.|. Addio e' per Sempre .|.

8. Addio

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“Aragorn, ti disturbo?” mormorò l’elfo, richiudendo la porta alle sue spalle.

L’uomo nel sentire quella voce sobbalzò… temeva che Legolas potesse notare qualcosa di strano in lui, ma non appena i suoi occhi incontrarono quelli del compagno, ogni preoccupazione svanì del tutto.

Ogni volta che lo vedeva gli sembrava sempre più bello, forse perché l’amore rende tali le persone su cui si posa, oppure perché la bellezza era una caratteristica naturale per gli appartenenti alla razza immortale.

Tuttavia il volto dell’elfo tradiva un’espressione inquieta…

“Va tutto bene?” gli chiese, avvicinandosi lentamente a lui.

“Certo! Perché… non dovrebbe?” sorrise l’uomo, allungando una mano nella sua direzione.

Legolas gliela presa, portandosela alla guancia e muovendola su di essa con dolcezza.

“Ho incontrato tuo figlio un attimo fa, e mi ha detto che stavi male…”

Aragorn sentì un brivido gelato attraversargli tutto il corpo.

Eldarion poteva aver percepito qualcosa?

“Sono… sono solo un po’ stanco…” rispose, cercando di non far trapelare nulla dalla sua voce “Stamattina mi sono alzato presto per prepararmi per il Consiglio e…”

“Sssht… lo so…” sussurrò l’elfo, mettendosi dietro di lui e iniziando a massaggiargli le spalle “Sono qui per farti rilassare…”

Aragorn chiuse gli occhi… quelle dita gentili che scivolavano sempre più audaci sotto al suo abito gli provocavano un piacevole solletico.

“Sei teso…” continuò Legolas, spingendo un po’ di più.

L’uomo sorrise.

“Chi non lo sarebbe… con una splendida creatura alle spalle che ti tocca i punti più sensibili del tuo corpo… mmm… è assai difficile rilassarsi…”

“Dunque…” proseguì l’elfo, aprendogli i primi bottoni della lunga tunica “…sto sbagliando nel mio intento…”

“Mi piacciono gli errori…” sospirò Aragorn, appoggiandosi sullo schienale e lasciandosi andare completamente.

Legolas rimase a massaggiargli le spalle ancora per un po’ ma rimase in silenzio, né tentò carezze più audaci. Temeva che potesse accadere come la notte precedente, temeva di dover sentire ancora una volta da quelle labbra che amava tanto, pronunciare di nuovo un rifiuto.

Aveva compreso che, da un po’ di tempo, Aragorn non era più lo stesso, aveva cercato di andare avanti e far finta di niente.

Ora però, le parole di Eldarion…

“Tuo… figlio mi ha anche detto che devo starti accanto, che non devo lasciarti solo…” riprese a dire l’elfo.

Il re riaprì lentamente gli occhi e sentì quella specie di tremore coglierlo ancora.

“Ha detto così?” domandò.

“Si Estel… perché?”

“Forse… ha semplicemente capito che io… ho bisogno di te…” rispose, faticando immensamente a pronunciare quelle parole.

Si sentì tremendamente egoista e vigliacco in quel momento… gli stava chiedendo ancora una volta di restargli accanto, quando lui sapeva benissimo che non avrebbe potuto fare altrettanto.

“Ed io ci sono!” rispose l’elfo, fermando le sue carezze “Estel… perché tutte queste paure…? Perché tutti questi dubbi…?”

“Promettimi una cosa, Legolas!” l’interruppe l’uomo tergiversando.

“Qualunque cosa, lo sai bene…”

“Resta vicino a mio figlio, e se potrai, prenditi cura di lui!”

“Aragorn! Tuo figlio ti ama! È te che vuole accanto! Tu potrai insegnargli a vivere meglio di chiunque altro, tu…”

“Ti prego, fa come ti chiedo… ti prego…” sospirò “Desidero che un poco della vostra luce entri in lui… noi uomini sappiamo come crescere i nostri figli, certo, ma io so anche che avere uno della vostra razza come padre significa avere qualcosa in più… ti prego, diventa per lui ciò che Elrond è stato per me!” proseguì trattenendo a stento le sue emozioni “Io… io ho bisogno di questa certezza…”

“Aragorn…”

“Per favore…”

“Io…

“Legolas…”

“Si, va bene… te lo prometto… io gli sono… gli starò accanto, non temere…”

L’uomo gli prese un polso e lo tirò dolcemente verso di sé…

“Hannon le, mellon nin… hannon le…” gli sfiorò il profilo dell’orecchio con le labbra “Questo mi tranquillizza… con te accanto, Eldarion sarà felice!”

“Questo non è un addio, Estel!” esclamò nervosamente, ritirando la mano e andando ad inginocchiarsi dinanzi a lui “Noi stiamo insieme, ci amiamo, e se tu vorrai tutto questo durerà a lungo…” vide Aragorn abbassare lentamente gli occhi “Non… non è un addio, vero Estel?” ripeté, improvvisamente attonito, come se di colpo quest’ultima fosse divenuta una possibilità reale.

