.|. Alternative .|.

by Habe

Creata per il contest di WG. Quante alternative possibili ci sono? (warning: death ff in un certo senso)

Drammatico/Sentimentale | Slash | Rating PG-13 | One Piece

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Author’s note: I titoli in grassetto fanno parte della ff. Leggeteli.

 

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Los Angeles, 15 Agosto 2004

 

Il sole entrava a fiotti dalle finestre aperte e il vento portava l’odore del mare.

- Sai, Vig? Spesso, ci ho pensato… -

- A cosa tesoro? – Viggo smise per un attimo di tagliare le verdure e si voltò a guardare Orlando.

- … ho pensato a come sarebbe stato se, fra di noi, le cose fossero andate in modo diverso. -

- Diverso… come? – gli occhi chiari erano fissi in quelli nocciola.

- Non lo so. Diverso… Non so nemmeno se migliore o peggiore di come stiamo adesso, però… quando mi guardo indietro, vedo così tante strade lasciate vuote. Strade delle quali non riesco a vedere la fine, ma sempre assolate. E rassicuranti… -

Viggo smise completamente di affettare pomodori e cetrioli.

Orlando aveva il capo posato sulle braccia ed i suoi riccioli quasi sfioravano il ripiano di vetro che usavano per fare colazione. Uno dei suoi sorrisi gli illuminava il volto.

Si pulì le mani con uno strofinaccio e gli si avvicinò.

Gli prese il volto tra le mani e lo baciò piano.

Un bacio, due, tre, finché non sentì le mani di Orlando stringere la sua nuca e ricambiare i suoi baci e le sue carezze, finché la tenerezza cedette alla passione. Un bacio profondo in cui entrambi misero tenerezza e sentimento e desiderio. Poi Viggo interruppe il bacio e sorrise:

- Questo, amore, nessuno avrebbe mai potuto cancellarlo. –

Orlando ricambiò il sorriso.

- Sarebbe sempre andata così… - la voce dell’inglese era leggermente sognante e Viggo gli sfiorò una guancia prima di tornare a preparare la cena.

 

“Sarebbe sempre andata così”. Quelle parole gli risuonavano ancora dentro. Era notte fonda. Dopo l’amore Orlando si era stretto a lui e ora sentiva il suo braccio cingergli la vita, i loro corpi vicini. Non si muoveva, era stanco il suo Orli, e quei pochi giorni di vacanza gli erano necessari.

“Sarebbe sempre andata così”… Davvero il loro amore avrebbe potuto sconfiggere tutti gli ostacoli? Oppure sarebbe bastata una lieve deviazione e si sarebbero persi?

Ricordava ancora adesso l’emozione profonda quando, in quel chiaro mattino, aveva guardato dentro gli occhi di Legolas e vi aveva letto gli stessi sentimenti che si agitavano in lui. Indossava gli abiti di Aragorn ma non era il ramingo che Legolas stava difendendo, era lui, Viggo. Ognuna di quelle parole era rivolta a lui ed era un attestato di fiducia nei suoi confronti. E lo sguardo che aveva avuto, non era per Aragorn, ma per Viggo, che era arrivato tardi e che doveva recuperare mesi di studio e di preparazione.

Gli era stato vicino, Orlando, e lui aveva perso la testa. Per la sua allegria, per la sua gioia di vivere, per l’incrollabile fiducia nei suoi sogni, nelle sue speranze, per la noncuranza del suo fascino, della sua incredibile bellezza.

Avrebbe voluto stringerlo a sé e baciarlo ed amarlo, ancora ed ancora. Eppure… ?

Avrebbe mai avuto il coraggio di baciarlo se quella sera Orlando non fosse inciampato e lui, per sorreggerlo, non si fosse ritrovato quel ragazzo tra le braccia?

Si.

Doveva essere onesto.

Non avrebbe retto ancora a lungo. Avrebbe corso qualunque rischio pur di avere delle certezze. Era troppo profondo quello che provava.

