.|. La Vera Versione del Signore
Degli Anelli .|.
Capitolo 3
~
***Aragorn***
Non capivo che cosa mi fosse preso.
Dal nostro arrivo alle mura di Moria, per ben due volte ero stato sul punto
di baciare Legolas.
Ma la cosa più preoccupante, era che rimpiangevo di non esserci riuscito...
Il fatto era che avere tra le braccia il corpo perfetto del mio migliore
amico mi lanciava delle scariche elettriche lungo la colonna vertebrale, a
cui non riuscivo a resistere. Il mio corpo agiva da solo, la mia mente
entrava in stato catalettico... l'unica cosa che desideravo era sentire su
di me le labbra e le mani di Legolas...
Tutto ciò non era normale.
Stavamo camminando da più di due giorni, ormai, tra eterne scalinate e
cunicoli bui. Quando mi era possibile senza destare troppi sospetti, mi
avvicinavo a Legolas e gli prendevo la mano. Ogni ora che passava, il suo
respiro era sempre più accelerato e difficoltoso, e solo io sapevo perchè.
Legolas aveva sempre odiato le caverne.
La sua non era la semplice avversione che il suo popolo provava per i regni
dei Nani, lui aveva sempre avuto paura di questi luoghi claustrofobici e
oscuri, solo che non l'aveva mai detto a nessuno.
Io l'avevo scoperto per puro caso.
Sapevo che solo il suo orgoglio gli avrebbe permesso di attraversare Moria
senza cedere alla disperazione e al terrore.
Da qualche minuto eravamo alle prese con l'ennesima scalinata ripida e
scivolosa. Moria era in rovina, e le rocce si sgretolavano sotto il nostro
peso. Non era un cammino agevole.
Mi trovavo in retroguardia, dietro a Boromir. Legolas era qualche metro
davanti al guerriero di Minas Tirith.
Misi un piede in fallo e rischiai di rovinare giù per la scalinata, ma
Boromir si girò di scatto e mi afferrò un braccio, impedendomi di cadere.
Lo ringraziai, lui mi sorrise, e insieme riprendemmo a salire.
Intravidi con la coda dell'occhio Pipino cadere quasi addosso a Merry, ma
entrambi si rialzarono facendo meno rumore possibile e proseguirono.
L'unico che sembrava a suo agio era Gimli.
Finalmente la scalinata terminò, e ci ritrovammo davanti a tre porte
perfettamente uguali che portavano in tre direzioni diverse.
Gandalf, che apriva la fila, si guardò intorno per qualche minuto, con
un'espressione confusa sul viso, poi sospirò.
"Non ho memoria di questo posto..." ammise.
Ci lasciammo cadere su alcune rocce che giacevano lì intorno, in attesa che
Gandalf ricordasse la strada da seguire.
Legolas mi si avvicinò e, come sempre da un po' di tempo, si sedette vicino
a me. Gli altri facevano di tutto per far finta di non guardarci, ma in
realtà ci fissavano curiosi con la coda dell'occhio. Forse nutrivano qualche
dubbio sulla natura del nostro rapporto. Sorrisi a quel pensiero: ma cosa
volevo che pensassero, se neanch'io sapevo dare un nome al nostro legame?
"Perchè sorridi?"
Mi voltai verso Legolas sempre con un piccolo sorriso dipinto sul viso.
"Niente di importante. Piuttosto..." abbassai la voce perchè mi sentisse
solo lui "...come ti senti?"
Legolas si rabbuiò e tremò leggermente, guardando in alto alla ricerca di un
cielo che non c'era. Passai un braccio attorno alle sue spalle e lo attirai
verso di me. Per un attimo lo sentii irrigidirsi, ma poi si rilassò contro
il mio petto e appoggiò la testa sulla mia spalla.
Guardai verso Sam, Merry e Pipino, e mi sembrò di notare, nella penombra, un
soffuso rossore colorare le loro guance. Sorrisi mentalmente, ma la voce di
Legolas mi fece ricordare che adesso dovevo pensare a lui, dovevo
rassicurarlo.
In fondo, lui si fidava solo di me.
"Odio questo posto, Estel..." mi disse con voce sottile ma sicura "...è
buio, stretto e chiuso. Non posso vedere il cielo, non posso udire il canto
degli alberi, non posso sentire il profumo dei fiori... Ma come può una
qualunque creatura vivente decidere di vivere per sempre lontano dalla luce
del sole e dalla bellezza della natura?"
Ascoltare un Elfo parlare era una delle più grandi meraviglie della Terra di
Mezzo. Le parole del principe di Mirkwood, sebbene ricche di una tristezza
mal celata, entravano nel cuore e lì restavano. Sarei rimasto a sentirlo
parlare per tutta l'eternità.
