.|. La Vera Versione del Signore Degli Anelli .|.

Capitolo 2

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*** Legolas ***

Forse avevo esagerato, non era stata mia intenzione trattare Aragorn in quel modo. Ci avevo riflettuto tutta la notte, ed ero arrivato alla conclusione che c'era qualcosa che non andava in quello che io provavo per l'erede di Isildur. Non era normale che desiderassi stargli vicino più di ogni altra cosa, non era normale che soffrissi così atrocemente solo per aver litigato con lui.

Magari il motivo di questo mio interesse per lui era dovuto ai dieci anni di lontananza forzata... sì, era certamente quello.

E così la Compagnia dell'Anello aveva lasciato Rivendell. Nove compagni, come aveva detto Elrond, più un decimo infiltrato: il pony Billy.

Non successe niente di particolare durante l'inizio del nostro viaggio, a parte il fatto che io e Aragorn ci ignoravamo volutamente e parlavamo solo se obbligati da forze superiori. Mithrandir si era accorto che c'era qualcosa che non andava tra noi due, ma non aveva detto niente, né a noi, diretti interessati, né agli altri. Si era accontentato di starsene in disparte.

Non avevo intenzione di chiedere scusa a Aragorn. Forse era stato un errore trattarlo così, ma ciò che avevo detto era la verità, anche se un po' distorta dalla rabbia.

Il fatto era che avevo sempre creduto di essere speciale per lui. Per la prima volta in più di duemila anni mi ero fidato di qualcuno, e non di un Elfo, addirittura di un Uomo. Ero andato contro il volere della mia famiglia, sebbene poi avesse capito che Aragorn era una brava persona.

Ero rimasto ferito quando avevo scoperto che per Aragorn io non ero altro che uno dei tanti amici sparsi per i vari popoli. Magari mi considerava alla stregua di Gimli o Boromir.

O forse la mia reazione era eccessiva.

Ma quando avevo sentito quelle parole rivolte a Frodo... quelle erano le MIE parole, erano solo per me, erano l'unica cosa che mi aveva spinto ad andare avanti per dieci anni di monotonia e routine quotidiana.

Un giorno ci accampammo su un ammasso di rocce ai piedi del passo di Caradhras.

"Seguiremo questa direzione ad ovest delle Montagne Nebbiose per quaranta giorni... Se la fortuna ci assiste, la Breccia di Rohan sarà ancora aperta, e da lì volteremo verso est, per Mordor"

Gandalf aveva già pianificato tutto il viaggio, ma dalle sue parole era evidente che avesse semplificato tutto. Non sarebbe stato così facile, lo sentivo.

Guardai gli altri. Merry e Pipino si erano messi in testa di imparare a combattere con la spada, e avevano convinto Boromir a far loro da maestro. Era divertente osservarli, l'Uomo di Minas Tirith si era molto affezionato a quelle due pesti nel corso del viaggio.

"Due, uno, ciqnue! Bene, molto bene!"

Merry aveva finito la sua sequenza ed era visibilmente soddisfatto. Borormir passò a Pipino.

"Muovi i piedi!" consigliò Aragorn al giovane Hobbit, mentre stava seduto su un masso con la pipa accesa. Non lo guardai troppo a lungo.

"Mmh, bravo Pipino" commentò Merry.

"Grazie!"

"Più veloce! Più veloce!" Boromir era lanciatissimo, ma dovetti ammettere che i suoi erano bravi allievi.

Sam e Frodo sedevano su un'altra roccia, intenti a mangiare qualcosa, tanto per riempire lo stomaco.

"Se qualcuno chiedesse la mia opinione, e noto che nessuno la chiede, direi che abbiamo preso la strada più lunga! Gandalf!"

Lo Stregone si voltò verso Gimli, anche se ben sapeva quale sarebbe stata la proposta del Nano. Era dall'inizio del viaggio che non faceva altro che esaltare i grandi pregi di Moria e di suo cugino Balin.

"Potremmo attraversare le Miniere di Moria! Mio cugino Balin ci darebbe un benvenuto regale!"

Appunto...

"No, Gimli, non prenderei la strada attraverso Moria a meno che non avessi altra scelta"

Sospirai di sollievo: non ero raggiante all'idea di attraversare dei bui e stretti cunicoli sotterranei, da cui non potevo vedere il cielo e gli alberi... Gli Elfi e le caverne non erano mai andati d'accordo.

