.|. Al di là del Mare .|.

by Aranel

La guerra dell'Anello è terminata, e gli Elfi si preparano a raggiungere le Terre Immortali. Tutti sono felici di poter vivere l'Eternità, tutti tranne uno... Legolas.
E' giunto per lui il momento di fare la scelta più difficile: vivere per sempre, o seguire il cuore e legarsi ad un Mortale. Sarà la paura dell'oblio o l'amore ad avere la meglio...?

Drammatico/Sentimentale | Slash | Rating NC - 17 | One Piece

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«Ci eravamo promessi amore eterno, ma ora… tra amore ed eternità esiste un’incolmabile distanza… niente è più certo e la speranza si perde di giorno in giorno…»

 

Era appena sorta l’alba sugli orizzonti dei Porti Grigi. A poca distanza da una grande roccia a strapiombo, su cui si ergeva un castello pressoché abbandonato, si estendeva il mare, infinito, linea di confine senza ritorno.

Le navi degli Elfi erano pronte a salpare, il vento già scuoteva impaziente le vele e soffiava lontano, portando con sé i profumi di nuovi orizzonti.
Lentamente i membri della razza immortale si avviavano verso di esse, procedendo in fila, senza mai voltarsi indietro.

L’addio alla Terra di Mezzo era il più straziante dolore che avessero mai dovuto sopportare in millenari anni di vita.

Se si fossero voltati, anche per un solo istante, la loro volontà avrebbe ceduto, e la scelta presa vacillato.

La scelta…

 

Un uomo dai capelli neri sedeva solo con il volto assente, di fronte ad una grande finestra del castello.

Le foglie secche rotolavano nella stanza vuota e il vento sibilava instancabilmente tra le crepe della pietra.

L’uomo scrutava immobile la partenza del popolo degli Elfi.

Nessuno sarebbe più tornato da quel viaggio, nessuno l’aveva salutato prima di andarsene, sebbene molti di loro sapessero che egli si trovasse in quel luogo. Nessuno… neppure colui che aveva per lungo tempo combattuto al suo fianco, con cui aveva condiviso gioie e dolori, vittorie e sconfitte, intense emozioni, ma soprattutto la cosa, il cui ricordo, rendeva ancor più strazianti quei momenti: l’amore.

La stessa persona che un tempo gli aveva giurato fedeltà, un giorno gli aveva detto addio con occhi di ghiaccio, scegliendo un altro destino.

Il vento soffiava forte, rapendo tutto… d’un tratto gli scostò una ciocca di capelli ed egli abbassò gli occhi: quell’amore se ne andava con esso.

Il vociare degli Elfi sembrò piano piano acquietarsi, sempre di più, fino a scomparire, anche gli ultimi ormai stavano per raggiungere le navi, e sul castello vasto ed imponente piombò improvvisamente l’assordante rumore del silenzio.

Tutto giungeva alla fine.

 

L’uomo sedeva, unico personaggio di quel quadro dipinto d’abbandono, scrutando il mare dinanzi a sé e assieme alla Solitudine sua compagna, con occhi impregnati di tristezza taceva e rammentava…

 

*

 

«Sei preoccupato…?» mormorò una voce ancora intrisa di sonno, da sotto le lenzuola.

Non ottenne risposta. Il giovane elfo accanto a lui si limitò a stringersi nelle spalle e a sospirare.

«Anche se non vedo i tuoi occhi, posso sentirti… capisco quello che provi…» continuò la voce, e lentamente una mano sgusciò via dalle coperte andando a sfiorare la schiena del giovane.

Sentì la pelle tremare sotto a quel tocco.

«Perché non mi parli…» sussurrò ancora suadente «…non dovrebbero esserci segreti fra di noi, l’hai detto tu stesso…»

A quelle parole l’elfo si voltò, incrociando gli occhi dell’amante.

«Stai pensando ancora a lui, non è vero…?»

L’elfo annuì e distolse velocemente lo sguardo.

«So che è stato difficile, ma non potevi fare diversamente… non avevi altra scelta…!»

«Oh si che l’avevo…» ribatté improvvisamente l’altro «…si che l’avevo…»

«E quale…? Conosci la tua condizione… non avresti potuto seguire le sorti di un Mortale, e inoltre… lui stesso ha un destino da compiere…»

L’elfo abbassò gli occhi e sospirò.
«Gli avevo giurato che gli sarei rimasto accanto fino alla fine dei suoi giorni…»

L’amante sorrise. E scosse la testa. Sembrava comprendere quelle parole, ma non condividerle. Guardava al compagno come ad un giovane ancora inesperto e forse un po’ troppo sognatore.

In lui invece, ai sogni si era sostituita la saggezza e una punta d’impenetrabilità.

Aveva conosciuto molte ere e vissute innumerevoli cose, ormai c’era poco che riusciva ancora a stupirlo.

Ecco in cosa erano differenti: l’uno ragionava freddamente, mentre l’altro… bruciava… oh se bruciava! Le emozioni per il giovane elfo erano tutto, e i sentimenti il fuoco che lo teneva in vita.

Ma presto anch’egli avrebbe imparato.

In un certo senso questa cosa dispiaceva al compagno: era stata proprio quella passione, quella fiamma che ardeva nel suo cuore ad attirarlo tremendamente, a fargli perdere la ragione negli istanti d’amore, risvegliando in lui sensazioni che sembravano ormai sopite.

«Fino alla fine dei suoi giorni…» ripeté l’amante con il suo consueto tono accattivante nella voce «E a cosa sarebbe servito…? L’avresti visto invecchiare, avresti dovuto sopportare il suo sguardo nel momento del distacco e questo ti avrebbe straziato il cuore perché, lo sai bene Legolas, noi Elfi siamo fatti per perdurare e l’abbandono è qualcosa a noi estraneo e troppo doloroso da vivere…»

«Con lui l’ho conosciuto…» rispose il giovane «Con lui ho conosciuto molte cose…»

«Si… con lui hai conosciuto la passione e l’amore umano, ma anch’esso, come tutte le cose mortali, avrebbe presto visto la sua fine…» si avvicinò un poco sussurrandogli all’orecchio «Tu hai soltanto anticipato qualcosa che sarebbe giunto comunque… e l’hai fatto prima di soffrire…»

«Sto soffrendo ugualmente…»

«Ora si…» proseguì l’altro accarezzandolo «Ma sai anche cosa ci attende… presto partiremo… una nuova vita ci aspetta…» lo guardò profondamente «E se lo desideri potrai viverla assieme a me… nell’Eternità…»

«Haldir… ti prego…» mormorò Legolas, scostandosi un poco.

Ma l’elfo gli si avvicinò nuovamente sfiorandolo con il suo corpo.

«Cosa avresti fatto dopo la sua morte…? Ci hai mai pensato a questo…?» sussurrò carezzandolo con dolcezza «Saresti rimasto l’unico membro della nostra razza su questa terra… avresti vagato in solitudine, il tuo cuore non avrebbe trovato riposo, e l’immortalità, che non è più di questo mondo, ti avrebbe consumato giorno dopo giorno…»

Legolas chiuse gli occhi. Le parole dell’amante erano veritiere, così veritiere da essere dolorose e pungenti.

«L’immortalità nella Terra di Mezzo sarebbe diventata la nostra condanna… noi ce ne andiamo… per salvarci…»

«Lo so…» rispose Legolas mestamente.

L’elfo sorrise facendosi ancora un po’ più vicino a lui. Prese a sfiorare il petto del compagno con le dita, lasciando scivolare le lenzuola fino al suo ventre.

«Se lui dice di amarti come la sua stessa vita, dovrebbe aver compreso che…» si chinò un poco  e iniziò a succhiargli dolcemente la punta dell’orecchio «…quell’amore sarebbe stato soltanto un’illusione…»

Legolas nel sentire la lingua dell’amante su di sé , chiuse gli occhi e un debole gemito uscì dalle sue labbra.

Ma allo stesso tempo non riuscì ad abbandonarsi del tutto.

«Solo un’illusione… solo un’illusione… dovrebbe capirlo…»

Quelle parole rimbombavano nella sua mente, sapeva bene che quella non era la verità, i suoi sentimenti erano ben altri, ma ormai non aveva più scelta, non poteva più tornare indietro: l’aveva lasciato.

 

*

 

«Illuso!» gridò Aragorn colpendo con un pugno la roccia dinanzi a sé «Come potevo credere che mi amasse…? Lui è splendido e perfetto, la sua vita non conosce la parola fine… come potevo pretendere che si donasse a me, un semplice Mortale!» si prese la testa fra le mani «Ho sognato… ho sognato… ho soltanto ingannato me stesso…»

Le immagini del giorno precedente erano ancora nitide nella sua mente… il volto di Legolas, imperturbabile, i suoi occhi che avevano di colpo perduto la consueta dolcezza, e le sue labbra che si muovevano soltanto per pronunciare quelle poche, taglienti parole:

«È finita tra di noi, Estel… è finita… ho donato il mio cuore ad un’altra persona… Devi dimenticarmi…!»

Legolas se ne era andato senza troppi ripensamenti. In pochi minuti aveva cancellato tutto.

Era stato crudele.

Aragorn chiuse gli occhi, ma quei tristi ricordi continuavano a comparire nella sua mente.

 

Il cambiamento dell’elfo non era stato improvviso. Da un po’ di tempo aveva cominciato ad allontanarsi da lui, non amava parlare molto, e cosa ancor più strana era diventato sfuggente.

All’inizio l’uomo aveva cercato di sopportare e di capire cosa gli stesse accadendo: credeva che il suo comportamento dipendesse dalla precarietà del suo futuro e dalla partenza ormai prossima.

Legolas si era trovato a scegliere: restare nella Terra di Mezzo e vedere i giorni scorrere, la razza degli Uomini governare e invecchiare, oppure andarsene al di là del mare, cancellando il suo passato e continuando a vivere per nuove ere.

Aragorn aveva fatto di tutto per stargli vicino, e per cercare di tranquillizzarlo gli aveva offerto la libertà di scelta.

«Non sarò io a trattenerti…» gli aveva detto una notte dopo aver fatto l’amore… una delle ultime notti che avevano trascorso insieme «Ti lascerò prendere la nave per Valinor se è questo che pensi di fare, io… non mi opporrò alla tua decisione…»

Per tutta risposta, Legolas aveva sospirato profondamente, voltandosi su di un fianco senza dire nulla.

I sensi di colpa sembravano divorarlo.

Era già un po’ di tempo ormai che si era legato ad Haldir, si amavano di nascosto, perdendosi l’uno tra le braccia dell’altro in una passione bruciante, quasi distruttiva.

Legolas correva da lui ogni qualvolta il pensiero della partenza e del conseguente addio si faceva più pungente, ogni volta che vedeva l’uomo addormentarsi accanto a sé, scorgendo sul suo volto i primi segni del tempo, ogni volta che sentiva gli attimi scorrere via veloci e vedeva negli occhi del compagno la paura e l’angoscia, mentre lui quest’angoscia non riusciva a comprenderla.

«Deve sapere, io… devo dirglielo…» pensava tra sé e sé l’elfo ogni notte, con il cuore diviso a metà, ma il sonno giungeva proprio in quegli istanti, prendendo il sopravvento sui suoi pensieri, e l’oscurità faceva cadere tutto nell’oblio.

 

Aragorn rialzò il volto, una delle navi elfiche era già salpata, mentre le poche altre rimaste attendevano gli ultimi passeggeri.

«Non ti rivedrò mai più… è così, vero?» gemette l’uomo, mentre sulle sue guance brillavano le prime lacrime «Perché, Legolas… perché…?»

 

Così l’elfo aveva infine scelto, e la sua scelta era stata l’Immortalità.

 

*

 

«Sei… sei stato meraviglioso…» sussurrò Haldir appoggiando la testa contro il petto ancora ansimante di Legolas «… come sempre del resto…»

Il giovane elfo passò le mani tra i capelli d’oro dell’amante e chiuse gli occhi rinfrescandosi le labbra con la lingua.

Sentiva ancora le guance bruciare per l’intensità dell’atto d’amore appena consumato, respirò il profumo che l’elfo gli aveva lasciato sulla pelle , mentre le sue orecchie potevano ancora percepire la eco dei gemiti del compagno.

Era accaduto. Ancora una volta.

Dopo i primi istanti di dinieghi, paure e ripensamenti, la passione era nuovamente esplosa, cancellando in quell’attimo ricordi e pensieri del passato.

Eppure, una volta consumato il piacere, Legolas non riusciva a scacciare una sensazione di tristezza mista ad angoscia che lentamente gli invadeva il cuore.

«Hai visto…» prese a dire l’elfo, sfiorandogli il petto con le labbra «…hai visto che hai fatto la scelta giusta, infine…?»

«Si, Haldir…» rispose Legolas dopo un profondo sospiro «…la scelta giusta, si…»

L’elfo si sollevò un poco e guardò il compagno negli occhi.

«Non dirmi che… hai ancora dei dubbi…?» mormorò quasi incredulo.

Legolas voltò il viso dall’altra parte, concentrandosi sul rumore del vento.

«Io non ti capisco…» continuò l’altro avvicinandosi lentamente a lui «…proviamo le stesse emozioni, bruciamo dello stesso desiderio…» sorrise malizioso «…mi era sembrato che… te ne fossi accorto, Legolas…» iniziò a mordicchiargli dolcemente il collo «…non puoi negarlo… io… posso sentirti… sono un elfo come te…»

«S..si è vero…» mormorò Legolas, cercando di rispondere al suo sorriso. Ma i suoi occhi ancora tradivano quell’ombra di malinconia profonda che sembrava non volerlo abbandonare.

