,
voleva strozzarlo e voleva impedirgli di illuminare ogni cosa solo col
suo sguardo color del cielo.
Non si era
avvicinato ad Aragorn.
No, non ce
l’aveva fatta. Già un’altra stava accanto a lui. Eowyn di Rohan, la
nipote di Theoden. Legolas non la temeva, ma la sentiva fredda, gelida
dentro. Una donna vuota. Svuotata da anni di disperazione. Bella, certo,
ma fredda e solitaria, pungente, distaccata…
Aragorn, invece..
come lo ricordava bene. Caldo, quel calore dell’onore, quel calore che
ribolliva nelle vene degli uomini, che tanto si scaldavano per la loro
vita tanto breve… Lo aveva sfiorato varie volte, e aveva sentito..
qualcosa. Non sapeva bene cosa. Aveva sentito il cuore accelerare i
battiti,veloci e tamburellanti, impazienti. Le mani si rendevano umide,
la gola secca.. lo sguardo provava ad intingersi in quello chiaro di
Aragorn… Il Re.
Il re.. di Gondor.
Legolas alzò lo sguardo dal foglio e perse gli occhi nella landa brulla
e desolata che avvolgeva Rohan. La sua mente camminò lungo gli Anorien,
scavalcò il monte Mindolluin e restò impigliata tra i rami dell’ Albero
Bianco. Vide Aragorn… vestito di nero. Una splendida corona poggiata
delicatamente sulle sue tempie, che gli stringeva i capelli scuri e
morbidi, in mille onde castane. Camminava lento e maestoso per il bianco
giardino di pietra. Bello, splendente, guardava il suo regno prosperoso
e ascoltava il chiaro suono di trombe che il vento gli portava in dono.
Legolas schiuse
le labbra, si rilassò completamente e il suo corpo si fece coccolare dal
vento. Vedeva Aragorn, e tutto gli bastava, voleva tenere quella visione
davanti a sé per sempre… Poi, dalla nera porta d’ebano del palazzo,
usciva una figura femminile, avvolta in un abito bianco e svolazzante
alla brezza leggera, i lunghi capelli castani raccolti in una treccia.
Teneva per mano un bambino, piccolo, che faceva fatica ad arrivare alla
mano della propria madre.
-Arwen… Undomiel….-
mormorò Legolas,
la voce gli tremava… gli occhi gli si annebbiarono di lacrime… sentiva
come se volesse affogare lì, nel proprio pianto… Arwen… e… Eldarion….e…
-Aragorn…-
la voce uscì
dalle labbra di Legolas come un gemito,quasi un’implorazione, un tacito
richiamo che gli affiorò sulla bocca sottile. Piangente desiderio
impossibile.
-Aníron le
Aragorn…-
una lacrima gli corse
incontro, andando a morirgli sulle labbra. Leggermente salata, ma allo
stesso tempo tanto amara, amara e pulsante come quella ferita, quello
squarcio che Legolas si sentiva dentro. Gliel’aveva aperto Aragorn col
suo sguardo… quella notte… a Fangorn…
Prima di quella,
Legolas sentiva semplicemente un rosicare nel fianco, ogni volta che
guardava Aragorn. Il rosicare si intensificava al suo tocco,
s’ingrandiva e lo divorava… era passeggero…
Ora no. Ora era
perenne. Ora il corpo di Legolas fremeva ad ogni carezza del vento,
perché tanto desiderava che fossero le mani del Re; ogni volta che udiva
un sussurro, il cuore gli saltava in gola perché tanto desiderava fosse
il suo Re a sussurrargli all’orecchio.
Era strano,
questo suo comportamento. Quando era giunto a cavallo a Granburrone, non
si aspettava che tutto ciò sarebbe successo. Non credeva nemmeno che
sarebbe stata unita una Compagnia. Prima era silenzioso, deciso, non
faceva mai trasparire un sentimento sul suo volto. I suoi occhi erano
azzurri e limpidi, come un lago tranquillo. Ora, ad ogni minimo alito di
vento, il lago s’increspava di onde, e lui non riusciva a trattenersi..
gli tremava il respiro in gola, desiderava scomparire, diventare albero,
tramutarsi in pianta e non fremere mai più se non per i baci del sole.
Conosceva Aragorn
da lungo tempo, ma non gli si era mai avvicinato troppo.
Solo.. una notte…
quando Aragorn aveva a malapena trent’anni…
Legolas accarezzò
con tenerezza il suo ricordo. Lo conservava da anni nel suo cuore, come
una gemma dal sapore del polline.
Da quella notte,
l’amicizia aveva stretto intorno a loro due le sue funi di corda dorata
e loro non avevano mai fatto nulla per sfibrarle.
Si trovavano
allegri nelle notti d’estate, nei giardini illuminati di Granburrone.
Aragorn esagerava sempre con il sidro, e toccava a Legolas riportarlo (o
meglio, trascinarlo) fino nella sua stanza, caricandoselo sulle spalle.
Legolas sbuffò un
sorriso e si asciugò una lacrima con un dito.
Dentro di lui
avvenne tutto in un attimo. Si accese una fiamma.
-I le moka!
Sibilò a labbra
strette.
-Ti odio….
Lo ripeté ancora,
se lo disse dentro, lasciando che quelle due parole rimbombassero col
frastuono della tempesta, che lo sconvolgessero e scacciassero via ogni
desiderio. Lo odiava. Ma lo desiderava.
Lo odiava proprio
perché lo desiderava. Non poteva averlo e lo odiava. Non poteva essere
felice, ed era tutta colpa sua.
“laume anta lyaa indo an
weo, Legolas… Mai dare il tuo cuore ad un umano, Legolas. Non farà altro
che dividerti. Ti spezzerà in due parti, ti scorderai chi sei…
Lo amerai e lo
odierai perché lo vuoi… ma non potrai averlo. Non farti divorare dal
questo desiderio impossibile… enyala sina…
estelio mii
sina…ricorda questo.. credi in questo…”
Galadriel aveva ragione.
Ma oramai era troppo tardi per tornare indietro. Non poteva più
ritirarsi… sia l’odio che il desiderio erano così brucianti dentro di
lui.. sembrava volessero farlo esplodere, pulsavano ogni notte nei suoi
sogni agitati, lo tormentavano e gli giocavano brutti scherzi.. era
disattento, desideroso di guerra.
Oh, sì…..
Solo la guerra sembrava
dargli sollievo. Metter mano all’arco, sentire il legno contro la
propria pelle.. accarezzare la freccia, tenerla con due dita… Solo
l’arco gli dava sollievo. Incoccava la freccia con la stessa delicatezza
con la quale voleva accarezzare Aragorn.. e la scagliava con tutto
l’odio che aveva in corpo; scaricava la fiele dentro quell’anima sottile
di legno e la guardava volar via, godeva dei gemiti che procurava e
catturava l’ultimo respiro che portava ad esalare. Si sentiva crudele.
Si sentiva spietato. Il suo corpo si adattava alla guerra, ne esprimeva
il bisogno.. eccitazione di sentire urla agguerrite, bramosia del caldo
del sangue…
-Man
na i umy? I lantane… minna morie…. Minna nuurhuine… (Cosa sto
facendo? Sto cadendo.. nell’ombra, nell’ombra della morte…)
Morte… quelle
cinque lettere sembravano così dolci in quel momento… l’ombra, il
freddo…il niente…
Si alzò in piedi
e aprì le mani, allargando le braccia e buttando la testa all’indietro.
Sciolse i capelli e si sentì libero. Le mani dell’aria lo abbracciavano
e lo accarezzavano, il fresco della mattina lo baciò dolcemente e
spasmodicamente, come si fa con un fratello appena ritrovato. Il foglio
gli volò via dalla mano e si librò seguendo il vento che lo leggeva e
strapazzava.
Inspirò
profondamente. Si sentiva bene, si sentiva felice. Avrebbe potuto
pregare i Valar… e lo fece. Pregò come solo gli Elfi sanno fare, aprendo
i propri pensieri alle stelle, cercando di urlarli così forte perché i
Signori delle loro Aule li sentissero, gridando sempre più forte… i
respiri quasi una canzone, il corpo di Legolas sembrava scomparisse,
portato via dal vento mentre stringeva gli occhi e cercava di urlare…
“Lasciatemi qui.. per
sempre… tramutatemi in colui che può sentire il vento per l’eternità…
lasciatemi qui. Fatemi vivere senza pensiero, fatemi vivere senza… di….”
Non ne ebbe il coraggio.
Non volle nemmeno pensare quel nome… Aragorn… Se l’avesse pronunciato il
Desiderio si sarebbe svegliato dal suo debole sonno e l’avrebbe
attanagliato. Però cambiò il suo canto, cambiò preghiera… il Desiderio
si era risvegliato e fingeva di cantare, invece bruciava.
Datelo a me… Per
scalare l’Erebor mi ci vuole un giro di sole… perché per avere lui mi ci
vuole la vita? E’ la mia vita che volete? Prendetela ora!”
Lo urlò dentro sé
stesso, chiamando i Valar a gran voce, anelando una risposta come
anelava l’aria. Stava lì, a braccia aperte, respirando la sua libertà
passeggera…
-Legolas…..?-
L’elfo trasalì, il suo
viso già latteo si fece ancora più bianco,mentre le guance si tinsero di
un rosso intenso…. Immaginò di vedere sé stesso con gli occhi del
ramingo che era appena spuntato da dietro le sue spalle. Stava lì, a
braccia aperte, in piedi col viso rivolto verso il cielo e il corpo
accarezzato da quel vento così strano… Lentamente, Legolas abbassò le
braccia e le rimise lungo i fianchi, disciolse i muscoli delle gambe e
aprì gli occhi girando la testa.
Oh, Valar…. Legolas…
perché diamine sono venuto a cercarti? Sono confuso e tu non fai altro
che disorientarmi…
Pensò Aragorn non appena
lo vide. Si sentiva così invischiato nella sua umiltà di mortale…
Inferiore ad una creatura così bella… bella al punto di volerla avere
solo per sé, di volerla stringere spasmodicamente, o semplicemente di
volerla…
Legolas si raccolse i
capelli nel suo laccio azzurro e sorrise dolcemente.
Aragorn si incantò nel
guardarlo. Solo Legolas era capace di donare agli occhi dell’Uomo quel
sorriso.. sereno e luminoso, come un sole che spuntava assonnato dalla
linea dell’orizzonte. Dolce quanto l’acqua fresca la mattina, che scava
nel tuo sonno chiuso e ti apre alla giornata. Bello… quasi soffuso in
ogni dove, come il rumore dell’onda spumosa, morbido quanto il tocco
dell’erba.