Ad un tratto sentii una vibrazione strana nell'aria, e mi portai su una roccia più alta, guardando il cielo in lontananza. Qualcosa stava arrivando, e non era amichevole... ma era ancora troppo lontana perchè potessi riconoscerla.

Sentii vagamente Merry, Pipino e Boromir che litigavano scherzosamente tra loro e la risata di Aragorn, ma non avevo tempo da perdere con loro.

"Che cos'è?" era la voce di Sam. Anche lui ora vedeva qualcosa nell'aria.

"Niente, solo una nuvoletta" Gimli era ancora risentito perché Gandalf aveva rifiutato la sua proposta di attraversare Moria.

"Si sposta velocemente" commentò Boromir, poi si rese conto di un particolare che era sfuggito a tutti "E contro vento!"

In quel momento capii di cosa si trattava.

"I Crebain da Dunland!"

"Via!" gridò Aragorn, prendendo tutto ciò che gli capitava a tiro e nascondendolo tra i cespugli e sotto le rocce. Gli altri lo imitarono, spegnendo il fuoco e togliendosi dalla vista dei grandi corvi.

Gli uccelli neri volarono velocemente sopra di noi e passarono oltre.

Io fui il primo a uscire, poi Gandalf.

"Spie di Saruman" disse quest'ultimo, nascondendo l'ira per il tradimento del Bianco "Il passaggio a sud è sorvegliato... Dobbiamo prendere il passo di Caradhras!"

Presto avrebbe fatto molto, molto freddo...

*** Aragorn ***

Soffrivo. Soffrivo terribilmente per l'atteggiamento che Legolas aveva assunto nei miei confronti, ma non potevo farci niente. L'Elfo era orgoglioso, non mi avrebbe mai chiesto scusa.

Ben presto la neve prese il posto dell'erba verde, e dovemmo arrancare faticosamente.
Io chiudevo la fila, qualche metro dietro Frodo. Vidi l'Hobbit mettere un piede in fallo e scivolare. Rotolò verso di me e mi affrettai a fermare la sua discesa.

Era stanco, come tutti di noi, e in più lui doveva sopportare il peso dell'Anello.

"Frodo!" lo chiamai, per assicurarmi che stesse bene, poi lo aiutai ad alzarsi in piedi.

Cercò freneticamente qualcosa sotto la camicia, ma quando alzò gli occhi vide che Boromir l'aveva trovata prima di lui.

L'Anello giaceva in mezzo alla neve.

"Boromir..." mormorai, preoccupato. Il guerriero di Minas Tirith era quello che più era attratto dall'Anello, temevo che avrebbe potuto fare qualcosa di pericoloso.

Sollevò l'Anello da terra, afferrando la catenina che Frodo aveva intelligentemente legato al gioiello. Non lo toccò. Almeno di questo gli fui grato.

"Che strano destino... dobbiamo provare tanti timori e dubbi per una cosa così piccola..." Boromir sussurrò queste parole come se si trovasse in un altro mondo, in cui non esistevo né io né nessun altro "...un oggettino..."

Fissava intensamente l'Anello.

Fece per prenderlo in mano. Non potevo permetterlo.

Dietro il guerriero vidi che Legolas stava lentamente imbracciando l'arco. Afferrai l'impugnatura della spada.

"Boromir!" gridai con autorità. Il guerriero sembrò svegliarsi. "Dà l'Anello a Frodo!" ordinai.

Il giovane Hobbit guardava Boromir con paura, e non potevo biasimarlo.

Boromir si avvicinò a Frodo e gli porse la catenina. L'Hobbit l'afferrò in fretta e se la rimise al collo, nascondendo il gioiello maledetto sotto i vestiti.

"Come desideri..." disse Boromir, guardandomi. Si forzò di ridere per fingere che ciò che era successo per lui non avesse significato nulla "...non m'interessa"

Scompigliò amichevolmente i capelli a Frodo, che si ritrasse leggermente al suo tocco, poi riprese il cammino.

Legolas mise da parte l'arco, io lasciai l'elsa della mia spada.

Questa volta ce l'eravamo cavata, ma cosa sarebbe successo se Boromir avesse avuto la possibilità di avere l'Anello una seconda volta?