«Ti ho sentito, sai…» gli si fece ancor più vicino «…quando ho iniziato ad accarezzarti lentamente… così…»
Legolas a quel tocco chiuse gli occhi, faceva nuovamente fatica a tenerli aperti…

«Il tuo corpo ha tremato prepotentemente…» incalzò l’altro «…ho sentito… i tuoi muscoli tendersi, quando le mie labbra hanno raggiunto il tuo collo… esplorandolo…»

«Ah… Hal… Haldir…» sussurrò l’elfo, muovendosi lentamente sotto la sua bocca.

«Ti ho sentito… si… come in questo momento… quando la mia lingua scivolava giù, lungo le tue spalle… raggiungendo quel punto… là… dove ti senti morire…»

«T..ti prego… ti… ah…» balbettò Legolas, iniziando a muovere istintivamente le dita sul corpo dell’amante.

L’elfo non si lasciò sfuggire quell’occasione.

Si spostò nuovamente sopra di lui, sfiorandolo con lenti movimenti del bacino.

Sentì Legolas tremare e la sua pelle diventare sempre più calda.

Continuò.

«Que..questi tuoi sospiri mi rammentano qualcosa… principe di Bosco Atro…» ansimò chiudendo gli occhi «…mi ricordano i gemiti che uscivano dalle tue labbra pochi istanti fa, mentre io… mentre io… ah… mi spingevo lentamente… dentro di te… così…»

«Oh Valar…» sospirò il giovane elfo.

«E se non mi sbaglio…» iniziò a muoversi sempre più velocemente «…quei gemiti aumentavano e… aumentavano ancora… mentre io…» gli afferrò i polsi portandoli dietro alla sua nuca «… ti facevo mio…»

«Ah… si… si…» gemette Legolas, sentendo il compagno raggiungere rapidamente il limite.

«I tuoi… sospiri… i tuoi… gemiti… il tuo… respiro… cresceva… cresceva… cresceva sempre di più…» si chinò passandogli la lingua sulla punta dell’orecchio «…proprio come ora…»

Sentì Legolas tremare con forza, le sue labbra aprirsi come per accogliere quel bacio profondo che tanto desiderava, che li avrebbe uniti ancor di più.

«Oh Valar, Legolas… adoro… adoro vederti perdere il controllo in questo modo…» ansimò, sollevandosi un poco e trattenendolo contro di sé.

I loro corpi si sfiorarono e il giovane elfo gettò lentamente indietro la testa senza più trattenere gemiti di piacere. I capelli d’oro ricaddero liberi, spargendosi sopra il cuscino.

«Guardati… sei… sei stupendo…» balbettò l’amante cercando di rallentare i suoi movimenti per non giungere troppo presto alla fine.

«Oh no… Haldir… non così… ah… in questo modo… mi farai morire…» ansimò Legolas affondando le dita sulla sua schiena.

Poteva sentirlo, in tutto il suo calore, spingersi sempre di più con movimenti lenti e profondi, da far vacillare i sensi.

«Quando ti abbandoni così… mi fai perdere la ragione, lo sai…» incalzò l’altro, baciandogli avidamente il petto.

«Tu la farai perdere a me… Haldir…»

«È proprio quello che voglio…»

Non resistette più, lo spinse contro la testiera, con una mano lo trattenne contro di sé, mentre con l’altra gli cinse i fianchi «…perdere e farti perdere la testa e se… e se… penso che questo avviene… quando tu sei tra le mie braccia io… io… ah, Legolas… io…»

«Si… Haldir… avanti… lasciati andare…»

Sentì i movimenti del compagno aumentare e il suo corpo riscaldarsi velocemente, «…esplodi in me… esplodi in me…»

A quelle parole l’elfo chiuse gli occhi per un istante, sentendo il suo controllo venire meno, e quando li riaprì vide Legolas con le labbra socchiuse appena che ansimava velocemente sotto al suo vigore.

Fece uno sforzo su di sé per mantenerli aperti, voleva guardarlo cedere sotto al suo piacere.

«Ah… Haldir… oh Valar… oh Val… si… continua… continua…» l’implorava stringendosi a lui.

D’un tratto l’elfo intravide la punta della lingua del compagno affiorare tra le sue labbra e sfiorarle appena. A quella visione, non resistette più, si avvicinò a lui baciandolo con ardore.

Restarono così per alcuni istanti, a perdersi l’uno dentro l’altro, improvvisamente Legolas sentì il corpo dell’amante tremare prepotentemente, e dalla sua bocca uscire un gemito strozzato, quindi si bloccò respirando affannosamente, e con il volto scivolò lungo il suo collo.

«Oh Legolas, io…»

«Ssssht…» sussurrò il giovane, aiutandolo ad adagiarsi tra le sue braccia.

«Io… io… non ho mai amato così, prima che… arrivassi tu… non ho mai provato sensazioni così forti… io… ti ho sempre sognato in questo modo, oh Valar… dal  primo istante che ti ho visto…»

Legolas sorrise e continuò a cullarlo nel suo abbraccio.

Era strano, ogni volta che Haldir si avvicinava e gli faceva capire il suo desiderio, uno strano fuoco si impossessava di lui, assieme al suo amante non pensava al limite, anzi voleva spezzarlo, voleva andare oltre.

«Lo vedi…» proseguì l’altro «…anch’io riesco a trasmetterti passione e piacere…» sorrise compiaciuto «…non c’è certo bisogno di un Uomo per questo…»

A quelle parole, l’elfo, che fino ad allora aveva ascoltato soltanto i suoi sensi, sobbalzò, e un’improvvisa fitta di dolore gli attraversò il petto.

Distolse lo sguardo e abbassò gli occhi.

«E a quanto pare… anche a te sembra che non dispiaccia quando io ti faccio mio…» sussurrò Haldir sensualmente.

Legolas scosse la testa e si voltò dall’altra parte, incupendosi.

«È desiderio, Haldir… questo è unicamente desiderio…» mormorò.

L’amante si bloccò un istante perplesso.

Poi sorrise.

«Presto diventerà amore, Legolas…» gli sussurrò, accarezzandolo dolcemente «Molto presto… quando raggiungeremo le Terre Immortali e avremo… tutta l’Eternità per stare insieme…»

Tutta l’eternità… tutta l’eternità… per stare insieme… dopo l’addio…

Legolas chiuse gli occhi. Quelle erano proprio le parole che non avrebbe mai voluto sentire. Trattenne a stento le lacrime. In quell’istante si rese conto che ciò che stava facendo era sbagliato, quella non era la sua verità, altrimenti sarebbe stato felice.

E invece, l’angoscia e l’incertezza che velocemente si sostituivano ai brevi istanti d’amore, non cessavano di ricordarglielo.

Ma ormai aveva chiuso il cuore. Non sarebbe tornato indietro.

L’elfo si adagiò contro di lui e lo cinse in un abbraccio.

Legolas non riuscì ad addormentarsi quella notte. Troppe immagini, troppi pensieri, vecchi che si sovrapponevano ai nuovi, nuovi che si sostituivano ai vecchi, e un solo grande ricordo, gli tempestavano la mente.

“È un privilegio per te, vivere per sempre, non è vero, Haldir…?” pensò in silenzio “Un privilegio che nessun Mortale potrà mai sperimentare…” sospirò “Sventurato colui che s’innamora di un elfo immortale, eppure… sai… quest’eternità non riesco a non detestarla…”

 

*

 

«Sono l’unico membro della stirpe degli Uomini a star qui ad osservare la definitiva partenza degli Elfi…» mormorò Aragorn continuando a fissare il mare «Molti avrebbero pagato per essere al mio posto e guardare per l’ultima volta i volti di coloro che ci hanno lasciato l’eredità di lunghi millenni di saggezza… ora la Terra di Mezzo è in mano agli Uomini…» appoggiò il mento sui pugni delle mani «Cosa ci faccio qui…» mormorò incupendosi «…perché sono venuto pur sapendo…»

Il vento soffiò contro il suo viso. Interruppe le sue parole. Un’altra nave era già scomparsa all’orizzonte.

«Prima Arwen ed ora tu, Legolas… le due creature che ho più amato al mondo… due volte ho sentito il cuore morire, due volte ho dovuto sopportare un nuovo abbandono…! Perché… oh Valar… perché?» gemette mentre i suoi occhi iniziavano a brillare lucidi di tristezza.

 

«Hai una scelta da compiere: o elevarti al di sopra di tutti i tuoi padri o cadere nell’oblio con i resti della tua stirpe…»

 

«Galadriel… non sono stato io a volerlo questo destino…» le parole gli mancarono, iniziò a singhiozzare «…io non l’ho mai voluto… mai…» pianse forte «Perché…?» gridò improvvisamente, balzando in piedi e sollevando le braccia contro il cielo «Io non sono un guerriero! Sono un uomo! E come tale ho bisogno d’amore!»

Crollò in ginocchio piangendo, si aggrappò alla finestra e i suoi occhi si persero nella malinconia delle luci del giorno morente, la stessa malinconia che era impressa nel suo sguardo.

Simile a sangue, il tramonto calava nell’acqua che silenziosa l’accoglieva nei suoi flutti ghiacciati.

«Legolas…» singhiozzò «Legolas, perché… perché mi hai abbandonato anche tu…? Perché hai voluto che finisse così…?»
Si sollevò a fatica, rialzandosi in piedi, appoggiando una mano al muro, e alzò il volto fiero contro il cielo, il vento sopraggiunse immediatamente e gli scosse i capelli disordinati.

«Eri la mia forza… sembrava tutto così vero con te… quelle notti trascorse ad amarci, i tuoi baci, i sussurri delle tue promesse, il tuo calore… in quelle notti, il tempo pareva essersi arrestato, sai… in quegli istanti mi sono illuso che anch’io avrei potuto vivere per sempre…» abbassò il volto contraendolo in una maschera di dolore «E se il Destino mi avesse concesso una sorte differente lo avrei fatto… soltanto per restarti accanto…!» colpì la pietra con un pugno «Ma tu… non capisci! E forse… non hai mai capito veramente!» sospirò, la sua voce fremette di rabbia «Per voi Elfi il cuore di un Mortale è soltanto un oggetto!»

 

«Sei giunto finalmente…!»

«Legolas…» mormorò l’uomo, guardandosi attorno.

«Sono qui…» proseguì una voce nascosta tra alberi.

Aragorn s’inoltrò nella foresta fitta e scorse una figura vestita di bianco stare  seduta, immobile, su una roccia.

Si erano dati appuntamento in un luogo anonimo, quel bosco oscuro tra i confini di Lòrien e quelli di Fangorn.

Nulla della magia del regno dei Galadhrim, né dell’arcano seppur inquietante mistero che permeava la terra degli Ent, si poteva ritrovare in quella foresta.

L’oscurità arida regnava sovrana.

L’uomo si avvicinò lentamente a lui titubante.

L’elfo non si voltò neppure, restando in quella posizione a fissare un punto indistinto nel vuoto dinanzi a sé.

Sentì i suoi passi affondare tra le foglie secche. Quando raggiunse le sue spalle, Legolas attese ancora un istante in silenzio, infine parlò:

«Ho poco tempo a mia disposizione, dovrò essere breve…»

Aragorn lo fissò in silenzio. Il cuore gli si strinse in una morsa di dolore. Sapeva cosa Legolas fosse venuto a dirgli, ma non si aspettava una tale freddezza.

L’elfo si voltò lentamente e non appena l’uomo poté scorgere il suo profilo le lacrime gli salirono agli occhi.

Esplorò un’ultima volta con lo sguardo le sue gote, quella pelle chiara e delicata che aveva sfiorato mille volte, su cui aveva visto scorrere il pianto e l’emozione, quelle labbra che sapevano ridipingersi di splendidi sorrisi… ora non più sue… ora che non potevano più esserlo…

«Domani salperanno le navi per Valinor ed io… dovrò andarmene con esse…» disse infine Legolas.

«Non ti ho mai trattenuto contro la tua volontà…» rispose l’altro facendo forza su se stesso.

Legolas sospirò.

«La razza degli Elfi lascerà per sempre la Terra di Mezzo…» s’interruppe, sollevando su di lui uno sguardo indecifrabile «Questo è un addio, Aragorn…!»

L’uomo cercò di mantenersi calmo. In fondo quella era la verità, il tempo degli Elfi stava giungendo alla sua fine ormai e Legolas… era uno di loro… non avrebbe potuto fare diversamente…

“Non avrebbe potuto fare diversamente…” pensò tra sé e sé, continuando a guardarlo. Non riusciva a smettere di fissarlo.

I suoi occhi cercavano disperatamente un’ombra di dolcezza sul suo volto, quella dolcezza che conosceva bene, che avrebbe saputo riconoscere all’istante, ma… non ne scorse.

«E con quest’addio… porterai via con te anche il nostro amore, non è vero…?» riuscì a dire dopo un breve silenzio.

Legolas a quelle parole distolse lo sguardo.

«Non è vero, Legolas…?» ripeté l’uomo con un filo di voce, quasi che la risposta affermativa a quella domanda lo privasse della stessa aria per respirare.

«Lascia al passato ciò che è del passato, Aragorn…» mormorò l’elfo rialzando il volto «Ora… io conosco soltanto il mio presente e il futuro… mi è ignoto…» concluse, stringendosi tra le spalle.

L’uomo si avvicinò un poco.

«E qual è il tuo presente, Legolas…?» disse con tono deciso. L’elfo l’aveva chiamato in quel luogo per parlargli ed ora egli voleva sapere la verità… tutta!

«Non insistere, Estel…» rispose Legolas, cercando di scostarsi.

«Dimmi qual è!» ripeté l’altro, afferrandolo per un braccio.