Scossi la testa e mi ripresi. Mi sentivo onorato che avesse voluto
condividere i suoi pensieri con me, sapevo che non l'avrebbe fatto con
nessun altro, e questo mi riempiva di gioia e soddisfazione.
Stavo diventando dipendente da Legolas. Cosa significava?
"Aragorn?"
Legolas, tra le mie braccia, aveva sentito il mio cuore cominciare a battere
più rapidamente.
"Cosa ti prende?"
"Niente, non preoccuparti, Legolas... e non temere questo luogo. Esso è
oscuro, questo è vero, ma dopo la notte nasce sempre un nuovo giorno. La
luce tornerà presto a baciare il tuo bel viso..."
Ma dove l'avevo trovato il coraggio per pronunciare quest'ultima frase?
Oddio, dovevo essergli sembrato terribilmente ridicolo!
Legolas alzò il viso e mi guardò intensamente. Quello sguardo... l'avevo già
visto...
Sul Passo di Caradhras, la prima volta, dopo che gli avevo salvato la vita.
Poi fuori dalle mura di Moria, quando senza pensarci l'avevo baciato sulla
fronte. Infine all'interno delle miniere, quando finalmente avevo sfiorato
le sue labbra vellutate.
Era uno sguardo penetrante, e mi persi nei suoi occhi.
Non esisteva più niente intorno a noi: né l'oscurità opprimente delle
miniere, né la biancastra e fredda luce del bastone di Gandalf, né tantomeno
gli altri membri della compagnia.
Chi se ne importava se in questo stesso momento ci stavano guardando
interdetti.
Chi se ne importava se dopo ci avrebbero giudicati e disprezzati.
"Sei tu la mia luce, Aragorn..." sussurrò Legolas a un soffio dalle mie
labbra.
In quel momento il mondo era solo nostro.
Chiusi gli occhi quando sentii le labbra di Legolas posarsi sulle mie. Per
un po' il nostro fu un bacio innocente e casto, ma io desideravo di più...
Passai la lingua sulle sua labbra chiuse, ed esse si aprirono per me,
rivelando il più prezioso dei tesori. Strinsi maggiormente la presa su
Legolas, attirandolo vicinissimo a me, mentre le nostre lingue giocavano tra
loro, mandando scariche e brividi lungo tutto il mio corpo.
Non avrei mai pensato che esistesse qualcosa di tanto bello...
Dopo qualche minuto ci separammo per respirare, ma non sciogliemmo
l'abbraccio.
Ero confuso, disorientato... era giusto quello che avevamo fatto? Era giusto
il nostro rapporto?
Osservai per qualche istante il volto perfetto di Legolas, ma lo vidi quasi
immediatamente spalancare gli occhi e allontanarsi da me, con un'espressione
di dolore dipinta sul volto.
Non appena il suo corpo fu lontano dal mio, sentii una sensazione di freddo
invadermi.
In quel momento mi resi conto che stavamo dando spettacolo. A parte Gandaf e
Frodo, che erano impegnati in una discussione davanti alle tre porte, gli
altri ci guardavano con il mento che quasi toccava per terra. Gimli era
pietrificato dalla sorpresa, mentre Boromir scuoteva la testa incredulo. Dei
tre Hobbit, il più felice mi sembrava Merry, che saltava di qua e di là
esclamando qualcosa a proposito di una scommessa che aveva vinto.
"Mi... mi dispiace, Aragorn... non avrei dovuto..."
Ma cosa diavolo era preso a Legolas? Non era stata mica colpa sua, entrambi
lo volevamo da tanto, troppo tempo... era ovvio che prima o poi sarebbe
successo!
"Non ti capisco, Legolas... io non sono pentito di quello che ho fatto"
Cercai di usare il tono più convincente di cui ero capace, volevo che si
rendesse conto che quello per me era stato il primo bacio di una lunga
serie.
Un lampo d'ira passò nei suoi splendidi occhi di smeraldo, e strinse i pugni
così forte che le unghie dovevano essergli penetrate nella tenera carne.
"Non fare il doppiogiochista con me, Aragorn! Non credo di meritarmelo!"
Si rese conto di essere osservato, e sospirò, guardandomi tristemente.
"Ne riparleremo in privato"
Si allontanò da tutti, sedendosi su una solitaria roccia vicino alla
scalinata che avevamo appena percorso. L'unica cosa positiva di tutta quella
faccenda, era che sembrava essersi dimenticato della sua paura delle
caverne.
Non capivo le sue parole.
Perchè mi aveva dato del doppiogiochista? Credeva davvero che lo stessi
semplicemente usando, che stessi giocando con lui?