Mi sento egoista,
guardandoti… e disperato.
Non ti avrò mai…
-Umy le maure aenat?
(hai bisogno di qualcosa?)
-Er lyaa ooma… lyaa maur…
(solo del tuo aiuto, della tua
presenza.)
Legolas sorrise ancora.
Gli piaceva sentirsi utile. Soprattutto con Aragorn.
-So che ti disorienta..
ma preferirei che tu mi seguissi dentro il palazzo.
Disse Aragorn
timidamente, schiarendosi la voce a metà frase. Il viso di Legolas
cambiò repentinamente: scomparse il bel rossore che aveva sulle guance,
e la sua pelle si fece bianca, quasi cerulea, mentre spalancava gli
occhi, intrisi di terrore.
I respiri di Legolas si
fecero più veloci, spaventati, e Aragorn s’accorse che l’Elfo stava
stringendo forte i pugni.
-…Cosa ti spaventa…. Di
Medusel?…-
-Nulla. Fammi strada…-
si decise l’Elfo. Le
paure vanno combattute, ed un guerriero che si rispetti non deve avere
assolutamente alcun timore. Doveva ridere anche in faccia alla morte. E
Legolas sentiva che, dentro Medusel, gli sarebbe accaduta qualcosa… ma
non sapeva cosa.
Aragorn annuì lentamente
e gli volse le spalle.
Mi spiace… so che..
ti fa male. Ma io ho bisogno di te. E non posso starmene fuori..
vederti… dove tu vuoi. Devo rinchiuderti, o finirò con l’…… innamorarmi
di te…
Devo costringerti a
racchiudere il tuo essere, non entrare dentro di me, ti prego…
Non odiarmi, amico
mio. O finirò con l’amarti.
Entrarono nella sala
grande, dove una finestra sopra al trono del Re gettava una luce
fantasma, soave e leggera, ma spaurita dentro la sua costituzione
pallida, intimorita dalle solide mura di pietra e legno intagliato.
Aragorn fece per proseguire, ma sentì i passi di Legolas fermarsi al
centro del salone.
-Aragorn…. Ti prego… non
andiamo oltre…-
gemette l’elfo. Un tono
spaventato si era insinuato nella sua voce. Tremava la voce stessa.
Anche Aragorn venne percorso da un brivido freddo lungo la schiena, ma
non era a causa della poca luce. Amava il modo in cui Legolas
pronunciava il suo nome… “Aragorn… aaarraagooorrrrrn”. In bocca a lui,
quel nome non sembrava così maledetto, così inutile ed effimero, così
sporco come la sua dinastia, così rude per tutte quelle “erre” e
così…mortale.
Pronuncialo ancora…
dimmi come mi chiamo.. fammelo dimenticare e poi riscoprire…
Decise di fermarsi. Con
lo sguardo cercò due sgabelli, ma Legolas sembrava avere tutta
l’intenzione di starsene in piedi. Sentiva che se si fosse accomodato,
l’oscurità lo avrebbe fiutato e sarebbe accorsa a sussurrargli parole
sensuali all’orecchio.. l’avrebbe fatto stendere e controllato, derubato
del calore… Fu così che si ritrovarono uno avanti all’altro, Aragorn
seduto e Legolas in piedi, stretto su se stesso e attento, lo sguardo
color del cielo immerso in quello di ghiaccio del ramingo.
Sono contento che tu
mi abbia cercato. Perché altrimenti l’avrei fatto io… e non so se… sarei
riuscito a… restare freddo…
-Goston tan i pêl
minno i…. (Temo quello che sta
succedendo dentro me…)
-Cosa sta succedendo…
dentro te?-
mormorò Legolas un po’
vergognoso… con quelle parole “dentro te” gli sembrava di avere un
rapporto con Aragorn… entrare dentro di lui in una maniera che non aveva
mai pensato… un qualcosa di forte… di prorompente….
-Sono disorientato,
Legolas. Non conosco il mio destino, o meglio… non lo capisco. Se è vero
il fatto che dovrò guidare gli Uomini contro il Male.. allora perché mi
sento così… impotente? Se è vero che dovrò passare il resto dei miei
giorni con una corona in capo e.. Arwen Undomiel al mio fianco… Perché
non desidero nessuna delle due?-
A quelle ultime parole,
Aragorn affondò lo sguardo negli occhi di Legolas, quasi cercando di
trovare in essi una risposta… berla e sentirsi libero da quelle ombre
nella sua testa. Legolas fu attanagliato da un pensiero che gli sembrò
così morboso…
Non desideri Ancalima
Undomiel… ma allora nel tuo cuore chi dimora? Lady Eowyn? No…Chi porti
con te a letto, Aragorn? Chi cerchi nel tuo petto per consolarti?
Evenstar ora è solo un fardello? Potrei asciugare io le tue pene?
Potresti.. desiderarmi come anche io desidero te… o la mia è solo una
vana, uumea el? (vanesia stella)
-Io non…-
-Legolas, sto sentendo
qualcosa.. sto cambiando. E tu che sei un Eldar dovresti sentirlo… Sto
diventando freddo… insensibile…
-Non puoi dire questo.
Tu sei destinato…
-Destino?-
Saltò su Aragorn con
un’espressione quasi furiosa: il collo teso, gli occhi stretti.
-Cos’è il destino se non
un ulteriore peso sull’anima?
-Dici così solo perché
stai attraversando un brutto momento. Non lo credi. Lo so.
-Tu non sai nulla di me.
-Allora.. insegnati a
me. Spiegati. E solo in questa maniera potrò confortarti.
-Non cerco conforto.
-Cerchi risposte che non
posso darti. E mi sembri nervoso. La tua bocca non ha fatto altro che
emettere scempiaggini in questi pochi minuti. La tua mente è forse in
vacanza o in ritiro militare? Se ti chiedessi una qualsiasi cosa nella
quale tu usualmente credi, molto probabilmente non faresti altro che
stravolgerla, ora.-
Legolas parlava con un
tono pacato, cercando di mantenere la calma. Perché Aragorn si
comportava così? Cosa gli era successo? Non aveva mai parlato in quella
maniera.. così… distaccata, diffidente…
-Tu parli ma non
concludi, Legolas.
-Mi stai forse dando
dell’insoluto?
-Appellare è limitare.
Voi Elfi non avete confini.
E pronunciò l’ultima
frase quasi con derisione. Legolas si sentì molto ferito. Aragorn
sragionava, certo. Ma non aveva mai osato criticare la Stirpe dei
Luminosi. Mai.
-Cosa vuoi insinuare?
-Io non insinuo mai,
Legolas. Faccio accuse precise.
Legolas si sentì
ribollire. Il desiderio verso Aragorn, la stima, la dolcezza.. svanirono
tutte in un lampo. L’uomo si era trasformato e non era più il coraggioso
e onorevole ramingo di poche ore prima. Era ottuso, chiuso e
irriverente. Legolas avrebbe voluto urlargli in faccia non so quante
maledizioni, ammonimenti, voleva andarsene ma non ne sentiva la forza…
-Sto iniziando a non
credere più in niente.
-E l’arte?
-Una malattia.
-L’amore?
-Un peso e un’illusione.
-E L’ONORE? Quello in
cui credi? Ciò per cui combatti?
-Un surrogato della moda
della fede.
-Sei uno scettico.
-Per carità! Lo
scetticismo è il principio della fede.
-Dammi un filo da
seguire…
-I fili si spezzano e
potresti perderti nel labirinto.
-Mi inquieti, parliamo di
qualcos’altro…
La discussione si fece
sempre più animata, Legolas era indignato.. si sentiva bollire di
rabbia.. gli avrebbe volentieri portato le mani al collo e l’avrebbe
strozzato… Elbereth quanto lo odiava in quel momento..
-Voi Eldar credete
sempre di poter raggirare gli ostacoli. Non è così la vita.
-CHE NE SAI TU DELLA
VITA? Sono 2931 anni che tengo piede su questa terra ed ho sofferto pene
che tu nemmeno immagini. Non puoi permetterti di giudicare la stirpe che
ti ha allevato solo perché stai attraversando un momento di follia! Non
ho intenzione di ascoltare un bamboccio come te! I LE MOKA, ARAGORN! -
E fece per andarsene,
ubriaco di rabbia e trasudante odio per quel lato di quell’uomo che era
sempre stato così desiderabile… non lo riconosceva più ed aveva paura.
Paura di perdere quello che amava di più. Non erano tanto le parole del
compagno a ferirlo, quanto la loro durezza, la loro assenza di fede e
calore, la loro obliquità…
-ARRIVERà IL GIORNO-
urlò Aragorn in preda al furore –ARRIVERà IL GIORNO IN CUI MI GRAFFIERAI
LA SCHIENA URLANDO CHE NON CE LA FAI PIU’! Poi mi pregherai di andare
avanti ancora.. e ancora… e ansimerai…-
gli occhi gelidi di Aragorn lo
trafissero e Legolas si sentì come immobilizzato… il sangue gli
ribolliva nelle vene, non riusciva a controllarsi, avrebbe voluto
sentire il collo di Aragorn stringersi sotto le sue mani… farlo
smettere…
-COME OSI!-
e Legolas si avventò
contro di lui sguainando dalla cintola un pugnale affilato, ma quando
gli fu davanti, Aragorn lo bloccò, lui rallentò…
Vicini.. non si erano
mai trovati così vicini… la mano di Aragorn sembrava puntasse in altri
luoghi invece che alla schiena dell’elfo.. Si potevano specchiare l’uno
negli occhi dell’altro… i loro respiri carezzavano le loro labbra… come
lo desiderava.. l’odio stava andando a tramutarsi in desiderio…. Folle,
perverso, cattivo ed inevitabile.
Con un movimento
repentino, Legolas spinse la testa dell’amico all’indietro,
avvicinandosi pericolosamente al suo collo…
-SOLO i Valar sanno
quanto desidero.. tagliarti.. la gola, ora…
-FALLO.
Legolas guardò Aragorn e
rabbrividì. Quella parola, quella specie di comando sembrava venisse da
un contesto lontano.. sembrava spuntasse da i gemiti di un uomo in preda
alla passione e alla foga dell’amplesso… sembrava fosse un esortazione a
ricevere di più… al volere… pulsante… Legolas avvicinò il pugnale al
collo dell’amico… voleva fargli credere di esserne capace, ma il suo
corpo andava in un’altra direzione ben diversa.