Lui amava Orlando come non aveva mai creduto possibile fare. Non riusciva a descrivere la tenerezza, la passione, l’intimità e la condivisione che provava quando anche solo pensava a lui. Si equilibravano a perfezione: l’allegria mitigava la tristezza, la stabilità ammorbidiva l’irruenza, la luminosità dei sorrisi spazzava via la tetraggine dei silenzi, l’indifferenza verso obblighi inutili dava un senso alla vita. Era un rapporto paritario, il loro.

Si, sarebbe sempre andata così.

Un amore grande e forte come il loro non poteva essere ignorato.

Ogni tanto credeva di vivere in un sogno. Non poteva essere reale ciò che stava vivendo. Poi, uno screzio, una discussione un po’ accesa gli facevano capire che non era un sogno, che il rapporto che avevano non era venuto su dal nulla ma era stato costruito con la fiducia e l’amore e la volontà e che l’attrazione non era sufficiente a spiegare ciò che provavano l’uno per l’altro.

Viggo si rilassò e sospirò piano. Quasi come se l’avesse sentito, Orlando si strinse ancora di più a lui e gli poggiò la testa sulla spalla. Viggo sorrise e chiuse gli occhi.

 

 

 

New York, 15 Agosto 2004

 

Ho tutta la città ai miei piedi.

E’ notte ed io ammiro questo incredibile spettacolo.

È tanto, troppo tempo, che sogno questo momento. Da quando è stato possibile tornare a cenare quassù.

Manhattan brulica di vita e New York è… New York, indescrivibile, meravigliosa.

Ricordo quando hanno inaugurato nuovamente queste torri: la gioia, la felicità che erano dipinti sul viso di queste persone che erano il tuo popolo. Anche se eri mezzo Europeo.

Erano rimaste in piedi, quasi per miracolo, dopo quel terribile attentato. Per un po’ abbiamo trattenuto il fiato, temendo di doverle abbattere, poi non è stato necessario. Noi, già, anche io. Perché ci siamo sentiti tutti un po’ statunitensi, in quei giorni.

Recito a Broadway, adesso. Nulla di speciale, uno dei tanti spettacoli che arrivano da Londra. Aspetto la mia occasione.

Mi chiedo quante migliaia di persone si stiano abbracciando, in questo momento, quanti si stiano dichiarando il loro amore, in mezzo a quelle luci sotto di me.

Noi non abbiamo mai potuto farlo.

E mi chiedo ancora perché tu abbia deciso di girare personalmente quella scena. Eppure conosco la risposta: semplicemente perché eri tu, eri Viggo.

Uno degli stunts l’aveva provata. Nessun pericolo. Una scena come tante altre.

Già. Come tante altre.

Ma non ce ne sono state altre.

Non ho pianto, Viggo. Il tuo elf boy non ha versato una lacrima.

Non era vero. Quello che avevano portato a riva non era il tuo corpo. Non era vero che il peso del tuo costume ti aveva trascinato a fondo e che tu eri annegato.

Non poteva essere vero.

Per mesi mi sono ripetuto questa frase. “Non è vero”.

Non poteva essere vero.

Eppure lo era.

Te ne sei andato, Viggo. Il mio mentore, il mio migliore amico, il mio amore, anche se non avevo ancora avuto il coraggio di dirtelo.

Non ho mai potuto dirti nulla.

Non ne abbiamo avuto il tempo.

E mi chiedo quante occasioni ho avuto per cambiare le cose. Se qualcosa che avrei potuto dire o fare avrebbe potuto cambiare quello che è stato.

Fa male, amore, fa ancora male.

Una lacrima scorre sul mio viso.

Le riprese sono state interrotte: un attore morto ed uno inebetito non danno esattamente un grande contributo.

La compagnia si è sciolta.

Il film non è mai stato finito.

Ogni tanto rivedo le sequenze che gli altri hanno girato e giuro a me stesso che se mai avrò fortuna cercherò di produrlo, quel film. Ogni tanto ne parliamo, con Peter, con Dom, con Elijah: ma sappiamo che sono solo sogni.