Abbassai lo sguardo, sconsolato.
Poco prima mi trovavo nel posto più meraviglioso che esistesse, e ora il
gelo si era di nuovo fatto strada nel mio cuore.
Boromir si inginocchiò davanti a me, guardandomi con severità.
"Cosa c'è Boromir?" dissi stancamente, non avevo voglia di dare spiegazioni.
Non ancora e non adesso.
"Perchè non vai a parlargli?"
Questo mi sorprese non poco. Il fiero, austero figlio di Denethor stava
cercando di sistemare le cose tra me e Legolas...
Gli sorrisi con gratitudine.
"Non è così facile. Stai dimenticando che Legolas è un Elfo: non esiste
razza nella Terra di Mezzo più orgogliosa e testarda"
"Potresti anche aver ragione... ma secondo me tu hai paura di affrontarlo"
Spalancai gli occhi. Boromir mi stava dando del codardo! A me!
"Ritira subito quello che hai detto!" esclamai, trattenendomi a stento
dall'urlarglielo in faccia.
Lui sembrava tranquillo.
"Non lo farò. C'è qualcosa in sospeso tra di voi, se ne sono accorti tutti.
Qualcoas che impedisce a Legolas di concedersi ocmpletamente a te"
La nostra conversazione fu interrotta da un'esclamazione di Gandalf.
"Ah! Quella è la via!"
Tutti scattarono in piedi, già dimentichi del piccolo spettacolo di poco
prima.
"Se l'è ricordata!" esclamò Merry, felice.
"No, ma laggiù l'aria non ha un odore così fetido" replicò lo stregone
"Quando sei indubbio, Meriadoc, segui sempre il tuo naso"
Non riuscii a trattenere un sorriso.
Ci incamminammo giù per una scalinata molto più agevole della precedente.
Più scendevamo, più lo spazio si allargava: ora la caverna non era più tanto
opprimente.
Arrivammo in fondo alla scala, e il luogo in cui entrammo era talmente vasto
che la luce del bastone di Gandalf non riusciva a raggiungere il soffitto.
"Voglio osare un po' più di luce..."
La luce aumentò d'intensità, e la grande caverna si rivelò essere, come
disse poi Gandalf, il grande reame della città dei Nani. Mai i miei occhi
avevano visto tanta magnificenza nelle profondità della terra.
Le gigantesche colonne e le grandi volte che sorreggevano il soffitto non
avevano l'elegante e sinuosa grazia delle costruzioni elfiche, ma erano così
immense che quel luogo...
"Ti fa spalancare gli occhi, è certo" commentò Sam.
Esattamente le parole che cercavo.
Ci incamminammo silenziosamente in quell'immensità, rovinata solo dall'odore
di morte che ancora aleggiava nell'aria.
Un odore che aumentò più ci avvicinavamo ad una stanza laterale: in quel
luogo il tanfo era quasi insostenibile.
Vidi Gimli correre verso quella stanza in preda alla disperazione, e nessuno
riuscì a fermarlo, così lo seguimmo.
Spalancammo gli occhi, mentre le urla di dolore di Gimli ci straziavano il
cuore.
***Legolas***
Per un attimo il mio mondo si era tinto di rosa.
Quando finalmente ero riuscito a baciare Aragorn con tutto l'ardore di cui
ero capace, mi era sembrato tutto un bellissimo sogno, dal quale non avevo
intenzione di svegliarmi.
Eppure, finito l'idillio, mi ero reso conto che c'era qualcosa di sbagliato
in quello che avevo fatto.
Arwen.
Era lei la mia catena, colei che mi proibiva di essere finalmente completo.
Aragorn amava Arwen, non avrei dovuto dimenticarlo e lasciarmi andare così.
Probabilmente per me provava una sorta di attrazione, che si limitava alla
ricerca del piacere fisico.
Non dovevo permettergli di giocare con me, non avrei retto il colpo.
Il dolore può uccidere un Elfo.
Preferivo che le cose rimanessero così com'erano, la nostra amicizia intatta
e il mio cuore sanguinante. Era meglio per tutti: per me, per Aragorn, per
Arwen, per tutti, insomma.
Sì, avrei fatto così.
Avrei finto che non fosse successo niente, senza rancore, senza rabbia.
Non appena ci fermammo, dopo aver seguito Gimli in quella piccola stanza, mi
affiancai ad Aragorn. Volevo che capisse che non provavo rancore nei suoi
confronti.
Mi guardai attorno.
La stanza era in rovina, e decine di corpi di Nani e Orchi giacevano a
terra. Esattamente nel mezzo, sotto l'unico raggio di luce che entrava
dall'esterno, una tomba.
