.|. La Vera Versione del Signore Degli Anelli .|.

Capitolo 1

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*** Legolas ***
 
Arrivai a Rivendell il 24 ottobre 3018, anno della Terza Era. Avevo già visitato spesso il reame di Sire Elrond, ma solo come amico di passaggio... In effetti, quando arrivai a destinazione, la bella città elfica mi sembrò molto diversa: quel giorno non mi presentavo al re come viaggiatore, bensì come messaggero di mio padre Thranduil, signore di Mirkwood. Dovevo portare al Consiglio importanti notizie sulla creatura chiamata Gollum, ma avevo il sospetto che il mio compito non si sarebbe fermato lì. Una sensazione, niente più, ma che mi perseguitava da molti giorni, ormai.
 
Smontai da cavallo e mi guardai attorno estasiato, come sempre quando visitavo quelle terre: nonostante avessi più di duemila anni d'età, rimanevo sempre a bocca aperta davanti alla bellezza più sublime e perfetta. E Rivendell era esattamente questo.
 
Uno scudiero prese le redini del mio cavallo e lo portò nelle grandi stalle reali. Sapevo che l'avrebbero trattato bene. Un Elfo di poco più giovane di me mi si avvicinò e s'inchinò profondamente.
 
"Benvenuto, principe, permettetemi di farvi strada"
 
Annuii al giovane e iniziai a seguirlo per le vie di Rivendell. Mai quel regno aveva permesso a tanti individui di razze diverse e, talvolta, nemiche di incontrarsi pacificamente al suo interno. Gli Elfi erano sempre stati molto protettivi nei confronti delle loro terre. Mi fermai un attimo quando due personaggi attirarono la mia attenzione.
 
Uno era un Uomo appena giunto a cavallo da uno degli ingressi laterali. Non era ancora smontato, ma già si guardava attorno con diffidenza e stupore. Era sicuramente un nobile, lo capivo dai suoi movimenti e dal suo portamento sicuro e baldanzoso. Era di bell'aspetto, almeno secondo i canoni degli Uomini, con lunghi capelli castani che gli scendevano fino alle spalle. Un grande scudo circolare giganteggiava sulla sua schiena.
 
"Chi è quell'Uomo?" chiesi al mio accompagnatore.
 
"E' Boromir, figlio del Sovrintendente di Gondor. E' qui in missione per conto di suo padre Denethor"
 
Lasciai che il mio sguardo vagasse ancora nel cortile. A quanto pareva, era appena giunta una compagnia di Nani, provenienti da non so quale caverna. Non amavo i Nani, come tutti gli Elfi, d'altronde. Li trovavo rozzi, sporchi e maleducati, nonché terribimente brutti. Non che l'aspetto fisico, nella situazione in cui ci trovavamo, contasse molto, ma ero pur sempre un Elfo, un esaltatore della bellezza. Riuscivo con qualche sforzo a trovare attraenti alcuni Uomini, ma i Nani proprio mi ispiravano solo oscurità e polvere. La compagnia passò sotto l'arco d'entrata e si guardò attorno spaesata e... sì, anche disgustata. Tra di loro notai un Nano che sembrava più giovane degli altri, a giudicare dal fatto che i suoi capelli e la sua barba arruffata non erano grigi ma sul rosso.
 
Lo indicai all'Elfo che mi aspettava, che mi rispose in tono abbastanza sprezzante.
 
"Quello più giovane è Gimli, e il Nano vicino a lui è suo padre Gloin. Si dice che quest'ultimo sia un amico di Mithrandir. Vogliamo andare, adesso?"
 
Ripresi a seguirlo, ed egli mi condusse in un grande salone in cui potevo rinfrescarmi e darmi una sistemata. C'era ancora un giorno prima del Consiglio, e avevo saputo che il giovane Hobbit che aveva portato l'Anello fin lì si era appena ripreso dall'attacco di un Nazgul. Tolsi il mantello e le protezioni in cuoio, restando con la veste e i pantaloni; non mi sentivo a mio agio, mi sembrava di essere troppo fragile, ma lì ero al sicuro: la magia degli Elfi proteggeva Rivendell.
 
Ero contento, in un certo senso, che l'Anello fosse in mano a un Hobbit. Sempre meglio di un Nano, poco ma sicuro, e se fosse caduto nelle mani dell'Uomo sbagliato, non avremmo avuto alcuna speranza di battere Sauron. Certo, a quel tempo pensavo che un Elfo sarebbe stato il Portatore ideale, ma il mio popolo era sempre più debole, i suoi poteri sempre più fragili... il nostro tempo stava per arrivare, lo sapevo, e forse questa sarebbe stata l'ultima missione a cui avremmo partecipato.
 
"E così sei arrivato, alla fine. Speravo che tuo padre mandasse te come suo araldo"
 
Questa voce... Mi voltai di scatto, con un sorriso radioso dipinto sul volto.
 
"Aragorn!"
 
Lui allargò le braccia e io non me lo feci ripetere. Restammo abbracciati per qualche istante, poi lui si allontanò.
 