«Ti prego…»

«E dimmi… dimmi… dove è finito l’elfo che conoscevo? Il compagno che amavo e amo ancora più della mia stessa vita…?»

«Lasciami stare, Aragorn!» mormorò Legolas, scostandosi con uno strattone.

Ma l’uomo si avvicinò nuovamente a lui.

«Dove… dove hai lasciato i tuoi sogni…? Dove… le tue speranze… e il tuo ardore… la tua voglia di vivere…?» lo scosse prendendolo per le spalle. Lo guardò con occhi di fuoco. «Ricordo ancora un giovane elfo senza timori, un po’ folle e un po’ poeta, una creatura bella e libera, un giovane che si è voluto donare a me in una notte d’estate, perché il suo cuore… non riusciva più a contenere tutto l’amore che traboccava da esso!»

A quelle parole, Legolas si sentì morire, ma non doveva cedere, non in quel momento.

Cercò disperatamente tra tutte le maschere che conosceva, trovò infine quella più impenetrabile, quella più dolorosa: alzò gli occhi su di lui e lo guardò fingendo crudele indifferenza.

I suoi occhi blu, dolci e sognanti, divennero in quell’istante per Aragorn soltanto un ricordo. Erano di ghiaccio, senza emozione.

«Ho donato il mio cuore ad un’altra persona… devi dimenticarmi…» disse infine, scandendo quelle parole.

L’uomo lo guardò ammutolito, non riuscì a dire nulla, non riuscì neppure a piangere, tanto Legolas l’aveva gelato. Allentò la presa sulle sue spalle, e fece un passo indietro. Tutto l’ardore che ancora conservava dentro di sé, scivolò velocemente via, andando a morire nella terra fredda.

Nonostante sapesse, la conferma di Legolas l’aveva paralizzato, aprendogli definitivamente gli occhi.

 

Da molto tempo ormai, aveva notato che l’amicizia con Haldir era divenuta sempre più profonda.

Erano ritornati da poco a Lothlòrien, dove Dama Galadriel, li stava aspettando con nuovi doni e la speranza rinnovata nel cuore.

La guerra dell’Anello era ormai finita, gli Hobbit avevano fatto ritorno nell’amata Contea, mentre loro due avevano deciso di rivisitare la terra che aveva visto nascere il loro amore.

Gioiosi e malinconici avevano viaggiato insieme, vivendo attimi indimenticabili e rimandando, nonostante tutto, sempre al giorno dopo la scelta definitiva, la decisione più angosciosa che un elfo potesse mai prendere: scegliere di vivere per sempre assieme al suo popolo, cancellando i ricordi del passato e di quella Terra che li aveva cullati per millenni, oppure legarsi ad un Mortale e perire assieme alla sua razza.

Al sorgere del sole, Aragorn tremava, ogni volta.

Ogni giorno, guardava Legolas dormire tra le sue braccia e prima di svegliarlo si chiedeva se mai avesse potuto raggiungere la certezza di quell’amore.

Guardava ad ogni alba come se fosse stata l’ultima che avrebbero potuto vedere insieme.

Gli istanti della loro storia passavano, e il Tempo, invisibile, incalzava, trasportando con sé il giorno della scelta.

Anche quel momento infine giunse.

Quando i cancelli di Lothlòrien vennero aperti dinanzi a loro, ad accoglierli vi era Haldir, il capo delle guardie del regno dei Galadhrim, l’elfo più affascinante, sensuale ed enigmatico che la Terra di Mezzo avesse mai conosciuto.

«Cosa vedono i miei occhi… un principe degli Elfi ed un uomo che ha infine scelto di essere re…» sussurrò loro accattivante «Bentornati amici…» concluse infine con un sorriso, facendoli avanzare.

Dopodiché il suo sguardo si posò sul volto di Legolas, sorrise ancora, scivolò velocemente lungo il suo corpo, finché non risalì fino ai suoi occhi e lo fissò intensamente.

In quell’istante Aragorn provò una sensazione sconosciuta, quasi d’imbarazzo. Un fremito d’inquietudine lo percorse.

Si sentì improvvisamente un estraneo in quel luogo. Mai era accaduta una cosa del genere.

Si voltò verso Legolas, e quella sensazione crebbe tramutandosi in qualcosa di molto simile all’angoscia: lo vide lontano, sentì il suo compagno improvvisamente distante da lui e una strana morsa di gelo lo attraversò tutto.

«Cosa ci faccio qui…?» si chiese perplesso. Mai si era sentito fuori posto in un regno degli Elfi.

Haldir continuava a fissare Legolas e il principe sembrava ricambiare volentieri quegli sguardi.

I due sembravano leggersi nella mente, occupando con pensieri muti e segreti quel tacito e tagliente silenzio.

«Possiamo andare…» mormorò d’un tratto Haldir.

Legolas si mosse per primo e lo seguì dando le spalle al compagno.

Fu allora che Aragorn comprese che il giorno della scelta era infine arrivato…

 

«Lo so, Legolas, tu hai donato il tuo cuore ad un’altra persona ed io… conosco anche il suo nome…» mormorò l’uomo trattenendo la rabbia «Haldir…»

L’elfo abbassò gli occhi, ma quell’attimo di vergogna fu breve, perché li rialzò all’istante fissandolo impassibile.

Aragorn sospirò. Il dolore si faceva sempre più forte… soffocante…

Si sarebbe sfogato più tardi, in solitudine…

«Tu non sei venuto a dirmi addio perché stai per prendere la nave per Eldamar, Legolas… Tu stai dicendo addio a me , perché alla fine… hai scelto lui!»

L’elfo continuò a fissarlo impenetrabile, senza dire una parola.

«Ricordo tutto, sai…» proseguì l’uomo, deciso a dirgli tutto ciò che pensava «Ricordo quel giorno a Lothlòrien… doveva essere la benedizione del nostro amore e invece… ne è stata la fine!»

Legolas scosse la testa.

«Ricordo i suoi occhi… e come potrei dimenticarli! La lussuria che vi brillava mentre ti guardava!» alzò la voce «Ricordo quella notte quando vi ho visti mentre…»

«Aragorn ti prego…» mormorò l’elfo spazientendosi.

«Aragorn ti prego...?? Hai anche il coraggio di farti vedere annoiato??» disse riscaldandosi.

«Basta… ti prego, basta!»

«No! Non basta invece! NON BASTA, LEGOLAS!» gridò «I tuoi gemiti erano così forti che avrebbero attirato l’attenzione a trenta miglia da Lòrien!» si prese la testa fra le mani, ma riuscì ancora a trattenersi dal piangere «Come posso dimenticare, Legolas… tu eri tra le sue braccia, cedevi e tremavi contro il suo corpo… muovevi le tue labbra sulle sue e gemevi… GEMEVI, INVOCANDO IL SUO NOME…!»

«Basta, Aragorn! Smettila! Io…» ma s’interruppe, respirando affannosamente «Io… ti ho detto ciò che avevo da dirti, ora… devo andare…»

«No! Tu non ti muovi di qui!» disse l’uomo afferrandolo per un braccio.

«Lasciami andare…» mormorò l’elfo alzando su di lui uno sguardo di sfida.

«No Legolas! Decido io ora, quando e se lasciarti andare…!» rispose Aragorn con tono deciso «Tu non puoi disporre della vita degli altri a tuo piacimento e… tantomeno della mia! Se i miei desideri sono stati per te soltanto un giocattolo di cui annoiarti presto, beh… allora ti sei sbagliato di grosso!» una luce sfavillò nei suoi occhi «Cosa credi… il cuore di un Mortale non è da meno di quello di un Elfo!»

Legolas sospirò profondamente.

«Cosa credi…» continuò l’uomo alzando la voce «…che il mio amore per te sia stato soltanto un capriccio? Credi che io non abbia dei sentimenti?»

«Non ho detto questo…» rispose mestamente l’altro.

«Credi che io possa far tacere il cuore così facilmente… così come hai fatto tu…?» gridò Aragorn trattenendolo contro di sé «Voi Elfi sarete pure una razza saggia e perfetta, ma noi Uomini proviamo sofferenza e dolore come nessun altro… potremmo morire per questo, potremmo…» s’interruppe, le sue parole divennero poco più di un sibilo «…potremmo arrivare ad odiare colui che abbiamo amato, con la stessa disperazione!»

L’uomo non resistette più e le lacrime iniziarono a scivolare copiose sul suo volto. Quella era una battaglia che non sarebbe riuscito a vincere, tutte le armi gli erano state portate via.

«Allora… odiami, Aragorn…» mormorò Legolas, allontanandosi da lui.

L’uomo lo guardò sbigottito. Come poteva dire quelle cose? Come poteva…?

«Odiarti…? Lo farei, oh si che lo farei, se soltanto ci riuscissi, ma…» s’interruppe prendendosi la testa fra le mani «…lo sai che non posso, maledizione, non potrei mai farlo!»

«Aragorn…» sussurrò Legolas riavvicinandosi a lui. Non poteva, non doveva lasciarsi intenerire, non in quel momento.

«Come posso odiarti…?» gemette l’uomo prendendogli il volto tra le mani «Come posso odiare colui che mi ha fatto conoscere l’amore…?» si accostò lentamente alle sue labbra, quasi fino a sfiorarle «Se hai una risposta, ti prego, dammela!»

«A..Aragorn…» balbettò Legolas, girando il volto dall’altra parte.

«Come posso dimenticare quello che ho vissuto con te…» incalzò «…quei baci… quelle carezze… le tue parole…»

«Estel…»

«Come posso dimenticare quelle notti, in viaggio… quegli attimi felici… quelle… promesse…»

«Ti prego…»

Lo scosse un poco.

«Abbiamo combattuto, abbiamo sempre combattuto insieme, da quando ci siamo conosciuti…»

«Aragorn…»

«Non ci siamo arresi un istante, neppure negli attimi più bui… ci siamo sostenuti… abbiamo sempre vinto… io non posso non sperare, Legolas, io non posso non…»
«Aragorn…!» gridò l’elfo.

Ma l’uomo pareva non ascoltarlo.

«Come puoi TU dimenticare, Legolas… come puoi non ricordare, come puoi fingere, io non ci credo… io non voglio crederci, io…»

«Io lo amo, Aragorn!»

Tutto cadde nel silenzio.

Quelle ultime parole furono fredde e taglienti come una lama brandita nell’aria.

«Io… amo Haldir…» proseguì l’elfo, con un tono di voce privo d’emozione «Io… andrò con lui, ad Eldamar…!» concluse guardandolo fisso negli occhi.

L’uomo rimase immobile per alcuni istanti, lo sguardo vuoto, senza più anima.

La sua mente sembrava essersi improvvisamente sopita, paralizzata, sembrava non essere ancora in grado di recepire quelle parole.

Il cuore taceva e Aragorn in quel momento sperò che avrebbe potuto tacere a lungo.

Egli sapeva che non appena avesse davvero compreso ciò che stava accadendo, il sogno di una vita spezzato in pochi attimi, si sarebbe aperta una ferita forse troppo dura da sopportare.

Il dolore avrebbe avuto la meglio.

Cercò di non pensare in quel momento.

Nella sua testa rimbombavano ancora le parole di Legolas, continuava a guardarlo, ma non lo vedeva. Quella non poteva essere la realtà, ma soltanto un incubo, un terribile incubo dal quale si sarebbe presto svegliato.

Si fece forza e rialzò il volto su di lui. I suoi occhi ritornarono ad osservarlo, vivi, in tutta la loro umanità.

Legolas sospirò. Forse quello era proprio l’unico sguardo che non avrebbe mai voluto vedere. Avrebbe preferito mille volte leggere l’odio negli occhi del compagno, anziché quella luce.

Sapeva bene quali sarebbero state le sue parole.

Aragorn si avvicinò ancor di più a lui, l’elfo poté sentire il suo caldo respiro sulle labbra. Chiuse gli occhi.

«Non credere, Legolas…» prese a dire l’uomo «…che io ora mi getti ai tuoi piedi ed implori il tuo amore…» sospirò «…no, non accadrà, non lo farò! Tu, mi hai gettato nella più profonda disperazione, questo è vero… non hai idea quale dolore possa provare nel sentire tali parole da colui che ti aveva promesso la vita…» s’interruppe «Ma non sono stato io a chiederla, la tua vita… non l’ho mai preteso, non l’avrei mai fatto…» lo guardò per l’ultima volta «…perché se c’è una cosa che io non ti ho mai negato… è la libertà di scelta…!» continuò con voce rotta «Mai… mai ti ho trattenuto, mai ho fatto in modo che tu restassi con me, e l’ho fatto a costo della paura, di quell’incertezza che pare tu disprezzi così tanto, che mi coglieva ogni giorno al sorgere del sole… Ho vacillato molte volte, Legolas, ogni volta che ti guardavo dopo che ci eravamo amati, dolcemente addormentato tra le mie braccia, ma… non avevo mai dubitato del tuo amore…» si allontanò «Vai, Legolas… prendi la nave per Valinor assieme ad Haldir, se è questo ciò che desideri, ma ti prego… non tarpare le tue ali…» si voltò a guardarlo prima di andarsene definitivamente «Non farlo, soltanto questo ti chiedo…!»

 

A Legolas restò soltanto la scia di quegli occhi profondi e malinconici, ma il loro azzurro si perse presto nell’aria.

Si ritrovò improvvisamente solo, la scelta che aveva deciso di prendere, l’ansia di vita e di libertà, si stava lentamente tramutando in un pesante fardello.

«Aragorn…» mormorò, fissando ormai l’oscurità vuota.

Nessuno gli rispose. Nessuno sarebbe corso da lui. Non più.