Si avvicinò timidamente al compagno e gli rialzò il volto con una mano, costringendolo a guardarlo.

“Aragorn… io ti amo, e non voglio perderti!”

Era giunto il momento. Doveva dirglielo. Doveva finalmente dare una risposta a quegli occhi che non riuscivano più a comprendere, che cominciavano a star male, a star male davvero dinanzi alle sue paure.

Legolas…” pensò, sfiorandogli il volto  con una carezza “…ha un senso tutto questo? Ha un senso ritrovarsi ad amare, quando poi si deve abbandonare ciò che si ama?” sospirò, ritrovandosi a guardare il sorriso fiducioso che si era formato sulle labbra dell’elfo “È da molto tempo ormai che ho smesso di credere al senso delle cose… da quando i Valar hanno accettato la mia scelta e nello stesso istante mi hanno fatto incontrare te!

“Ti amo…” ripeté il giovane principe di Bosco Atro, poggiando la testa sulle sue ginocchia.

Doveva dirglielo… non poteva più attendere.

“Legolas…”

“Si?”

“Ascoltami, io…” mormorò, guardandosi intorno con timore.

“Lo so, lo so… tra pochi minuti inizierà il Consiglio…” si sollevò in piedi “Ora me ne vado…”

“Legolas aspetta!” lo fermò l’uomo.

L’elfo si voltò, guardandolo interrogativo.

Doveva dirglielo…

“Stanotte…” iniziò “Stanotte…”

“Si, Estel…?”

“Ra..raggiungimi nelle mie stanze… alle nove come… come sempre… non tardare…”

Legolas sorrise maliziosamente, rincuorato da quella richiesta, e simulò un inchino.

“Come desiderate, Maestà!”

 

“Voglio che questa notte… questa ultima notte sia indimenticabile…” sussurrò Aragorn tra sé e sé, seguendo con lo sguardo il compagno che usciva dalla stanza.

 

 

 

 

Aveva previsto tutto.

Il letto era stato rifatto con accuratezza dalla servitù, agghindato in modo speciale. La finestra era spalancata sulla notte appena nata, la luce argentea delle stelle s’intrufolava nelle stanze del re, e presto sarebbe andata ad imperlare il corpo latteo del giovane elfo durante i sussulti d’amore.

Degli incensi erano stati accesi all’interno, e seppure l’aria fosse fresca, il loro profumo si espandeva ovunque, inebriante, come a voler ricordare le sensuali ed esotiche vibrazioni di lande lontane.

Aragorn rientrò dal grande balcone, e dopo aver lanciato un’occhiata alle numerose ampolle colorate posizionate sul tavolino vicino al letto, si avvicinò allo specchio poggiato contro una parete.

Si osservò a lungo, scrutandosi seriamente: nulla del suo volto o del suo corpo faceva pensare a qualcosa di vecchio e avvizzito.

Quella notte, ogni parte di sé emanava uno stato di vigore e d’intensa virilità.

Ma sapeva bene che non si sarebbe dovuto illudere, perché quel sortilegio, come nelle notti precedenti, sarebbe avvenuto ancora.

Avrebbe visto le sue fattezze mutare e non avrebbe potuto farci nulla.

“Ti prego non mi tradire…” sussurrò, sfiorando con le dita il vetro dello specchio “…almeno fino a quando tutto non sarà compiuto!” si fissò intensamente “Aspettate che lui se ne sia andato!”

In quell’istante si udirono dei colpi alla porta. Il re ritornò rapidamente dinanzi alla finestra e finse di essere concentrato sul paesaggio esterno.

L’uscio venne richiuso e qualcuno iniziò a camminare verso il centro della stanza.

“Mae govannen…” sussurrò Aragorn, voltandosi lentamente.

“Mi hai riconosciuto anche questa volta…”

“E come non potrei?” sorrise il re “Dimmi un po’… chi è la persona che ogni notte, alle nove in punto, raggiunge le mie stanze? Ormai ho imparato a riconoscere i tuoi passi e il mio udito si è affinato quasi quanto quello degli elfi!”

“Ora non esagerare!”

“Benvenuto Legolas!” e senza attendere ancora gli prese il volto tra le mani, baciando le sue labbra dolcemente.

“Che cosa è accaduto qui?” mormorò l’elfo, dopo essersi staccato da lui, iniziando a guardarsi intorno stupito “Mmm, Estel… a cosa devo tutta questa meraviglia?” disse, dopo aver esalato un poco il piacevole profumo degli incensi.

“Alla tua persona, Legolas… alla tua presenza qui… al nostro amore!” rispose il re, aiutandolo a togliersi il mantello “Stanotte…” proseguì, sfiorandogli la schiena con le dita “…voglio vivere unicamente di questo!”

A quelle parole, il giovane sentì un brivido caldo percorrerlo rapidamente… desiderò con tutte le forze di avere il compagno con sé e dentro di sé nello stesso istante.
Non voleva attendere… era stato inebriato dai fumi che si erano sparsi nella stanza, dalla bellezza maschile e stranamente magica di Aragorn, dalle sue parole e dal tono in cui le aveva pronunciate.