Mi manchi Vig.

Ecco, l’ho detto.

Sento le lacrime scorrere sul mio volto e forse qualcuno si starà chiedendo cosa ci faccio quassù, ma non è importante. Nulla lo è, ormai.

Io continuo a recitare, continuo a vivere questa vita che tu mi hai insegnato ad amare. Avevo tanti sogni quando ti ho incontrato, tante speranze, e tu mi hai insegnato che i sogni e le speranze sono un dono che non bisogna sprecare. E’ solo per questo che ho continuato a vivere quando ho capito che era tutto vero.

Sentivo la tua voce, amore mio, ti vedevo spiegarmi una scena, una poesia, un quadro.

Tu, di solito taciturno e silenzioso, non eri mai avaro di parole con me.

Sorridevi e cominciavi a parlare.

Ricordo il tuo sorriso, non quello della tua bocca, quello dei tuoi occhi. Quello che riservavi a poche persone. Quello che mi rivolgevi e che mi faceva toccare il cielo con un dito.

Sorridevi e mi guardavi e parlavi.

La tua voce, bassa, profonda, incredibilmente sexy, non mi ha mai abbandonato. Ancora adesso posso sentirla e mi sembra di vederti, mentre ti chini verso di me per indicarmi un punto cruciale, per sottolineare un passaggio, chiarire qualcosa che mi era sfuggito, oppure, più semplicemente, farmi assaporare un tramonto od un semplice verso.

Sei stato tu a darmi la forza per reagire, per farmi andare avanti. Sei stato tu che hai trasformato un ragazzino in un uomo.

Non so se tu avresti mai ricambiato il mio amore, se avrei mai avuto il coraggio di confessartelo, so solo che questo sentimento  rappresenta il mio unico punto fisso. Quello che nelle mattine tristi mi dà la forza per aspettare che il sole torni a splendere. E’ il ricordo del tuo sorriso, della tua voce, che non mi permette di arrendermi, e che mi spinge a migliorare giorno dopo giorno.

Quando ho capito che era tutto vero, che mi avevi lasciato, che non avrei più potuto guardare nei tuoi occhi, avrei voluto cedere alla disperazione, avrei voluto lasciarmi andare, ma non ho potuto farlo.

Tu non me lo hai permesso.

Ho ricordato il tuo immenso amore per la vita, il modo in cui credevi in ciò che facevi, le parole che mi dicevi per aiutarmi a capire che non è importante quello che realizziamo ma come lo realizziamo e soprattutto come miglioriamo. E ho capito che se mi fossi arreso tu saresti morto un’altra volta, perché io avrei lasciato morire i tuoi insegnamenti, le tue parole. Finché io ci crederò, finché le tue idee vivranno in me, tu sarai ancora vivo.

Sai, amore, c’e’ un’immagine che io ho sempre con me. E’ domenica e non dobbiamo girare, siamo fuori, a goderci il sole e tu hai la tua macchina in mano. All’improvviso ti giri, mi guardi con i tuoi occhi chiari ed io vedo i tuoi capelli scompigliati dal vento, sorridi, allarghi le braccia, socchiudi gli occhi ed esclami: “Lo senti Orlando? Lo senti il vento? Quando ti senti triste ascolta il vento: racconta della libertà e dei sogni degli uomini”.

Lo faccio Viggo: io ascolto il vento e risento la tua voce e mi chiedo cosa sarebbe accaduto se tu non fossi morto, se l’avessimo finito quel film. Dove sarei io? Dove saresti tu? Ed esisterebbe un noi?

Non so rispondere a queste domande, so solo che non smetterò mai di amarti e che, anche adesso, con le lacrime che rigano il mio volto, non posso evitare di essere grato per avere avuto la fortuna di averti incontrato.

 

 


 

Roma 15 Agosto 2004

 

Quella piazza era magnifica. Palazzo Farnese era incredibile.