Adesso era solo. Davvero.

E il silenzio attorno a lui si fece sempre più stagnante.

Aveva rinunciato a quell’amore mortale, credendolo vacillante, ma in quello stesso istante, aveva rinunciato anche a sé stesso.

«N..no… non… pensare ora…» si disse.

Ma le lacrime, nonostante tutto, gli salirono agli occhi.

«È andato… è andato tutto bene… hai fatto la scelta giusta… saggia, saggia decisione, Legolas…» gli avrebbe detto Haldir.

«Haldir…» mormorò fissando il vuoto.

A fatica la sua mente ricordava l’immagine dell’elfo. Anch’essa, come tutto il resto sembrava essere sfumata.

«S..si… ho fatto… la cosa giusta… non poteva… andare diversamente… non… poteva…» balbettò.

Se soltanto fosse riuscito a mantenere il freddo autocontrollo dell’inizio, ma nel corso del dialogo il suo cuore aveva iniziato a risvegliarsi, palpitare, gridare… aveva imparato a soffrire, perché… Aragorn aveva cambiato il suo cuore.

«E l’hai fatto… con il tuo semplice amore mortale…» disse con voce rotta «Io… che lo credevo fragile ed imperfetto, invece era intenso, di un’intensità quasi estranea a noi Elfi… un’intensità che forse… non ho mai visto… né ho mai… voluto vedere…» si morse le labbra «Oh Estel… tu… costruisci le tue certezze giorno dopo giorno ed io…» si portò una mano al volto «…sono stato… soltanto… capace… di distruggerle…»

Legolas si lasciò finalmente andare e pianse, pianse tanto, in solitudine. Tutte le maschere che aveva abilmente tirato fuori si spezzarono improvvisamente e crollarono al suolo.

Ora il dolore era vero. Ora era grande.

«Se soltanto avessi potuto ascoltare il mio cuore…» gemette fra i singhiozzi «…avresti sentito quanto gridasse, dietro alla lastra di ghiaccio che ti ho mostrato…»

 

Terminò là quella notte. L’elfo salutò infine quel luogo senza nome, quel bosco indifferente a tutto che aveva visto la morte di un sogno, il loro sogno.

Se ne andò solo, senza alcun calore umano a riscaldarlo.

La luna non si fece più rivedere quella sera. Rimase nascosta tra le nubi, in silenzio, ad attendere l’alba.

Ma anche quando il giorno nacque, il sole apparì stanco e debole nel gettare la sua luce sulla terra.

Legolas in quegli istanti si rese conto che nulla avrebbe potuto restituirgli quel calore di cui aveva bisogno, nulla l’avrebbe mai sostituito.

Era stata proprio la fragilità sofferta di Aragorn a farlo innamorare di lui… ad aprirlo davvero alla Vita.

E in tutta la sua fragilità, l’uomo aveva compreso la sua scelta. Era stato lui ad avergli detto addio. Non il contrario.

Nessuna perfezione aveva retto. Non alla verità di quello sguardo.

 

No. Ad uscire vittorioso da quel confronto, non era stato Legolas.

 

*

 

«Che cosa ho fatto…?» mormorò il giovane elfo.

Chiuse gli occhi, con un braccio andò a coprirsi il volto, mentre con una mano afferrò forte le lenzuola accanto a sé.

Sperò che in quella stretta potesse gettare tutto il suo dolore e cancellare i suoi pensieri per sempre.

Ma ciò non avvenne.

Essi iniziarono a muoversi e vibrare nella sua mente, accompagnati dal ritmo del fruscio del mare.

Sospirò, ascoltando quel rumore, lasciandosi cullare dalle sue onde.

Potevano essere già salpati? Forse non ancora.

Forse la nave stava attendendo gli ultimi passeggeri, dopodiché sarebbe finalmente partita.

Quell’attesa era la cosa più estenuante.

Il passato era vicino, molto vicino, il futuro, incerto.

Aveva ancora la possibilità di ripensarci, ritornare sui suoi passi e in un istante cambiare il corso delle cose.

Ma Aragorn l’avrebbe ascoltato? Sapeva bene che egli non era lontano, che stava scrutando la loro partenza dal castello sulla roccia, a pochi passi dal mare.

I pensieri, le immagini e i ricordi che ritornavano tempestosi nella sua mente sembravano chiedergli proprio questo: muoversi e scegliere un’altra strada.

Il cuore gridava, poteva sentirlo. Ma l’elfo ancora una volta fece finta di niente.

La paura aveva preso il sopravvento.

Paura dell’oblio, paura della morte…

 

«Posso entrare…?»

Una voce da dietro la porta…

«Haldir!» esclamò Legolas, sobbalzando un poco.

«Ti ho spaventato…? Stavi forse dormendo…?» mormorò l’elfo richiudendo la porticina alle sue spalle.

Legolas sospirò ed accennò un sorriso, mettendosi a sedere sul letto.

«No… no… non potevi arrivare in un momento migliore, Haldir…» disse.

La sua presenza parve per un attimo tranquillizzarlo. Dopotutto era stato proprio lui il motivo per cui aveva abbandonato la Terra di Mezzo, gli aveva dato forza, gli era sempre stato vicino.

La sua presenza, in quel momento, non poteva che essergli d’aiuto.

Lo guardò e lo guardò ancora. Lo scrutò.

“Perché non riesco a gioire…?” si domandò tra sé e sé.

Haldir era lì, pronto a stargli accanto, ad amarlo e a renderlo felice.

Presto, molto presto avrebbe raggiunto le Terre Immortali e allora sì… sarebbe iniziata davvero una nuova esistenza.

Lo sguardo di Legolas si velò improvvisamente di malinconia, l’elfo se ne accorse e si avvicinò a lui, andandosi a sedere sul suo letto.

Lo osservò per qualche istante, senza lasciarsi sfuggire nulla.

Adorava guardare il compagno… il suo profilo delicato… la pelle fresca e lucente… i capelli d’oro che parevano seta… i muscoli del suo corpo… il petto liscio e chiaro che molte volte aveva sentito tremare sotto al suo tocco.

Haldir per un attimo godette di quella bellezza e al pensiero che fosse ormai sua, che gli appartenesse, non riuscì a trattenere un fremito di gioia.

Sorrise all’idea di poter trascorrere molto tempo assieme a Legolas nelle Terre Immortali. Era finalmente suo. Non doveva dividerlo più con nessuno.

Avrebbe avuto tutta l’Eternità per conquistarlo.

«Il canto del mare ti rende malinconico, dolce principe…?» gli sussurrò all’orecchio.

Lentamente con le dita iniziò a carezzargli dolcemente le spalle nude.

«Soltanto un po’…» rispose Legolas, senza smettere di fissare il vuoto.

«Ti capisco, sai… il momento del distacco è il più doloroso, ma vedrai… presto anche questo passerà e si tramuterà in ricordo…» continuò sfiorandogli la pelle fresca con le labbra.

Legolas chiuse per un istante gli occhi. Sentì il sapore bagnato dell’amante su di sé e i movimenti dell’acqua che lo cullavano lentamente.

Ma per dimenticare, questo non bastava, non era abbastanza.

“No…” pensò “…Aragorn non potrà mai diventare un semplice ricordo…”

Haldir prese ad accarezzarlo con più intensità.

«Perché… perché non provi a rilassarti un po’…» mormorò l’elfo, spostandosi tra le sue gambe.

Si mise in ginocchio dinanzi a lui e lentamente lo spinse contro la testiera del letto.

«Ti farebbe solo bene…» proseguì iniziando a mordicchiargli il collo «Lasciati andare…»

Legolas sentì il suo cuore aumentare velocemente i battiti, quando il petto dell’elfo si appoggiò contro il suo, il respiro divenne attimo dopo attimo sempre più affannoso e irregolare, interrotto a tratti da piccoli sussulti, quando Haldir raggiunse le parti più sensibili del suo corpo, assaporandole dolcemente.

Mantenne gli occhi chiusi, cercando di concentrarsi il più possibile su quel contatto, sperò che il piacere e il desiderio che istante dopo istante crescevano dentro di lui, cancellassero i suoi pensieri e i sensi di colpa.

Passò una mano dietro alla nuca dell’elfo, intrecciando le dita ai suoi capelli e d’un tratto, come se fosse stato attraversato da una violenta scossa, l’attirò con forza a sé.

Haldir non ebbe il tempo di pronunciare una sola parola che già la sua lingua era impegnata a sfiorare quella di Legolas, cercando istante dopo istante un contatto più profondo.

«Mmmh… si…» mormorò non appena sentì il sapore bagnato del compagno dentro di sé.

Fu un bacio morbido e sensuale, preludio di una tempestosa notte d’amore.

Durò molto. Durò a lungo.

Senza staccarsi dalle sue labbra, Haldir allungò un ginocchio tra le sue gambe, mentre con l’altro si aiutò a sollevarsi un poco per stringersi a lui.

«Non è abbastanza…» gli sussurrò sensualmente «…è così che ti voglio…» disse, mentre con un gesto rapido delle dita fece scivolare velocemente l’ultimo lembo di lenzuolo dal corpo dell’amante.

Legolas si ritrovò improvvisamente nudo, premuto tra la testiera del letto e il petto del compagno.

Sentì il vigore dell’elfo bruciare e spingere da sotto la tunica, ascoltò con crescente soddisfazione i suoi primi deboli gemiti farsi più intensi, chiuse gli occhi gustandosi il piacere che il respiro del compagno gli provocava lungo il collo… il sapore umido dei suoi baci gli raggiunse presto l’orecchio, dove lo sentì ansimare… sospirò… spinse la nuca ancor di più contro la testiera di legno, muovendola lentamente… le labbra di Haldir seguirono quel ritmo… Legolas gemette… e gemette ancora…

Stava per perdere la testa…

Era ciò che voleva…

Per non pensare…

 

*

 

«È calata anche la nebbia, ora…» mormorò l’uomo, avvicinandosi nuovamente alla finestra del castello «…le luci del tramonto stanno per morire… non riesco a scorgere quasi più nulla…» si passò una mano sulla fronte «…vedo ancora lo scheletro di una nave… ondeggia… soltanto una… forse starà già salpando… soltanto una…» abbassò gli occhi «Quale avrai preso tu…? Quale, quella che ti condurrà ad Eldamar…?» sospirò faticosamente, mentre le lacrime, instancabili, riprendevano a scivolare sul suo volto «Dove sei, Legolas… oh Valar… dove sei…?»

 

*

 

«Stenditi! E afferra la testiera del letto!»

Legolas a quella richiesta sgranò gli occhi.

Vide il volto dell’amante sotto di sé, completamente perso in un’espressione di abbandono… le gote rosse… gli occhi colmi di desiderio e le labbra dischiuse… ansimanti…

Le mani di Haldir erano ancora serrate contro i suoi fianchi e anche se Legolas aveva smesso di muoversi dentro di lui, perché il piacere l’aveva raggiunto presto, l’elfo continuava a guidare lentamente i movimenti del suo bacino su di sé.

La loro pelle si sfiorava, i loro corpi si sfregavano, e ad ogni contatto Legolas si sentiva morire.

Le carezze dell’amante erano veloci ed impercettibili su di lui, lo solleticavano, provocandogli innumerevoli brividi lungo la schiena.

Haldir lo sentiva vibrare, tremare, spingersi con più forza dentro di lui ad ogni tocco.

Perdersi completamente in quegli istanti, offrirsi senza dinieghi.

E questa non poteva che essere la sua più grande gioia.

Quando il giovane elfo aveva raggiunto l’estasi, l’aveva sentito gridare, non era riuscito a trattenersi, l’aveva visto inarcare la schiena e gettare prepotentemente indietro la testa, serrando le ginocchia contro i suoi fianchi e le mani sulle lenzuola.

 

Erano rimasti così, per alcuni attimi, attimi interminabili a sentirsi l’uno con l’altro, a lasciare che le loro sensazioni la facessero da vere padrone.

Ad un certo punto Haldir aveva aperto gli occhi.

Legolas non si era mosso da quella posizione. All’elfo manco il fiato: del compagno riusciva soltanto a scorgere il collo chiaro e luminoso, il profilo del mento e delle labbra appena dischiuse e quando il suo sguardo cadde sul petto dell’amante ancora scosso da forti sussulti, non resistette più e istintivamente allungò una mano su di esso.

«Oh Valar!» gemette.

La sua mano scivolò rapidamente lungo il petto di Legolas, liscio più che mai.

Era completamente bagnato di sudore!

Haldir chiuse gli occhi e ripeté il gesto, muovendosi su di lui con le dita, sentì il principe sospirare il suo nome e di colpo la sua eccitazione crebbe di nuovo ed ancora di più.

«Ah... sì…» sibilò, sollevando il bacino contro di lui.

Allargò le gambe più che poté per offrirsi nuovamente al giovane compagno che a quanto pareva, non cessava di fargli perdere la testa.

“Avanti… avanti… prendimi ancora…!” implorò con il pensiero.

Ma Legolas sembrò non recepire la sua richiesta.

Non si mosse.

Haldir lo guardò e tentò ancora.

Voleva vedere nuovamente sul suo volto quella maschera di abbandono e di piacere assoluto… gli occhi appena aperti, vinti da un desiderio troppo forte da sostenere… le gote arrossarsi e il petto bruciare, mentre il piacere lentamente si spingeva verso l’alto… le sue labbra tremare…

In quell’istante Legolas parve destarsi dal sogno precedente. Sentì sotto di sé il vigore dell’amante, sentì i suoi movimenti, recepì la sua richiesta e senza accorgersi, dalla sua bocca, uscì un gemito di sorpresa.

Una scarica di calore invase il corpo di Haldir.