L’uomo si avvicinò alla finestra e chiuse i grandi vetri.

“Non voglio che nessuno s’intrometta fra di noi… neppure le stelle e la luce della Luna!”

“No, aspetta!” soggiunse l’elfo, riaprendo la finestra “Lascia invece che la Luna entri in questa stanza e ci bagni del suo colore. In fondo la nostra storia è sempre stata scandita dalla sua presenza…” sorrise “Era una notte di luna piena quando sono giunto qui a Gondor, lo era quando ci siamo amati per la prima volta e… lo è ancora, adesso, in questa notte così speciale…”

Si… la luna in tutto…” pensò Aragorn, stringendo con forza a sé il compagno “Lunare era la bellezza della mia regina, lunari sono state le nostre notti d’amore, e lunare e sinistro è stato… il mio patto di morte!

Sentì Legolas poggiare la testa sulla sua spalla, mentre i suoi occhi guardavano ammaliati verso il cielo.

Ti amo perdutamente, principe di Bosco Atro…” pensò ancora l’uomo, lasciandosi trasportare da un moto di commozione.

“Anch’io ti amo, Estel…” rispose l’elfo, che aveva ascoltato in silenzio il suo cuore “E voglio che sia per sempre!”

In quell’istante una folata di vento penetrò nella stanza e colpì lo specchio che ondeggiò un poco.

Aragorn si voltò di scatto temendo che la sua immagine iniziasse a sbiadire, ma ciò non avvenne… si osservò oltre il vetro…era ancora perfettamente giovane.

Sospirò rassicurato e si riavvicinò a Legolas, iniziando a sfiorare con piccoli baci il profilo del suo collo… sentì l’elfo aumentare i suoi sospiri, e stringere le mani sulla sua schiena, affondando le dita nella stoffa, alla ricerca di qualcosa di più.

“Voglio amarti… adesso!” gli sussurrò Aragorn, sensualmente all’orecchio.

L’elfo, come per obbedire ad un piacevole e tanto atteso ordine, si allontanò lentamente da lui, dirigendosi verso il letto.

Senza smettere di guardarsi, entrambi, nello stesso istante, iniziarono a spogliarsi: Legolas si portò le mani ai lacci della tunica e li estrasse senza fretta, lasciando vedere al compagno come la seta stesse carezzando il suo petto, mentre Aragorn iniziò a slacciare la cinta che teneva chiusa la sua vestaglia, e con un solo gesto la lasciò scivolare a terra, restando completamente nudo.

Il suo corpo statuario risaltò nell’ombra, mentre il vento scuoteva dolcemente i suoi capelli neri.

Legolas invece aveva ancora la tunica semiaperta addosso… ogni frammento di pelle s’intravedeva appena, ma questo poteva bastare per dar libero sfogo alle più calde fantasie… l’azzurro dell’abito nascondeva il resto, facendo contrasto con la carnagione chiara, mentre la stoffa era leggermente sollevata all’altezza del ventre, dove l’eccitazione aveva preso a bruciare violenta.

“Avanti, togliti del tutto quell’abito!” sussurrò l’uomo, dopo averlo esplorato con attenzione “Voglio guardarti…”

L’elfo annuì, allargò la stoffa con le dita, per poi scoprire le spalle e dischiuse un poco le labbra, quando una lieve lingua d’imbarazzo lo raggiunse, mentre lasciava cadere a terra la tunica, scoprendosi del tutto alla vista del suo amante.

Aragorn si morse le labbra.

“Ed ora…” proseguì, morendo dalla voglia di prenderlo fra le braccia “…stenditi sul letto!”

Legolas fece quanto l’uomo gli aveva chiesto… si distese e poggiò la testa sui grandi cuscini… cercò di mantenersi calmo, ma il respiro fortemente accelerato tradiva ogni emozione.

“Ed ora…” ripeté Aragorn con voce roca “…prendi una di quelle ampolle e spargi il suo contenuto su tutto il tuo corpo…”

L’elfo allungò la mano e ne prese una trasparente, l’aprì e iniziò a far cadere il liquido sul suo petto.

Non appena la freschezza dell’essenza venne a contatto con la sua pelle, chiuse gli occhi, sorrise e inclinò un poco la testa all’indietro, tendendosi sotto quel piacere sempre più insistente.

“Spa..spargila un po’ ovunque…” mormorò Aragorn a fatica.

Vide il compagno muovere le mani su di sé, scivolare poi lungo i fianchi, mentre la luce che proveniva dall’esterno rendeva il suo corpo ancor più liscio e sempre più bagnato… raggiunse il ventre e il suo volto si tinse di rosso.

“Si… così…” sussurrò l’uomo, sentendo che le sue difese iniziavano ad abbandonarlo “Continua…”

“Mi… mi piace…” rispose Legolas, iniziando ad aprire un poco le gambe “Vorrei però…”

“Oh no, quello spetta a me!” l’interruppe l’uomo, quando vide la sua mano scendere lentamente verso il suo punto più caldo.