Arrivammo presto al Passo di Caradhras, senza mai fermarci. Volevamo attraversare la montagna il prima possibile, Gandalf e Legolas avevano una brutta sensazione, e avevo imparato a fidarmi dell'intuito di entrambi.

Gli Hobbit non erano abbastanza alti per camminare nella neve alta circa un metro.

"Boromir!" chiamai, avevo bisogno di aiuto "Prendi Merry e Pipino! Non sono in grado di proseguire da soli!"

Boromir annuì nella mia direzione, e i due Hobbit mi guardarono con gratitudine.

Mi avvicinai a Frodo e Sam e li sollevai di peso. Non erano particolarmente pesanti, ma l'aria era pungente e il freddo penetrante. Faticavo terribilmente, ma dovevo proseguire.

Accanto a me vidi Legolas camminare leggiadro sulla neve, senza lasciare nemmeno un'impronta. Notevoli le caratteristiche elfiche, davvero.

Lo osservai mentre raggiungeva e superava Gandalf, portandosi all'inizio della fila. Non potevo fare a meno di restare incantato a guardarlo anche in una situazione come questa.

L'Elfo si fermò improvvisamente, spingendo lo sguardo fin dove poteva arrivare.

"C'è un'empia voce nell'aria!" gridò per farsi sentire al di sopra del rombo del vento.

Anche Gandalf si fermò ad ascoltare.

"E' Saruman!" gridò.

La neve sopra di noi si staccò all'improvviso, provocando una piccola valanga che ci mancò di poco. Protessi i piccoli Hobbit con il mio stesso corpo, e lo stesso fece Boromir.

"Vuole buttare giù la montagna!" dovevamo tornare indietro, non saremmo mai riusciti a proseguire. "Gandalf! Dobbiamo tornare indietro!"

"No!" ribatté lo Stregone. Si portò sul ciglio del crepaccio che correva alla nostra sinistra e pronunciò alcune mistiche parole "'Losto Caradhras, sedho, hodo, nuitho i 'ruith'!"

Sembrò non succedere niente.

Lasciai gli Hobbit in compagnia di Gimli. Non era molto più alto di loro, ma era forte e robusto e li avrebbe protetti.

Mi avvicinai a Gandalf e Legolas.

Adesso sentivo anch'io una voce profonda rimbombare tra le montagne e le valli. Mi immaginavo Saruman il Bianco, in cima alla sua torre a Orthanc, che gridava al vento i suoi incantesimi di morte. Un sasso piuttosto grosso cadde dall'alto, dritto sulla schiena di Legolas.

L'Elfo crollò in ginocchio, aveva perso conoscenza.

"Legolas!" gridai, preoccupato. Era terribilmente vicino al crepaccio, rischiava di cadere.

Al suono della mia voce, tutti si voltarono nella nostra direzione, in tempo per vedere l'Elfo sparire oltre il bordo del crepaccio.

"No!" gridai, lanciandomi verso di lui.

Lo raggiunsi appena in tempo e gli afferrai una mano tesa verso l'alto. Era ancora svenuto.

"Legolas! Legolas svegliati!"

Boromir raggiunse il mio fianco, ma non riusciva a raggiungere Legolas. Avevo le mani bagnate a causa della neve, mi stava scivolando...

L'Elfo lentamente sembrò riprendersi, e si rese subito conto della precaria situazione in cui si trovava. Fortunatamente non fece movimenti bruschi, ma si limitò a guardare in alto nella mia direzione.

"Coraggio Legolas! Afferra la mia mano!" gridò Boromir. Potevo non amare il guerriero, ma in quel momento fui lieto che si trovasse al mio fianco.

Legolas fece qualche tentativo, ma non riuscì a raggiungere la mano di Boromir.

Sapeva che presto sarebbe precipitato.

"Estel..." mormorò sottovoce. Il suo tono era triste e rassegnato "Mi dispiace per quello che ti ho detto quella sera... perdonami..."

"Non parlare come se stessi per lasciarmi!" sentivo le lacrime pungermi ai lati degli occhi, ma le ricacciai indietro.

Legolas mi ignorò.

"Mi ero arrabbiato perché pensavo di non valere niente per te... le tue parole al Consiglio... le stesse parole che pensavo fossero solo per me..."