"Legolas, vecchio amico mio... E' una gioia rivederti! Non sei cambiato per niente"
 
"Tu invece sei quasi irriconoscibile, Estel... sei più maturo, più robusto. Gli anni passati tra i Raminghi ti hanno reso più forte, a quanto pare"
 
"E tu invece sei diventato troppo gentile! Ma quanti anni sono passati? Cinque? Sei?"
 
"Dieci, Estel... sono passati dieci anni"
 
"Per i Valar, quanto tempo... ma dimmi, come stai? E come sta tuo padre?"
 
"Mio padre sta bene e ti manda i suoi saluti. Non si è dimenticato di te. Quanto a me... ci sono stati tempi peggiori"
 
Dieci anni... non potevo credere che finalmente avevo ritrovato il mio amico Aragorn dopo dieci anni... Sembrava un sogno, e io non avevo nessuna intenzione di svegliarmi.
 
"Problemi?"
 
Era sempre stato così con me: gentile e protettivo, nonostante avessi duemila anni più di lui.
 
"No, solo presagi... sento il pericolo aleggiare nell'aria, in ogni albero, in ogni roccia, in ogni goccia d'acqua del fiume... quest'ombra che viene dall'est mi ha lasciato confuso e disorientato"
 
Aragorn sospirò. Sapevo che anche lui avvertiva la minaccia di Sauron in ogni parte della terra, era impossibile non percepirla. Almeno per creature come noi.
 
"Non preoccupiamoci di questo, almeno per stasera" mi disse "Teniamo gli affanni lontani dai nostri cuori ancora fino a domani. Riposati, vedo dai tuoi occhi che sei stanco, anche se so che non lo ammetterai mai... Ci rivedremo domani mattina al Consiglio"
 
"Buona notte, Estel"
 
Non avrei voluto che se ne andasse, ma dopotutto aveva ragione: il viaggio da Mirkwood a Rivendell non era cosa da poco, e io ero affaticato. Chiamai qualcuno perché mi conducesse nella camera preparata per me, mi infilai nel grande letto a baldacchino e mi addormentai. Quella notte sognai Aragorn.
 
*** Aragorn ***
 
Rivedere Legolas dopo dieci anni mi aveva riempito il cuore di una gioia immensa. Il giorno in cui ci eravamo separati, lui mi aveva detto che i nostri destini si sarebbero nuovamente intrecciati, un giorno... e quel giorno era finalmente arrivato.
 
Sedevo al buio, in un angolo della grande sala in cui erano custoditi i frammenti di Narsil, la Spada che Fu Rotta. Credevo che sarei stato tranquillo in quel luogo, pochi lo visitavano di giorno, e di notte era praticamente deserto. Fingevo di leggere un libro, ma in realtà stavo meditando.
 
Avevo molti pensieri per la testa: preoccupazione per Frodo e per l'avvento del male sulla Terra di Mezzo, gioia per il ritrovamento di Legolas e tristezza perché presto avrei dovuto lasciare Arwen. Già, la dolce Stella del Vespro... avevo paura di quello che mi avrebbe detto, perché nel mio cuore sapevo che la stavo solo ingannando. Forse l'amavo ancora, questo non riuscivo a capirlo, ma non più di quell'amore forte e puro che avevo provato quel giorno di tanti anni fa in cui l'avevo vista per la prima volta.
 
In più, sapevo che suo padre, re Elrond, non approvava la nostra relazione... non volevo che per causa mia lei dovesse rinunciare al suo titolo e ai suoi privilegi. Per non parlare della sua immortalità.
 
Un rumore di passi mi distolse dai miei pensieri. Non immaginavo chi potesse essere, ma dal rumore non era certamente un Elfo: non l'avrei sentito arrivare finché non fosse stato lui a voler mostrare la sua presenza.
 
L'Uomo che arrivò era giovane e forte: lo conoscevo di fama, e sapevo che prima o poi sarebbe venuto qui. Solo, speravo che non decidesse di farlo proprio adesso. Era Boromir, figlio di Denethor, ed era giunto qui da Minas Tirith.
 
Mi squadrò un attimo, e io non abbassai lo sguardo, poi si rivolse al grande dipinto che occupava tutta una parete della stanza immersa nella penombra. Raffigurava Isildur il giorno in cui sconfisse Sauron grazie a Narsil. Il pittore aveva fatto in modo che il frammento della spada brillasse di luce propria, e il dipinto era insieme bellissimo e inquietante.
 
Boromir non disse una parola e si diresse verso i frammenti della spada.
 
"Ah... i frammenti di Narsil..."
 
Non credo stesse parlando con me, probabilmente stava parlando tra sé e sé. Prese l'elsa dell'arma e ne saggiò la robustezza. Era un onore per lui poter stringere quella spada tra le mani, almeno così pensavo. Passò un dito sulla lama.
 
"...la lama che staccò l'Anello dalla mano di Sauron..."
 
Lo sentii sussultare. A quanto pareva, si era graffiato un dito.
 
"E' ancora affilata..." sussurrò così piano che quasi non lo sentii, ma percepii chiaramente la venerazione nella sua voce. Volse lo sguardo verso di me, forse chiedendosi cosa ci facessi io lì.
 