Ad un tratto, le mani di
Aragorn scattarono verso il bacino dell’elfo e lo spinsero contro di sé.
Legolas riuscì a
trattenere un gemito misto tra sorpresa e soddisfazione.. non aveva mai
sentito il corpo di Aragorn così vicino… caldo… passionale… sentiva il
ramingo premere contro di lui… Accaldato e magnifico… Desiderava
continuare il contatto, restare stretto contro Aragorn per l’eternità…
avrebbe voluto sentirsi libero di muoversi contro di lui.. dire ad
Aragorn cosa davvero provava… vederlo dischiudere le labbra, sentire il
suo respiro… Le mani di Aragorn scivolarono verso il basso…
Quell’attimo così
intenso gli annebbiò la vista.
Un altro istante e non
si sarebbe più controllato… e avrebbe buttato Aragorn sulla tavola, lo
avrebbe soddisfatto davanti a tutti… Capì cosa lo spingeva verso
quell’uomo…
Non poteva restare lì…
il desiderio stava prendendo possesso del suo corpo e se Aragorn se ne
fosse accorto…? Si staccò con un gesto brusco, l’amaro in bocca… voleva
uscire da quel palazzo. Dannato, dannato!
Yesta i le, Aragorn..
naa i uume merne le... (Provo
desiderio per te, Aragorn... ma non posso averti…)
-Alla stanza degli
arazzi, Legolas. L’unica luminosa del castello. Nell’ala est. Se
veramente pensi ciò che hai detto, fatti trovare lì .-
Legolas fece finta di non ascoltarlo..
non VOLEVA ascoltarlo.. ancora la voce dell’uomo nella sua testa
rimbombava.. “fallo… fallo oh, Legolas fallo…”
lo schifava e lo gratificava allo stesso momento. Gli piaceva sentirla
dentro di sé… lo disturbava…
-Al calare del sole,
Legolas. –
Aragorn urlò ancora.
Sulle labbra del ramingo stava un sorriso che traspariva la sicurezza
dell’uomo sul fatto che l’Elfo sarebbe venuto.
So che ti spaventa…
ma devi sapere…
Legolas aveva sentito.
Oh, se aveva sentito. In un primo momento non se ne accorse, ma aveva le
guance bagnate di lacrime.
Lacrime di rabbia, di
tristezza, di gioia per aver scoperto che anche Aragorn… e se fosse
stato solo… Avrebbe fatto male a… Cosa sarebbe…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
Si portò le mani alla
testa, premendo i palmi sulle orecchie appuntite per non sentire nulla..
quella voce.. veniva da fuori o dentro di sé? Quella voce era vera o era
solo la sua perversa immaginazione a crearla? Una lacrima gli stava
scendendo dolcemente lungo il collo.
Uscì di filato dal
palazzo, ritrovando quel vento pazzo ad accoglierlo con mille soffi e
sbuffi freschi. Girò l’angolo dei gradoni del palazzo, camminando
sull’orlo. Chi l’avesse notato, certamente sarebbe stato col fiato
sospeso per paura di vederlo cadere, ma lui seguiva il suo bordo dritto.
Era un po’ come una maniera per calmarsi… spostare la mente sul fatto
che non doveva cadere. Si sedette su un angolo, a guardare quel lato di
Edoras che non aveva mai curato più di tanto. Il lato aperto, quello
sconfinante nella prateria stepposa di Rohan. Chiuse gli occhi e riprese
quel suo contatto con la natura. Gli faceva bene. Sentì il vento tornare
verso di lui, abbracciarlo e sollevarlo da terra… lo portò in volo. Lo
lasciò in piedi, al limitare dei confini della città, dove stava una
palizzata di legno massiccio… e basta. Non aveva fatto un viaggio poi
così lungo. Perché si era fermato proprio lì? Quel sole così guardingo
lo fissava dall’alto, come se volesse leggergli nella mente e
risvegliare quei pensieri…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
No… no… non doveva
tornare quella voce… aveva impiegato così tanto per farla andare via…
“Fallo… fallo,oh,
Legolas fallo…”
Aveva bisogno di un
bosco. Gli alberi lo calmavano. Ogni volta che sedeva su un ramo
sembrava che l’intera struttura di foglie e legno si curvasse su di lui.
Le foglie gli accarezzavano le gote e l’ombra fresca della chioma lo
consolava. Quando le foglie frusciavano gli cantavano una dolce canzone
che solo lui poteva sentire.
Ad un tratto, girò il
viso, spaesato e… il ramingo gli stava accanto.
Poggiava la schiena ad
uno dei pali di legno, le mani incrociate e il viso basso, coperto da
una cascata di onde fluenti e castane. Muoveva il piede sinistro come se
volesse scavare una buca in quella terra arida.
-A.. a… Aragorn?
Sussurrò accorgendosi
che la voce gli mancava tremendamente. La mente era completamente
disconnessa… che diavolo ci faceva lui lì? Voleva tormentarlo ancora?
-Che… che ci fai tu…
qui?-
ma lui non rispose. Lo
fissava. In quegli occhi azzurri poteva leggere… qualcosa.. che lo
spaventava.
Desiderio.
Un brivido gli percorse
la schiena… non poteva essere.. cosa.. cosa gli stava accadendo? Aveva
scuramente le traveggole! Voleva andarsene quando…
Aragorn si sporse in
avanti e si avvicinò a Legolas, prendendolo per un braccio.. aveva le
mani calde…
-Scusami…
gli sussurrò dolcemente.
Poi allungò una mano sul viso dell’Elfo e gli carezzò una guancia.
Legolas sentì il cuore accelerare, batteva a mille, il sangue scorreva
veloce per le vene, le mani umide… Perché gli succedeva così? Perché
solo con Aragorn? L’uomo gli si avvicinò di più, si sporse in avanti.
Legolas doveva tenere lo sguardo fisso negli occhi di lui? Lentamente,
invece, abbassò gli occhi color cielo fino a giungere alle labbra
dell’uomo. Doveva distogliere lo sguardo, lo sapeva, ma non ci riusciva…
Sentì una mano di Aragorn carezzargli la coscia…fremette…si sporse
ancora di più, il respiro gli lambiva le labbra sensualmente. Fu un
momento velocissimo.
Aragorn si sporse in
avanti un’ultima volta, poggiando una mano sulla nuca di Legolas e
tirandolo a sé, intrappolandolo in un bacio. Prima a labbra chiuse…
Legolas non sapeva come comportarsi.. doveva lasciarsi andare? Cosa mai
sarebbe successo… il Ramingo gli bloccava il capo con una mano e gli
stringeva le spalle con l’altro braccio, avvolto intorno a lui come
un’ombra scura ed eccitante. Si staccò lentamente e lo fissò negli
occhi.. poi li abbassò a sua volta sulle labbra dell’elfo e sembrava
ricordasse quello che era appena successo.
-Aragorn… ma…
(Aragorn… che…)
- Auta o quette… toi maaraer…(Basta
parole, sono così inutili…)
lo fermò l’uomo
poggiandogli due dita sulle labbra. Quel bacio era stato… caldo, anzi
no, bollente, dolce, sensuale, dirompente, improvviso, inaspettato,
piacevole… Aragorn si passò distrattamente la lingua sul labbro
superiore. A quel gesto, Legolas si sentì attratto come non mai… quel
bacio.. tanto veloce… non bastava. L’elfo allungò una mano verso quel
viso così mascolino e lo tirò a sé, baciandolo ancora. Prima piano, le
labbra strette contro quelle del ramingo;poi le aprì dolcemente e lasciò
che la lingua scivolasse incontro a quella di Aragorn, che lo accolse
caldamente. Passionale, Legolas gli succhiò dolcemente la lingua e per
tutta risposta Aragorn abbassò ambedue le mani verso l’inguine
dell’elfo, gli aprì leggermente le gambe. Aragorn era eccitante al punto
che Legolas gli si sciolse addosso, gettandosi su di lui in balia di
quelle mani così calde, continuando a baciarlo come se fosse quella
l’unica fonte di respiro… L’uomo muoveva le labbra dolcemente, con lui,
su di lui e contro di lui, lo fece appoggiare contro uno dei pali e
sembrava lo volesse divorare. Legolas si aggrappò alla schiena del
ramingo, mentre quello spostava le labbra sul collo dell’elfo e cercava
di slacciargli la casacca… dopo qualche tentativo,le mani di Aragorn
lasciarono stare i bottoni e scivolarono sui fianchi di Legolas…più giù,
più indietro… premendolo con forza contro di sé.
Legolas stava lì a
labbra socchiuse, gli occhi serrati al pari delle sue mani sulle spalle
di Aragorn… non sapeva come… muoversi.. eppure gli sembrava tutto così
naturale…
Si lasciò possedere per
lunghi ed appaganti momenti, baciando ancora l’oggetto del suo
desiderio. Lo strinse ancora, si avvicinò e sentì Aragorn muoversi
contro di lui…
-En
tulka....Aragorn….a..ah…. (più forte)
il Ramingo sembrava
seguisse una via sua, usasse l’elfo come un oggetto… Lo guardava con
quei suoi occhi glaciali, dello stesso colore del cielo che vegliava
sulle cime del passo di Caradhras, lo baciava ancora… Quelle labbra
calde segnavano il loro percorso sul collo di Legolas, le mani di
ambedue avevano volontà propria.
Il corpo di Aragorn
premeva con forza contro quello dell’elfo, divorato
dall’eccitazione.Dalle labbra sottili di Legolas uscivano gemiti
soffocati che, ogni tanto, Aragorn bloccava con baci veloci. Legolas ne
voleva sempre di più, di più… Ancora ed ancora le loro labbra si
incontrarono, e Legolas voleva che quei baci durassero per l’eternità…
Aragorn tolse le braccia da addosso a Legolas e le poggiò sulla
palizzata, bloccando l’elfo solo col suo corpo.
- Veela u le usin…
(vediamo se scappi…)
-I
voror… um ta… (Non lo… farei
mai...)
ansimò Legolas mentre il
piacere di Aragorn lo travolgeva. Continuava a stringere spasmodicamente
le spalle dell’uomo per evitare che fosse lui a scappare.. e anche per
evitare di scivolare in basso… In basso, ci andarono le mani di Aragorn,
giù giù fino ai calzoni di Legolas. Slacciarono velocemente la cintura
di cuoio che cadde a terra con un tonfo, poi armeggiarono un poco coi
bottoni.