In un lampo capii perché Legolas si era infuriato con me. Le parole che avevo rivolto a Frodo... le stesse con cui avevo promesso a Legolas amicizia eterna! Aveva ragione! Come avevo potuto dimenticare... Legolas si era sentito tradito, ferito...

Sentii la mano di Legolas allentare la presa sulla mia.

Si stava lasciando cadere!

"Lasciami Estel... rischi di precipitare anche tu..."

"No!"

Anche gli altri ora ci avevano raggiunto e guardavano la scena con il fiato sospeso. La montagna poteva caderci addosso da un momento all'altro.

"No! Non ti lascerò andare! Non abbandonarmi, Legolas! Non un'altra volta! Ho bisogno di te, della tua forza, della tua luce! La mia vita non è niente senza di te!"

Gli altri mi guardavano confusi, ma non me ne importava niente. Volevo solo riavere Legolas accanto a me, come dieci anni prima.

Ora le lacrime scorrevano libere sulle mie guance. Alcune caddero sulla pelle candida del viso di Legolas, che mi guardò intensamente.

"Perchè piangi?"

"Perchè non voglio perderti!" gridai, al colmo della frustrazione. Lo stavo perdendo... mi stava lasciando...

No, non doveva succedere!

In un impeto di rabbia, concentrai tutte le mie forze sul braccio che ancora sosteneva l'Elfo nel vuoto, e tirai verso di me.

Riuscii a sollevare l'Elfo quel tanto che bastava a Boromir per afferrarlo a sua volta.

Esausto, mi lasciai cadere sulla neve.

Legolas, sostenuto da Boromir, mi si avvicinò e crollò al mio fianco. Cercò la mia mano con la sua e, quando la trovò, intrecciò le sue dita con le mie. Lo lasciai fare. Ero felice solo di averlo di nuovo con me.

"Mi hai salvato la vita" sussurrò con voce rotta "Pensavo di non valere niente per te"

Non risposi, non volevo rovinare quel momento.

Gli altri continuavano a fissarci, senza lasciarci neanche un minuto di intimità. Mi rendevo conto che la situazione era critica, ma avrebbero potuto avere un po' più di tatto...

"Pensi davvero quello che hai detto prima?"

Mi sollevai su un gomito per guardarlo in viso. Aveva il respiro affannato per lo spavento che si era preso. Allungai una mano e gli accarezzai una guancia. Poi sorrisi.

"Certamente, mio principe..." anche lui sorrise "Ma non farmi più scherzi del genere"

Ci alzammo in piedi più o meno elegantemente, ancora scossi. Non appena fummo in piedi, mi gettò le braccia e mi abbracciò con forza, sotto gli sguardi sorridenti e anche un po' interdetti di Frodo e degli altri.

"Grazie Estel... non dubiterò mai più di te..."

Ricambiai l'abbraccio, avrei voluto che quel momento durasse in eterno.

Il mio desiderio però non si realizzò, perchè all'improvviso un fulmine azzurro squarciò il cielo, colpendo la cima della montagna. La neve ci cadde addosso con forza.

Legolas si staccò da me e si lanciò verso Gandalf, allontanandolo dal ciglio del crepaccio. Io e Boromir proteggemmo gli Hobbit, e tutti ci portammo il più vicino possibile al muro di rocce sulla nostra sinistra.

La neve ci seppellì completamente, e non vidi più niente.

*** Legolas ***

Fui il primo a uscire dal cumulo di neve che mi aveva seppellito, e subito mi guardai intorno alla ricerca degli altri.

Gandalf spuntò vicino a me, fortunatamente ero riuscito appena in tempo ad allontanarlo dal crepaccio.

Boromir e Aragorn liberarono gli Hobbit e Gimli dalla neve, che ora mi arrivava al petto. Aragorn... avevo ancora nella testa le sue lacrime e le sue parole...

Grande Ilùvatar, come lo amavo...

Già, ci avevo messo un po' di tempo per rendermene conto, ma ora ne ero assolutamente certo. Lo amavo. Lo amavo come non avevo mai amato nessuno in più di duemila anni d'età.

Eppure sapevo che per lui ero solo un buon amico.

Lui amava Arwen, la Stella del Vespro, l'avevo visto con i miei occhi.

