.|. L'Ultimo Dono .|.

11. Ad Ne Gurth

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“Anar caluva tielyanna, aranya”

“Il Sole brillerà sul tuo sentiero, mio Re”. Furono quelle le parole, nell’antica lingua del nostro popolo, che mi disse Haldir, avvicinandosi a me quando credevo che ogni mia speranza fosse svanita, in quel silenzio assoluto che si era creato quando Re Elrond e Sire Celeborn ci legarono davanti ai Potenti. Tutti i miei timori erano riaffiorati in quegli istanti interminabili, ma Haldir mi diede una nuova ragione per credere in quello che avevo fatto. E quando, dopo di lui, salirono tutti i nostri amici, compresi che, non solo la mia gente, ma anche la tua aveva accettato la nostra unione, e sentii la gioia e la speranza rientrare in me di nuovo.

Per tutte le ore che seguirono la cerimonia, restai accanto a coloro che, presto, non avrei più rivisto e un velo di tristezza riempì la felicità che provavo ma ogni volta che scorgevo il tuo viso sorridente, sapevo di aver fatto la cosa giusta. Sarei rimasto l’unica creatura immortale su queste Terre ma non temevo la solitudine perché sapevo che non sarei mai rimasto solo, tu saresti sempre stato al mio fianco, fino alla fine.

E quello che accadde quella notte, quello che creammo insieme, mi convinse che tu eri sempre stato il mio Destino, fin dagli inizi. Non ho memoria di altro se non del tuo corpo, il tuo calore che mi circondava, portandomi in un oceano di emozioni. E tra le tue braccia non avevo bisogno d’altro, mi sentivo al sicuro anche se dentro di me, imperversava una tempesta che, a volte, accennava a smettere, solo per poi ricominciare ancor più prepotentemente. Non riesco a ricordare quante volte mi sono perso nel tuo corpo, desiderando soltanto di poter ascoltare i tuoi sospiri ancora e ancora, bramando quei sussurri senza senso che mi mormoravi quando stavi per perdere la ragione, come se fossero la stessa aria che mi teneva in vita. E le tue labbra, che si schiudevano come i petali di un fiore a primavera, quando volevi che ti baciassi, da loro bevevo fino a dissetarmi, come da una sorgente di acqua cristallina dalla quale non si riesce ad allontanarsi. Per lunghi momenti, persi il contatto con ciò che mi circondava, non mi trovavo più in quella stanza, nel nostro letto, ma in un luogo lontano da tutto e da tutti, circondato dalla Luce che lentamente entrava in me, e mi bruciava fino a farmi esplodere. Ma anche allora, sentivo le tue mani su di me, le tue carezze ardenti, ed in qualche modo, erano loro a donarmi la serenità che cercavo. E quando le nostre mani si univano, quelle stesse mani che ci avevano legato col sangue anni prima, quelle stesse mani che i nostri padri avevano congiunto e quelle stesse mani sulle quali risplendevano gli anelli dorati che ci eravamo scambiati, il mio cuore iniziava a battere all’unisono col tuo, le nostre anime diventavano una cosa sola e tu divenivi la mia unica vita. La mia unica speranza. La mia unica gioia. La mia unica forza. La mia unica pace. Il mio unico amore al quale avevo donato me stesso.

Da quel giorno ci preparammo ad affrontare insieme ogni dovere e ogni compito, ma quello che ci univa era più forte di ogni ostacolo. Niente era difficile o insormontabile se restavamo uniti. Il popolo degli Uomini accettò presto la mia presenza, nonostante tutto, e la pace regnò al nostro fianco per lungo tempo.

Ma fu quella sera, quando uscì a cavallo, dopo aver avuto una discussione con te per dei futili motivi, che il corso del nostro Destino ebbe una svolta. Non ricordo perché agii in quel modo, forse dovevo farlo, forse ero spinto da qualcosa, l’unica sicurezza è che quello che trovai tra gli alberi fu un dono dei Valar.

 

“Perché Estel?” esclamò Legolas facendo un passo verso l’uomo fermo davanti alla finestra “È assurdo!”