-Aragorn.. non… ah… non
qui…. A… ah….
-Il desiderio non
conosce luoghi…
Lo ammonì l’uomo
tappandogli le labbra con la propria lingua. Legolas preferì tacere e
continuare quel bacio, ma Aragorn stava nettamente esagerando…
-Aragorn.. mo… auta le….
Ara…. ( che.. fermati…)
ma non fece in tempo a
finire la frase che il piacere lo travolse di sorpresa nel sentire le
mani di Aragorn su di sé, chiuse gli occhi, buttando la testa
all’indietro fino ad appoggiarla al palo di legno gemendo sommessamente,
ansante e desideroso di rimanere così. Aragorn lo toccava ancora,
esattamente dove Legolas voleva, mentre le labbra percorrevano il suo
collo in ogni angolo possibile.
-Basta Aragorn..
smetti….
L’uomo lo guardò. Fisso…
quegli occhi sembravano quasi taglienti, qualche ciocca di capelli era
attaccata alla sua pelle e gli arrivava ad un angolo della bocca.
-Era forse un ordine?
Chiese sollevando le
labbra in un sorriso malizioso. Legolas si chiuse i calzoni. Gli
piaceva, ma era troppo.
-Sì.
E così dicendo si avventò contro
Aragorn, sorprendendolo col bacio più forte che si fossero mai
scambiati. Noncurante delle mani di Aragorn sui propri fianchi, premette
con violenza la lingua dentro la bocca di Aragorn, soffocando i suoi
gemiti di sorpresa e piacere. Aragorn rimase senza fiato, mentre la
lingua di Legolas esplorava prepotentemente la sua bocca. Le mani
dell’Elfo afferrarono il colletto del Ramingo, tirandolo a sé fin quasi
a farlo sbilanciare.
Ad un tratto, però, a
Legolas non sembrò più di sentire Aragorn stretto a sé.. solo.. aria..
Aprì lentamente gli
occhi e si ritrovò sul gradino del palazzo, davanti a sé solamente una
distesa di sabbia compatta e stepposa.
-Er oloore….
(solo un sogno)
Sussurrò tra sé e sé,
mordicchiandosi un pollice per svegliarsi completamente. Voleva sentire
dolore… un dolore più forte di quello che già sentiva dentro di sé…
tristemente si dovette render conto d’essere nella realtà, dove Aragorn
l’aveva stretto molto probabilmente solo per rabbia o per un giochino
perverso che la confusione gli aveva dettato.
-MASTRO ELFO!
Legolas si drizzò da
sedere ed irrigidì la schiena. Gimli apparve dietro di lui, con quella
sua andatura pesante e barcollante, dovuta dalle gambette corte.
Davvero, Gimli era
l’ultima persona (err… l’ultimo nano) che Legolas avesse mai voluto
vedere. Non gli andava di mettersi a chiacchierare, e nemmeno mettersi a
cantare o raccontare. Gli andava solo di piangere.
-Senti, mastro Elfo..
avrei bisogno di un consigl…
-No, Gimli. Non ora.
Lo fermò Legolas, ben
deciso a troncare quell’inizio di conversazione. Se solo non fossero
stati due membri della Compagnia, lo avrebbe appeso all’asta della
bandiera che garriva davanti a Medusel. Il nano alzò un sopracciglio,
sconcertato. Legolas di malumore? Succedeva assai raramente! A
quell’elfo bastava che il sole splendesse per essere felice… valli a
capire, gli Eldar!
Legolas si alzò in
piedi.. ancora il sapore di quei baci sulle labbra… Doveva andare alla
stanza degli arazzi.. o no? E se avesse rivisto Aragorn sarebbe riuscito
a contenersi? Doveva semplicemente provare. Sorpassò Gimli con due passi
e lo lasciò a borbottare qualche sua canzoncina nanica o roba simile.
Non gl’importava. Il sole stava iniziando a calare.
.|.|.
Nel frattempo, Aragorn,
era corso in preda alla rabbia nella stanza dove stava il suo giaciglio
e quello di Legolas (ovviamente c’era anche quello di Gimli, ma non lo
vedeva…). Si sedette di peso sopra il suo, che aveva tutte le coperte
disordinate e scompigliate. Aragorn non dormiva quasi mai sonni
tranquilli, e la mattina tutto era più importante del rifare il letto.
Tanto doveva tornarci, poi, no? Poggiò la schiena contro il muro e si
prese la testa tra le mani.
Nella testa gli
rimbombava tutto quello che aveva detto. Quante bugie…
Era stato un vigliacco.
Aveva usato la provocazione come arma, per vedere cosa provava Legolas…
e invece di trovare il perché di quella perenne dolcezza, di
quell’idilliaca delicatezza, aveva scatenato l’odio dell’amico. Sarebbe
venuto? Adesso non ne era più cosi sicuro. Si sentiva disperato, come se
fosse caduto per ore ed ore in un baratro.. e l’anima stesse ancora
cadendo nel vuoto. Doveva andare da Legolas a scusarsi? Cosa stava
facendo l’elfo, ora? Aragorn conservava di lui un ricordo dolcissimo,
quanto il profumo della sua pelle. Gli era sempre stato accanto, da
quando si erano conosciuti, e se la mente non lo ingannava, era stato
proprio Legolas che, per caso, gli aveva fatto incontrare Arwen.
Arwen…
Si era scordato il viso
di lei. Si era scordato tutto di lei. Non portava più Evenstar al collo,
anzi, la teneva avvolta in un panno, segregata in una tasca della
saccoccia. Se Arwen fosse venuta ad incontrarlo in sogno, il cuore di
Aragorn si sarebbe strappato di sicuro.. o forse l’avrebbe strappato lui
stesso. Se era vero che avere un cuore faceva soffrire così tanto, il
non averlo affatto avrebbe potuto cancellare tutti quegli affanni? Come
si sentiva sbagliato, in quei giorni. Sbagliato.. gli sembrava
l’aggettivo migliore. Lui era tutto sbagliato, ciò che provava era
sbagliato, il suo destino era sbagliato…
Anche il suo amore era
sbagliato.
Era iniziato tutto al
ponte di Kazad-Dhum, quando Legolas aveva afferrato lui alla fine del
suo salto e non Frodo. L’aveva stretto.. forse senza neanche pensarci,
forse nemmeno se lo ricordava…
Lui, invece, sì. Da quel
momento… da quando aveva respirato il dolce profumo dell’elfo, nella sua
testa si erano accavallati pensieri, immagini, desideri, congetture… ma
solo una cosa lo spaventava.
Legolas… era… un uomo… beh, sì,
insomma… un Elfo, ma pur sempre un uomo. No, non era questo il suo
terrore più grande. Molto probabilmente quella creatura così luminosa
non aveva ancora mai conosciuto… l’amore, cosa vuol dire passione…
Aragorn lo vedeva come un guerriero, dal volto d’angelo e l’abilità di
un assassino, quasi distaccato dalla cognizione di se stesso… freddo ed
impassibile, calmo e pacato, controllato e calcolato nei suoi minimi
confini… Era certo che provasse sentimenti.. gli Elfi sono le creature
più emotive di Eä,
{Per chi non se lo ricordasse, Eä è il “Mondo che È”, ovvero il Mondo.
Da il Silmarillion, JRRTolkien,Bompiani Editore.
Prima citazione a pg.17 n.d.Me}
ma non era certo che
provasse QUEI sentimenti… quelli che confondevano Aragorn così tanto. Lo
confondevano e non lo facevano riposare, gli toglievano il coraggio…
Ma quando c’era Legolas
accanto a lui.. sentiva nelle mani quella forza che l’avrebbe reso
capace di sradicare un albero di Lorien… di sollevare l’intera Minas
Tirith… tutto tranne che baciarlo davvero.
Pochi minuti prima
l’aveva stretto a sé… lui era desideroso.. aveva visto nello sguardo
dell’elfo una luce baluginare…
Indignazione,
sgomento..o lo stesso desiderio che anche lui sentiva?
Poteva quell’essere
dalla bellezza così androgina sentire quel genere di sensazioni..
dirompenti e a volte cattive, come nel loro caso.. Un amare ed un
soffrire, desiderare e farsi male…
Non aveva nemmeno la
forza di volontà di prevalere su Legolas, di farsi amare anche solo per
un’ora, di farsi desiderare… come mai avrebbe potuto trovare la forza di
mandare avanti un regno…. E guardare negli occhi la donna che un tempo
amava.. e che tradiva col pensiero, accarezzando con le sue fantasie il
profilo di un altro uomo?
C’è una sedia… nella
mia mente, sulla quale, ogni tanto, mi piace sedere per pensare e
trovare la chiave a tutto ciò che mi è celato…
Dove posso correre?
Dove nascondermi? In chi mi tramuterò? Dove ho udito le voci che
ricordo? Ho un paio di parole scritte sullo schienale della sedia, come…
“Pensi che sia coraggioso?” ”Pensi che me ne importi?” Posso..
cancellare, bruciare le immagini che vedo? Posso? Non credo…
C’è una sedia
piccola, quanto basta per contenermi. Preferirei una scatola, ma poi
potrei desiderare di chiudere il coperchio… Restare solo, per sempre su
quella sedia… Incatenami, Morte.. seducimi ed io non cederò… o sì? Quale
maschera ti metterai per portarmi dove tu desideri? Continuando a
pensare in questo modo sarà difficile continuare…
Devo trovare
coraggio, ma oramai questi pensieri me l’ hanno succhiato via… si sono
cibati del mio ardore e l’ hanno sostituito con quest’incertezza… Ho
bisogno di te, ma non venire. Potrei non fermarmi.
Ho bisogno di te.. ma
tu stammi lontano. Magari il mio desiderio si spegnerà…
Basta.
Basta mentire anche
con me stesso… ho mentito così a lungo… Non smetterò mai di desiderarti,
mai le mie mani smetteranno di bramare il tuo corpo… Quell’attimo,
Legolas. Solo quell’attimo tale da dar pace al mio cuore… unica
richiesta, la mia… certo… eppure così difficile da esaudire…
Non posso, non
riesco… andare avanti così potrebbe significare il mio desiderio di
abbandono… Mi rendo conto di non volere più nulla: né regno, ne Arwen,
ne onore, né gloria… darei tutto per avere te solo un’ora.