Si avvicinò a lui e fermò quel desiderio.

L’elfo spalancò gli occhi e guardò il compagno implorante.

“Non vorrai privarmi della cosa che amo fare di più…?” sussurrò Aragorn prima di chinare il volto sul suo ventre.

“A..ah… Valar, Estel!” gridò Legolas, non appena la prima onda di calore lo raggiunse.

Aprì gli occhi e non poté fare a meno di guardare la testa dell’uomo muoversi lentamente su di lui.

Scorse il profilo delle sue labbra che si aprivano e si richiudevano ritmicamente sul suo sesso, e il calore fu ancora più forte… bruciante!

Adorava vederlo così, ma non aveva mai osato ammetterlo… temeva la lussuria e i suoi morbidi ed ammalianti veli con cui si faceva avvolgere quando era in sua compagnia.

Ma ormai… per tornare indietro…era troppo tardi!

Aragorn iniziò ad assaporarlo più velocemente, succhiando ogni sua parte… sentì il compagno sollevarsi e spingersi impaziente dentro di lui… gli bloccò i fianchi contro il materasso, sentì un gemito di frustrazione uscire dalla labbra di Legolas, ma non si fermò… continuò ancora… insistette… non gli lasciò respiro.

Allungò poi le mani verso il suo petto, carezzandolo vorticosamente… soffocò un sospiro nel sentire le sue dita scivolare su quella pelle liscia e completamente bagnata dall’olio dell’ampolla… si lasciò inebriare dal suo profumo e dai profumi del sesso che provenivano dal corpo dell’elfo… si lasciò trasportare da un nuovo calore di vita…

Mai come in quel momento, la morte sembrò essere così lontana…

 

Legolas aprì del tutto le gambe per concedersi un’ultima forte spinta nella bocca del compagno, portò le mani sulla sua testa, afferrandogli i capelli neri, ma d’improvviso Aragorn si staccò da lui, frustrando di colpo quel violento calore che gli stava regalando.

“ESTEL! PERCHÈ?” gridò l’elfo, ricadendo pesantemente sul letto.

Ma non ebbe il tempo di pensare che l’uomo si distese di fianco accanto a lui, portando il compagno con sé.

“Prendimi adesso!” ansimò Aragorn, spingendosi all’indietro contro il suo ventre.

Legolas non riuscì più a controllarsi, lo spinse sul materasso, mettendosi a cavalcioni su di lui, appoggiò entrambe le mani sulla sua schiena e gli aprì rapidamente le gambe con le ginocchia.

“Ah si!” gemette l’uomo, stringendo forte il cuscino tra le mani “Entra Legolas! Entra dentro di me! ENTRA!”
L’elfo, ormai totalmente inebriato da quel folle desiderio, scese poco più in basso, e con un’unica, calda spinta penetrò nel corpo del compagno, che l’accolse senza indugi.

Erano eccitati allo stesso modo! Gemettero , gridarono all’unisono!

Intrecciarono le loro mani, muovendosi l’uno contro l’altro, per non lasciarsi, per non perdersi neppure un istante… Legolas si mosse con forza dentro di lui, come mai aveva fatto prima, come se fosse Aragorn stesso a chiedergli in silenzio quell’intensità… gridò più volte il suo nome, lo chiamò e lo chiamò ancora, ricordandogli a chi apparteneva, finché, in poco tempo, il piacere e quella lussuria a cui non si era ancora abituato del tutto, lo vinsero, ed esplose, riempiendolo di tutto il suo calore.

Rimasero così, l’uno appoggiato all’altro, con le mani strette in una promessa d’amore, respirando l’uno il profumo dell’altro, immersi nel silenzio della notte e nella quiete del palazzo, ormai addormentato.

“Non ho mai amato così…” sussurrò Legolas, non appena Aragorn si ridistese accanto a lui.

“Nemmeno io…” rispose l’uomo.

“E che Arwen mi perdoni, ma voglio continuare a farlo!” proseguì l’elfo, stringendosi al petto dell’amante“Voglio che accada ancora… domani… dopodomani… e per tutti i giorni che verranno!”

Aragorn sorrise nel vedere il compagno parlare con quella foga sincera, ma d’improvviso quel sorriso si spense… sapeva bene che non avrebbe più potuto regalargli notti come quella… e che il tempo, nonostante lo stesse illudendo con quella parvenza di gioventù, incedeva comunque senza tregua.

“Non posso fare a meno di te, Estel!” esclamò d’un tratto Legolas baciandogli dolcemente il petto.

L’uomo guardò fuori dalla finestra e si sentì gelare il sangue… una prima stella era appena scivolata via dal cielo, rigandolo con la sua scia luminosa.

Questi aveva così iniziato a piangere le sue lacrime d’argento.

Si voltò nuovamente verso il compagno e fu allora che si accorse dei suoi baci e dei brividi piacevoli che le sue labbra gli provocavano sulla pelle.

Legolas poteva non essersi accorto di nulla?

Come poteva non aver visto il tremore delle sue mani, o i suoi capelli che a volte mutavano, divenendo simili alla neve?