"Ma è un cimelio in frantumi!" esclamò, appoggiando malamente l'elsa sul tavolo, che però cadde a terra con un rumore secco e metallico.
 
Boromir, che già se ne stava andando, esitò, forse sapeva di aver mancato di rispetto, ma dopo qualche istante scomparve da dove era venuto.
 
Mi alzai e mi avvicinai alla spada, raccolsi l'elsa e la riposi con attenzione al suo posto. Misi una mano sul cuore, inchinandomi leggermente, e avvertii la presenza di qualcun altro nella stanza. Non mi voltai, sapevo perfettamente di chi si trattava.
 
"Perchè temi il passato?" era Arwen, bella come solo una stella poteva esserlo "Tu sei l'erede di Isildur, non Isildur stesso... non sei legato al suo destino"
 
Avevamo già affrontato questo discorso diverse volte. Sapevo che aveva ragione, ma non riuscivo a convincermi. Mi voltai e la guardai con dolcezza. Forse non l'amavo più, ma provavo per lei un sentimento molto profondo. Ciò che mi legava a quella bellissima Elfa non si era affievolito col tempo, si era solo trasformato da amore in affetto fraterno, almeno da parte mia. Perchè sapevo che lei mi amava ancora.
 
"Lo stesso sangue scorre nelle mie vene... la stessa debolezza..."
 
Mi si avvicinò, guardandomi fisso negli occhi, e non distolse mai lo sguardo, sicura com'era delle sue parole.
 
"Il tuo momento arriverà, affronterai lo stesso maligno, e tu lo sconfiggerai. L'Ombra non ha ancora preso il dominio. Né su te... né su me"
 
Uscimmo nel cortile per fare una passeggiata e ci fermammo sotto alcuni alberi, baciati dai raggi della luna.
 
"Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?" esordì lei.
 
Sì, lo ricordavo...
 
"Credevo di essermi smarrito in un sogno"
 
Ed era vero, le mie parole erano esatte, ma sapevo che erano parole ingannatrici, che lei avrebbe frainteso. Solo, non avevo il coraggio di ferirla.
 
"Lunghi anni sono passati... non avevi gli affanni che hai ora..." mi accarezzò una guancia "Ricordi quello che ti ho detto?"
 
Sussultai involontariamente, ma lei non se ne accorse. Il momento era giunto, dunque...
 
"Hai detto che ti saresti legata a me, rinunciando all'immortalità del tuo popolo"
 
Accarezzai la Gemma Elfica che pendeva al suo collo, il simbolo della sua immortalità. Non volevo che rinunciasse ad essa, non potevo permetterlo...
 
"E a questo mi attengo: preferirei dividere una sola vita con te, che affrontare tutte le ere di questo mondo da sola" vidi che si stava togliendo la Gemma Elfica dal collo. Sentii un fruscio dietro di noi, ma non ci feci caso: forse era uno scoiattolo, o un altro animaletto.
 
Bloccai la mano di Arwen e le impedii di togliere il ciondolo. Mi guardò sorpresa.
 
"Perdonami, Arwen, ma... non posso accettarlo. Non posso permettere che tu rinunci alla tua immortalità per un Uomo che non ti ama"
 
"Tu... non mi ami?"
 
Sospirai. Era il momento della verità.
 
"No. Provo per te un sentimento molto profondo, ma che non sfocia nell'amore. Non giudicarmi male, non ho mai voluto usarti, ma avevo paura di ferirti..."
 
Vidi una lacrima solcarle una guancia, poi un'altra, e un'altra ancora.
 
"Questi anni non hanno dunque avuto nessun significato?"
 
"Arwen... questi sono stati gli anni più belli della mia vita, ma non posso continuare a illuderti. Non ti amo, Arwen... forse non ti amerò mai"
 
Le sue lacrime aumentarono il ritmo, e lei abbassò lo sguardo per la prima volta in quella sera. Mi avvicinai a lei con l'intento di consolarla, ma indietreggiò.
 
"Addio Estel..." mi disse, prima di allontanarsi correndo.
 
"Addio Arwen..." e mi incamminai verso la mia stanza.
 
*** Legolas ***
 
Quando li avevo visti incamminarsi per il cortile, avevo deciso di seguirli per unirmi a loro.
 
Erano anni che non vedevo Arwen, la bellissima Stella del Vespro, e desideravo riabbracciarla, così come desideravo passare un po' di tempo in compagnia di Aragorn. Non mi aspettavo che quei due fossero così amici.
 
Mi nascosi dietro un cespuglio da cui potevo vedere e sentire tutto perfettamente: volevo far loro una sorpresa.
 
Quello che sentii, però, mi lasciò senza fiato: a giudicare dalle parole che si stavano scambiando, quei due erano innamorati. Non me l'aspettavo e, anche se non ne conoscevo il motivo, mi sentii terribilmente triste a quella prospettiva.
 