“No, assurdo è un Sovrano che esce a cavallo con i curatori per cercare delle piante!” ribatté Aragorn alzando la voce “Quello è un loro compito Legolas, mentre il tuo è quello di restare a palazzo per…”

“Per cosa?” lo interruppe l’elfo “Per dare dei consigli ai sarti su come cucire le tende? È questo che devo fare?”

“Se occorre sì…” rispose il ramingo fissandolo “…abbiamo molti doveri, lo sai bene, alcuni sono meno importanti di altri ma questo non significa che dobbiamo ignorarli…così facendo finirà che entrambi saremo occupati a far altro anche per dare la nostra opinione su questioni gravi”

“Certo…forse quando i fabbri dovranno forgiare una nuova spada e servirà l’approvazione del Re per…”

“Legolas! Non è uno scherzo!”

“Quelle erbe, Aragorn!” replicò Legolas quasi gridando “Quelle erbe che ho mostrato ai curatori potrebbero salvare la vita ad una persona e loro non conoscevano la loro esistenza! Questo, non è uno scherzo!” e con quelle parole si voltò, prendendo dall’armadio uno dei mantelli.

L’uomo scosse la testa, preparandosi a ribattere ma quando vide il compagno prepararsi ad uscire, aggrottò le sopracciglia

“Dove stai andando ora?” mormorò come se tutta la rabbia di poco prima fosse svanita.

Legolas fece un profondo respiro, finendo di allacciarsi il mantello

“Vado a raccogliere delle erbe” e con lo sguardo basso, uscì dalla stanza.

Aragorn rimase immobile per un momento, poi chiuse gli occhi e si lasciò cadere sulla poltrona davanti alla finestra. Come erano arrivati a quello? Discutere per qualcosa di così inutile…la sera prima erano sotto le coperte a fare l’amore ed ora invece, Legolas era fuori, da qualche parte tra gli alberi, mentre l’oscurità iniziava a farsi sempre più intensa.

 

Legolas cavalcò a lungo, cercando di non pensare a quello che era appena accaduto. Quelle rare volte che discutevano per qualcosa, si sentiva sempre colpevole, anche se, il più delle volte, aveva ragione, e dopo poco Aragorn lo ammetteva. Ma quella sera era stato peggio del solito, sapeva di essere nel giusto ma, nonostante questo, avrebbe voluto tornare indietro e stringere il compagno a sé, chiedendogli perdono. Quando accadeva qualcosa di simile, si sentiva male, come se qualcosa tra loro si spezzasse, e a volte, non trovava nemmeno più la forza per ribattere, restava in silenzio cercando di trattenere quelle lacrime che gli bruciavano gli occhi…come stava accadendo anche in quel momento. Rallentò l’andatura senza un motivo preciso, e alzò lo sguardo verso il cielo, cercando di trovare un po’ di conforto nelle stelle…e ad un tratto, si accorse che la luce della Luna, filtrava tra i rami degli alberi, e, come una scia luminosa, indicava un punto non lontano. Incuriosito galoppò verso quella zona, una piccola radura, e vide qualcosa, ai piedi di un albero. Come attirato da una forza sconosciuta, scese lentamente da cavallo e si inginocchiò, spostando quasi timidamente il lenzuolo bianco che ricopriva un cesto.

 

Aragorn aveva appoggiato la testa indietro contro lo schienale della poltrona, mentre con gli occhi continuava a fissare le stelle fuori dalla finestra. Si sentiva in colpa come non lo era mai stato. Legolas aveva ogni ragione, come aveva potuto rimproverarlo per qualcosa che lui stesso avrebbe fatto. Sospirò, sperando col tutto il cuore che l’elfo non fosse andato troppo lontano e fosse ritornato presto…e all’improvviso, la porta si spalancò.

“Estel!” esclamò Legolas entrando velocemente e richiudendo la porta con un piede.

“Legolas…” mormorò l’uomo alzandosi in piedi “…Legolas perdonami ti prego, non avrei mai voluto…” ma si bloccò all’istante quando vide che il compagno stava stringendo qualcosa tra le braccia “…ma cosa…?”