Quando fummo tutti fuori dalla neve, sentii Boromir gridare qualcosa verso Gandalf. Ero grato al guerriero, aveva aiutato Aragorn a salvarmi la vita, quindi ero ben disposto ad ascoltare la sua proposta. Teneva tra le braccia Merry e Pipino, sollevandoli perchè non rimanessero seppelliti nella neve.

"Dobbiamo abbandonare la montagna! Verso la Breccia di Rohan! Prendete la via ovest per la mia città!"

Ci stava provando un'altra volta. Voleva assolutamente che l'Anello arrivasse a Minas Tirith. Fortunatamente Aragorn non era dello stesso avviso del guerriero.

"La Breccia di Rohan ci porta troppo vicini a Isengard!"

Gimli tornò all'attacco con la solita proposta.

"Non possiamo passare sopra le montagne! Passiamoci sotto, attraverso le Miniere di Moria!"

Gandalf, questa volta, non rifiutò subito la proposta del Nano. Non sapeva cosa fare, lo leggevo nei suoi occhi. Sospirò.

"Colui che porta l'Anello, decida" affermò infine.

Frodo lo guardò spaesato. Finora il fatto di essere il Portatore dell'Anello non aveva comportato il prendere decisioni così importanti. Dalla sua risposta poteva dipendere il destino della Compagnia e della Terra di Mezzo.

Frodo scambiò uno sguardo con Sam, quasi cercando il suo consiglio, ma sapeva che il povero giardiniere non avrebbe potuto essergli di alcun aiuto.

Riportò lo sguardo su Gandalf.

"Attraverseremo le Miniere" affermò.

Chiusi gli occhi. Passare per Moria significava un lungo viaggio nell'oscurità di caverne chiuse e senz'aria. Non potevo però tirarmi indietro.

"Così sia fatto" sospirò Mithrandir.

Tornammo indietro.

La montagna ci aveva sconfitti.


Arrivammo di notte davanti a quella che sembrava un'immensa parete rocciosa ben levigata. Gimli sembrava essere davanti alla cosa più bella che avesse mai visto. Davanti a quel muro di roccia c'era un piccolo lago. Non mi piaceva quell'acqua, era scura e troppo tranquilla.

"Oh! Le mura di Moria!" esclamò il Nano con venerazione.

Ecco cos'era allora quella squallida parete rocciosa. Non feci commenti, non volevo scatenare una rissa.

Gandalf ci condusse in un punto esatto delle mura e ne esaminò la superficie.

"Dunque... vediamo... Ithildel: riflette solo i raggi del sole e della luna..." non appena ebbe detto queste parole, la nuvola nera che aveva coperto fino ad allora la luna, permise all'astro d'argento di apparire in tutto il suo splendore. I raggi della luna si rifletterono sulla parete, creando il luminoso disegno di una porta ben lavorata. C'erano delle iscrizioni sulla sommità della porta.

Mithrandir le tradusse a beneficio di tutti.

"C'è scritto: 'Le porte di Durin, signore di Moria; dite amici ed entrate'"

"E che cosa vorrebbe dire?" esclamò Merry, perplesso. Come tutti, d'altronde.

"Oh, è semplice!" ribatté Gandalf. Ero felice che almeno lui ci avesse capito qualcosa. "Se uno è amico dice la parola magica e le porte si aprono. 'Annon Edhellen edro hi ammen'!"

Non successe assolutamente nulla, e un silenzio imbarazzato calò sulla compagnia. Gandalf, interdetto, provò a spingere le porte con la forza, inutilmente. A quanto pareva, non era quella la parola magica...

Passò diverso tempo, e ancora Gandalf non era riuscito ad aprire le porte.

Frodo sedeva su una roccia, mentre Merry e Pipino giocavano tra loro. Gimli si era acceso la pipa e Boromir misurava a grandi passi la striscia di terra tra la parete rocciosa e il piccolo lago.

Aragorn e Sam stavano liberando il pony Billy. Il giovane Gamgee sembrava sull'orlo delle lacrime.

"Le miniere non sono adatte a un pony, anche se è coraggioso come Billy" sentii la voce di Aragorn.

"Addio Billy" sussurrò Sam, accarezzando l'animale con affetto.

"Vai Billy!" Aragorn lo spronò ad andare, poi, vedendo lo sconforto dell'Hobbit, cercò di consolarlo "Non preoccuparti, Sam... conosce la via di casa"

Poi si avviò per raggiungermi. Non eravamo ancora riusciti a stare un po' per conto nostro.