"Hai detto che ti saresti legata a me, rinunciando all'immortalità del tuo popolo"
 
Le parole di Aragorn mi trapassarono il cuore come tante lame. Perchè era così difficile per me accettarlo? Perchè il mio cuore sanguinava nel sapere Aragorn tra le braccia di qualcun altro? Forse perchè non me ne aveva mai parlato? Ma erano dieci anni che non ci vedevamo!
 
Restai in silenzio ad ascoltare.
 
"E a questo mi attengo: preferirei dividere una sola vita con te, che affrontare tutte le ere di questo mondo da sola"
 
Non potevo crederci... Arwen stava scegliendo una vita mortale per poter restare al fianco di Aragorn.
 
Non potevo resistere oltre.
 
Mi allontanai da lì, senza sentire il resto del discorso e senza preoccuparmi di non farmi sentire. Non mi interessava più niente, volevo solo arrivare nella mia stanza e affondare in un sonno senza sogni.
 
E così feci, trovando la pace nel mio letto per qualche ora.
 
Quando mi svegliai il sole era appena sorto: il Consiglio si sarebbe tenuto a breve.
 
Gli avvenimenti della sera prima tornarono a perseguitarmi. Forse avrei dovuto parlarne con Aragorn... no, non erano affari miei, in fondo.
 
Mi vestii e scesi per la colazione.
 
Subito dopo mi incamminai verso il luogo in cui si sarebbe svolto il Consiglio. Ero uno dei primi, c'erano solo gli Elfi che insieme a me rappresentavano il mio popolo e gli Uomini di Gondor, Boromir compreso.
 
Gli Elfi si alzarono e si inchinarono al mio passaggio, dopotutto ero il figlio del re, mentre gli Uomini mi squadrarono da capo a piedi, non ho mai capito se con ammirazione o disprezzo.
 
Rivolsi loro un saluto veloce e mi sedetti sulla sedia che mi era stata riservata, esattamente in mezzo ai miei compagni. Quando fui seduto, anche gli altri Elfi mi imitarono.
 
Pian piano arrivarono anche gli altri convocati, la compagnia dei Nani e, infine, re Elrond insieme a Mithrandir, al giovane Hobbit Frodo e ad Aragorn.
 
Il Consiglio di Rivendell stava per cominciare. Non avevo più tempo di pensare ai miei problemi personali, la Terra di Mezzo aveva bisogno anche di me.
 
"Stranieri di remoti paesi e amici di vecchia data..." esordì Elrond, al che ogni mormorio cessò e l'attenzione di tutti si catalizzò sul sovrano di Rivendell "...Siete stati convocati per rispondere alla minaccia di Mordor. La Terra di Mezzo è sull'orlo della distruzione, nessuno può sfuggire"
 
Mi voltai verso Aragorn e incrociai il suo sguardo: non riuscivo a capire cosa ci fosse nei suoi occhi. Malinconia, rabbia, preoccupazione... non riuscivo a leggere nei suoi pensieri, e questo mi spaventò.
 
"O vi unirete, o crollerete" la voce di Sire Elrond mi riportò ancora una volta alla realtà. "Ogni razza è obbligata a questo fato, a questa sorte drammatica"
 
Il Re si voltò verso l'Hobbit e, con gesto conciliante, gli chiese di portare l'Anello su un tavolino di pietra al centro del cerchio di sedie. Sentivo la presenza di altri tre Mezzuomini nei paraggi, così come la sentivano gli altri Elfi, ma feci loro segno di non dire niente al re. Elrond forse era troppo concentrato su Frodo e sul Consiglio per avvertire quelle presenze, ma io sapevo che non erano una minaccia.
 
Frodo si alzò e posò l'Anello sul tavolino.
 
Gli invitati non poterono trattenere commenti a mezza voce. Nessuno di loro, in realtà, aveva mai creduto che quell'Hobbit avesse davvero l'Unico Anello in suo possesso.
 
Non capivo tutto quello che veniva detto, le voci si sovrapponevano, ma sentii Boromir sussurrare quasi a se stesso "Allora è vero..."
 
Quando il momento di stupore passò, il figlio di Denethor si alzò in piedi. Vedevo nei suoi occhi che se l'Anello fosse finito in mano sua, il mondo sarebbe caduto. Non avvertivo la malvagità nel suo cuore, ma non mi sentivo tranquillo quando lui era nei paraggi. Quell'Uomo mi inquietava... o, per lo meno, mi inquietavano i suoi pensieri. Pensieri di guerra, di sangue e di morte. Voleva usare l'Anello contro Sauron, lo capii ancora prima che lui stesso lo ammettesse davanti al Consiglio.
 
"Questo è un dono..." sibilò, attirando l'attenzione "Un dono ai nemici di Mordor! Perchè non usare l'Anello? A lungo mio padre, Sovrintendente di Gondor, ha tenuto le forze di Mordor a bada! Grazie al sangue del nostro popolo, tutte le vostre terre sono rimaste al sicuro! Date a Gondor l'arma del Nemico! Usiamola contro di lui!"
 
Mentre Boromir era impegnato nel suo monologo, io fissavo Aragorn. Volevo vedere le sue reazioni al discorso dell'Uomo. Aragorn era spazientito, sospirò diverse volte, non riusciva a capire come Boromir potesse anche solo pensare di poter usare l'Anello per i suoi scopi.
 