“Era nel bosco…” iniziò l’elfo avvicinandosi al letto “…ai piedi di un albero, in una cesta…” appoggiò delicatamente il fagotto che portava, spostando la stoffa chiara “…non c’erano lettere, né cibo…qualcuno deve averlo abbandonato per qualche ragione…”

Aragorn abbassò lo sguardo…per un lungo momento rimase immobile e quasi il respiro gli venne meno, quando vide il bambino che stava beatamente dormendo tra le coperte…

“…ah…è un…dove…” balbettò solo qualche parola senza senso fino a quando Legolas rialzò lo sguardo su di lui.

“La luce della Luna mi ha guidato da lui…” sussurrò “…e ho sentito qualcosa dentro di me che mi spingeva verso quel punto…io credo…” sospirò, sorridendo quando vide con la coda dell’occhio, il piccolo muovere la testa “…credo che sia un dono dei Potenti…”

“Un…no aspetta Legolas…” ribatté Aragorn sedendosi lentamente sul materasso come se le gambe non lo reggessero più “…cerchiamo di ragionare prima di saltare a conclusioni azzardate…forse i suoi genitori lo stanno cercando, può essere stato rapito e poi abbandonato…o forse…” ma appena vide l’elfo scuotere lentamente la testa si fermò sospirando “…amore mio, non puoi credere veramente che i Valar ti abbiano condotto da lui perché tu lo portassi qui e…” per un attimo quei pensieri gli fecero battere il cuore…un bambino che sarebbe cresciuto come loro figlio e come erede al trono “…non può essere così…”

“Io lo sento Estel…” sussurrò Legolas fissandolo “…sento che è così…credimi…”

“Oh Êlveren…vorrei poterlo fare…” ribatté l’uomo accennando un sorriso “…sarebbe un sogno diventato realtà ma…se ti sbagliassi e tra qualche mese qualcuno arrivasse qui per riportarlo via…?”

“Non accadrà…” disse l’elfo scuotendo la testa “…fidati di me…è un dono…”

Aragorn sospirò, abbassando di nuovo lo sguardo sul piccolo e in quell’istante, i suoi occhi si aprirono…

“Ti sei svegliato…” sussurrò l’elfo accarezzandogli le guance con l’indice “…benvenuto a Gondor…piccolo…Eldarion…”

“Eldarion?” ripeté il ramingo incuriosito, senza però riuscire ad allontanare gli occhi dal bambino “Coma sai che è questo il suo nome?”

“Non lo so…” bisbigliò Legolas aggrottando le sopracciglia “…io…è come se sentissi che è questo però…”

“È bello, comunque…” mormorò Aragorn debolmente “…ma come…come può avere i tuoi stessi occhi?” Non riusciva a spiegarselo, era tutto così assurdo…eppure sentiva dentro di sé che era giusto…

L’elfo prese di nuovo il piccolo tra le braccia, guardandolo intensamente…l’uomo aveva ragione, aveva gli occhi blu come i suoi…gli prese una manina, muovendola leggermente

“Noi saremo i tuoi genitori, Eldarion…ci prenderemo cura di te…” gli sussurrò dolcemente “…e non dovrai temere alcun male perché noi ti proteggeremo…”

In quell’istante Aragorn si rialzò a sua volta dal letto

“Sta sorridendo…” esclamò stupito “…guarda sta…”

“Ho visto Estel…” bisbigliò Legolas sorridendogli “…significa che sei felice di restare con noi, vero piccolo?”

“Posso…posso prenderlo tra le braccia?” gli chiese il ramingo debolmente, quasi intimorito dalle sue stesse parole.

“Tu non puoi…devi…” rispose l’elfo passandogli lentamente il bambino.

Aragorn si diresse verso la poltrona e si sedette su di essa, cullando dolcemente il piccolo Eldarion, mentre Legolas si toglieva il mantello.

“Mi dispiace per poco fa…” esclamò, osservando la reazione dell’uomo, ma il ramingo non alzò nemmeno lo sguardo…

“È stata colpa mia…avevi ragione…” rispose continuando però a dare tutte le sue attenzioni al bambino che stringeva tra le braccia.

Legolas sorrise, avvicinandosi nuovamente a lui e inginocchiandosi davanti alle sue gambe

“Sei sicuro di voler accettare questo dono? Non potremo più tornare indietro, se ci prendiamo questa responsabilità dovremo proseguire in questa direzione…potrebbe essere difficile…”

“Mi ha sorriso…” sussurrò l’uomo alzando lo sguardo sul compagno davanti a sé…Legolas lo guardò negli occhi e vide che erano lucidi…e non gli servì nessun altra risposta. 