Merry e Pipino cominciarono a lanciare sassolini nel lago. Una strana vibrazione nell'aria mi disse che non era salutare continuare a farlo. Anche Aragorn aveva la mia stessa impressione, e fermò il braccio di Pipino a mezz'aria.

"Non disturbare l'acqua..." sibilò.

Infine mi raggiunse. Eravamo leggermente appartati. Boromir continuava a camminare avanti e indietro. Stava venendo nella nostra direzione, ma appena ci vide tornò sui suoi passi.

Stavo rivalutando quel guerriero.

"Come ti senti?" mi chiese Aragorn.

"Bene, grazie a te" gli sorrisi e lo invitai a sedersi accanto a me.

"Sai, Legolas..." iniziò lui, quando si fu seduto. Sembrava... imbarazzato "Prima, sul Passo di Caradhras, ho temuto di perderti"

Cercai la sua mano con la mia e la afferrai. Mi sembrava di essere troppo sfacciato, eppure lui non fuggì il mio tocco, anzi rinforzò la presa. Appoggiai la testa sulla sua spalla.

"Mi dispiace per quello che ho detto a Frodo al Consiglio..."

Si era ricordato, dunque...

"Ho capito perchè ti sei arrabbiato con me, e avevi ragione. Non avrei dovuto dire quella frase, ma non avevo intenzione di ferirti..."

Gli feci segno di tacere, non volevo più tornare su quel discorso.

"Shhh... ora non ha più importanza... mi basta sapere di valere qualcosa per te..."

"Come puoi anche solo dubitarne!" esclamò Aragorn, guardandomi con sicurezza "Tu sei la persona più importante della mia vita"

Come avrei voluto potergli credere, potergli finalmente rivelare i miei sentimenti. Eppure avevo visto lui e Arwen, quella sera a Rivendell... lui non poteva amare me ed essere contemporaneamente legato a lei.

Mi accarezzò gentilmente i capelli, e io chiusi gli occhi, sapendo di avere la felicità a portata di mano.

"Estel, io..."

Sentii un rumore assordante, e mi voltai verso la parete rocciosa. Le porte si stavano aprendo. Da quello che riuscii a capire, Frodo aveva risolto l'enigma dell'iscrizione, pronunciando la parola 'amici' in elfico.

Mellon.

Mi staccai a malincuore da Aragorn, ma prima che raggiungessimo gli altri, lui mi si avvicinò e mi diede un lieve bacio sulla fronte. Tremai a quel contatto con le sue labbra calde.

Volevo di più... volevo assaggiare quelle labbra, sentirle sulle mie...

Mi avvicinai a lui, così tanto che sentii il suo respiro sulla mia bocca. Eravamo così vicini, sarebbe bastato un altro paio di centimetri...

Gimli venne verso di noi, e mi affrettai ad allontanarmi dal Ramingo. Dannato Nano, sempre al momento sbagliato!

"Presto, Mastro Elfo, gusterai la leggendaria ospitalità dei Nani..." mi disse mentre attraversavamo le grandi porte "Grandi falò, birra di malto, carne stagionata con l'osso. Questa, amico mio, è la casa di mio cugino Balin, e la chiamano una miniera... una minera!"

C'era qualcosa di strano in quella caverna... uno strano odore nell'aria... odore di...

Morte.

Centinaia di corpi in putrefazione giacevano in mezzo alla polvere e ai ragni. Sussultai, lo spettacolo era a dir poco stomachevole.

"Non è una miniera..." mormorò Boromir, altrettanto scosso "E' una tomba!"

Mi avvicinai al corpo di quello che doveva essere stato un Nano. Era morto trafitto da una freccia mortalmente precisa. Quella freccia... conoscevo quella fattura!

Sentii Gimli urlare tutto il suo dolore. In quel momento provai della pena per lui, ma non potevo fare niente.

Avevo capito cosa aveva causato quel massacro.

"I goblin!" gridai.

Non appena anche gli altri realizzarono la situazione, estrassero le proprie armi. Io imbracciai l'arco e incoccai una freccia, già pronto al tiro.