Quando Boromir finì di parlare, mi preparai a smontare tutto il suo entusiasmo, ma Aragorn mi precedette, togliendomi le parole di bocca.
 
"Non potete servirvene. Nessuno di noi può. L'Unico Anello risponde soltanto a Sauron: non ha altri padroni"
 
Scandì bene l'ultima frase per essere sicuro che tutti avessero capito.
 
Boromir ribatté con rabbia.
 
"E cosa ne sa un Ramingo di questa faccenda?"
 
Eh no! Questo non potevo sopportarlo! Era assoluta mancanza di rispetto! Aragorn era pur sempre l'erede al trono, quel Boromir avrebbe dovuto essere suo suddito! Come poteva Aragorn sopportare questo trattamento? Balzai in piedi, pronto a difendere il mio amico.
 
"Non è un semplice Ramingo!" esclamai, e percepii i suoi occhi su di me. Forse voleva che mi fermassi, che non rivelassi la sua vera identità, ma non potevo permettere che quell'Uomo ignorante lo trattasse come un'infima creatura. Era pur sempre un re, anche se senza corona! "Lui è Aragorn, figlio di Arathorn: si deve a lui la vostra alleanza!"
 
Molti degli invitati mi squadrarono come se avessi appena detto una terribile eresia. Frodo fissò il suo sguardo sorpreso su Aragorn, e lo stesso fece Boromir.
 
"Aragorn?" nella sua voce erano evidenti il disprezzo e l'incredulità "Questo è l'erede di Isildur?"
 
"Ed erede al trono di Gondor" aggiunsi, volevo che fossero chiari i ruoli: era Aragorn il legittimo re, non Boromir. Quest'ultimo gli doveva rispetto.
 
"Siediti, Legolas" mi disse Aragorn, fissandomi intensamente, non sapevo se con ira o con gratitudine.
 
Stavo per obbedire, quando sentii le ultime parole di Boromir. Parole pronunciate con rabbia, parole che mai avrebbe dovuto dire. Fissò prima me come se volesse incenerirmi, poi spostò lo sguardo sul mio amico.
 
"Gondor non ha un re... a Gondor non serve un re"
 
E con questo chiarì quali erano i suoi sentimenti verso quel Ramingo.
 
"Ha ragione Aragorn, non possiamo servircene"
 
Fui molto grato a Gandalf per questo suo intervento tempestivo: forse, se non avesse parlato, sarei arrivato alle mani con Boromir, che nel frattempo si era seduto al suo posto.
 
Elrond riprese il controllo del Consiglio.
 
"Non esiste altra scelta: l'Anello deve essere distrutto!"
 
"Allora cos'aspettiamo!" l'attenzione di tutti fu attirata dal proprietario di quella voce roca e sgraziata. Era uno dei Nani, quel Gimli che avevo notato il giorno prima.
 
Gimli balzò in piedi, impugnando l'ascia che, avevo sentito dire, ogni Nano teneva sempre a portata di mano. Si avvicinò all'Anello e lo colpì con forza.
 
Nel momento in cui l'ascia toccò l'Anello, un dolore lancinante mi attraversò la testa, e dovetti fare uno sforzo sovrumano per non crollare in ginocchio urlando. L'Anello... c'era una voce che dall'Anello si disperdeva nell'aria, e io non ero l'unico a sentirla... L'Hobbit Frodo era nelle mie stesse condizioni, forse stava anche peggio.
 
Aragorn fece per alzarsi e venire a soccorrermi, ma lo fermai con gli occhi. Leggevo in lui la preoccupazione, ma non potevo permettermi di mostrarmi debole. Uno degli Elfi che mi stavano accanto incrociò il mio sguardo e mi rivolse una muta domanda. Anche lui doveva aver sentito qualcosa di strano nell'aria, ma in maniera molto meno dolorosa... Scossi la testa e riportai l'attenzione sul Nano.
 
L'ascia era andata in mille pezzi e Gimli era stato sbalzato indietro da una forza misteriosa, ma l'Anello... era ancora intatto, senza neanche un graffio.
 
Re Elrond non sembrava sorpreso.
 
"L'Anello non può essere distrutto qui, Gimli figlio di Gloin, qualunque sia l'Arte che noi possediamo. L'Anello fu forgiato tra le fiamme del Monte Fato: solo lì può essere annientato"
 
La voce dell'Anello era sempre più nitida nella mia testa... perchè... perchè io...
 
Guardai Frodo, anche lui sentiva quella presenza malvagia, ma non riusciva ad afferrare il significato delle parole che sentiva...
 
"Deve essere condotto nel paese di Mordor e va ributtato nel baratro infuocato da cui è venuto. Uno di voi deve farlo"
 
Il silenzio calò sull'assemblea, finché Boromir, sospirando, non prese la parola una volta ancora.
 