Gimli era inginocchiato davanti a quel sarcofago, in preda al dolore. Non
aveva avuto bisogno di leggere l'iscrizione sul coperchio, aveva capito
subito a chi apparteneva, e ora gridava per cercare di alleviare la propria
sofferenza.
La pena per quel Nano era forte in me, ma ancora più forte era la paura che
gli Orchi sentissero i suoi lamenti e ci trovassero.
Gandalf si avvicinò alla tomba e ne lesse l'iscrizione.
"'Qui giace Balin, figlio di Fundin, signore di Moria'. E' morto, dunque...
è come temevo"
Mi avvicinai ancora di più ad Aragorn e gli sussurrai all'orecchio.
"Dobbiamo proseguire, non possiamo indugiare"
Sentivo che presto sarebbe successo qualcosa di tragico.
Gandalf raccolse un libro dalle braccia scheletriche di un Nano, e lo aprì
per leggerne le ultime righe. Voleva capire cos'era successo di preciso.
"'Hanno preso il ponte, e il secondo salone. Abbiamo sbarrato i cancelli, ma
non possiamo resistere a lungo. La terra trema. Tamburi. Tamburi negli
abissi. Non possiamo più uscire. Un'ombra si muove nel buio. Non possiamo
più uscire. Arrivano'"
Gandalf si sforzò di leggere mantenendo un tono di voce piatto, ma la
disperazione che quelle poche frasi comunicavano penetrò nei nostri cuori.
Quei Nani erano morti come topi in trappola, non avevano potuto difendersi,
non avevano avuto alcuna possibilità di scampo.
Sobbalzammo tutti quando un improvviso rumore rimbombò per tutta Moria.
Ci girammo verso Pipino, che aveva inavvertitamente fatto cadere lo
scheletro di un Nano, un secchio e una catena al'interno del profondo pozzo.
Il rumore tuonò per qualche istante, poi svanì.
Ci guardammo intorno, nervosi, sperando di non trovarci davanti
all'improvviso un esercito di Orchi.
Sospirai quando tutto tornò alla tranquillità.
Gandalf richiuse il libro con un tonfo.
"Idiota di un Tuc! Gettati tu la prossima volta e liberaci della tua
stupidità!"
La sua reazione mi sembrava esagerata, dopotutto Pipino non l'aveva fatto
apposta. Mi dispiaceva per il giovane Hobbit, che ora si guardava triste i
piedi pelosi.
Stavo per proporre di ripartire, quando mi congelai sul posto, e le parole
mi morirono in gola.
Aragorn mi guardò sorpreso, ma presto anche le sue orecchie percepirono ciò
che mi aveva tanto terrorizzato.
Tamburi.
Il suono dei tamburi riempì tutto lo spazio.
Sam guardò l'elsa di Pungolo.
"Frodo!"
Frodo sguainò la spada velocemente. Pungolo risplendeva di un'intensa luce
azzurra.
"Gli Orchi!" esclamai.
Boromir non perse tempo e corse verso la porta di legno della stanza in cui
ci trovavamo, alla ricerca dell'origine di quel suono.
"Boromir! Indietro!" gridai verso il guerriero.
Fortunatamente, ascoltò il mio avvertimento e si ritrasse. Un secondo dopo,
due frecce si conficcarono nel punto in cui lui si trovava prima.
Aragorn si girò verso gli Hobbit, gridando di stare vicini a Gandalf, poi
imbracciò l'arco.
Sorrisi, ricordando che ero stato proprio io a insegnargli ad usarlo.
Boromir chiuse le pesanti porte, aiutato da Aragorn, e io lanciai loro delle
lunghe e robuste alabarde perchè potessero bloccare l'entrata.
"E' un Troll di caverna!" ci informò Boromir.
Beh, le alabarde e le porte non sarebbero servite a molto, allora...
Gimli salì in piedi sulla tomba di suo cugino per avere il favore
dell'altezza, mentre io, Aragorn e Boromir ci posizionammo davanti.
"Che vengano pure! Troveranno che qui a Moria c'è ancora un Nano che
respira!" esclamò il Nano.
Aspettammo.
Quando le prime asce degli Orchi crearono delle brecce nelle porte, io e
Aragorn scoccammo le nostre frecce, cominciando a fare le prime vittime.
Sentivo le sgraziate urla di quelli che venivano colpiti dai nostri dardi.
Ben presto però le porte cedettero e Aragorn abbandonò l'arco per la spada.
Io insistei ancora per qualche istante con le frecce, ma presto gli Orchi
furono così vicini che non potei evitare il corpo a corpo.