La sua immagine esteriore, evidentemente non tradiva nulla, ma dentro di sé, Aragorn aveva iniziato a percepire il cambiamento… l’ultimo.

Sentì i baci dell’elfo farsi più audaci, vide la sua testa bionda muoversi su di lui, i muscoli delle sue spalle tendersi, mentre scrupolosamente esplorava con la lingua il suo corpo.

Era nuovamente pronto per un altro dono d’amore.

Se quella fosse stata l’ultima volta, o forse, la prima di una nuova vita, avrebbe dovuto amarlo comunque, avrebbe dovuto regalare al compagno ciò che egli gli stava chiedendo, non poteva negargli il suo amore, ormai non più.

E quando il sonno fosse giunto assieme all’oblio, si sarebbe incamminato lungo la strada verso la Casa dei Re ed avrebbe portato con sé la sua immagine, l’avrebbe ricordato così com’era… i suoi occhi… il suo volto negli ultimi istanti della passione, cosicché nel momento più difficile avrebbe trovato la forza per dimenticare ogni paura.

“Desideri il mio amore, Legolas?”

“Si…” rispose l’elfo, continuando a baciarlo.

“Quanto lo desideri?”

“Più di ogni altra cosa, Estel!”

Aragorn sorrise e poggiò dolcemente una mano sulla nuca del compagno, chiamandolo a sé.

Legolas lo raggiunse e gli baciò teneramente le labbra, lasciando che egli lo stendesse sul letto e si adagiasse sopra di lui.

“Voglio che sia per sempre, Estel…” gli sussurrò Legolas, carezzandogli il volto.

L’uomo sorrise, ma quel sorriso trasudava un’amara dolcezza.

“Con te ho dimenticato di essere un Mortale… ma è quel che sono… prima o poi questo destino mi porterà lontano da te!”

L’elfo gli pose due dita sulle labbra.

“Ed io ho dimenticato che su questa terra esistono due razze che molto tempo fa furono divise…” lo sfiorò ancora con un bacio “Con te ho imparato che nulla è deciso per sempre… insieme abbiamo riunito questi due popoli…”

“Legolas…” sussurrò l’uomo, ma l’elfo l’interruppe ancora.

“Non temere quel destino, Aragorn, esso è ancora lontano…”

L’uomo cercò di ribattere, ma si accorse che era inutile, si strinse semplicemente di più al compagno, iniziando a muoversi al suo stesso ritmo.

Presto, i pensieri e le parole furono sostituiti unicamente da respiri, piccoli lamenti e gemiti sempre meno soffocati.

Finché Legolas non aprì le gambe per accogliere il compagno dentro di sé ed unirsi nuovamente a lui.

Aragorn non lo possedette, non lo dominò, ma catturò ogni frammento del suo corpo, ogni goccia del sudore, ogni espressione del suo volto ed ogni lacrima, che, ad ogni spinta, perdeva fra i suoi capelli d’oro.

Fuori intanto stava infuriando una pioggia di stelle, mentre un sottile raggio di luna si era infiltrato nella stanza del re, tagliando il pavimento a metà, come a voler formare un impalpabile confine tra ciò che era e ciò che sarebbe stato.

L’elfo continuava a piangere e a gemere, stringendosi, come mai aveva fatto prima, al corpo del compagno, credendo che quella notte, l’avrebbe reso suo per sempre; l’uomo rispondeva al richiamo del compagno spingendosi dentro di lui per un’infinità di volte, e ad ogni spinta, seppure fingesse di non accorgersene, sentiva la fibra del suo corpo indebolirsi sempre di più, mentre nell’immagine dello specchio, la sua giovinezza stava già svanendo.

Era vicino al compimento del suo destino, ma non gli importò.

Riuscì soltanto a vedere il volto di Legolas… le sue labbra chiedergli amore, ancora e ancora, i suoi occhi esprimere gratitudine quando assecondava quella richiesta, e il suo corpo accogliere senza resistenze quel piacere che gli stava donando.

Udì soltanto la sua voce e dimenticò quella dei Valar… lo fece suo con un’ultima spinta e le loro lacrime si fusero a quelle del cielo.

“Ti amo!” gemette Legolas.

E dopo quest’ultimo grido… il silenzio.

 

L’ultima stella è caduta, l’attesa è finita, il cielo ha pianto tutte le sue lacrime, le tue invece scorrono ancora sul tuo volto.

Non piangere, re di Gondor, non piangere…ora il tuo corpo e il tuo mondo ti sono cari, ma anche questi svaniranno… come il giorno e la notte… come ogni cosa su queste terre mortali che noi conosciamo…

Svegliati, Aragorn, svegliati… è tempo che tu raggiunga il Destino che hai scelto…

 

“Arwen!” sobbalzò l’uomo, destandosi di colpo.

Subito dopo l’amore si era addormentato improvvisamente… non aveva sentito più nulla, non aveva visto altro che buio… il sonno e le ombre l’avevano avvolto, portandolo via con loro.

Ma ora, era di nuovo nella sua stanza, seduto sul suo letto, e niente pareva essere cambiato.