Non resistette più.

«Stenditi! E afferra la testiera del letto!» sussurrò, ma quel sussurro, sembrò essere piuttosto un ordine che non ammetteva repliche.

Legolas non fece in tempo a pensare che l’elfo era già scivolato via da sotto di lui e con un gesto rapido e gentile l’aveva fatto adagiare sul materasso.

«Stenditi…» disse ancora «No… non supino… voltati…!» lo guardò intensamente «Voglio… che tu senta la freschezza delle lenzuola sotto di te e… il calore del mio petto sulla tua schiena…»

Legolas non rispose e senza esitare, annuì, voltandosi e lasciando affondare le guance sul cuscino.

«A..afferra la testiera… ti… prego…» mormorò Haldir, in preda all’emozione.

«Cosa vuoi farmi… Capitano…?» domandò Legolas sensualmente.

«Non fare domande ora… afferrala e basta!» rispose l’altro deciso.

Sembrava non riuscire più ad attendere.

Il giovane principe allora, non oppose più resistenza perché, da dietro il suo tono di voce, apparentemente pacato, percepì il fuoco che desiderava far esplodere.

Le sensazioni bruciavano in lui… lo stavano vincendo…

«T..ti prego…» ripeté con un filo di voce.

L’elfo sorrise.

Non poteva negare che sentire l’amante, conosciuto per la sua freddezza e imperturbabilità, perdere in quel modo la ragione… perderla per lui… lo soddisfaceva, lo eccitava visibilmente.

Senza dire più nulla, allungò lentamente le braccia verso la testiera, afferrò il legno duro e robusto tra le mani, e nel farlo tutti i muscoli del suo corpo… delle sue spalle… della sua schiena… si tesero per la forte presa.

Haldir a quella visione si morse le labbra.

I capelli di Legolas si sparsero sul suo corpo e tutt’attorno… s’inarcò lentamente aprendo appena le gambe per offrirsi nuovamente a lui.

«Così… oh Valar… così ti ho sempre sognato…» ansimò l’elfo carezzandogli i fianchi «…innocente e diabolico… sensuale in tutta la tua delicatezza…» si fece largo tra le sue cosce con le ginocchia… il principe strinse più forte i pugni sul legno «Sei un angelo maledetto, Legolas!» mormorò, appoggiandosi infine sopra di lui.

Colpito da quelle parole, il giovane elfo sorrise malizioso e… quasi senza accorgersene… aprì la bocca e con la lingua sfiorò i levigati rami di legno intrecciati dinanzi a sé.
“Sì… forse è proprio così…” pensò tra sé e sé, prima di abbandonarsi sotto il corpo dell’amante.

 

Era riuscito nel suo intento.

I ricordi erano stati cancellati.

La lussuria si stava facendo largo nel suo cuore.

 

*

 

«Minas Tirith mi attende…» esclamò infine l’uomo, affacciandosi nuovamente alla finestra del castello.

Il vento si levò, andandogli immediatamente a sfiorare il volto con le sue carezze invisibili.

La sua voce sembrava essere un richiamo.

Gli occhi azzurri, sotto le luci del giorno morente, brillarono intensi e velati da una profonda malinconia, che soltanto il suo cuore poteva dire di conoscere.

«Là ci sarà la mia gente ad accogliermi… là ci saranno le grida di giubilo, le danze per il mio arrivo e i canti fin quando non giungerà mattina. Leggerò la speranza sul volto del mio popolo. Attenderanno che io salga finalmente al trono… e Gondor avrà nuovamente un re…» rise, quasi con disprezzo «…un re…» ripeté.

Alzò gli occhi sul mare dinanzi a sé. Una lacrima gli rigò il volto per poi scomparire, rapita dall’aria gelosa.

«Ed io mi domando… cos’è un re se non ha accanto il suo popolo…?» sospirò «Nulla…» aggrottò la fronte «Nulla… così come un uomo senza l’amore…»

Arwen… Legolas… Arwen e Legolas ancora, Legolas soprattutto.

I volti dei due elfi si susseguivano nella sua mente portando con sé ricordi dal passato… tutto il dolore di quei ricordi.

«Perché non la smetto di soffrire…?» mormorò «Perché deve essere così difficile questa volta…?» gridò improvvisamente, portandosi una mano al cuore «Perché hai deciso di vivere tutto questo dolore… non ha senso… non ha senso!» si aggrappò alla roccia «Perché non sono perfetto e gelido e impassibile e crudele? Perché non sono come te, Legolas! Mi senti…? MI SENTI? …LO SENTI TUTTO IL MIO DOLORE? …LO SENTI, LEGOLAS?»

 

*

 

«Ah Valar, sì…!»

I gemiti di Haldir si stavano facendo sempre più intensi.

Il principe strinse forte i rami tra le mani e inarcò ancor di più la schiena contro di lui.

«Legolas… ah Legolas… resta… ah… così… ti p..prego!»

Il giovane elfo abbassò la testa, chiuse gli occhi e si morse le labbra, sentendo l’amante che stava per perdere il controllo dentro di lui.

«Muoviti di più, Haldir… muoviti di più…» ansimò, lasciandosi andare.

 

*

 

«MI SENTI LEGOLAS?» gridò ancora l’uomo.

Il vento soffiò con violenza.

 

*

 

«Ah sì… ah sì… così… oh, così…!»

Le vele vennero scosse con forza.

 

*

 

«Tutto… il mio… dolore… lo senti…?»

La eco volò libera nell’aria.

 

*

 

«Oh, Legolas… oh Valar… sto per…»

I movimenti dell’elfo si fecero sempre più veloci.

 

*

 

«Maledetto…! Maledetto…! Potrei arrivare ad odiarti… con la stessa disperazione… con cui ti ho amato…» gemette Aragorn con voce rotta.

Il tramonto scomparì dal cielo. Calò la notte.

 

*

 

«Ah… Le… Lego… Legolas… Legolas…!»

La nave ondeggiò. Si mosse. L’ancora doveva essere stata levata.

 

*

 

«Maledetto…» singhiozzò l’uomo accasciandosi sulla roccia.

Il dolore l’aveva vinto.

 

*

 

«LEGOLAS!» gridò Haldir, al colmo del piacere, crollando infine su di lui, nel pieno di quel calore.

 

*

 

«Vorrei… ma non potrò mai…» balbettò Aragorn con un filo di voce «…io… non… potrò… mai… odiarti… non potrò mai…»

 

*

 

Haldir si scostò lentamente dal compagno e andò a stendersi accanto a lui, gustandosi finalmente un po’ del fresco delle lenzuola.

Si portò un braccio alla fronte e chiuse gli occhi per alcuni istanti. Aveva bisogno di riprendere fiato.

L’amore era stato bruciante quella volta, forse troppo…

Aveva completamente perso il controllo, si sentiva ancora fuori di sé, sentiva che si era spinto oltre il limite.

Legolas, quella notte, non si era risparmiato. Sembrava aver fatto di tutto per fargli perdere la ragione e c’era riuscito senza difficoltà.

Mai l’aveva visto così.

Senza dire una sola parola, il principe si era abbandonato ad ogni sua fantasia, o meglio ancora, era stato lui stesso a incitarlo a vivere ogni suo desiderio.

Aveva ponderato ogni suo gesto, ogni movimento, spingendoli verso una sensualità assoluta.

Non una parola era uscita dalle sue labbra, soltanto gemiti e sorrisi.

Perché gli aveva sorriso in quel modo?

Forse per invitarlo, di proposito, ad andare oltre e a soddisfare le sue pretese?

Non aveva mai visto tanta malizia sul volto di un elfo, e su quello di Legolas, poi…

Questa cosa l’aveva stupito e per un momento, spaventato anche.

Haldir si rese così ben presto conto che, al contrario delle sue aspettative, sembrava essere proprio Legolas a voler dirigere la loro storia… almeno negli istanti d’amore.

Tuttavia questa cosa non gli dispiacque.

L’idea di una sfida e di una conquista, dopotutto non così tanto facile, lo eccitarono ancora di più.

L’elfo sorrise. Si passò la lingua sulle labbra. Un forte calore lo attraversò: il pensiero che presto avrebbero raggiunto le Terre Immortali e avrebbe avuto tutta l’Eternità per scoprire ogni singolo lato del suo amante, anche il più nascosto…

Tremò a quei pensieri allettanti…

 

Si voltò verso di lui e vide che era girato di spalle.

Si avvicinò lentamente e con le dita iniziò a scorrere lungo la schiena.

«È stato bellissimo…» gli sussurrò ad un orecchio.

Dopo un breve istante di silenzio, anche Legolas si voltò verso di lui.

«Si, lo è stato…» rispose, guardandolo intensamente.

Haldir sorrise.

Adorava Legolas. Adorava la sua capacità di passare dalla sensualità più maliziosa alla purezza più profonda, la stessa di un bambino, colma di tenerezza.

In alcuni momenti, dopo averlo desiderato, quasi aveva timore di toccarlo, tanto appariva innocente.

«È stato un sogno, Legolas…» mormorò, carezzandogli il volto «Io… non… sono mai riuscito ad amare così prima d’ora… prima che arrivassi tu…» lo guardò profondamente «Qualcosa d’intenso ci lega e… ci fa bruciare…»

Il giovane elfo ricambiò il suo sguardo. Le parole di Haldir erano veritiere.

Cos’era quel fuoco che li coglieva quando erano insieme…?

Cosa lo spingeva ad abbandonarsi in quel modo…?

Lo sguardo enigmatico e sensuale dell’amante…? Oppure… le sue parole…? O la passione che gli trasmetteva, una passione tanto diversa da quella umana. Era più sottile… insidiosa… apparentemente delicata… era la passione fra due elfi.

Quando Legolas si perdeva nelle sue labbra e le sentiva scivolare via sotto la sua lingua, bruciava… quel semplice contatto delicato e al tempo stesso fortemente sensuale lo faceva morire…

Così come quando Haldir lo stringeva a sé, iniziando a muoversi contro di lui, senza trascurare nessuna parte del suo corpo con le sue dita gentili.

Interminabili erano le carezze.

L’elfo in quegli istanti sapeva rapirlo e portarlo lontano, in un mondo sospeso e leggero, privo di pensieri e dominato dai sensi.

 

Se avessero dovuto vivere l’Eternità insieme, Legolas si sarebbe voluto perdere per l’eternità in quei movimenti lenti e accennati.

Il loro amore rassomigliava ad una danza.

Una danza senza fine.

 

*

 

«Anche l’ultima nave è salpata...» mormorò Aragorn, sollevando stancamente il volto.
La pallida luce della Luna filtrò attraverso la finestra, andando a rischiarare lo sguardo dell’uomo.

Brillò d’argento sulle sue lacrime.
Non s’udivano più voci a poca distanza da lì, una leggera nebbiolina ricopriva ancora il mare, nascondendolo alla vista.

Di esso si poteva udire soltanto il rumore, flussi e riflussi che docilmente non si stancavano mai di ripetersi.

La sua melodia sarebbe durata per sempre.

L’uomo tese l’orecchio per ascoltare il silenzio.

Tutto sapeva d’eternità.

«Il mio posto non è più qui...» disse ancora Aragorn. Fece per alzarsi, ma non ebbe la forza, né la voglia.

Si lasciò ricadere sulla dura roccia, accoccolandosi su quel letto scomodo e improvvisato.

«Sento che sto andando a fondo... mi sento morire...» sussurrò, come se stesse parlando ad un interlocutore immaginario «Potrei farlo... potrei farlo...» gemette, cercando di trattenere il pianto «Potrei fuggire ancora una volta... per sempre...» chiuse gli occhi «Tutte le cose sembrano avere perso il loro senso, da quando te ne sei andato, lo sai Legolas...? Tutto tranne... c’è... c’è ancora un motivo per cui andare avanti...» rialzò il volto, la Luna gli rigò una guancia «No. Non abbandonerò il mio popolo!» disse, con una luce d’orgoglio nello sguardo «Domattina... Minas Tirith!»

 

Il sonno iniziò a scendere su di lui, rendendo pesanti le sue palpebre, distrutte dal pianto, gli occhi gli bruciavano, il dolore nel petto era forte, ma la stanchezza, infine, sembrò avere la meglio su di lui.

I ricordi stessi, si offuscarono lentamente.

«È finita, Legolas... è dunque tutto finito... non ti rivedrò mai più, mai più, mai...»

Un’ultima piccola lacrima, scivolò via dal suo volto, l’ultimo dono di dolore a quella giornata che moriva in silenzio.

Quindi, l’uomo si addormentò.

 

*

 

«Lascia ogni pensiero ed ogni tua paura alle spalle... non devi più temere, principe degli Elfi...» sussurrò dolcemente Haldir, lasciandosi andare sul petto del compagno.

Legolas non rispose.

Chiuse gli occhi, continuando a carezzare lentamente la testa dell’amante.

Ancora il suo corpo bruciava delle emozioni appena vissute, ma anch’esse attimo dopo attimo si stavano spegnendo.

Non dovevano spegnersi!

L’elfo spalancò gli occhi e guardò il compagno comodamente adagiato sopra di lui.

Poteva chiedergli di amarlo ancora...?

Amarlo, almeno finché non fossero giunti a Valinor. Finché non avesse più avuto la possibilità di tornare indietro.

«Haldir...» sussurrò «Ha..Haldir...» chiamò di nuovo, ma non ottenne risposta.

Legolas iniziò a respirare più velocemente, il suo petto iniziò a sollevarsi sotto la guancia dell’amante.

Haldir mormorò qualcosa, ma non sembrava avere intenzione di volersi svegliare.

«Non... non vorresti...» mormorò Legolas.