Sfoderai le daghe elfiche che portavo alla cintura e ingaggiai un duello con
alcuni Orchi a me vicini.
Ogni tanto, nei momenti di pausa, mi giravo per controllare che nessuno
avesse bisogno del mio aiuto. Boromir, Aragorn e Gimli si stavano battendo
come leoni, e anche Gandalf e i giovani Hobbit si erano da poco uniti al
combattimento.
Le cose si stavano mettendo bene, per noi, avremmo anche potuto vincere, ma
sapevo che il vero pericolo doveva ancora arrivare.
Vidi Aragorn decapitare un Orco e poi girarsi con gli occhi spalancati verso
la porta. Seguii il suo sguardo e lo vidi.
Un gigantesco, ripugnante e maleodorante Troll di caverna.
Non avevo mai avuto modo di vederne uno, ma non era un bello spettacolo.
Ripresi l'arco e lo colpii con una freccia, ma sembrò non risentirne
minimamente.
Lo vidi andare dritto verso Sam e, prima che chiunque potesse intervenire,
calò la sua pesante arma (una specie di martello da guerra) sul povero
Hobbit.
Sam, colto dal panico, saltò in avanti e passò sotto le gambe del Troll,
scampando alla morte. Sospirai di sollievo e mi liberai con un gioco di
polsi di due Hobbit che mi stavano sbarrando la strada.
Avevo una mezza idea su come liberarci di quel mostro...
Raggiunsi Aragorn e lottamo per un po' schiena contro schiena. Era
rassicurante avere qualcuno come lui a guardarti le spalle.
"Aragorn!" lo chiamai in un momento di tranquillità.
Lui annuì nella mia direzione, senza distogliere l'attenzione dal
combattimento, per dirmi che mi stava ascoltando.
"Voglio provare a salire sulla schiena del Troll... forse così riuscirò a
metterlo fuori gioco"
Per un attimo mi guardò spaesato. Il mio era un piano pericoloso, ma forse
poteva funzionare. E poi io ero l'unico in grado di fare una cosa del
genere.
"Stai attento, ti scongiuro"
Era davvero preoccupato, il mio amico... mi sentii felice, sapendo che
Aragorn era in pensiero per me.
Il Troll calò la pesante arma sulla tomba di Balin con l'intento di colpire
Gimli, ma il Nano saltò e evitò il martello. Cominciò a combattere a terra
contro gli Orchi che gli capitavano a tiro. Non c'era grazia nei suoi
movimenti, solo forza bruta, ma dovetti ammettere che in questa situazione
era molto utile.
Incoccai due frecce e le scagliai contro il Troll, cercando di distrarlo,
poi, sempre con l'arco in una mano, estrassi un pugnale e eliminai tre Orchi
che cercavano di impedirmi di salire su una roccia abbastanza alta da poter
saltare sul Troll.
Avevo notato, non appena il mostro era entrato, che al collo aveva una
catena da prigioniero, che aveva iniziato a usare come frusta. Speravo la
usasse anche contro di me. Se fossi riuscito ad afferrarla, forse...
"Legolas! Giù!" mi gridò qualcuno. Boromir, forse.
Troppo perso nei miei pensieri, non mi ero accorto che il Troll aveva già
cominciato ad attaccarmi con la catena. Evitai un paio di attacchi, e al
terzo riuscii a bloccare la catena sotto il piede. Con un balzo, saltai
sulla schiena del Troll.
Sentivo gli occhi di Aragorn fissi su di me, ma non potevo preoccuparmene.
Strinsi le ginocchia attorno al collo taurino del Troll, in modo da avere le
mani libere, e incoccai una freccia. Lasciai andare la corda dell'arco e il
dardo si conficcò sulla testa del Troll. Il mostro iniziò a dimenarsi per il
dolore, non riuscivo più a tenermi in equilibrio.
Cercai di mettermi in posizione per saltare, ma inciampai sulla catena del
Troll e precipitai a terra.
Dritto tra le braccia di Aragorn.
"Grazie..." sussurrai, allontanandomi in fretta. Averlo vicino continuava a
farmi uno strano effetto.
Il mio piano però aveva ottenuto l'effetto contrario: ora il Troll era
ancora più furioso.
Lo vidi avventarsi contro il gruppetto formato da Frodo, Pipino e Merry. Gli
Hobbit saltarono e Frodo si ritrovò separato dagli altri due.
Cercai di raggiungerlo, tallonato da Aragorn, ma degli Orchi mi sbarrarono
la strada. Una delle mie frecce trafisse la gola di una di quelle creature,
mentre la spada di Aragorn tagliò di netto il braccio con cui un'altra
reggeva la sua arma.