Così incredibilmente perfetto. Chi avrebbe detto che pochi mesi prima un presidente americano era stato ucciso proprio lì?

Il ragazzo scrollò le spalle: Roma aveva visto decine e decine di regicidi ed assassinii illustri. Anche quello sarebbe passato, mentre quelle meraviglie architettoniche sarebbero continuate ad esistere, imperturbabili.

Improvvisamente sentì il suo nome.

- Orlando! Orlando!! ORLI!! -

Si voltò, incredulo di sentire quella voce… la sua voce.

E invece lui era lì, a una decina di metri.

Gli andò incontro. Sorrideva e vedeva lo stesso sorriso sulle labbra dell’altro.

Si abbracciarono, felici di rivedersi.

- Che ci fai qua? -

Risero. L’avevano detto insieme. Come una volta.

L’americano mise una mano sulla spalla del più giovane.

- Sediamoci. Prendiamo qualcosa. -

- Ma certo. Davvero... Vig è incredibile: non mi aspettavo di vederti qua. -

- Sono io che non mi aspettavo d’incontrarti… per me è tornato un vecchio progetto sui Borgia. Stanno trovando i fondi e pare che gireremo in autunno… Tu piuttosto! -

Orlando sorrise.

- Aspetto Beth. Arriva domani. -

Viggo ricambiò il sorriso.

- Me la presenterai. Se ti fa piacere. – si affrettò ad aggiungere.

- Ma certo Vig! – nessuna ombra nella sua voce.

Si misero a sedere. Al primo bar all’angolo di piazza Farnese.

Ordinarono da bere.

- E’ una cosa seria Orli? -

- E tu sei sempre diretto, vero Vig? -

- Sai che sono fatto così. -

Si sorrisero nuovamente. Poi Orlando smise di sorridere.

- E’ una cosa seria, Viggo. Le voglio bene. -

- Ne sono felice, piccolo. -

Orlando gli prese la mano.

- Viggo… -

L’uomo fece per interromperlo ma l’inglese alzò una mano.

- Aspetta. Non so se esista il destino… ma oggi ho pensato a te, a me, a noi. Per tutto il giorno. E adesso… ti incontro. -

- Orlando… -

- No Viggo. Se non ci fossimo incontrati avrei fatto finta di nulla, ma non posso. E quindi te lo chiedo. Adesso, ora. Tu mi hai voluto bene? -

- Certo che ti ho voluto bene, elf boy. E te ne voglio ancora. E… ho capito benissimo quel che volevi chiedermi. – Viggo sorrise e strinse la mano di Orlando.

- Ti ho voluto bene e, se le cose fossero andate diversamente, forse ti avrei voluto un altro bene… ma – scrollò le spalle – non era destino. E tu Orli? -

Orlando sorrise.

- Sempre sincero… Ti voglio bene Viggo. So quanto sottile sia il confine tra l’amicizia e l’amore e so che con te l’ho quasi passato… Quasi. -

 

 

 

Viggo era sdraiato sul suo letto. Le braccia incrociate sotto la testa. Al buio. Vestito. Avevano continuato a parlare. Di loro, della loro amicizia, di quei giorni lontani.

Viggo aveva sempre saputo di essere stato vicinissimo a conquistare il cuore di Orlando.

Incontrarlo così, all’improvviso, era stato un altro degli scherzi che il destino gli aveva voluto giocare.

Già perché lui l’aveva passato quel confine. E oggi anche quell’esile filo di speranza era svanito.

Una lacrima, una sola, gli scivolò sulla guancia.

 

 

 

 

 Canterbury 15 Agosto 2004

 

Ciao amore.

Sono qui.

I primi raggi del sole giocano con le tue ciglia ed io so che presto daranno una nuova luce ai tuoi occhi.

Le mia mani sfiorano leggere il bianco abbacinante che copre il tuo corpo. Mi siedo accanto a te ed il tepore che avverto, è come se provenisse da te.

 

Continuano a ripetermi che questa è solo una lastra di marmo bianco.