"Non si entra con facilità a Mordor... I suoi cancelli neri sono sorvegliati da più che meri Orchi... Lì c'è il Male che non dorme mai e il Grande Occhio è sempre all'erta... E' una landa desolata, squassata da fiamme, cenere e polvere" se stava cercando di dissuadere chiunque avesse avuto intenzione di partire per quella missione, ci stava riuscendo benissimo "L'aria stessa che si respira è un'esalazione velenosa... Neanche con diecimila uomini sarebbe possibile, è una follia!"
 
Balzai in piedi per la seconda volta. Sentivo che le parole dell'Uomo avevano fatto breccia nel cuore dei presenti, ma sapevo che qualcuno doveva prendersi quella responsabilità.
 
"Non avete sentito ciò che ha detto Re Elrond?" sembravo arrabbiato con Boromir, ma in realtà ce l'avevo con l'apatia dei convocati, con la loro volontà di restarsene al sicuro nelle proprie terre, aspettando che giungesse un salvatore da chissà dove "L'Anello deve essere distrutto!" esclamai, aggiungendo nella mia testa /A costo di essere io a portarlo!/
 
Gli Elfi mi fissarono con orgoglio, il giovane rampollo del re si stava dimostrando più audace di quanto avessero immaginato. Aragorn cercava di incrociare il mio sguardo, ma io lo sfuggivo: sapevo che voleva farmi desistere dal mio proposito, ma non si doveva permettere di intromettersi nelle mie decisioni. Era la mia vita, non la sua. Poteva essere preoccupato per me, in disaccordo con le mie parole, ma non doveva impormi la sua volontà.
 
"E scommetto che pensi che sarai tu a farlo!" esclamò Gimli, rivolto a me. Lo gelai con lo sguardo.
 
"Se nessuno dei presenti avrà il coraggio di prendersi questa responsabilità, ebbene sì, lo farò io. Non posso permettere che la Terra di Mezzo venga distrutta per la codardia di alcuni uomini"
 
Non avevo voluto dire quelle parole, alle orecchie dei convocati dovevano essere sembrate dei pesanti insulti.
 
"E se falliamo cosa accadrà?" Boromir balzò in piedi, fronteggiandomi "Cosa accadrà quando Sauron si riprenderà ciò che è suo?"
 
Anche Gimli si alzò in piedi. L'atmosfera si stava scaldando.
 
"Sarò morto prima di vedere l'Anello nelle mani di un Elfo!"
 
I miei compatrioti persero la pazienza e aggredirono la compagnia dei Nani con insulti e provocazioni. Cercai di fermarli mettendomi in mezzo, ma presto anche gli Uomini si unirono alla zuffa. Gandalf ci raggiunse subito dopo, affermando giustamente che mentre noi eravamo impegnati a litigare, il potere di Sauron si accresceva.
 
Elrond e Aragorn osservavano la scena a debita distanza. Era prevedibile una reazione del genere, i tre grandi popoli della Terra di Mezzo non erano mai stati particolarmente amici, specialmente Nani e Elfi.
 
La voce dell'Anello si fece nuovamente strada nella mia testa. L'Unico si stava beando di quella scena, amava tutto ciò che era odio e rancore, esattamente come il suo signore.
 
Mi portai le mani alla testa... sentivo dei versi girare a circolo chiuso nel mio cervello, e mi sembravano tanti spilli arroventati...
 
"Ash nazg durbatuluk, ash nazg gimbatul, ash nazg durbatuluk, ash nazg gimbatul..."
 
No... nessuno sembrava aver notato il mio dolore, né quello di Frodo, che era nelle mie stesse condizioni...
 
Sentii lo sguardo di Elrond posarsi su di me, e subito dopo la sua voce disse qualcosa a qualcuno seduto accanto a lui. Un minuto dopo due braccia robuste mi stavano sostenendo e una voce familiare mi sussurrava parole incoraggianti all'orecchio.
 
"Coraggio, Legolas... torna in te..."
 
Aragorn... pensare a lui fece tornare a poco a poco la pace nella mia testa. Mi aggrappai a lui con tutte le mie forze, e ben presto la sua voce prese il posto di quella dell'Anello dentro di me. Aprii gli occhi che non mi ero accorto di aver chiuso.
 
"Come ti senti?" mi chiese il mio amico, guardandomi con apprensione.
 
"Sono stato meglio..." sussurrai.
 
Nessuno si era accorto di quello che era successo, solo Sire Elrond, che mi fissava preoccupato. Annuii nella sua direzione, e il re sembrò più sollevato.
 
"Cos'è successo?" mi chiese Aragorn.
 
"L'Anello..." bisbigliai, ancora scosso per quello che era appena successo "L'Anello non vuole che sia io il Portatore"
 
Il mio amico sembrava stupito. Chissà, forse non mi credeva.
 
"Torna dai tuoi compagni, o questa assemblea si trasformerà in un massacro"
 
Si allontanò e tornò a sedersi al suo posto. Non mi aveva creduto. Il mio migliore amico, a cui avrei affidato la mia stessa vita senza pensarci una seconda volta, non credeva alle mie parole. Sentii un peso sul cuore.
 
Mi sentii tradito.
 
Raggiunsi i litiganti e mi misi di nuovo tra gli Elfi e i Nani. Non si doveva arrivare alle mani, dovevo impedirlo.
 