"Vai da Frodo, Aragorn! Qui ci penso io!" gli gridai. Il Portatore aveva
urgente bisogno d'aiuto. Il Troll l'aveva afferrato per una caviglia e
l'aveva trascinato contro una roccia.
"Aragorn!" gridò Frodo.
Aragorn si guardò intorno alla ricerca di qualcosa con cui colpire il Troll
e fargli qualche danno, quando lo raggiunse la voce di Boromir.
"Prendi!" il guerriero gli laciò una lunga lancia dalla punta acuminata.
Aragorn non perse tempo e si lanciò davanti a Frodo per proteggerlo,
trafiggendo il Troll con la lancia. Purtroppo però la pelle del mostro era
troppo resistente, e il Troll non risentì del colpo. Con un possente
braccio, scaraventò Aragorn contro un muro, e il mio amico perse conoscenza.
Il Troll afferrò la lancia e la usò come nuova arma.
"Aragorn!" io e Frodo ci precipitammo contemporaneamente sull'Uomo svenuto.
L'Hobbit lo scosse leggermente, ma invano.
Una rabbia cieca crebbe dentro di me.
Come aveva osato! Come si era permesso quel mostro di colpire il mio Aragorn!
Frodo si allontanò da noi e qualche istante dopo lo sentii gridare. Vidi il
Troll trafiggerlo con la lancia.
Ma la mia mente era altrove e la mia vista velata di rosso.
Come aveva potuto...
L'avrebbe pagata cara...
Merry e Pipino saltarono sulla schiena del Troll e io incoccai una freccia.
L'avrei ucciso! Avrei ammazzato quel bastardo!
Merry fu scaraventato a terra, ma Pipino riuscì a far aprire la bocca al
mostro, affondandogli la spada nella testa.
Perfetto.
La mia freccia si conficcò esattamente nel palato del Troll, che così non fu
più in grado di respirare. La mia vista era ancora annebbiata e continuai a
tempestarlo di dardi, finché non sentii sul braccio la mano calda di Boromir
svegliarmi dal mio incubo.
"Smettila, Legolas... è morto..." il guerriero era stanco, come tutti, e la
sua voce debole. Ma i suoi occhi risplendevano di una luce orgogliosa:
avevamo vinto!
Mi calmai, avvicinandomi ad Aragorn, che nel frattempo aveva ripreso
conoscenza, mentre tutti gli altri si assicuravano che Frodo stesse bene.
Il tempo di sentire che l'Hobbit era vivo grazie ad un'armatura di mithril,
e riportai l'attenzione su Aragorn.
"Legolas..." sussurrò lui, ancora un po' intontito.
"Non muoverti, Aragorn... te la sei vista brutta..."
"L'hai ucciso tu... sei stato fantastico..."
Arrossi involontariamente, mentre aiutavo il Ramingo ad alzarsi. Il tempo di
riprendersi dal colpo subito, e fu subito quasi come nuovo. Lo ammiravo ogni
giorno di più.
Mi guardò sorridendo e mi accarezzò una guancia, poi andò a controllare le
condizioni di Frodo.
Il tocco della sua mano sulla mia guancia era ancora fresco nella mente. Mi
passai una mano sullo stesso punto. Quel gesto spontaneo, carico di affetto,
aveva fatto sbocciare in me qualcosa.
Qualcosa che credevo di aver perduto per sempre.
La speranza.
Il rumore degli Orchi che correvano nel grande salone mi risvegliò dal mio
torpore.
"Al ponte di Khazad-dum!" disse Gandalf.
Corremmo.
***Aragorn***
Corremmo per interminabili minuti lungo l'immenso salone centrale. Lungo i
muri di pietra e le colonne, gli Orchi correvano per raggiungerci,
aggrappandosi sia con i piedi che con le mani alla pietra.
Mi sentivo dentro un formicaio, sembrava non esserci alcuna via d'uscita.
Il nostro destino era dunque questo? Morire miseramente trafitti da una
lurida ascia di metallo arrugginito? Imprecai silenziosamente, pregando i
Valar che il nostro viaggio non fosse già giunto al termine.
Mi sentivo esausto e svuotato, ovviamente era la conseguenza della battaglia
appena sostenuta e della brutta botta alla testa che avevo preso quando il
Troll mi aveva scagliato contro il muro.
Ricordavo ancora il senso di intontimento e il dolore che avevo provato in
quell'attimo. Certo, mi era già capitato di essere ferito in battaglia,
eppure era stato diverso... come se non potessi lasciarmi andare, come se
avessi qualcosa (o qualcuno?) per cui restare.
I miei pensieri erano andati subito ad Arwen, ma poi l'immagine della
bellissima Stella del Vespro era mutata nella mia testa, trasformandosi in
un biondo Elfo dagli occhi verdi.