Ma le sue parole furono interrotte da quelle dell’elfo.

«Insieme... nell’eternità... insieme... felici...»

Evidentemente stava già dormendo.

Doveva aver iniziato a sognare.

Eldamar... Eldamar... la nuova vita... Eldamar...

Legolas chiuse di nuovo gli occhi e sospirò profondamente.

Continuò a passare le dita tra la bionda chioma del compagno.

Gli carezzò la fronte. Non una goccia di sudore. Nessuna ruga, nessun errore in quella fronte liscia e sempre giovane.

La perfezione. Osservò i suoi tratti rilassati. La perfezione. Il corpo dolcemente tracciato, avvinghiato al suo, morbido e levigato... la Perfezione.

Haldir era perfezione.

 

Avrebbe davvero trovato la felicità accanto a lui...?

In fondo erano simili. Sarebbero stati uniti per sempre dalla stessa cosa... per sempre.

Così diverso da Aragorn, completamente diverso.

Quell’amore carnale e sofferto, incerto e bellissimo ad ogni sorgere del sole, ad ogni nuovo giorno pronto per essere vissuto.

Così come le notti dopo la passione... il sonno che rinunciava a coglierli... quelle notti a parlare fino all’alba, a confidarsi i più profondi segreti, la gioia, i timori, e Aragorn... Aragorn che parlava... non avrebbe mai voluto smettere... i suoi racconti... gli aneddoti della sua vita da Ramingo... storie incredibili... i suoi occhi che s’incantavano a guardare un cielo cosparso di stelle, come se non l’avesse mai visto prima... ogni giorno una nuova sorpresa... ogni giorno una nuova promessa. E ancora Aragorn... che amava parlare dell’amore appena consumato... Aragorn che non si stancava mai di rimirare il suo compagno... Aragorn che cercava disperatamente tra i suoi rudi modi mortali, un angolo di dolcezza, forse il più bello da regalare a quell’elfo... il più bel dono che la vita gli avesse mai fatto e che ora... quella stessa vita... gli aveva portato via...

Poteva Haldir aiutarlo a dimenticare... dimenticare davvero...?

Poteva l’amore di un altro elfo, simile nella razza, sostituirsi a tutto ciò che Legolas aveva vissuto assieme ad un Mortale...?

Il principe scosse la testa. Perchè quei pensieri non l’abbandonavano...?

La malizia di pochi istanti prima era già scomparsa... non era bastato infrangere il limite e spingersi più a fondo... non era bastato che il fuoco prendesse il sopravvento sulla ragione a far scomparire i ricordi...

Ogni volta questi ritornavano, in ogni silenzio, in ogni attimo di verità, scivolando lentamente nella sua mente.

Cosa era che aveva abbandonato, Legolas, in quella Terra dalle mille sfumature, da fargli così male...?

Non se lo seppe dire con certezza.

Ma doveva essere qualcosa di davvero importante, perchè il cuore prese a palpitare forte, spinto da quella malinconia tagliente, colma di rimpianti.

Osservò l’amante ormai addormentato sul suo petto.

Bello e splendente come la Luna.

Sorrise amaramente.

«Haldir... oh Haldir... mi hai promesso l’eternità, ma è proprio quest’eternità che io non voglio...» sospirò «So che ce la stai mettendo tutta, ma... non potrai mai alleviare il mio dolore, so che non potrai mai capirlo, ma...» s’interruppe, spaventato da quella consapevolezza improvvisa e violenta «...io desidero una vita mortale, la desidero più di ogni altra cosa...!» le lacrime gli salirono agli occhi, continuò ad accarezzarlo e sorrise dolcemente «Mi dispiace, mello nin, mi dispiace di non essere riuscito ad aprirti il cuore...»

 

D’improvviso sentì un sussulto sotto di sè.

Sgranò gli occhi spaventato. Le ultime parole gli morirono sulle labbra.

La nave prese ad ondeggiare. Dovevano essere partiti. Il mare li stava trasportando via con sé.

Legolas chiuse gli occhi, le lacrime, contro la sua volontà, iniziarono a scivolare via, copiose sul suo volto.

Eldamar...

Alcune immagini della notte appena vissuta gli attraversarono la mente...

Eldamar...

Erano belle e piene d’intensità...

Eldamar...

Stavano finalmente lasciando i Porti Grigi...

Sarebbe mai riuscito a dimenticare...?

«Non tarpare le tue ali... soltanto questo ti chiedo...»

Aragorn...

Addio...

Eldamar...

«Dove hai lasciato i tuoi sogni, Legolas...?»

L’aveva fatto... li aveva rifiutati...

«Ricordo un giovane elfo, un po’ folle e un po’ poeta, che si è voluto donare a me in una notte d’estate, perché il suo cuore… non riusciva più a contenere tutto l’amore che traboccava da esso!»

Dove era finito tutto questo amore...?

Aragorn...

Aveva detto addio alla persona che più avesse amato nella sua vita...

Eldamar...

Era questo ciò che aveva lasciato nella Terra di Mezzo... era questo che gli stava soffocando il cuore...

Eldamar...

Perchè l’aveva fatto... Perchè...?

Haldir...

La passione...

Aragorn...

Eldamar...

Avrebbe mai potuto, la lussuria, tramutarsi in amore...?

 

*

 

«Aragorn... Aragorn, sono qui... raggiungimi...»

La bella voce si perse nell’aria come un soffio, ripeté più volte quel nome, invocò ancora, risuonò dolcissima e cristallina tutt’attorno.

L’uomo non si era ancora reso conto di dove si trovasse. Quel luogo sconosciuto era permeato da una lieve luce azzurra, che si fondeva con una leggera nebbiolina.

Avanzò tra i profumi freschi e delicati di quel posto che pareva esser all’apparenza un bosco, un bosco strano che mai aveva visitato prima. Mano a mano che camminava, lasciò alle sue spalle il terreno e i tratti di strada che aveva percorso.

Scomparirono sotto ai suoi piedi...

Egli, come incantato da quel richiamo misterioso, non si voltò neppure un istante indietro.

«Aragorn...» ripeté la voce.

Pochi alberi lo separavano ancora da essa, ma quei pochi nascondevano ancora quella sagoma alla sua vista.

L’uomo avanzò lentamente, quasi guardingo, seppure tremendamente ammaliato.

Doveva raggiungerla, prima che fosse troppo tardi, doveva trattenerla, prima che scomparisse del tutto... definitivamente.

«Sono qui...»
Ora la voce risuonava vicina.

Aragorn mosse qualche altro passo e la nebbia si diradò definitivamente.

Un intenso profumo l’invase, talmente forte, da fargli quasi perdere i sensi.

Tutto era divenuto improvvisamente chiaro attorno a lui, ma per questo nulla aveva perduto la sua magia.

«Dove mi trovo…?» mormorò, rivolgendosi alla bianca figura.

Per tutta risposta, questa, che si trovava seduta dinanzi ad un ruscello, si sollevò in ginocchio e dopo aver preso un po’ d’acqua nelle mani, lasciandola scorrere lungo le braccia, si voltò lentamente verso di lui e sorrise.

«Legolas...?» sussurrò l’uomo incredulo «Non può essere...!»

Scosse la testa sbigottito.

Quella creatura dinanzi ai suoi occhi era ancora più bella dell’elfo che conosceva, risplendeva di una bellezza trasparente, candida, quasi accecante.

«Legolas, tu... sei partito per Valinor... non puoi essere qui...»

L’elfo non rispose, continuò a sorridere e lentamente gli tese una mano.

«Tu... tu te ne sei andato...» balbettò Aragorn.

«Sssht...» rispose l’altro, portandosi un dito alle labbra.

Dopodiché ripeté ancora una volta il gesto con la mano.

Un’altra goccia d’acqua scivolò sulla sua pelle, scomparendo nella manica della tunica che lo ricopriva appena.

Aragorn accettò quell’invito ad avvicinarsi e si mosse come ipnotizzato, senza mai staccare gli occhi da quella incantevole creatura.

Quando lo raggiunse, s’inginocchiò dinanzi a lui e per un lungo istante si perse nel blu profondo degli occhi dell’elfo, più intenso che mai.

«Eldamar... Valinor, tu non...» ma s’interruppe, quando notò l’espressione interrogativa di Legolas.

Sembrava non riconoscere quei nomi, sembrava che non li avesse mai sentiti pronunciare prima di quel momento.

Inclinò appena la testa e una ciocca di capelli biondi rotolò sul petto seminudo.

Continuò a sorridere.

Regalò ancora una volta ad Aragorn uno dei suoi sorrisi struggenti, carichi della tenerezza di un bambino e della profondità di un saggio, gli stessi sorrisi che avevano fatto innamorare l’uomo quando li aveva incontrati per la prima volta.

Aragorn, ammaliato, allungò una mano verso di lui e quasi con timore, tanto l’elfo appariva delicato, andò a sfiorargli il volto.

A quel contatto, Legolas chiuse gli occhi e dischiuse leggermente le labbra. Mosse lentamente la guancia contro la mano del compagno.

Aragorn l’accarezzò e un fremito di commozione gli invase il cuore.

Restarono così per alcuni istanti, in silenzio, ad ascoltarsi l’uno con l’altro, nella bellezza magica di quella natura impalpabile.

Non c’era vento, soltanto quella nebbiolina dipinta d’azzurro che scivolava su di loro, bagnandoli per poi scomparire via.

Il ruscello scorreva allegramente, gorgogliando. Ma oltre a questo e ai loro respiri non si udivano altri rumori.

«Sei davvero tu...?» sussurrò l’uomo dopo averlo accarezzato a lungo.

Legolas aprì lentamente gli occhi e senza dire nulla, si voltò appena, lasciando che le dita del compagno iniziassero a sfiorargli le morbide labbra.

Rimase immobile, sentendo soltanto le dita di Aragorn tracciarne il profilo.

L’uomo non riusciva a smettere di fissarlo.

Il suo sguardo si perdeva sui contorni della sua bocca.

Provò il forte istinto di baciarlo, ma prima ancora spinse lentamente due dita tra le sue labbra, facendogliele dischiudere.

Legolas non oppose resistenza e lasciò che l’uomo scivolasse dentro la sua bocca e si lasciasse succhiare dalla sua lingua.

Aragorn gemette con un filo di voce il suo nome, ma riuscì ancora a trattenersi dal cedere.

«Hai... hai deciso di non... andare... allora...?» mormorò Aragorn, continuando quel gioco sensuale «Perchè...?»

«Non c’è motivo... per cui io... debba andarmene, Estel...» rispose finalmente Legolas, aprendo un po’ più la bocca. Risalì lentamente lungo le sue dita e nel farlo gettò indietro la testa.

La sua voce sembrò risuonare tutt’attorno, più melodiosa che mai.

«Ma... la tua scelta... l’immortalità... Haldir...» ansimò l’uomo, sentendosi morire nel vedere ciò che l’elfo stava facendo.

Legolas non rispose. Sembrava seriamente impegnato a voler far perdere la testa al suo compagno. Il resto non lo riguardava.

Continuò ad assaporarlo.

«Hal...Haldir se n’è andato con gli altri...?» mormorò Aragorn, non riuscendo più a tenere aperti gli occhi, completamente bagnati di desiderio.

A quelle parole, Legolas si fermò di colpo.

«Ci siamo soltanto noi due qui...» sussurrò, e lentamente inclinò la testa, porgendo il suo collo alle dita del compagno «...soltanto noi due... io e te, Estel...»

Aragorn trasalì.

La sua mano, meccanicamente, scivolò veloce sulla pelle nuda dell’elfo e prese a massaggiarlo con dolcezza.

Gli sfiorò la nuca... le spalle... risalì sul suo collo... e infine gli raggiunse l’orecchio, in quel punto che sapeva essere fatale per Legolas.

Egli infatti richiuse gli occhi e un sospiro più profondo degli altri uscì dalle sue labbra.

«Siamo soli... non c’è... nessun altro intorno a noi....» sussurrò ancora, perdendosi sotto le carezze dell’uomo «E mai nessun altro ci sarà...» concluse, inarcando un poco la schiena.

In quell’istante, i lacci della sua tunica leggera si aprirono e l’abito scivolò via dal suo corpo, scoprendolo del tutto.

La luce azzurra di quel luogo incantato si rifletté sulla sua pelle diafana, ridipingendola con mille sfumature.

Aragorn si arrestò un attimo.

A quella visione, il suo cuore sembrava aver smesso di battere e il suo respiro essersi interrotto.

Cercò di parlare, ma ogni sua parola si trasformò in qualche balbettio senza senso.

Dopo tutto il dolore che aveva provato, era bellissimo e forse incredibile, troppo incredibile, riavere Legolas accanto a sé, e in quel modo poi...

L’elfo non si mosse da quella posizione. Restò lì per alcuni istanti... le braccia appoggiate all’indietro, su cui ricadevano lembi della sua tunica bianca... i capelli d’oro sparsi tutt’attorno... la testa inclinata... le labbra dischiuse... ogni singola parte del suo corpo ricordava la massima espressione di bellezza e di piacere... Era nudo, accattivante al cospetto di quella strana luce che dolcemente si posava su di lui.

L’uomo riprese a carezzarlo lentamente, ma questa volta le sue dita osarono di più.

Abbandonarono il suo volto... scivolarono lungo il suo collo... il palmo della mano aderì completamente al suo petto e il suo tocco si spinse, caldo e profondo, sempre più in basso.

Quando gli raggiunse il ventre, sentì i suoi fianchi tremare. L’elfo sollevò il bacino e ancora una volta un altro gemito uscì dalle sue labbra.