E si ritrovò in mano la
stoffa nella quale era avvolta Evenstar. La srotolò pian piano ed un
luccicare veloce gli fece sbattere le palpebre un paio di volte. Il
gioiello stava lì, così piccolo nella sua mano… luminoso, la curva di
cristallo così dolce e morbida. Uno splendido fiore al centro dal quale
scendevano due lunghe foglie lanceiformi che s’incrociavano tra loro.
Evestar. La stella del vespro, quel gioiello racchiudeva l’intera
essenza di Arwen. E lui l’aveva in mano, sarebbe stato padrone di
spezzarla, sotterrarla da qualche parte o, semplicemente dimenticarla…
- Renich i lu i erui
govannen? (Ricordi la prima volta
che ci siamo incontrati?)
- Nauthannen i ned ol
reninannen (Credevo di essermi
perso in un sogno…)
- Guenwin in
enninath… u-arnech n naeth I si celich..
(Lunghi anni sono passati, non avevi gli stessi turbamenti che hai ora…)
Poteva ricordarselo così
bene, quel momento idilliaco… a Granburrone, sotto la luna… lei era così
bella, dolce… vanesia.. come l’immagine ed il ricordo nella mente di
Aragorn. Stava svanendo. Quella figura sottile stava assottigliandosi
più passava il tempo. Come la pallida stella oscurata dai raggi di un
sole sorgente e dirompente, Arwen non rimaneva nella testa del ramingo,
troppo accecato dalla luce di Legolas.
Ma era sicuro che quello
per l’elfo fosse solo.. mero desiderio? Spoglia bramosia carnale? No…
c’era dell’altro.Se fosse stata solo la voglia di averlo, di sicuro non
si sarebbe sentito così male… di sicuro non si sarebbe sentito così
solo.. sconsolato, affranto, spogliato della gioia…
Ma allora.. come poteva
lui provare… amore?
Man kara i mel le?
Man kara i aniron le? (Cosa mi fa
amarlo? Cosa mi fa desiderarlo?)
E pensare che.. no..sarebbe successo
comunque? Era già predisposto?
Lady Galadriel… l’aveva
forse visto? Lo sapeva? L’aveva detto ad Arwen? Non si ricordava come
fosse stato, a Lothlorien. Era passato troppo tempo.
No, da quello che gli
restava di quella notte, Lady Galadriel non aveva accennato nulla sul
fatto.. di quello strano accelerare dei battiti del cuore alla sola
vicinanza di Legolas, non aveva proferito parola a proposito di quel
desiderio così innaturale, ma così forte… Tra quegli alberi, se solo
fosse stato in grado, avrebbe tolto la verginità a quella creatura che
sembrava tutto tranne che reale. Così bello da fare male. Troppo male.
Alzò la testa e guardò
il muro davanti a sé. La solida roccia era contornata da intarsi di
legno, dai quali pendeva una grossa tenda di panno rosso. Silenzio.
Non mi piace il
silenzio. Voglio sentire il tuo canto, ancora una volta.
Una sera, nella chiara
notte prima di partire da Granburrone, aveva sentito Legolas cantare.
Non era uno dei soliti canti già scritti, che ricordavano le grandi
gesta degli Eldar che furono…. Molto probabilmente quel canto era stato
composto da Legolas in persona, una dolce canzone d’addio per un amore
sconosciuto. Più che un canto sembrava una poesia, composta fra le
lacrime e ridondante di nostalgia. Ma la voce di Legolas la recitava
così bene da farla somigliare al gorgogliare del fiume, e le stelle
stesse si univano in un coro. Abbandonato sulla ringhiera di uno dei
tanto balconi di Granburrone, aveva cantato per tutta la notte. Si era
offerto lui di partire, ma il viaggio già lo stava uccidendo.
E aveva cantato tutta la
notte, cullando la propria voce con le foglie addormentate. Su quel
balcone vi era rimasto anche dopo che il sole aveva fatto capolino tra i
tetti delle case, steso ed assopito, come coperto da un lenzuolo di
rugiada. E il sole dipingeva su quel viso angelico…ombre e luci
d’avorio. E lui non aveva potuto fare a meno di restare a guardarlo,
acquattato tra qualche colonna marmorea, trattenendo il respiro per
paura di svegliarlo. Incantato.
Era un vero peccato che
gli Elfi dormissero così poco. Lui era così bello…
Aragorn strinse con
forza Evenstar nella mano, fino a sentire le punte dei petali di
cristallo trafiggergli la pelle, volontariamente strinse più forte…
Dolore… naike…. Per
dimenticarti…
Ma non poteva
dimenticarlo. Nulla sarebbe servito a farlo. No, lui era legato ad un
destino che si divertiva a vederlo soffrire, ma che allo stesso tempo
gli regalava qualche sogno breve e passionale… passeggero e nostalgico.
Riaprì la mano. Che
stupido. Stupidissimo. Come aveva anche solo potuto pensare di usare il
dolore come anestetico per l’amore? E poi, era davvero amore?
Sì… Lo è.
Si rispose. Basta con le
bugie. Si può essere attori con chi non si conosce, ma non con se
stessi. Non si può fingere con la propria anima.
Lo giuro su tutto
quello che ho di più caro, lo giuro su tutto ciò che ritengo valente, lo
giuro sull’onore e su me stesso. Ti dirò quel ch’io provo. E mi farò
valere. Non puoi scapparmi per sempre, Legolas.
Sul viso gli si dipinse
un sorriso sottile… un po’ di sicurezza e quasi spavalderia tornò a
scorrergli nelle vene. Guardò fuori dall’unica finestra della stanza: il
cielo aveva iniziato a tingersi di rosso. Era ora.
Si alzò e si lisciò bene
bene la veste. La mano aveva già smesso di sanguinare. Fece scivolare
Evenstar in una delle tante tasche della palandrana.
I lende, Legolas
(Arrivo, Legolas)
.|.|.
tap tap tap….
Gli stivali di Legolas
ticchettavano sul pavimento liscio del palazzo, corridoio dopo
corridoio. Non gli faceva più così paura.. aveva imparato a tenersi
freddo, così l’Ombra non l’avrebbe notato ed avrebbe continuato a
persuadere qualcun altro. Aveva imparato a non essere più sè stesso.
Aveva imparato a placare ogni emozione, freddo come una statua di
ghiaccio. Le emozioni facevano così male, soprattutto in quel periodo,
in quel momento, in quel palazzo…. Aveva imparato a scacciare la propria
anima, lenire il dolore e sedare la passione. Sentiva le cose passargli
distrattamente accanto. Solo aria sulla pelle. Non gl’importava se era
contro natura, non gl’importava se tutto quello che gli era stato
insegnato ed aveva scoperto sulla bellezza della vita riteneva la
separazione dell’anima un peccato. Doveva tenersi freddo. Per Aragorn.
Lo faccio per noi,
per conservare almeno l’amicizia. Se ti dicessi ciò che veramente provo,
allora rovinerei tutto. Voglio tenerti sempre con me, Aragorn. Ti voglio
al mio fianco. Non mi farò lasciare da te solo per uno stupido
sentimento. Non sarà il mio amore a dividerci.
Assorto in questi
pensieri, Legolas lasciava che i piedi lo portassero dove volevano. Non
aveva la più pallida idea di dove fosse la stanza degli arazzi, e
sperava di poter trovare qualcuno che glie la indicasse, ma Medusel
sembrava deserto.
Noncurante del buio,
scese un paio di scalinate introdotte da un grosso arco di legno con dei
cavalli intagliati e degli uomini in parata con bandiere, stemmi e
scudi. Quattro torce illuminavano i gradini, alcuni dei quali erano
ricoperti di legno liscio.
Ma è tutto di legno,
qui? Legno e pietra.. non mi stupirei se le persone fossero fatte dello
stesso materiale!
Terminate le scale,
Legolas si trovò davanti una specie di saletta di pietra, come un
pianerottolo cubico. Due lati erano di pietra, ma uno era una grossa
tenda giallo paglierino, fermata in un lato da una nappa blu.
Curioso da questi colori
così sgargianti in un palazzo così tetro, Legolas scostò nappa e tenda.
Non avrebbe mai
immaginato di vedere, proprio a Rohan, una cosa così bella. Avanti a lui
si stendeva un corridoio inondato della luce del tramonto. Il pavimento
era di legno (il parquet medievale? N.d.Me) e tutta la parte destra del
corridoio era occhieggiata di finestre d’alabastro, coperte da tende
setose. Tra una finestra e l’altra, stavano delle statue lignee che
raffiguravano Re, cavalieri e chissà quali altri eroi. Tutto sembrava
così… elfico… come.. come poteva una tale bellezza architettonica
starsene nascosta in un palazzo freddo e desolante? Il soffitto era
affrescato di blu, puntellato da tantissime stelle che sembravano
bottoni d’oro incastonati nella roccia.
-Com’è tutto bello… qui…
e scoppiò in una sonora
risata cristallina, che tintinnò e si rifranse su tutti i muri,
rimbalzando come l’acqua nella corrente di un torrente appena uscito
dalla sua sorgente.
-Come ho fatto a temere
tutto ciò? Come posso temere ciò che mi somiglia?
Si bloccò di scatto con
quelle parole ancora sulle labbra .
TEMERE Ciò CHE MI
SOMIGLIA… ed iniziò a parlottare
tra sé e sé con una voce sottile quanto il vento d’autunno tra le
foglie. Per tenersi compagnia.
-Aragorn…. I Kaure le… I mel
le…. (Ti temo, ti amo) Ma perché ti
temo se sei simile a me? Perché tremo se mi sei accanto? Cosa mi spinge
a volerti? Sei… un uomo, come me… ed io…. Non ho mai… provato… amore. A
parte con….-
E Qui si interruppe,
abbassando la testa, nella mente un ricordo troppo doloroso da
rievocare.
-Perché con te? Perché è
tutto così confuso, così difficile? Perché non posso dirti quello che
veramente sento? E se tu provassi il mio stesso calore… allora vorrei
gridarlo al mondo… ma non potrei farlo…
Se la Terra di Mezzo
venisse a sapere quello che potrebbe esserci tra… me… e te… allora
sarebbe la rovina? E Ancalima Undomiel? Il suo amore per te… è così
forte da poter offuscare il mio? O il contrario? Porti ancora Evenstar….