 

Quella notte riposammo tutti e tre nel grande letto, noi due e colui che era diventato nostro figlio al nostro fianco. Restammo a guardarci a lungo, mentre tra di noi, Eldarion dormiva tranquillo e al sicuro. Vidi alcune lacrime scivolare sulle tue guance e sapevo che erano la prova di quell’immensa felicità che anche io sentivo nel cuore. Quello che avevamo ricevuto quella sera era qualcosa di prezioso ed unico che avrebbe cambiato per sempre la nostra vita, ma non ne eravamo spaventati, anche se entrambi avevamo dato una parte del nostro cuore a lui. Ed Eldarion crebbe, diventando splendido e forte, gli insegnammo ogni arte che conoscevamo e presto da giovane si trasformò in un uomo. Un principe coraggioso e leale. Ricordo ancora quando celebrammo la festa per il suo fidanzamento con Lutelien, la bella figlia di Éomer e Lothíriel, eravamo entrambi agitati ma ogni cosa si svolse come avevamo previsto. Da quel giorno, Gondor avrebbe avuto un erede al trono ed una futura regina.

Ma, come gli anni passarono per nostro figlio, lo stesso tempo trascorse anche per noi. Il nostro aspetto restò immutato, concedendoci forza e vitalità duratura, ma dentro di noi, sentivamo che qualcosa stava cambiando. Quando la sera ti guardavo negli occhi, vedevo la stanchezza nel profondo della tua anima, quella stanchezza tipica della tua razza, cercavi di nasconderla ma non potevi, perché anch’io la sentivo. Iniziavo a sentire il peso del tempo come mai mi era successo. Anno dopo anno, tutti coloro che ci erano stati vicini, svanirono, ed in quei momenti compresi quello che mi sarebbe accaduto se fossi rimasto immortale, unico del mio popolo, su queste Terre. Mi sarei spento nella solitudine eterna, logorato dal dolore delle perdite di coloro che amavo.

Ma il mio destino era cambiato, quel lontano giorno, quando il nostro sangue si era unito. Ho vissuto questa lunga vita al tuo fianco, lunga per ciò che viene concesso agli Uomini, eppur breve per una creatura eterna come me, ma non mi importa, sono legato a te, nel bene e nel male.

Ed ora, insieme, affronteremo ancora una volta il Fato.

Dicono che il vero amore è per sempre.

Dicono che le anime di coloro uniti dal Destino perdureranno insieme per l’eternità.

In questo ha sempre creduto il mio popolo, ed in questo io stesso credo.

E quando questa sera mi stenderò accanto a te, dopo esserci amati un ultima volta, non avrò paura di affrontare quello che da tempo scorre nel mio sangue.

Sono stato al tuo fianco per tutta la vita e non mi tirerò indietro ora.

Ti stringerò tra le mie braccia ed accetterò il dono che Ilúvatar aveva destinato agli Uomini ma che, da quella lontana notte, è diventato parte di me.

Respirerò il tuo profumo e, ascoltando le tue dolci parole d’amore che per anni mi hanno riempito il cuore di felicità, chiuderò gli occhi.

Sfiorerò le tue labbra un ultima volta e, circondato dal tuo calore, riceverò quel mio dono Mortale.

L’ultimo dono.

 

I will stay forever here with you

My love

The softly spoken words you gave me

Even in death our Love goes on

                  - Even in death by Evanescence -           

 

 

~ The End ~

 

E  ce l’ho fatta!!

So che in questo momento mi starete odiando per come è finita…ma ormai mi conoscete, se non c’è qualcosa di triste non sono soddisfatta…hi hi…

A dir la verità questa storia era partita in un modo completamente diverso da come poi è proseguita, non sapevo nemmeno io cosa volevo di preciso…ma comunque, spero che vi sia piaciuta!!

Un grosso bacione alle Mellyn e alle Wicked Girls. Vi voglio sempre più bene tessore!!

E un piccolo appunto…provate a dire qualcosa contro l’Haldir che ho messo qui!! Ovviamente mi rivolgo alle fondatrici dell’AHESP…hi hi hi…era così poi?

Namarie

Ene