Aragorn lasciò che le sue dita scivolassero lungo le sue cosce, ne tracciò il profilo, finché non le strinse forte, in carezze sempre più intense.

Infine risalì velocemente verso l’alto, gli passò una mano sotto la schiena, attirandolo con forza a sé.

Le loro labbra finalmente si sfiorarono e a quel contatto, Legolas spalancò gli occhi.

«Cre...credo di essermi perso in un sogno...» sussurrò Aragorn «Sei davvero mio, Legolas...? Mio... come ti ho sentito in questi attimi...?»

Ma l’elfo non rispose, si avvicinò ancor di più a lui e aprì lentamente la bocca.

Non lo baciò. Sentì soltanto il contatto delle loro labbra, assaporò il calore del respiro che l’uomo gli stava trasmettendo.

Mormorò alcune parole nella sua lingua. Ma subito si persero nell’aria attorno.

Aragorn, vinto ormai dai sensi, non riuscì a concentrarsi su ciò che egli aveva detto, ma si perse nei lenti movimenti di quelle labbra contro le sue.

«Togliti i vestiti e vieni nel ruscello con me...» disse nuovamente Legolas.

Non gli lasciò il tempo di replicare e con la punta della sua lingua bagnò una e più volte il profilo della bocca del compagno.

Aragorn non riuscì più a tenere gli occhi aperti. Li chiuse e si accorse che tutto girava attorno a lui, i suoi sensi erano improvvisamente divenuti deboli, forse per la strana aria, troppo profumata ed intensa che li avvolgeva, oppure per i giochi maliziosi del compagno sul suo corpo.

Istintivamente, lasciò la presa su Legolas e si portò le mani al petto, iniziando a slacciarsi più velocemente che poteva il mantello e l’abito sotto di esso.

Ma c’era qualcosa di strano nei suoi gesti.

Erano lenti, lentissimi, quasi che una volontà diversa dalla sua gli rallentasse quei movimenti.

Legolas continuava a baciarlo, a muovere le labbra dentro la sua bocca, cercando di raggiungere un contatto più profondo.

Quando Aragorn sentì la lingua dell’elfo cercare la sua e spingersi sempre di più, non resistette e lo chiuse in un bacio intenso.

Almeno quello riusciva ancora a farlo. Il resto, più il suo desiderio aumentava, più qualcosa lo tratteneva, ritardando ogni suo gesto.

Gli sembrò di esplodere.

Lentamente con una mano raggiunse la sua casacca e la lasciò cadere a terra, quasi strappandosela di dosso. Si carezzò le spalle nude.

La sua pelle bruciava...

In quel momento Legolas si staccò da lui e alzatosi in piedi si avvicinò al ruscello. S’immerse quasi fino alla vita.

Si mise prima in ginocchio, continuando a fissare il compagno con una strana luce negli occhi, dopodiché si sedette, appoggiando i gomiti sul bordo del ruscello.

Finalmente anche Aragorn era riuscito a liberarsi dai vestiti, e anch’egli, senza più  indugiare, lo seguì nell’acqua.

Legolas sorrise e lo guardò fisso negli occhi.

«Sei venuto allora...» mormorò.

Ma la sua voce appariva neutra, senza una nota di colore. Insolita.

«Non credevo che desiderassi entrare qui dentro...» disse ancora.

L’uomo lo scrutò perplesso.

Non riusciva a capire le sue parole. Apparivano strane, come del resto anche quel luogo lo era.

La bellezza di Legolas era raddoppiata e quel posto sembrava non avere un’identità, eppure gli era familiare.

L’atmosfera era tanto simile a quella di un sogno. Sospesa nel vuoto.

Aragorn stesso si sentì strano.

Guardò il suo compagno... non desiderava possederlo! Né bramava di consumare in pochi istanti un atto d’amore intenso.

Voleva semplicemente stringersi a lui e perdersi in quei movimenti sottili, lenti e senza fine.

Un comportamento che sembrava non appartenergli.

Altrove i suoi sensi sarebbero avvampati quasi subito, il fuoco l’avrebbe spinto a cedere dopo poco... ma non lì... in quel bosco egli si muoveva secondo altre leggi, secondo un altro Tempo... un Tempo non suo...

Raggiunse finalmente Legolas, si sedette tra le sue gambe e lo prese tra le braccia.

Si unirono in un abbraccio morbido e lento.

Sembrava essere l’elfo a governare quella situazione. In quel luogo, Legolas aveva il potere di gestire il suo piacere.

O almeno così ebbe l’impressione Aragorn...

Ma non pensò. Non riuscì a pensare a lungo.

Il compagno cercò quasi subito le sue labbra, le sfiorò, quasi timidamente, gliele sfiorò ancora, con una dolcezza da farlo tremare, l’uomo aprì la bocca, i loro respiri si confusero ed infine si spinsero prima lentamente, poi con forza l’uno nel sapore dell’altro.

L’uomo strinse ancor di più Legolas contro di sé e i loro corpi iniziarono a muoversi e a sfiorarsi in una interminabile danza dei sensi.

Legolas prese a sospirare più velocemente... deboli gemiti si persero tra le labbra del compagno... si sentì cedere sotto i suoi baci e le sue carezze... ne seguì il ritmo... senza fretta... sentì la sua lingua raggiungergli il collo... si mosse contro di essa... senza fretta... sentì le sue mani scivolare lungo il suo corpo bagnato... gettò indietro la testa... Aragorn gli afferrò i fianchi con un gesto secco... si sentì morire... sollevò lentamente il ventre... gemendo mentre s’inarcava contro il bordo del ruscello, e spinse il bacino contro di lui...

Anche Aragorn si sentì per un istante più libero, il calore avvampò nuovamente dentro di lui... aveva riacquistato il controllo della situazione.

«Si... ah... così... Estel... così...» sussurrò Legolas, muovendosi contro il suo corpo.

D’un tratto si bloccò e di colpo prese tra le mani la testa dell’uomo, lo guardò pieno di malizia, come se volesse penetrargli l’anima.

«Legolas...» mormorò Aragorn non appena incrociò i suoi occhi.

Quello sguardo l’aveva spaventato. Non comprese bene cosa potesse esserci scritto, ma non aveva mai visto tanta bramosia negli occhi di un elfo.

Non ebbe il tempo di darsi una risposta.

Legolas scivolò nella sua bocca, ancora umida del bacio precedente. Lo baciò e lo baciò ancora, senza fermarsi, spinse con forza la lingua contro la sua, esplorando ogni parte della sua bocca, l’assaporò con avidità, la succhiò, lo baciò in modo strano e tremendo, senza lasciargli respiro.

Aragorn si divincolò. Quelle non erano le labbra che conosceva. Aveva bisogno d’aria.

Ma l’elfo, con uno scatto felino, passò una mano dietro la sua nuca e lo premette ancor di più contro di sé.

L’uomo sentì il dominio di quel bacio, sempre più profondo, sempre più insistente... doveva respirare... si dimenò ancora, cercando di allontanare Legolas da sé, ma l’elfo non glielo permise.

Al contrario, si spinse ancor di più dentro di lui, gli afferrò i polsi e gli costrinse le braccia dietro alla schiena, premendo il corpo contro il suo.

Quel bacio iniziava a fargli male... Stava soffocando.

Il suo corpo, avvinghiato a quello di Legolas smise di bruciare, divenne inerte, vuoto, quasi privo di vita... quel bacio stava consumando con violenza tutta l’armonia e la dolcezza che si erano create... stava uccidendo le sensazione di un tempo e il piacere che il corpo dell’elfo riusciva sempre a procurargli... stava inaridendo tutti i ricordi... quel bacio pretendeva e non ascoltava... quel bacio bramava qualcosa che l’uomo non poteva dargli, mentre la sua vera essenza si stava perdendo, lontana...

Quello era un bacio di morte...

Improvvisamente, Aragorn sentì il suo corpo farsi debole, così debole che se le gambe di Legolas non l’avessero più trattenuto si sarebbe lasciato andare, scivolare giù fino al fondale del ruscello.

Sentì la sua testa girare e i suoi sensi venire meno.

L’acqua divenne gelida, il ruscello rallentò i suoi flutti, sempre di più, estenuante. Smise di scorrere. E lentamente una lastra di ghiaccio iniziò a formarsi intorno ai loro corpi.

Legolas parve non risentirne. Continuava a muoversi come se niente fosse, incurante del male che gli stava procurando.

Aragorn si sentì strozzare, il suo corpo compresso da quella lastra immobile e dura.

«Sto soffocando... sto...» mugugnò tra le labbra del compagno, ma l’elfo non allentò la presa.

“Fa freddo... fa... tanto... freddo...” pensò, mentre i suoi occhi si chiudevano lentamente.

Sentì ancora un istante la lingua di Legolas contro la sua... il suo cuore rallentò terribilmente i battiti, ne sentì il ritmo rimbombare nella sua testa... la lastra premette sempre di più contro il suo corpo... si mosse debolmente... non aveva più forze... tutto il dolore che aveva vissuto prima di quel momento si riversò dentro di lui, grazie a quell’amore beffardo...

Legolas l’aveva umiliato... schernito come meglio poteva. L’aveva tradito.

Non gli importò più di nulla ormai. Tutto divenne sfocato nella sua mente... voleva essere soltanto lasciato in pace, voleva che Legolas se ne andasse... non voleva più quelle labbra fredde e crudeli sulle sue... voleva che mollasse la presa e lo lasciasse finalmente scivolare a fondo, finché la lastra non si fosse richiusa sopra la sua testa.

«Morirò... morirò presto, Legolas...  ma ti prego... non essere tu a privarmi della vita... non ora... non così...» mormorò  nei suoi ultimi pensieri.

In quell’istante l’elfo si staccò da lui. Era ancora ansimante. La linfa che gli aveva rubato pareva averlo reso luminoso d’energia... ma di una luminosità sinistra.

Lo trattenne ancora per le braccia, fissandolo senza espressione.

Aragorn respirò a fatica. Anche se Legolas aveva terminato la sua tortura, per lui non ci sarebbe comunque stata più speranza.

L’aria attorno si era fatta irrespirabile, quasi fetida e stagnante. La nebbiolina azzurra si era trasformata in pece densa e nera.

Quella non era la sua aria. Quello non era il suo luogo. Vedeva soltanto buio.

Legolas osservò il compagno privo di respiro.

A fatica l’uomo riuscì ad aprire gli occhi ancora una volta e a parlare di nuovo.

L’elfo vi lesse una disperazione profonda e un sentimento che mai aveva visto negli occhi di Aragorn: la rassegnazione.

«Pe...perché... l’hai fatto... Le...Legolas...?» sussurrò con un filo di voce.

Legolas sorrise. Non smise di fissarlo e sorrise. Alzò il volto verso l’alto. Il cielo era scomparso. O forse non c’era mai stato. Sorrise ancora e sempre più arrogantemente... sorrise violento... fino a distorcere la faccia in una smorfia grottesca.

«Perchè ti amo!» esclamò, iniziando a sghignazzare.

Ascoltate quelle parole, Aragorn comprese che era ormai giunta la fine. Una gelida fitta di dolore mai provata prima l’attraversò.

«Per..chè... mi... ami...?» balbettò, iniziando a tremare.

«Ma certo!» gridò l’altro «Come potrei non amarti, piccolo Mortale! Come... come... COME!»

Lo scosse violentemente, ma il corpo dell’uomo era ormai completamente inerte.

Lo vide chiudere gli occhi.

Allora con un rapido gesto della mano, gli rialzò la nuca verso di sé e avvicinatosi alle sue labbra gli sussurrò: «Ti amo Estel, ma certo che ti amo, dovevo pur dirtelo... prima di lasciarti...» rise beffardo «...perchè ora io me ne vado, si... lontano da te... per sempre...»

L’uomo scosse appena la testa, come se un ultimo barlume di speranza potesse riconsegnargli quel Legolas che amava.

«Cosa credevi...?» sibilò l’elfo con disprezzo, trattenendogli il volto sollevato «Che avrei rinunciato ad una vita eterna...? Che l’avrei fatto per te, piccolo Mortale...? Credevi che davvero mi sarei consumato nell’oblio...? La mia bellezza... la mia giovinezza... la mia... perfezione...?»

Aragorn riaprì appena gli occhi, un filo della loro luce blu trasparì dalle sue palpebre.

Con questa guardò per un’ultima volta colui che era stato il suo compagno... la sua stessa vita.

Quindi Legolas allentò la presa e il corpo dell’uomo iniziò a scivolare definitivamente nell’acqua.

«Sei solo un illuso, Aragorn...»

L’acqua gli raggiunse il collo, infine la testa, il ruscello divenne profondo, il fondale si allontanò sempre di più. Delle ultime parole dell’elfo gli restò soltanto la eco, che chiamava il suo nome.

La lastra di ghiaccio si sciolse e i flutti gli ricoprirono i capelli...

«Aragorn...»

La voce continuava a propagarsi nell’acqua...

«Aragorn...»

Scivolava verso il fondo...

«Aragorn...»

L’aveva abbandonato... era ormai finita...

«Aragorn...»

Finita per sempre...

«Aragorn...»

Il suo corpo era freddo... Stava morendo...

«Aragorn...»
Come poteva ancora quella voce continuare a chiamarlo...?

«Aragorn...»

Era vicina...

«Aragorn...»

Nitida...

«Aragorn...»

Melodiosa...

Un sussurro.

L’uomo aprì gli occhi.

Una luce, debole e chiara gli attraversò lo sguardo.

Era tiepida, sembrava volergli riscaldare il volto.

Ancora un sussurro.

«Ma cosa...»

Lentamente sollevò la testa, tutto appariva strano... non c’era acqua attorno a lui, eppure era annegato... si mosse un poco, aveva dolori dappertutto... la lastra di ghiaccio l’aveva risucchiato davvero, dunque...?