"Lo porterò io"
 
Questa flebile voce... nessuno a parte me sembrava averla udita.
 
"Lo porterò io!"
 
Adesso sì che l'avevano sentita! Era Frodo, lo sguardo determinato e le mani strette a pugno. Ora l'attenzione era tutta su di lui, e l'Hobbit perse parte della sua baldanza.
 
"Porterò io l'Anello a Mordor"
 
Sembrava che lo ripetesse per se stesso, non per gli altri.
 
"Solo... non conosco la strada"
 
Gandalf sospirò: percepivo che non avrebbe mai voluto che fosse il giovane Baggins ad accollarsi quella responsabilità, ma ormai quel che era fatto era fatto.
 
"Ti aiuterò a portare questo fardello, Frodo Baggins, finché dovrai portarlo" gli si avvicinò a gli mise le mani sulle spalle con fare protettivo.
 
Aragorn si alzò dalla sua sedia.
 
"Se con la mia vita o la mia morte riuscirò a proteggerti, io lo farò"
 
Queste parole... io le conoscevo... le aveva dette a me, il giorno in cui ci eravamo promessi un'eterna amicizia, che non sarebbe stata spezzata da niente e da nessuno... Quelle parole dovevano essere solo per me, e per nessun altro!
 
Aragorn mi fissò e lesse la rabbia e il turbamento nei miei occhi. Scosse la testa e si inginocchiò davanti a Frodo, arrivando così alla sua altezza.
 
"Hai la mia spada"
 
No... questo non poteva essere vero...
 
In quel momento sentivo di odiare Aragorn con tutto il mio cuore. Non gli avrei permesso di ferirmi ancora una volta.
 
"E hai il mio arco!"
 
Sarei partito anch'io, che ad Aragorn piacesse o no.
 
"E la mia ascia!"
 
Questo era uno svolgimento imprevisto... Gimli mi si affiancò, anche se controvoglia. Avrei dovuto passare tutto quel tempo in sua compagnia... la prospettiva non era per niente rosea...
 
Boromir si fece strada tra gli invitati che ci guardavano sbalorditi.
 
"Reggi il destino di tutti noi, piccoletto..." disse rivolto a Frodo, poi parlò a beneficio di tutti i presenti "Se questa è la volontà del Consiglio, allora Gondor la seguirà"
 
Elrond accennò un leggero sorriso.
 
"Ehi!"
 
Una voce proveniente da dietro un cespuglio attirò l'attenzione di tutti. Faticai a trattenere una risata.
 
"Padron Frodo non si muoverà senza di me!"
 
Sam Gamgee... lui sì che aveva davvero capito cosa significavano le parole lealtà e amicizia. Mi ritrovai a invidiare il rapporto che si era creato tra lui e Frodo.
 
Sam si affiancò a Frodo, impuntandosi sulla sua decisione di partire con lui.
 
Elrond lo riprese amichevolmente.
 
"No, certo, è quasi impossibile separarvi, anche quando lui viene convocato ad un Consiglio segreto e tu non lo sei"
 
"Ehi! Veniamo anche noi!"
 
Merry e Pipino... Re Elrond non credeva ai suoi occhi! Potevo immaginare cosa si stesse ripetendo nella sua testa: /Ma questo non doveva essere un Consiglio segreto?/ Mi fissò, e vide che mi stavo divertendo... capì che sapevo già di quei tre Hobbit spioni. Mi rivolse uno sguardo che non prometteva niente di buono. Il mio sorriso si allargò: a volte era utile essere il figlio di un re potente!
 
"Dovrete mandarci a casa legati in un sacco per fermarci!" disse Merry.
 
"Comunque, ci vogliono persone intelligenti per questo genere di... missione!" il termine a quanto pareva non soddisfava Pipino "...ricerca..." ancora non gli piaceva... "...cosa!"
 
Merry lo guardò con un mezzo sorriso "Ma così ti autoescludi, Pipino"
 
Elrond ignorò il battibecco tra i due e ci squadrò uno per uno. Era visibilmente soddisfatto, neanche nelle sue più rosee aspettative aveva immaginato tanti volontari per una missione che appariva suicida.
 
"Nove compagni... E sia! Voi sarete la Compagnia dell'Anello!"
 
"Grandioso!" esclamò Pipino "Dov'è che andiamo?"
 
Scoppiai a ridere, ma feci in tempo a sentire Frodo dire qualcosa tipo "Ma cos'ho fatto di male?"
 
*** Aragorn ***
 
Dovevo parlare con Legolas.
 
Durante tutto il Consiglio mi era parso strano, in più ero preoccupato per quel suo strano mancamento...
 
Ma soprattutto, non riuscivo a comprendere lo sguardo che mi aveva lanciato quando avevo giurato a Frodo di proteggerlo. Sembrava che le mie parole lo avessero ferito. Nei suoi occhi avevo visto la rabbia e... l'odio.
 