La prima cosa che avevo visto non appena avevo ripreso i sensi era stata
Legolas che uccideva con una freccia quella mostruosa creatura.
Il mio cuore aveva cominciato a correre, mentre una sola parola mi veniva in
mente per descrivere il mio amico in quegli attimi.
/Divino.../
Legolas mi era entrato nel cuore, ormai era inutile continuare a negarlo, ma
prima di commettere qualche sciocchezza dovevo capire quali fossero i miei
sentimenti per lui.
Lo amavo?
Come amico, certamente. Come fratello.
Ma lo amavo anche come compagno? Come amante?
A questa domanda non riuscivo a dare una risposta.
Dovevo parlarne con qualcuno. Il primo che mi era venuto in mente era stato
Gandalf, ma in questioni di questo tipo non sapevo quanto mi sarebbe stato
d'aiuto... Gimli e gli Hobbit erano da escludere... Boromir. Sì, forse con
lui avrei potuto parlare. Dopotutto, il guerriero sembrava già aver capito
la situazione. Decisi che gli avrei parlato appena usciti da quell'inferno.
Legolas correva al mio fianco, le braccia leggermente piegate in avanti.
Sembrava risoluto e deciso, ma aveva paura, una piccola scintilla di paura
brillava nei suoi occhi.
Aveva ucciso il Troll di caverna, sebbene nessuno sembrasse essersene reso
conto, ed era stato davvero fenomenale. Non ricordavo che combattesse così
bene.
Scossi la testa, continuando a correre, tanto che i polmoni cominciavano a
bruciarmi. Non potevo pensare a cose del genere in questo momento!
All'improvviso altri Orchi ci si pararono davanti, circondandoci.
Eravamo in trappola.
I nostri corpi avrebbero fatto compagnia a quelli già putrefatti dei Nani di
Moria.
La missione era fallita, la Compagnia dell'Anello aveva fallito.
Sguainai comunque la spada, almeno sarei morto combattendo.
Un rumore spaventoso proveniente dalle profondità della terra interruppe le
mie elucubrazioni.
Gli Orchi si guardarono intorno, anche loro confusi e spaventati, infine si
dispersero.
Non potevo crederci.
Eravamo ancora vivi.
Per ora.
In fondo al salone vidi una galleria illuminarsi di vivo fuoco.
Abbassamo le armi, inconsciamente consapevoli che non sarebbero mai servite
a nulla.
Boromir si avvicinò a Gandalf senza staccare gli occhi da quelle fiamme
oscure.
"Cos'è questa nuova diavoleria?"
Mithrandir chiuse gli occhi, sospirando.
"Un Balrog. Un demone del mondo antico. E' un nemico al di là delle vostre
forze. Fuggiamo!"
Un Balrog... ne avevo sentito parlare. Erano i flagelli infuocati, chiamati
anche Valaraukar, i demoni di terrore al servizio di Morgoth. Eppure pensavo
che ormai non ne esistessero più...
Riprendemmo a correre senza voltarci indietro. Ormai gli Hobbit sembravano
sul punto di crollare, e anche Gimli non se la passava bene. Legolas era
ancora in forze, respirava solo un po' più velocemente, e Boromir faceva
fatica a portare il suo grande scudo circolare, ma sembrava a posto. Gandalf
non era neanche affaticato, semplicemente preoccupato per il nuovo orrore
che ci seguiva da troppo vicino.
Io ero stanco, tremendamente stanco, ma il calore che sentivo sulla schiena
era un incentivo sufficiente a costringermi a proseguire.
Arrivammo nei pressi di un arco di pietra, che una volta doveva essere stato
una porta, e Gandalf si fermò, aspettando che tutti lo attraversassimo.
Boromir corse oltre l'arco e poco dopo sentii il suo grido, seguito dal
rumore di qualcosa ce precipitava nel vuoto.
Non capivo cosa stesse succedendo, ero troppo lontano, ma vidi Legolas
scattare e correre verso il guerriero. Ora riuscivo a vedere la scena:
Boromir era in bilico sul bordo di un precipizio senza fine, e la torcia gli
era sfuggita di mano, precipitando.
Legolas lo afferrò alla vita e lo tirò verso di sé. Caddero a terra, Boromir
su Legolas.
Cosa provai in quel momento?
Gelosia e possessività.
Stupido, vero? Eppure vedere il mio Elfo tra le braccia di un altro, sebbene
per un caso fortuito, mi faceva ribollire il sangue nelle vene.
"Grazie, Legolas... ogni tanto mi chiedo cosa farei senza di te" mormorò
Boromir, rialzandosi da terra e aiutando il mio Elfo a fare altrettanto.