Si guardò attorno spaventato, la voce della sua regina risuonava ancora nelle sue orecchie, si portò una mano alla fronte e la scoprì madida di sudore.

Era stato tutto un incubo, dunque?

“Svegliati, Aragorn…” ripeté la voce.

No, quella era pura realtà.

“Sono sveglio…” mormorò il re nella notte.

Si voltò lentamente verso la sua destra e vide il compagno serenamente addormentato al suo fianco, gli sfiorò la schiena con le dita e gli occhi gli s’inumidirono pensando a ciò che stava per fare.

“È tempo che tu raggiunga il Destino che hai scelto…” ripeté la voce nell’ombra.

“Io… non voglio… non voglio raggiungerlo…” sussurrò con voce rotta l’uomo, senza riuscire a staccare gli occhi dal corpo di Legolas.

“Ormai non puoi più tornare indietro…” continuò la voce “Guardati…”

Lo specchio s’inclinò un poco dinanzi a lui, mosso da una mano invisibile, ed Aragorn alla fine fu costretto a guardarsi… capelli color della neve gli ricadevano morbidi sulle spalle. Sul corpo e sul volto, segnati dall’inesorabile passaggio della Mortalità, appariva l’abito della vecchiaia… i Valar stavano esaudendo le ultime parole della preghiera pronunciata molto tempo prima.

Soltanto i suoi occhi erano rimasti gli stessi: azzurri e splendenti, giovani e forti, come mai lo erano stati prima. L’antica dignità non lo aveva abbandonato, ma risplendeva su di lui ancor più intensamente.

L’uomo si portò le mani tremanti al volto ed iniziò a piangere sommessamente, le lacrime scivolavano via di continuo in uno sfogo di paura e fragilità.

“Non piangere amore mio…” sussurrò ancora la voce accanto a sé.

“Io… non voglio… andare…” singhiozzò il re, fissando un punto indistinto nell’ombra.

“Nulla accade per caso in questa vita…” proseguì la voce, facendosi sempre più cristallina.

“Io… non voglio… morire…”

“Neppure le nostre parole pronunciate in un momento di disperazione, neppure le nostre scelte… neppure… quest’amore…”

“Legolas…” gemette l’uomo, voltandosi lentamente verso il compagno “Io non posso… lasciarlo…”

“Non temere la morte, Aragorn…è soltanto l’inizio di una nuova vita… ora non riesci a comprendere le mie parole, ma non aver paura… và verso il tuo Destino con coraggio…” la voce echeggiò tutt’attorno “…l’amore rende immortali!”

 

“L’amore rende immortali…”

 

Soltanto una eco… parole enigmatiche, apparentemente senza senso… dopodiché, non si udì più nulla.

Il re di Gondor rimase immobile nel suo letto, una mano ancora appoggiata sulla schiena del compagno, mentre con l’altra stringeva forte le lenzuola contro il suo petto.

Ora più nulla… né le alte mura del suo palazzo, né il calore di Legolas, né l’amore di suo figlio, né le sue menzogne avrebbero potuto più proteggerlo.

La notte stava terminando e con essa la sua vita.

Si alzò lentamente dal letto, ricoprì con cura il corpo nudo dell’elfo, come se il bianco di quel lenzuolo imprimesse su di lui una nuova purezza, e a fatica si diresse verso l’armadio.

Scelse con cura il suo abito migliore e lo indossò guardandosi ammutolito allo specchio.

Vide chiaramente i suoi anni correre via e assieme ad essi tutto ciò che fino a pochi attimi prima era passione, vigore, desiderio, furore e gioia di vivere, divenivano lentamente ricordo, e silenziosi si acquietavano in lui.

Non aveva compreso le parole sussurrategli da Arwen, lontana, nel suo mondo sempreverde così vicino ai Valar stessi, in quegli attimi riusciva soltanto a guardarsi e ad accettare la sua condizione.

Quando strinse sul suo petto l’ultimo laccio della tunica, guardò quella che era stata la sua stanza… osservò ogni mobile, la scrivania che tanto amava, la finestra che dava sul suo regno… osservò tutto, ogni angolo, meno che il letto… Legolas, no, lui non ebbe proprio la forza di guardarlo.

S’incamminò così verso la porta ed aprì l’uscio.

“Dove stai andando?”

Si bloccò di colpo, stringendo forte il pomo nella sua mano.

“Via, Legolas…”

“Via, dove?” sussurrò l’elfo, tirandosi su a sedere.

“Non… non fare domande ti prego…”

“Aragorn, ma cosa…?”

“Addio, Legolas!”

“ARAGORN, NO!”

L’elfo saltò giù dal letto, e lo raggiunse in un balzo, strattonandolo dentro la stanza e gettandolo sul letto con forza.

“Che cosa stai dicendo? Tu non…” ma le parole gli morirono sulle labbra, non appena vide il suo volto.

Un sordo terrore s’impadronì di lui. Quale malefico sortilegio si era posato sul suo uomo?