… se è il tuo simbolo d’amore…
potrei portarla io? -
Scrollò la testa quasi
cercando di scacciare via quel pensiero. Come aveva anche solo potuto
pensare che Aragorn gli avrebbe donato il suo fiore di cristallo? Come
avrebbe mai potuto pensare che Aragorn avrebbe lasciato la donna a lui
promessa.. l’amore della sua vita…. Per… lui? Che sciocco si sentiva… e
questa volta avrebbe davvero voluto svanire.. via.. via.. a correre
verso casa, Bosco Atro… a rifugiarsi sui suoi alberi, a cercare l’ombra
ed il conforto del vento… il silenzio, la calma ed il calore del suo
sole, di casa sua…
Ad un tratto, fu
obbligato a svoltare un angolo nel corridoio e… poco lontano, vide lady
Eowyn aspettare, in piedi, davanti ad una tenda rossa. Troppo tardi per
girare i tacchi ed andarsene.. lei l’aveva già visto.
-Sire Legolas…
mugolò lei con quella
sua voce così fredda e monotona. Legolas trattenne un brivido.
-Lady Eowyn…
la salutò freddamente
con gesto del capo. Non gli piaceva incontrarla.
-Cosa fate voi qui…?
Pensavo che Medusel vi terrorizzasse….
-NULLA mi terrorizza,
mia signora.
Puntualizzò lui
sentendosi sbeffeggiato da quella statua di ghiaccio che camminava.
-Nulla mi terrorizza, ma
alle volte preferisco certi ambienti ad altri.
Eowyn si stupì della
pronta risposta dell’elfo, ma non lo diede a vedere. L’aveva sempre
creduto uno silenzioso, chiuso, quasi ottuso… e invece…
-Preferite la steppa al
palazzo?
-Preferisco la libertà
alla prigione
-…l’insicurezza alla
forza?
-La verità alla
menzogna, comunque passeggiavo per curiosità e basta.
Troncò indispettito.
Meno parole uscivano dalle labbra di Eowyn, meglio si sentiva.
-Avete per caso visto
sire Aragorn? Gli ho dato appuntamento qui, ma non si è ancora
presentato…
Legolas fu colpito da
quell’affermazione. Lei aveva dato appuntamento ad Aragorn.. davanti ad
una sala? La sala degli arazzi rossi? Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa
fare? Gia s’immaginava la scena: “Che casualità, lui ha dato
appuntamento a me!” e si sarebbe sentito un weomelindo
{Ho trovato il modo per scrivere “gay”
in elfico… n.d.Me} davanti a “statua di ghiaccio”, helkeheri
(Signora di ghiaccio) e, chissà,
magari si sarebbero messi a chiacchierare dell’uncinetto e del punto
croce aspettando l’arrivo di Aragorn. Improvvisamente un qualcosa gli
uscì dalle labbra,mentitore e rapido.
-Ho incontrato Aragorn.
Mi ha detto di riferirvi, se vi avessi vista, che non sarebbe potuto
venire a causa di… faccende fuori dal palazzo. Non so esattamente di
cosa.-
Che bugiardo.. ma oramai
l’aveva detto e non avrebbe potuto tornare indietro. Sul volto ceruleo
di Eowyn si dipinse un’espressione delusa. Sempre e comunque fredda.
-Ah.. vi… vi ringrazio.
E così dicendo chinò il
capo e se ne andò, prendendo la direzione dalla quale veniva Legolas.
Lui, con fare allegro e noncurante, le gridò dietro:
-Voite maara daana!
(Buona giornata!)
alzando un braccio in
segno di saluto. Stranamente quella bugia gli aveva dato sollievo, ma
ancor più vedere Eowyn andarsene dopo solo due parole l’aveva reso più
tranquillo.
Stranamente soddisfatto
di sé stesso, si fermò davanti alla tenda rossa, molto probabilmente
l’entrata alla stanza degli arazzi. Con sicurezza scostò leggermente la
tenda e fece per entrare, quando si bloccò appena in tempo per non
andare a sbattere contro un’enorme porta di legno.
-Legno anche qui.. avrei
dovuto aspettarmelo!
E aprì il pesante
portone, entrando nella stanza.
Era piuttosto piccola
per come Legolas se l’era immaginata, ed aveva le pareti interamente
coperte da drappi rossi e morbidi che cadevano sul pavimento inondandolo
di stoffa color sangue. Solo una parete, quella opposta alla porta, era
occupata quasi tutta da una bella finestra di alabastro, con una tenda
rossa anch’essa, ma di stoffa più sottile, che faceva filtrare il sole.
Per il resto, nella stanza non v’era altro arredamento se non per una
sedia, al centro della stanza. Una sedia piccola, di legno scuro con un
cuscino rosso sopra.
-Gran bell’arredamento…
davvero!
.|.|.
tap…tap…tap…
-Tardi tardi tardi….!
Accidenti a me e alla mia testa! Tardi tardi….-
si ripeteva Aragorn
freneticamente, come se quella parola avesse potuto fermare il tempo e
dargli un po’ di vantaggio per arrivare in orario. Il suo sesto senso
gli diceva che, anche se non sapeva la direzione, Legolas sarebbe certo
stato dentro quella stanza quando il sole avrebbe lambito le prime cime
delle montagne. Svoltò un angolo e si acquattò di scatto contro il muro.
Eowyn stava passando, dritta davanti a sé, al testa china. Gli aveva
dato appuntamento lei per prima, ma lui sentiva il bisogno di Legolas.
Sarebbe stato quello, il momento giusto per toccarlo.. per averlo… farsi
amare… Trattenne il respiro ed avanzò rasente al muro per non farsi
vedere. Il percorso lo sapeva bene e, quando Eowyn fu scomparsa, riprese
a correre come un forsennato. Scale, corridoio, angolo… la porta era lì,
la tenda rossa ben calata davanti… Appena di fronte all’entrata si fermò
per un paio di secondi. Doveva riprendere fiato e calmarsi, non tanto
perla corsa, ma per il fatto che lui e Legolas sarebbero stati lì,
chiusi in quella stanza… soli…
Voglio te. Voglio
ubriacarmi delle tue parole, inebriarmi della tua pelle, bere la tua
luce dalle tue labbra…
Entrò.
Legolas stava in piedi,
davanti alla finestra d’alabastro, le braccia incrociate sul petto. La
sua figura si stagliava nera e nitida contro la luce rossastra che
faceva illuminare la tenda di un color tramonto vivido. Era.. perfetto.
La sua forma alta e slanciata sembrava così fragile… composta dello
stesso materiale di Evenstar, così delicata e preziosa… Però, la
calzamaglia scura stretta sulle gambe dell’elfo ne sottolineava i
muscoli, tesi e lineari, i polpacci chiusi negli stivali di cuoio. La
casacca gli arrivava a metà coscia: una cascata d’argento che le stelle
gli avevano fatto piovere addosso… acqua morbida che gli ricopriva la
schiena, gli carezzava i fianchi…
Ad Aragorn sembrò di
poter sentire le sue mani scorrere su quella stoffa leggera. Sfilarla da
dosso a lui… stringerlo e vedere il suo collo sottile distendersi,
facendogli poggiare la testa sulla sua spalla…già sentiva le labbra
ebbre di quel suo odore dolce… Una droga, che doveva assumere subito per
restare lucido.
-Legolas…
l’elfo si girò. Il sole
morente gettava un’ombra sensuale sul suo volto splendido, dai
lineamenti scolpiti nel marmo di quella pelle liscia. La morbida curva
delle labbra risvegliò in Aragorn qualcosa… sentiva bruciare dentro… non
riusciva più a controllare il suo respiro… Quella sensazione che gli era
sempre stata difficile da sedare gli irruppe addosso come una secchiata
d’acqua, crudele e terribile…
Ora ti dirò che ti
bramo… ora ti svelerò dove vorrei che le mie mani potessero arrivare… ti
darò quello che non hai mai ricevuto…ora ti avrò e tu mi obbedirai… e
godrai di me… lascerai ch’io lo faccia con te… Amarti ed essere amato…
sentirai come brucia il sangue… porterò le mie mani su di te e tu
gemerai… prevarrò su di te e tu non ti ribellerai… perché anche se non
lo vuoi.. ti possiederò.
-Sei in ritardo… come
solito.
E sorrise
dolcemente, curvando le labbra… Aragorn strinse i pugni per trattenersi…
Legolas si voltò verso la finestra di alabastro.
-Scacciapensieri
elfico.. credevo che qui a Rohan non ci fossero!
Esclamò con l’allegria
di un bambino davanti ad un maggiolino ronzante, indicando il piccolo
sole di cristallo che pendeva dallo stipite della finestra.
-Legolas… scusami.
Fece Aragorn a voce
bassa, la testa china… se solo avesse incrociato il suo sguardo allora
sarebbe…
-Per il ritardo?
Figurati!
Ridacchiò l’elfo quasi
sbeffeggiandolo, senza accorgersi che la voce di Aragorn tremava, che
Aragorn stesso stava tremando.
-Non è per il ritardo…
Legolas.
La voce di Aragorn si
era fatta d’un tratto più flebile.. più tremolante… indecisa, spaurita.
Legolas si avvicinò amichevolmente ad Aragorn:
-Man ta na raika?
(Qualcosa che non va?)
e fece per poggiargli
una mano sulla spalla, ma Aragorn lo respinse in malo modo, quasi
facendogli male, per poi andare a sedersi sulla piccola seggiola.
-UUME TULYA LE!(non
ti avvicinare)
Legolas lo guardò con
aria preoccupata.. che cosa gli stava accadendo? Perché in quel periodo
Aragorn era così cambiato… avrebbe fatto qualunque cosa per farlo
tornare com’era prima… qualunque cosa…
-Aragorn… man..kara…
insomma…. Che… che ti succede?
Balbettò confuso. Gli
sembrava che quelle parole fossero così superficiali… inutili, stupide…
fuori luogo… eppure doveva pronunciarle, doveva dire qualcosa … si
sentiva così inutile! Stava lì, fermo,dritto ed immobile, la mano ancora
a mezz’aria, scostata e dolente per il gesto repentino di Aragorn. Anche
lui stava immobile, seduto, o meglio, raggomitolato sulla sedia, la
testa china, non gli si vedevano nemmeno gli occhi. E Legolas voleva
vederli. Gli piacevano così tanto gli occhi di Aragorn… freddi come il
ghiaccio eppure così caldi, fieri, decisi…
A quel paese tutto, se
Aragorn gli avesse fatto male un’altra volta lui non avrebbe sentito
dolore. Gli si avvicinò più deciso e gli alzò il mento usando i
polpastrelli dell’indice e del medio.