"Dirigiamoci alla Breccia di Rohan..." disse Boromir "Non saremmo mai dovuti venire qui! E ora andiamocene! Fuori!"

No... fuori il pericolo era ancora più grande!

Stavo per gridare un avvertimento, quando sentii gli Hobbit urlare e chiamare aiuto.

"Frodo!"

Una creatura gigantesca e rivoltante era comparsa dalle profonde acque del lago. Aveva lunghi tentacoli robusti con cui frustava l'aria: uno di quei tentacoli aveva afferrato il Portatore per un gamba e ora lo teneva sollevato da terra, sulla sua bocca spalancata, pronto a mangiarlo.

Scoccai una freccia e colpii il tentacolo, ma la creatura non sembrò risentirne minimamente. Presto anche Aragorn e Boromir si unirono alla lotta, tagliando di netto i tentacoli che gli capitavano a tiro.

Scagliai frecce a ripetizione.

Finalmente Aragorn tranciò il tentacolo che aveva afferrato Frodo, e l'Hobbit cadde tra le braccia di Boromir.

"Nelle miniere!" gridò Gandalf. Gli Hobbit e Gimli lo seguirono, restavamo solo io, i due guerrieri e il Portatore fuori da Moria.

"Legolas! Nella caverna!" gridò Boromir nella mia direzione. Non lo ascoltai e continuai a colpire la creatura con i miei dardi. Volevo assicurarmi che Aragorn e gli altri fossero al sicuro prima di andarmene a mia volta.

Quando tutti furono entrati, mi voltai e cominciai a correre. La creatura mi seguì, ma era troppo grande per passare attraverso le porte. I suoi tentacoli colpirono la roccia e la fecero franare sopra le nostre teste.

Gli altri erano già al sicuro, ma io ero rimasto indietro. Non ce l'avrei mai fatta in tempo!

Scattai e corsi ancora più veloce verso Aragorn. Dovevo pensare a lui, dovevo combattere per avere la possibilità di stare di nuovo con lui.

I polmoni mi scoppiavano per lo sforzo, ma non cedetti. Saltai in avanti, evitando la caduta di alcuni massi. Vidi con la coda dell'occhio altre rocce in caduta libera. C'era qualcuno lì sotto...

Guardava me, non in alto!

"Aragorn!" gridai, lanciandomi verso di lui e spingendolo via appena in tempo. Rovinammo a terra, mentre le porte venivano bloccate dalle rocce e Gandalf soffiava sul suo bastone, accendendolo.

Senza che ce ne rendessimo conto, nello slancio, Aragorn era finito sopra di me. Potevo sentire il suo corpo sul mio, e mi faceva impazzire. Dovevo spostarmi immediatamente o avrei commesso una sciocchezza.

Cercai di defilarmi, ma lui mi fermò. Questo mi soprese, e lo guardai interrogativamente negli occhi. C'era qualcosa nel suo sguardo... che fosse...

...desiderio?

Non riuscivo a capirlo.

"Mi hai salvato la vita" mi sussurrò con una voce strana, calda.

"Una vita per una vita" replicai, senza staccare lo sguardo da lui.

"Non lo dimenticherò mai" mi disse, prima di avvicinare il suo viso al mio. Questa volta sfiorai le sue labbra, ma delle voci preoccupate ci fecero tornare alla realtà.

"Aragorn! Legolas! State bene?" chiesero Merry e Pipino concitatamente.

Aragorn si alzò in piedi, tendendo una mano per aiutarmi. La afferrai e mi lasciai trascinare in piedi a mia volta.

"Sì, non preccupatevi" rispose Aragorn sorridendo.

"Non abbiamo altra scelta" affermò Gandalf, guardando sconsolato le porte crollate "Dobbiamo affrontare le lunghe tenebre di Moria... State in guardia: ci sono cose più antiche e più malvagie degli Orchi nelle profondità della terra... Ora silenzio! E' un viaggio di quattro giorni fino all'altra parte, speriamo che la nostra presenza passi inosservata..."

Mi guardai attorno, un po' timoroso.

Già sentivo della mancanza della luce, del cielo e degli alberi. Quel viaggio per me sarebbe stato terribilmente difficile, lo sentivo, ma non avrei rivelato a nessuno la mia debolezza.

Ero forte, ero orgoglioso, ero un principe elfico: non mi era permesso mostrarmi in difficoltà.