Non potevo sopportare il pensiero che Legolas mi odiasse, lui che era stato il mio idolo quando ero ancora un bambino e che mi aveva insegnato a tirare con l'arco quando avevo avuto l'età giusta. Era diventato tutto per me, tutta la mia vita e tutta la mia famiglia.
 
Dovevo trovarlo, o non me lo sarei mai perdonato.
 
Girai a lungo per i grandiosi portici di Rivendell, lo cercai in ogni angolo degli immensi giardini, in camera sua non c'era. Nessuno lo aveva visto.
 
Incrociai Gimli e la sua compagnia.
 
Non amavo particolarmente quel Nano, non mi era piaciuto il suo atteggiamento durante il Consiglio. Avevo capito il comportamento di Boromir: la sua era tutta preoccupazione per la sua gente. Ma Gimli... il suo era semplice odio razziale.
 
Accennai un saluto nella loro direzione, poi pensai che magari potevano aver visto Legolas.
 
"Salute a voi, nobili Nani"
 
"E a te, Aragorn figlio di Arathorn" mi ripose Gimli.
 
"Mi chiedevo se durante la vostra passeggiata aveste incontrato il mio amico Legolas, il principe di Mirkwood. E' quell'Elfo che oggi..."
 
"So chi è questo Legolas" mi interruppe Gimli, abbastanza scortesemente, e in tono sprezzante. "L'abbiamo incrociato sotto il portico a est di qui, in meditazione. Non ci ha degnati di un saluto"
 
Ringraziai e mi incamminai verso il luogo che mi avevano indicato.
 
Mi fermai quando lo vidi. Per i Valar, com'era bello...
 
I raggi della luna gli baciavano i capelli d'oro e li rendevano fulgidi come stelle. La sua bellezza così eterea lo rendeva simile ad un angelo... Restai qualche minuto in disparte a guardarlo.
 
Sentì la mia presenza.
 
"Avvicinati, Estel, non mordo"
 
Risi mio malgrado e mi avvicinai a lui.
 
"Mi cercavi" la sua non era una domanda "Perché?"
 
"Volevo passare un po' di tempo in tua compagnia"
 
Non era del tutto vero.
 
"Questa è solo parte della verità" se n'era accorto "Ma tieniti pure i tuoi segreti, non sono affari che mi riguardano"
 
Freddo.
 
No, gelido.
 
Gelido era l'aggettivo esatto per descrivere il tono con cui si stava rivolgendo a me. Mi feriva, e non ne capivo il motivo.
 
"Durante il Consiglio..." mi fermai perchè la voce mi si era spezzata. /Cosa mi stai facendo, Legolas?/ "...ti sei comportato in modo strano. Nei tuoi occhi ho letto sentimenti che mi hanno lasciato perplesso. Ho letto rabbia, delusione e... odio"
 
"Forse non mi conosci così bene come credevi. O forse sono io che ti ho sempre sopravvalutato. Ora lasciami solo, hai un amore a cui pensare e un protetto da controllare. Non hai tempo per me"
 
Quanto tristezza in quelle insulse parole... Davvero credeva che lui per me fosse meno importante di Arwen o Frodo?
 
Ma...
 
/Un amore a cui pensare?/
 
"Tu... sai di Arwen?"
 
"Sì, ma avrei preferito che fossi stato tu a dirmelo. Spero che portato a termine il nostro incarico potrete essere felici. Ora scusami, sono stanco. Vado a riposare"
 
Non riuscivo a credere alle sue parole: ma cosa stava dicendo? Io avevo rifiutato Arwen... aveva frainteso tutto!
 
"Legolas, io non..."
 
"Ti ho detto che sono stanco!" il suo fu quasi un urlo. Una coppia di Elfi di guardia che passavano da quelle parti si diressero verso di noi.
 
"Problemi, principe?" chiesero.
 
"No. Andate pure"
 
"Ai vostri ordini, principe" si inchinarono e sparirono nell'oscurità.
 
Io stavo ancora guardando Legolas a bocca spalancata. Come poteva trattarmi in quel modo? Per quale motivo assurdo, poi?
 
"Vattene, Aragorn..." il suo tono era stanco, e si passò una mano sugli occhi come per nascondere lacrime che in realtà non c'erano "Lasciami in pace"
 
La rabbia crebbe dentro di me.
 
"Pensavo che tra noi ci fosse una promessa!" esclamai, afferrandogli le esili braccia con forza "Pensavo che fossimo amici!"
 
"Lasciami... mi fai male..."
 
Lo lasciai andare, non potevo aver fatto una cosa simile!
 
"Perdonami... D'accordo, ti lascerò in pace. A quanto pare non sono più il benvenuto qui"
 
Mi allontanai da lui, diretto verso la mia stanza.
 
"Non comportarti come se la colpa di tutto fosse mia!" mi urlò dietro Legolas "Sei tu la causa del nostro litigio! Rifletti sulle tue parole al Consiglio, forse arriverai da solo alle risposte che cerchi!"
 
Mi voltai per chiedere spiegazioni, ma l'Elfo era già sparito.
 
Quella notte dormii poco e male, ripensando alle ultime frasi di Legolas, senza trovare una risposta alle mie domande.
 
Il giorno dopo partimmo.