-Non m’importa cos’ hai
oggi, non m’importa se hai paura, non m’importa se piangi e ti fa male…
devi dirmi cos’ hai…..-
ma si bloccò e cercò di
sedare tutta la rabbia che era esplosa in lui: Aragorn stava piangendo.
Una lacrima argentea stava scendendo sulla guancia sinistra del Ramingo,
lentamente, fino ad arrivare poco vicino alle sue labbra serrate. Il
respiro era lento e pesante, e sembrava che Aragorn stesse per
collassate, esplodere in un mare di lacrime…
Perché… piangi,
Aragorn? E’ forse colpa mia? Ho… fatto qualcosa che non va? Se solo
potessi… se solo tu mi lasciassi asciugare le tue lacrime io…
Legolas s’inginocchiò
davanti al Ramingo che teneva la testa bassa e raggiunse con due dita la
lacrima che stava scorrendo sul volto di Aragorn. Dolcemente ne percorse
il sottile rivolo umido sulla pelle abbronzata… dalla guancia, scendendo
sensualmente fin sulle sue labbra… perse gli occhi in quel volto
rabbuiato, bevve la tristezza di Aragorn come fosse pioggia d’estate,
per togliergli quell’angoscia dalle spalle… sembrava stare sospeso in un
sogno… sotto la dolce pioggia… di nuovo a… casa…
Si svegliò di
soprassalto quando sentì… la lingua di Aragorn contro le proprie dita.
Un brivido lo percorse partendo dalla mano fino ad arrivare
all’estremità delle gambe. Brivido di….sorpresa? Brivido di piacere….
Aragorn aveva appoggiato
le dita sul polso di Legolas per tenerlo avanti a sé e ne leccava le
dita lentamente, quasi bramando ogni singola goccia di piacere. L’elfo
era rimasto a bocca aperta… ma velocemente ritrasse la mano e volse lo
sguardo verso l’amico. Un lungo momento durante il quale i due sguardi
s’incrociarono: l’uno incuriosito e l’altro enigmatico. Dentro lo
sguardo di Aragorn, Legolas poteva vedere… nemmeno lui lo sapeva. Sapeva
solo che.. che quel desiderio che tanto aveva cercato di reprimere si
era risvegliato. Ora più che mai sentiva il sangue bruciare nelle vene,
il cuore accelerava i battiti.. aveva Aragorn così vicino… così…
-I merne le..
Legolas… er ten moore… (ti voglio, Legolas..
solo per una notte…)
-Aragorn… le koita
amba nate ta i kaure… (Aragorn… hai svegliato dentro me cose che
temo…)
-U ‘osto han…(non
temerle…)
E così dicendo Aragorn
si sedette meglio sulla sedia, le gambe leggermente divaricate,
osservando Legolas con uno sguardo estremamente eloquente.
-Tulya sinome…
(vieni qui…)
gli sussurrò a voce
bassa. Un tono sensuale, invitante, caldo… Legolas non sapeva come
fare.. era esattamente avanti ad Aragorn.. la situazione stava in mano a
lui… Poteva andarsene e reprimere per sempre ciò che sentiva, o
avvicinarsi e lasciare che fosse il desiderio ad avere la meglio, dare
retta, per una volta, al proprio corpo.. a quello che la carne voleva…
Non sapeva cosa scegliere.. avrebbe voluto.. così tanto… Amarlo ed
essere riamato, le sue mani su di lui… il desiderio, la passione…
Aragorn non intendeva
attendere. Si sporse velocemente in avanti, afferrando con forza i polsi
di Legolas e tirandolo su di sé. Successe esattamente tutto quello che
ambedue avevano desiderato. Legolas, colto di sorpresa, cadde in avanti,
addosso ad Aragorn, le gambe divaricate intrappolarono quelle del
Ramingo e Legolas poggiò le mani alla spalliera della sedia per non
sbattere contro di lui. Stava seduto sopra di lui, ansante per la
sorpresa, quasi scottato dai gesti e dai respiri dell’amico che gli
cinse i fianchi con le braccia, avvicinandolo a sé con prepotenza.
-Sinome le na…
(eccoti qui…)
Il respiro di Aragorn
lambiva sensualmente le labbra di Legolas, che non badò alle sue parole.
Voleva solo lasciarsi andare, smetterla di contenersi…
Mosse lentamente le mani
dalla spalliera della sedia alle spalle di Aragorn, gli slacciò il
mantello al collo e lo fece scivolare via. Lentamente, gli accarezzò il
collo, salendo verso gli zigomi, le guance… poggiò il pollice dietro le
orecchie di Aragorn, il resto della mano sul collo caldo… Lo tirò a sé
incontrando le sue labbra calde in un bacio.. il loro primo bacio… Lambì
le labbra di Aragorn una, due volte… l’uomo era impaziente di ottenere
ciò che voleva… le labbra si rincorsero ancora, tanto che la lingua di
Aragorn sfiorò il labbro superiore dell’Elfo .. cercò di muovere le mani
per arrivare a spingere Legolas contro di sé, ma venne colto di sorpresa
quando avvertì la lingua di Legolas contro la propria, veloce e
desiderosa di possedere ogni angolo della sua bocca. Rimase senza fiato,
cercando di fare la sua parte spingendo il bassoventre di Legolas contro
il proprio. L’elfo si staccò da lui buttando la testa oltre la sua
spalla, il respiro veloce mentre sentiva la passione di Aragorn premere
contro di lui, sovrastarlo, eccitarlo ancora di più, annegarlo…
-Limbe tie i olor ta…
(Molte volte ho sognato questo…)
ansimò cercando di
trovare un equilibrio impossibile tra passione e ragione. Aragorn non
ribatté, stava anche lui con le labbra semichiuse, premendo Legolas con
maggiore forza, ancora e ancora…ansimante, cercava sempre maggiore
contatto, quasi a voler entrare dentro Legolas, voleva…
Iniziò a cercare i nodi
dei calzoni per spogliarlo…non sapeva come sarebbe stato… averlo, godere
di lui, prendere possesso di quel corpo così ben scolpito …portarlo a
quel momento in cui avrebbe sentito il petto di lui inarcarsi sotto i
suoi tocchi, le mani l’avrebbero stretto spasmodicamente, ansante,
grondante desiderio, mentre gli avrebbe urlato di smettere incitandolo a
fare il contrario.Doveva averlo, quella creatura così rara, diversa da
lui quanto bastava per affascinarlo e farlo scivolare tra le pieghe del
suo mistero.. doveva essere sua.
Legolas si irrigidì nel
sentire le mani di Aragorn su di sé che gli slacciavano la cintura di
cuoio, ma non era ancora giunto il tempo…
Gli prese le mani,
guardandolo intensamente negli occhi, e portò le sue dita sopra i lacci
della casacca. Un sorriso gli si dipinse sulle labbra sottili sentendola
scivolargli giù dalle spalle. Aragorn si sporse in avanti a baciare il
petto dell’elfo, assaporando la sua pelle liscia e salendo lentamente
verso il collo. I respiri di Legolas erano sempre più veloci; Aragorn
gli sollevò con foga il mento per arrivare all’attaccatura del collo e
ancora su, fino all’orecchio, desideroso di avere sempre di più. Aragorn
scivolò lentamente giù dalla sedia, facendo in modo che Legolas si
stendesse su uno dei tanti tappeti di porpora che ricoprivano il
tappeto. Quello si lasciò far manovrare, poggiando la schiena a terra
con un “Oh” sommesso e tenendo le sue mani salde sulle spalle dell’uomo,
che si distese sopra di lui, intrappolandogli le gambe tra le sue.
Legolas gli slacciò la
casacca , ma le sue mani puntavano verso l’ombelico… premette
leggermente sé stesso contro di lui, iniziando a slacciargli i vari nodi
di cuoio dei calzoni. Come Aragorn sentì le mani dell’Elfo su di sé, lo
avvicinò con forza intrappolandolo in un bacio, lasciando che le mani
gli scendessero di nuovo sulla sua schiena, sempre più in basso,
ordinando quel dolce movimento del quale sentiva bisogno. Legolas non se
lo fece ripetere due volte, assecondando i desideri di Aragorn, che
buttò la testa all’indietro cercando di urlare qualcosa, ma le parole
non gli uscirono di bocca, soffocate dall’ondata di piacere che lo stava
travolgendo.
Troppo, tutto ciò che
accadeva lo stava sovrastando, desiderio di lui… lo premette ancora su
di sé, le mani dell’Elfo abilmente avevano slacciato i calzoni
“complicati” dell’uomo, prendendo possesso del suo corpo. Come per
ripicca, anche Aragorn s’impossessò di Legolas, facendogli scivolare i
pantaloni verso il basso e premendolo contro di sé.
L’Elfo fu colto quasi di
sorpresa e rimase di stucco, ansante sotto il tocco deciso e sensuale di
Aragorn. Avrebbe voluto parlare, gemere, ma dalle labbra gli uscirono
solo ansiti, convulsi e accavallati. Allargò le gambe deciso a carpire
tutto il piacere possibile, quasi a volersi fondere con Aragorn, dargli
il maggior spazio possibile, donargli se stesso….
Iniziò a spingersi
contro di lui quasi ritmicamente, ogni movimento accompagnato con un
respiro fondo da parte di ambedue.
Legolas inarcò la
schiena all’indietro, chiudendo le labbra di Aragorn con le proprie,
continuando a muoversi, incontrando passionalmente la lingua dell’uomo,
succhiandola sensualmente come fosse cosa normale, finalmente libero di
darsi a colui che da tempo lo tormentava dolcemente.
Ad un tratto, il corpo
dell’elfo s’irrigidì in uno spasimo beatamente piacevole, e allora tutti
i gemiti che aveva trattenuto uscirono dalle sue labbra prepotentemente,
mentre ancora continuava a scivolare sul bacino dell’uomo, colto dalla
passione a sua volta, nettamente alla sprovvista ma ancora assetato di
compiacenza.