“I tuoi capelli…” mormorò sgomento, prendendo le ciocche bianche fra le dita “Il… il tuo corpo…” vide Aragorn chiudere gli occhi ed iniziare a tremare “Estel! Che cosa ti sta succedendo? Ti prego parlami! RISPONDIMI!”

“Lasciami andare…” disse l’uomo con un filo di voce, cercando di nascondere il volto alla vista del compagno.

“CHE COSA TI SUCCEDE? CHE COSA TI SUCCEDE?” gridò Legolas disperato.

Aragorn tentò debolmente di liberarsi dalla stretta del compagno, ma quando si rese conto che l’elfo non l’avrebbe mai lasciato, si portò le mani al viso, come per celare un senso di vergogna.

“Mi dispiace! Mi dispiace per tutto, Legolas…” singhiozzò “Io ti ho mentito, fin dall’inizio…”

Il giovane principe scosse la testa sconvolto.

“Non m’importa, non m’importa quello che tu hai fatto, non m’importa delle menzogne… voglio solo riaverti com’eri! Estel , ti prego, dimmi come faccio a fermare tutto questo…!” gridò l’elfo, stringendo con forza e con disperazione il corpo dell’uomo contro il suo.

“È troppo… tardi…”

“ESTEL!”

“Non possiamo più far nulla per fermare…”

“CHI E’ STATO? CHI E’ STATO A FARTI QUESTO?”

“Legolas…”

“QUALE DEMONE? QUALE MALVAGITÀ TI STA PORTANDO VIA DA ME? CHI?”

“È stata…”

“TORNA DA ME ARAGORN!”

“È STATA UNA MIA SCELTA, LEGOLAS!”

Fu doloroso dirglielo. Fu lancinante gridarglielo.

L’elfo si bloccò di colpo, sentì il respiro venirgli meno e quelle ultime parole pulsargli nella mente.

Rimasero entrambi in silenzio, scossi, sconvolti, disperati, finché Aragorn non si liberò della presa del compagno, divenuta ora debolissima e si tirò su a sedere.

“Ed ora… lasciami andare…”

Ma Legolas lo fermò, impedendogli di alzarsi,

“No, non ti lascerò andare…” disse, guardandolo negli occhi “…non senza di me!”

“Ti prego…” protestò l’uomo, divincolandosi un poco.

“Non senza di me…” ripeté l’elfo con una strana, pacata dolcezza nella voce.

Lo spinse indietro sul letto e si distese accanto a lui, senza smettere di guardarlo.

“È un luogo precluso a quelli della tua razza…” prese a dire Aragorn dopo poco “…ma è il mio Destino…”

“Il tuo destino è restare con me, Estel!” ribatté Legolas, scuotendogli le spalle.

L’uomo si voltò a guardare tristemente verso la finestra.

“Non c’è più tempo…”

L’elfo scosse la testa, ma non riuscì a replicare… sapeva che un giorno quel momento sarebbe giunto, sapeva che sarebbe stato difficile affrontare qualcosa che la sua razza non conosceva, ma ciò che stava accadendo in quegli istanti lo disorientava del tutto… non riusciva a dargli un nome, non riusciva a darsi una ragione… poteva solo vedere, impotente, le fattezze dell’uomo che amava, farsi sempre più indefinibili, come se la giovinezza divenisse attimo dopo attimo sempre di più una scia, lasciando il posto ad una stagione sconosciuta, rassegnata, lontana nel tempo.

Una sola risposta a tutto questo balenò nella sua mente… un nome di cui aveva soltanto sentito parlare, ma mai avrebbe conosciuto…

“Le Aule di Mandos, questa è stata la tua scelta… perché?” mormorò con voce rotta.

Aragorn non rispose. Si poteva udire il suo respiro rallentato dalla fatica.

“Io…” proseguì Legolas, senza riuscire a trattenere le violente emozioni che stavano pulsando nel suo corpo “…credevo che sarei stato io la tua scelta, credevo che… sarebbe stato il nostro amore, e… e sebbene sapessi quale fosse il destino di un Mortale, ti sarei stato accanto fino all’ultimo dei tuoi giorni…” si chinò sul suo petto e pianse singhiozzando “Fino all’ultimo…”

Aragorn ascoltò immobile il pianto del compagno, sentì in silenzio tutto il dolore che gli stava causando, costringendo una creatura immortale ad assaggiare il freddo sapore della morte.

Dopo un istante sollevò una mano e l’appoggiò sulla sua testa, iniziando a carezzarlo dolcemente, proprio come faceva nelle notti di guardia durante nella Guerra dell’Anello quando iniziava a narrargli le storie della sua vita da ramingo.

“Accadde qualche tempo fa… prima che tu giungessi qui a Gondor…”

Legolas, nel sentire nuovamente la sua voce, rialzò il volto rigato dalle lacrime.

“Non riuscivo più a vivere dopo che Arwen se ne era andata, non riuscivo più ad amare nessuno…” sospirò “E che cos’è un uomo senz’amore? Nulla…”

Legolas continuò a guardarlo in silenzio.