Ma attimo dopo attimo, quel ghiaccio sembrò lentamente sciogliersi.

D’improvviso un alito di vento gli scostò una ciocca di capelli... un alito di vento...?

Si sollevò ancora un poco, non rendendosi ancora pienamente conto di dove si trovasse; la luce si fece sempre più intensa, a stento riusciva a tenere gli occhi aperti.

Si mosse a fatica, un forte dolore sotto di sé glielo impediva. Sentì qualcosa di duro, sotto le sue cosce... non potevano essere le piccole pietre di un ruscello, ma piuttosto una roccia, una roccia spigolosa.

Non ebbe il tempo di capire che cosa stesse accadendo, alzò ancor di più lo sguardo, la luce chiara del giorno l’invase... il vociare dei gabbiani, e dinanzi a sé... il mare.

Calmo e infinito, azzurro come una pietra di zaffiro, come... gli occhi di un elfo... di un elfo...

«Ora capisco...» mormorò abbassando la testa.

Un elfo che amava e che aveva perduto per sempre al di là di quell’orizzonte.

Il mare si estendeva immenso e solo, l’uomo non riuscì a distinguere nient’altro che questo... non una nave... ormai erano già salpate tutte.

“È stato soltanto un sogno, dunque...?” pensò tra sé e sé, contemplando l’alba di quel nuovo giorno.

D’improvviso, il vento tacque per un istante, poi si sollevò di nuovo.

«Aragorn»...

«Soltanto un sogno...» ripeté l’uomo costernato.

«Aragorn...»

Perché il vento continuava a portargli la eco di quel nome...?

«Aragorn...»

La voce, ora risuonò tutt’attorno. Ancora quella voce, la stessa voce del sogno, la voce di...

L’uomo s’immobilizzò con gli occhi fissi sul mare.

Ma da esso proveniva soltanto il rumore delle onde e lo stormire dei gabbiani.

«A..Aragorn...» ripeté ancora una volta la voce, divenuta improvvisamente tremante e melodiosa.

L’uomo chiuse gli occhi. No. Quella non era la stessa voce del sogno.

Il vento soffiò ancora, gli raggiunse le orecchie, ma egli non lo udì parlare.

Le mani iniziarono a tremargli.

Si voltò lentamente. Sentì ancora quel sussurro alle sue spalle. Era talmente vicino... Si voltò del tutto.

«Al di là del mare...» pensò confuso «...lui è... al di là... del mare... ormai... lui è...»

«Estel...»

Un filo di quella luce mattutina rotolò nella stanza, tracciando un sentiero per terra. Raggiunse la porta.

Il vento mormorò dolcemente, e nel vuoto silenzio si udì un impercettibile fruscio di vesti.

«Non... può essere...» balbettò Aragorn con un filo di voce.

Intravide una sagoma.

La luce si fece ancora più intensa, il sole pareva tuffarsi nel castello, oppure era semplicemente quella figura che avanzava.

Lentamente illuminò parte del suo vestito e passo dopo passo salì verso l’alto, nascondendo sempre meno cose alla vista.

L’uomo tratteneva il respiro. Si portò una mano al petto e strinse forte la casacca in un pugno, come se dovesse difendersi, come se ciò che avesse visto, sarebbe stato incredibile da sopportare.

Infine la luce invase completamente quella figura, e risplendette d’oro su di essa.

«Oh Valar!» esclamò l’uomo con un grido strozzato.

«A..Aragorn...»

L’uomo sgranò gli occhi e rimase senza fiato.

Stava sognando, doveva sognare ancora... un sogno non di tenebre, un sogno bellissimo, ma non poteva essere reale, non poteva...

«Sono io...» sussurrò l’altro, quindi si fermò immobile al centro della stanza con le braccia lungo i fianchi.

Aragorn scosse lentamente la testa... quella visione...

«Non... è... possibile... io sto ancora... dormendo... io...»
Ma s’interruppe, non riuscì a continuare, quando vide quei grandi occhi blu posarsi sui suoi e guardarlo lucidi e commossi... i suoi occhi...

«Aragorn...» ripeté l’altro con voce rotta.

Quegli occhi si riempirono di colpo di lacrime.

«Legolas...?» riuscì finalmente a dire l’uomo, al colmo della meraviglia.

L’elfo annuì e gli tese debolmente una mano, come se da un momento all’altro dovessero mancargli le forze.

«T..ti prego... ti prego, Estel... vieni tu qui, perché io... non riesco a muovermi...» implorò con un filo di voce.

In quell’istante si sollevò nuovamente il vento, che fino ad allora pareva essere rimasto in disparte e soffiò violentemente contro la schiena dell’uomo. Sembrò spingerlo in avanti.

Aragorn balzò in piedi e corse verso il compagno.

Legolas spalancò le braccia e l’uomo si lanciò su di lui, abbracciandolo con forza... con ardore... con disperazione...

«Sei tu... sei tu... oh Valar sei tu...» gemette con voce rotta, baciandogli con ardore tutto ciò che di lui poteva baciare... il volto... le guance... il collo... la fronte... le lacrime... gli occhi... gli occhi... «Sei vero... sei reale...» sussurrò, colmo di emozione.

Legolas si strinse forte a lui, dischiuse le labbra come se facesse fatica a respirare, tanto il suo cuore pulsava rapidamente... quel calore... il calore di Aragorn... finalmente... ancora... di nuovo... ad avvolgerlo... il suo abbraccio... si sentì nuovamente bruciare da quel calore umano... l’unica cosa che davvero riusciva a tenerlo in vita.

Gli prese la testa fra le mani e appoggiò la fronte alla sua. Gli occhi del compagno erano lucidi di pianto, ancora increduli e quasi spaventati, come quelli di un bambino.

«Ho sognato...» prese a dire l’uomo «...stanotte ho sognato che ci rincontravamo, ma poi...» il suo sguardo si fece profondamente triste «...ci perdevamo di nuovo... per sempre...»

Legolas sorrise, ancora una volta gli regalò uno dei suoi sorrisi colmi di luce.

«È stato solo un sogno, Estel... niente di più...» sospirò «...e non esiste sogno, dal quale non ci si risvegli... bello o brutto che sia...»

«Oh no, Legolas... io non voglio risvegliarmi più invece... non ora... non da questo... perché...» iniziò a piangere commosso «...perché questa non è la realtà... non può essere la realtà... altrimenti tu... non saresti qui, ora... a tenermi stretto a te, tu non...»

«Sssht...» sussurrò l’elfo dolcemente, poggiandogli le dita sulle labbra.

D’un tratto l’uomo rialzò il volto, si fece per un istante serio, quasi volesse scrutarlo per scoprire la sua verità.

«Perché sei tornato, Legolas...?» mormorò.

L’elfo sorrise ancora e si strinse più forte a lui.

«Per restare...!»

A quelle parole, Aragorn chiuse gli occhi e una gioia senza precedenti gli invase il cuore. Glielo stava dicendo, glielo stava dicendo davvero.

Eppure al tempo stesso provò anche un sottile fremito di dolore, dolore nei confronti del compagno.

Rialzò il volto dell’elfo e lo guardò profondamente.

«Legolas... tu resti pur sempre immortale...» scosse la testa «...la tua scelta... la tua gente...» sospirò «Le navi per Valinor non ritorneranno più indietro, lo sai questo, non è vero...?»

Gli occhi del compagno si velarono per un istante di malinconia.

Voltò la testa verso la finestra e respirò in silenzio i profumi del mare.

«Io non voglio... che ritornino...»

Ci fu un breve silenzio.

«Haldir...?» domandò l’uomo.

Legolas abbassò gli occhi, ma poi rialzò un volto ancora più radioso di prima.

«Haldir... sarà felice, assieme alla sua gente... troverà con chi essere davvero felice...» s’interruppe «...io non potevo donargli ciò che lui realmente desiderava...»

«Perché...?» sussurrò Aragorn, trattenendo a stento la commozione «Là c’era l’eternità ad attenderti... perchè questa scelta, Legolas...?»

L’elfo gli prese una mano e gliela accostò al suo petto.

«Perché il mio cuore, lontano dal tuo... è già morto...!» mormorò, guardandolo fisso negli occhi.

 

Un gabbiano, in quell’istante, spiegò le sue ali e volò alto e libero nel cielo... quello stesso cielo che non conosceva confini, né limiti, ma che per l’uccello era in fondo la sua casa... soltanto lassù poteva vivere.

«Io sono un Mortale, Legolas, io...» sospirò Aragorn tristemente «...non potrò starti accanto per sempre... il mio tempo non è infinito come il mare laggiù... io... non... voglio... che tu... soffra... a causa mia...»

L’elfo non distolse il suo sguardo da quello del compagno. Quelle parole non lo turbarono, al contrario lo fissò con una luce nuova, forse ancora sconosciuta ai suoi occhi.

«Ti seguirò, Estel...» disse infine «Fino all’ultimo dei tuoi giorni, ed io... morirò con gli ultimi istanti del destino di questa terra...!»

I suoi grandi occhi blu s’inumidirono lentamente, divennero lucidi e profondi, infine pianse, pianse tanto e in quegli occhi l’uomo poté rivedere il giovane che amava, e tutti i suoi sogni.

In quell’istante di fragilità si sentirono simili e compresero che insieme era il loro destino.

Aragorn lo strinse a sé, proteggendolo con il suo calore e le sue forti braccia.

Accadde poi una cosa strana.

Il gabbiano che prima volava libero nel cielo, andò per un istante a posarsi sulla finestra della loro stanza, reclinò un poco la testa e guardò i due amanti incuriosito.

L’uomo lo vide e sorrise.

«Si, amico mio...» mormorò annuendo «...lui è proprio come te...»

Quindi l’uccello rispose nel suo linguaggio e si levò nuovamente verso il mare.

 

Il sole era ormai alto. Splendeva intenso su un nuovo giorno.

Legolas ed Aragorn si avvicinarono alla finestra e guardarono verso il cielo.

Per la prima volta nessuno dei due ebbe paura di quell’alba.

Aragorn aveva finalmente trovato la certezza di quell’amore. Legolas, il senso della sua vita.

Erano ancora insieme e forse lo erano sempre stati, perchè nessuno dei due era stato capace di dirsi addio veramente.

 

L’elfo guardò il mare e i suoi occhi si persero in quella distesa infinita.

Ormai neppure il suo sguardo poteva oltrepassare la linea dell’orizzonte... non poteva intravedere più nulla se non ciò che aveva accanto.

La sua razza aveva forse già raggiunto le Terre Immortali.

Le navi per Valinor non sarebbero più tornate.

Non li avrebbe più rivisti.

L’uomo, come se avesse inteso i suoi pensieri, lo strinse ancor di più a sé, trasmettendogli tutto il calore di cui fosse capace.

Ma Legolas non aveva paura, era forse sì, un po’ triste, ma ora aveva compreso chi volesse davvero accanto... quel calore Mortale... l’unica cosa di cui avesse davvero bisogno.

 

Scrutò per un ultimo istante ancora l’orizzonte, cinse la vita al suo compagno e appoggiò dolcemente la testa sulla sua spalla.

«Addio amici miei...» mormorò «Forse il mio destino si trova al di là del mare, ma la mia scelta resta qui... nella Terra di Mezzo...!»

 

*

 

Eldamar. Le Terre Immortali.

Ormai l’orizzonte si era dileguato via e i nuovi confini apparivano tra i flutti del mare.

Un elfo se ne stava in piedi, solo, con lo sguardo diretto verso la sua nuova vita e con la mente e i pensieri lontani da lì... verso qualcosa che aveva ormai perduto.

Stava mirando l’alba nascere, quel giorno.

Ma i suoi colori non erano intensi e profondi come sperava di vederli... come li aveva sognati.

Dell’intensità, gli restavano i colori della notte, una notte fuggita via troppo presto.

 

Il vento gli scostò dolcemente i capelli d’oro e una lacrima scivolò via dai suoi occhi, immergendosi nel mare.

«Legolas...» sussurrò «Hai infine scelto l’oblio...» abbassò la testa, come se su di essa gravasse un peso troppo doloroso da sostenere «A quanto pare, nessuno... nessuno potrà mai privarti dei tuoi sogni...» sospirò «Ma in fondo... è giusto così...»

Rialzò gli occhi umidi sulla distesa dinanzi a sé.

«Tu hai qualcosa che non appartiene alla nostra razza... ciò che hai dentro... non è soltanto il calore di un Elfo...» scosse la testa «Io credo che... soltanto un Mortale... possa comprenderti veramente...» disse con voce rotta «Grazie, Legolas... per avermi donato quel calore... grazie...» pianse «...per avermi insegnato ad amare...»

I confini erano ormai vicini.

Gli altri elfi si sarebbero svegliati di lì a poco.

Haldir strinse forte i pugni sul legno quindi si voltò, dirigendosi verso l’interno della nave.

«Non ti rivedrò mai più... non ti rivedrò...» alzò lo sguardo verso il cielo «Che la grazia dei Valar ti protegga!»

 

L’elfo raggiunse la sua cabina e fece per aprire la piccola porta, ma si bloccò ancora un istante.

Un gabbiano svolazzava gioioso sopra la sua testa.

Lo osservò per un momento con un amaro sorriso sulle labbra.

«Sii felice con lui...» sussurrò «...spero soltanto che tu abbia fatto la scelta giusta... spero soltanto... che tu non dimentichi cosa significa essersi legato ad un Mortale...» si strinse nelle spalle, guardò ancora il gabbiano e sorrise «Ma questa sarà un’altra storia...!»

 

FINE