Che tu non sei qui.

Che tu non ci sei più.

Che debbo riprendere la mia vita.

Sai Orlando? Me lo ripetono tutti. Henry, Exene, i miei genitori, tua sorella, tua madre, Elijah, Dominic, tutti. Anche PJ è venuto a parlare con me. Persino quello strano omino che mi fa entrare la mattina e che mi dice di andar via la sera. Se ci fosse ancora la regina, in questo Paese, penso me lo direbbe anche lei…

Che stupidi che sono. E’ questa la mia vita. Con te.

C’era il sole quella mattina, ed il cielo era azzurrissimo. Una giornata simile in Febbraio era qualcosa di incredibile. Come se fosse un omaggio alla tua luce, alla tua bellezza. Li vedevo rabbrividire nei loro cappotti ma io non sentivo freddo.

Uno ad uno sono andati via tutti. Io non ci sono riuscito.

Come faccio a lasciarti solo, Orli?

Li vedo arrivare ogni tanto, sembrano sorpresi di vedermi, ogni volta.

Mi hanno fatto parlare anche con un “amico”, come se non avessi capito che era uno strizzacervelli, ma ho fatto finta di nulla perché nessuno può impedire a qualcuno di starti vicino.

E sicuramente non a me.

E poi io sono morto, Orli. Come te.

Io sono morto con te. Sono morto quando mi hanno detto che te n’eri andato. Che un ubriaco ti aveva investito mentre andavi a prendere una bottiglia di latte.

Ricordo le scene isteriche da parte delle tue fan.

Hanno dovuto tacere il luogo in cui hanno rinchiuso quell’assassino per evitare che fosse linciato.

I giornali hanno pubblicato per giorni e giorni le tue foto.

Non ho pianto Orli. Non c’e nulla in me.

Né rabbia, né desiderio di vendetta, niente.

Voglio solo venire qui, accanto a te. Per vedere il sole tornare ad illuminare i tuoi occhi. E vedere il tuo sorriso. Perché tu sei qui. Ed io ho promesso che non ti avrei mai lasciato.

E poi tu torni da me.

Ed io ti vedo, ogni mattina. E tu mi prendi per mano ed io ti bacio, e ti stringo.

Ed ogni volta è come un tempo. Anche ieri siamo stati insieme, come quel giorno, a Oackland. Quando ci rifugiammo in quell’alberghetto per sfuggire alla pioggia e ci siamo amati per la prima volta con le gocce di pioggia che picchiettavano contro i vetri. Tu ridevi Orli, mentre ci rotolavamo tra le lenzuola ed io ti facevo il solletico e tu imploravi pietà. Hai riso di nuovo, ieri.

Come posso non tornare? Come faccio a lasciarti?

Come fanno loro a non vederti?

Guarda, ecco… il sole si è alzato e tu sei qui, con me. Che stupidi che sono…

 

 

 

Da qualche parte, in quello che altrove è il 15 Agosto 2004

 

 

- Ancora qua??? -

- Professore… - il tono era umile – Mi scusi ma, ma..

Il più anziano scosse la testa.

- Mio giovane amico, hai finito da un pezzo il tuo turno... Non troveremo la spiegazione che cerchiamo stanotte. -

- Lo so professore… ma non riesco a comprendere. -

- Nessuno di noi comprende. Possiamo solo cercare e sperimentare ed elaborare teorie e un giorno capiremo. -

Intorno a loro decine e decine di monitor riprendevano situazioni diverse ma a piccoli gruppi e alcune volte, i volti ripresi erano sempre gli stessi.

Il professore si avvicinò a quelli che si chiamavano Viggo ed Orlando. Non sentì la porta aprirsi e poi richiudersi.

- Perché, perché… perché alcuni esseri si trovano a vivere le stesse situazioni che evolvono poi in modi diversi??? – sospirò.

 

Quella era la domanda.

Quella era la risposta che stavano cercando.

Per quello avevano creato decine di simulazioni.