“Rivolsi allora, in una notte di luna piena, una preghiera ai Valar, affinché mi liberassero da quel dolore e rendessero mute le mie grida…” chiuse gli occhi, stringendo forte i capelli dell’elfo tra le dita “Gli chiesi… di aiutarmi a lasciare prima del tempo la mia breve vita Mortale…” sentì Legolas soffocare un lamento “Loro mi ascoltarono, si, ma… in quella stessa notte, un attimo dopo pronunciata quella preghiera, tu arrivasti a palazzo e cambiò tutto… Non so se per crudeltà, o per qualche arcano motivo, ma dopo aver accettato il mio patto di morte, mi fecero incontrare nuovamente l’amore…” rise amaramente “Avevo previsto ogni cosa, ma per quel che è accaduto dopo… non sono più riuscito a farlo!”

Legolas era rimasto a fissare attonito quegli occhi blu dinanzi a sé, le parole gli si confondevano nella mente, tutte, meno che alcune… una frase, chiara e nitida che si ripeteva di continuo nei suoi pensieri…

Una preghiera ai Valar… una promessa… un patto…

Ed egli sapeva bene che una promessa fatta ai Valar era irrevocabile.

Si voltò a guardare il compagno, e vide che aveva richiuso gli occhi, il suo respiro era impercettibile, quasi silenzioso… gli prese le mani fra le sue.

“Lasciami andar via…” sussurrò l’uomo con un filo di voce.

Legolas gli baciò con passione le dita e le appoggiò contro la propria guancia.

“No, meleth nin, non ti lascerò andare… tu non te ne andrai…io e te siamo uniti, ricordi? Uniti, sotto la luce della luna…”

“È stata… è stata proprio… la luna… a… separarci…”

“Oh no… ha visto nascere il nostro amore, l’ha lasciato crescere, ci ha illuminato nelle notti buie… ci…” s’interruppe, vedendo il volto del compagno divenire sempre più chiaro, rilassato “Io ti amo, Estel!” disse con foga, come se quella certezza potesse trattenerlo in vita.

“Anch’io… ti… amo… Legolas…”

“Estel…” ripeté l’elfo piangendo, baciandogli spasmodicamente le mani, le dita intrecciate alle sue, divenute ormai l’unico tramite tra i loro corpi.

Intanto… fuori dalla finestra, l’alba stava sorgendo, ma nessuno dei due si accorse della sua luce, nessuno dei due voleva vederla.

“Io… ti ho mentito…” riprese a dire ancora l’uomo.

“Non m’importa! Non m’importa!”

“Ma… ma l’ho fatto… solo perché… in te… ho rivisto la mia speranza…”

“E sono la tua speranza, Estel? Sono la tua speranza?” disse Legolas, stringendogli con più forza le mani tra le sue.

“S..si… lo sei… lo sei… sempre stato…”

“Allora non lasciarmi… ti scongiuro… non…” singhiozzò, gettandosi su di lui, appoggiando la testa sul suo petto per sentire ancora i battiti del suo cuore.

Aragorn cinse debolmente con un braccio la vita del compagno.

“Ora… devo andare…”

“NO! No, Estel! Ascolta! Ascoltami… guardami… ieri notte, soltanto ieri notte abbiamo condiviso l’amore su questo stesso letto… non c’era nulla di diverso dal solito… ci siamo amati, ci siamo…”

“Devo…”

“No!” lo strinse a sé, coprendolo di baci, come se le sue labbra riuscissero a trasmettergli quella vita che lo stava abbandonando “Resteremo uniti, così, si… così… l’uno accanto all’altro… come in questo istante… e attenderemo sorgere l’alba insieme… come ogni giorno… come…”

“L’alba…” l’interruppe l’uomo, lasciando scivolare via la sua mano da quella del compagno “…è già sorta… Legolas…”

L’elfo si sollevò di scatto ed intravide deboli raggi di sole posarsi sul volto del compagno che lentamente, stava chiudendo gli occhi.

“Estel!” mormorò “Estel! ESTEL!”

Scosse il suo corpo con forza, ma egli non reagì… gli baciò più volte le labbra, ma quel bacio rimase solo ed inascoltato, come solo era lui, nella stanza del Re, come sola, era rimasta Gondor, su cui il giorno era sorto, inconsapevole della notte che in silenzio aveva rapito il suo sovrano.

“Non…lasciarmi…” gemette Legolas, crollando in ginocchio accanto al letto “Non lasciarmi…”

Ma Aragorn l’aveva già lasciato, molto tempo prima, nell’ultimo istante in cui si erano amati, quando, nel sonno, le sue spoglie Mortali si erano già incamminate verso le ignote terre da cui nessuno ritorna.

 

Il compagno gli rimase accanto per tutto il tempo, intrecciò nuovamente le dita dell’uomo alle sue e da allora non gli lasciò più la mano. Non smise neppure per un istante di carezzargli il volto e le labbra, di pregare, affinché quegli occhi limpidi come l’oceano si riaprissero per guardarlo ancora… come ogni mattina, e come ogni mattina, sentire le sue parole…

Ti amo, Legolas.”