Legolas si spinse con
più foga contro Aragorn, mentre il suo corpo lo pregava di smettere e
allo stesso tempo di ricevere di più.Con un gesto deciso, prese Aragorn
di peso e lo scostò a lato, per poi stendersi sopra di lui,
accarezzandone le labbra con un dito e continuando a muoversi
lentamente. Sentiva che, se solo si fosse fermato, il desiderio
l’avrebbe tormentato con violenza ed ora.. lui aveva Aragorn… poteva
sentirlo… i loro desideri si incontravano e lottavano l’uno contro
l’altro per essere padroni di quell’attimo…
Aragorn afferrò
saldamente l’amante, per paura di venire travolto da quel piacere così
dirompente…
-Ah.. Legolas… hauta
le… I (fermati, io….)
e cercò di stringergli i
polsi con le mani, ma il suo corpo estasiato non volle rispondere al
comando…
-Lau, uu sin I arwa
le… ar… le arwa-n-In… (No, non ora che ti ho… e… che tu hai me…)
-Nan
uuner… ten otheri.... (Qualcuno… potrebbe sentirci…)
-Karne uerir ten otheri… U ‘osto ta… I varya le… eh…. (Lascia
che ci sentano.. non temere… ti proteggerò io….)
ansimò Legolas movendosi
con forza contro Aragorn.
-Lasta-n-In…. Ta na
mare…. uume lanta… minna milme… (Ascoltami… è meglio… non cadere..
nel desiderio…)
-I talant… ar le
o-n-In (Sono caduto…. E tu con me…)
E così dicendo Legolas
trascinò ancora Aragorn nel baratro dell’estasi, talmente profondo che
parve quasi non poterne più uscire… Era così piacevole, il contatto,
tanto a lungo desiderato che nessuno dei due avrebbe voluto smettere.
-Na otheri… um y
vanima nat? (Stiamo facendo.. la cosa giusta?)
Chiese l’uomo non tanto
perché se lo domandasse davvero, ma perché trovava che la voce dell’Elfo
fosse così sensualmente invitante da ascoltare… gli avrebbe fatto dire
qualsiasi cosa pur di sentirlo ancora parlare Elfico. Quella lingua,
quella creatura… tutto così perfetto…
-I uu-minda… (Non
m’importa…)
gemette Legolas ancora
eccitato, ma rallentandosi e fermandosi, infine, a fissare l’amico. I
capelli del ragazzo si erano sciolti dalle due trecce che portava
strette dietro la nuca per fissare la chioma bionda, ed ora qualche
ciuffo stava incollato alla sua guancia imperlata di sudore. Era più
bello così.
-Le na iirima, iire
uu ve sina… y aratar (Sei desiderabile, quando fai così ..
l’esaltato…)
Legolas alzò un
sopracciglio in un’espressione interrogativa, di chi non ha capito se
fosse un complimento o un’esortazione a fermarsi. Peccato. Se così era.
Perché aveva iniziato a piacergli, quel contatto con Aragorn. Magari
sbagliato, magari contro natura… ma bello comunque. Decise ch’era giunto
il tempo di fermarsi. Scivolò lentamente da sopra Aragorn e si
riallacciò con cura i calzoni, voltandogli le spalle. Si passò
amabilmente una mano tra i capelli, riordinandoli in una coda di cavallo
sebbene qualche ciuffo ancora volasse qua e là.
Fremette quando una mano
di Aragorn gli accarezzò le spalle, mentre il corpo dell’uomo si
avvicinò da dietro di lui.
-Chiudi gli occhi….
Gli sussurrò misterioso
e Legolas obbedì mestamente, sentendo qualcosa di freddo intorno al
collo, pendente sul petto. Quando riaprì gli occhi e si guardò, vide
Evenstar, splendente e fredda sulla sua pelle.
Aragorn… perché… lo
doni a me?
Legolas si girò verso
l’uomo con fare quasi offeso… non sapeva perché, ma avere quel gioiello
al collo non lo rendeva particolarmente orgoglioso in quell’attimo.
-Perché….?-
chiese immergendo i suoi
occhi in quelli dell’amico. Aveva un’aria tutt’altro che gioiosa o
innamorata.
-E’ un dono…-
rispose Aragorn con voce
fonda e quasi nostalgica dei momenti precedenti.
-Credi… credi così di
appagare la tua immaginazione sostituendo me ad Arwen?-
non era sua iniziale
idea il pronunciare quelle parole,ma le malandrine gli uscirono di bocca
con violenza, avventandosi contro la dolcezza di Aragorn. Questi rimase
con un palmo di naso, amareggiato dalla reazione di Legolas.
-Non era mia intenzione
farti pensare questo… Comunque la mia risposta è no. Non sento il
bisogno di Arwen.-
e si avvicinò a
Legolas, allungando una mano ed accarezzandogli una guancia dolcemente,
per poi scendere sul collo ed arrivare a lambire con le dita il petto
ben scolpito dell’elfo.
-Sento solo il bisogno
di te…-
aggiunse sommessamente
ad un orecchio di Legolas, appoggiandosi a lui in una specie di
abbraccio. Il cuore di Legolas accellerò i battiti, e cinse le spalle
dell’uomo con le braccia.
-Scusa…. I er arwa
yeet ilya I turnna minna In… wendele I na o le… ( devo ancora vedere
dentro il mio profondo.. specialmente quando sono con te….)
Aragorn sorrise,
soffiando leggermente contro il collo dell’elfo per fargli il solletico.
Quello lo spinse via maliziosamente e lo guardò con quei suoi begli
occhi azzurro mare.
-Lo terrai?-
chiese Aragorn con tono
un po’ apprensivo. Legolas ridacchiò scotendo leggermente le spalle e
andando a recuperare la casacca. Se ne infilò una manica, poi si voltò
verso l’uomo e rispose sorridendo con una voce dolce quanto la risacca
delle onde sulla spiaggia:
- Tenn’ Ambar-metta…
ar limbe tar…! (Fino alla fine del mondo… e molto oltre!)
Aragorn sorrise e
afferrò la casacca che Legolas, oramai completamente vestito, gli
porgeva. Seguì un lungo momento di silenzio… imbarazzante… Ad un tratto,
ambedue presero il fiato per parlare, ma si dissero solamente “Prima tu”
all’unisono.
-Perché l’abbiamo fatto,
Aragorn?-
chiese Legolas
abbandonandosi sulla sedia. Aragorn rimase per un attimo a bocca aperta,
convinto di avere le parole adatte, ma accorgendosi di non averle
affatto. Legolas chinò la testa, piegandola su una spalla e fissando lo
sguardo in un punto imprecisato della parete lui opposta. Le sue labbra
si mossero per un poco senza emettere suono, poi sussurrò qualcosa:
-….desiderio….attrazione…passione….-
-… Amore?-
gli chiese Aragorn
seriamente. Legolas alzò la testa fissandolo.
-… amore….-
ripeté a sua volta come
a voler imparare quella parola così corta ma cosi irta di significati
diversi.
-Era la mia risposta.-
sentenziò Aragorn.
Legolas continuava a ripeterla tra sé e sé, assorto in chissà quali
congetture.
-La tua risposta… è una
domanda?-
Aragorn non seppe cosa
rispondere e stette in silenzio. Allorché, Legolas si mise a
bisbigliare, come se stesse parlando con se stesso, come se stesse
ripetendo le nozioni imparate per un’interrogazione.
-Amore… mi è così
difficile capire eppure esiste… per te, e tu per me… Amore…. Da tanto,
ormai mi chiedevo se mai noi avessimo potuto… e mi ritrovo qui… tu ed
io, prima… e anche adesso la mia mente sta a lambire quelle tue labbra…
Amore… può davvero essere?-
e così pensando prese a
giocherellare con Evenstar, sempre assorto. Poi, come d’incanto si
ridestò dai suoi pensieri e si rivolse ad Aragorn con lo sguardo più
terso e sincero ch’egli avesse mai visto:
-Ti… amo,Aragorn.-
e sorrise, illuminando
il volto di una luce ammaliante e splendida. L’uomo rimase a bocca
aperta per l’ovvietà e la meraviglia di quelle parole che da tanto il
suo cuore pulsante anelava…
-Sì, Ti amo. Sono
deciso. Se è vero che l’amore comprende la passione,il desiderio… e
l’amicizia profonda, il rispetto e la dedizione… allora… Credo proprio
di amarti .-
Aragorn non credette a
quelle parole. Era così bello sentirgliele dire… finalmente… Gli si
avvicinò e s’inginocchiò davanti a lui.
-Ripetilo… dillo
ancora….-
L’elfo sorrise
dolcemente e si piegò, scese dalla seggiola e s’inginocchiò di fronte
all’uomo.
-Ti amo-
ridacchiò come se stesse
giocando ed afferrò il viso di Aragorn, fissando prima i suoi occhi di
ghiaccio, poi la sua bocca…
-Ti amo…-
e premette con forza le
labbra contro quelle dell’uomo, di nuovo spinto dal desiderio verso di
lui, dolcezza infinita e passione bruciante, finalmente libero
d’annegare in quel mare sensuale.
Rimasero, poi, a lungo
seduti, le spalle appoggiate alla parete, l’uno accanto all’altro, ogni
tanto voltando la testa e scoppiando in una risata gustosa e
cristallina.
Ad un tratto,Legolas
s’alzò e si diresse verso la pesante porta di legno.
-Dove te ne vai?-
chiese Aragorn con un
tono quasi preoccupato. Stavano tanto bene lì, insieme..perché
andarsene? E poi, dove?
-Sono stato al chiuso
troppo, Aragorn. Sai come sono fatto.-
-Già- asserì – Non
riesci mai a stare a lungo in un posto con le pareti! Non riesci a stare
fermo a lungo. Il tuo animo è nomade. -
poi si alzò a sua volta
e si avvicinò a lui, deciso a seguirlo.
-Ti succede anche con le
persone, Legolas?-
l’elfo lo guardò
profondamente, nella mente riaffiorava quel ricordo di tempo prima..
troppo doloroso eppure ancora vivo…
-No, Aragorn. Se giuro
di amare una persona, lo faccio per sempre.-
Aragorn gli diede un
bacio veloce sulle labbra ed uscì dal portone. Legolas rimase sull’uscio
ancora un poco, esitante, carezzandosi il labbro con il pollice.
Infatti… io non l’ ho
detto ma… c’è stato qualcun altro prima di te… molto prima… ma io… ti
amo…
Si scosse e si avviò
dietro Aragorn. Poteva sentirli, i guerrieri, vociare fuori del palazzo,
già intenti nei preparativi, a caricare i loro cavalli di sacchi e
bisacce. Le donne del villaggio riunivano in ceste le poche provviste e
i bambini davano una mano.
Sarebbe stata guerra.
|