Il *mio* Elfo... già lo consideravo mio? C'era qualcosa di dannatamente
sbagliato nella mia testa...
O forse era nel mio cuore.
"Ho saldato il mio debito, Boromir..."
Già... il guerriero mi aveva aiutato a salvare Legolas al passo di Caradhras,
e anche durante il combattimento con gli Orchi alla tomba di Balin gli aveva
lanciato un paio di avvertimenti per salvarlo.
Non ebbi più tempo per pensare ai miei problemi, perchè sentii la mano di
Gandalf calare pesantemente sulla mia spalla. Mi voltai verso lo stregone:
non l'avevo mai visto tanto agitato e in preda al panico.
"Conducili fuori, Aragorn! Il ponte è vicino..." esitai. Li stava affidando
a me. Stava affidando l'intera missione nelle mie mani. Provai a ribattere,
ma mi interruppe, spingendomi leggermente perchè riprendessi a correre.
Mi voltai verso la grande caverna che ci stava davanti. Riuscivo, sforzando
lo sguardo, a vedere il ponte.
Sì, era davvero vicino.
"Fà come ti dico! Ormai le spade non sono più utili!"
Forse Gandalf aveva ragione, ma non mi andava di avventurarmi in quell'oscurità
disarmato, quindi tenni stretta in mano l'elsa della spada.
Scendemmo in fretta una stretta scala che portava dritta al ponte. Ai lati
non c'era nessun tipo di protezione: un passo falso e saremmo precipitati
nel vuoto.
Rabbrividii e cercai di non pensare a ciò che mi avrebbe aspettato se fossi
caduto.
Boromir e Legolas, che aprivano la fila, si fermarono di colpo: la scala era
rotta, dovevamo saltare o non saremmo riusciti a proseguire.
Vidi Legolas saltare dall'altra parte del buco, e non riuscii a trattenere
un sospiro di sollievo quando i suoi piedi toccarono nuovamente la solida
roccia.
"Gandalf!"
La voce musicale dell'Elfo richiamò l'attenzione dello stregone, che saltò a
sua volta e finì tra le braccia di Legolas, che era pronto a riceverlo.
Vidi Boromir afferrare per la vita Merry e Pipino e sollevarli di peso,
lanciandosi con loro dall'altra parte. Nel momento stesso in cui i tre
atterrarono, la roccia davanti a noi si sbriciolò, allungando il salto. Era
ancora fattibile, ma stava diventando sempre più difficile, e sentivo che
presto altra roccia si sarebbe sgretolata sotto i nostri piedi. Portandoci
con lei se non facevamo in fretta.
La terra cominciò a tremare, segno che il Balrog era sempre più vicino, e
gli Orchi tornarono all'attacco, bombardandoci di frecce che,
fortunatamente, non colpivano i propri bersagli.
Andavano tutte a segno, invece, quelle scoccate da Legolas. Guardarlo tirare
con l'arco era uno spettacolo.
Uno spettacolo splendido e letale.
Non un dardo mancava il suo bersaglio, e gli Orchi cominciarono a cadere
come mosche.
Mi avvicinai al bordo del precipizio: dovevamo fare in fretta.
"Sam!" chiamai, poi lo afferrai e lo lanciai dall'altra parte, dove Boromir
era già pronto ad afferrarlo.
Mi voltai per fare la stessa cosa con Gimli, ma il Nano mi fermò.
"No, nessuno può lanciare un Nano!"
Prese lo slancio e si gettò in avanti.
Maledizione! Troppo corto!
Il Nano toccò con i piedi la roccia, ma si sbilanciò indietro, rischiando di
cadere.
Legolas si accorse del pericolo e si voltò in tempo per afferrare la barba
rossa di Gimli e trascinarlo in salvo.
"La barba no!" si lamentò il Nano, ma l'Elfo non lo ascoltò e lo tirò verso
di sé, poi riprese a decimare i nemici con le sue frecce.
Ormai rimanevamo solo io e Frodo.
Sentii sotto i miei piedi la roccia cedere, e lanciai Frodo indietro per
metterlo in salvo, dopodiché saltai verso di lui.
La roccia cedette e mi ritrovai appeso nel vuoto, con le mani che cercavano
disperatamente un appiglio.
"Aragorn!" gridò una voce che conoscevo fin troppo bene. Una voce che ormai
cominciavo a ritenere indispensabile.
Sopra di me, Frodo mi afferrò un braccio e cominciò a tirare, permettendomi
di risalire sulla scalinata.
"Grazie Frodo" annaspai in cerca di aria, poi sussultai quando un gigantesco
masso frantumò la scalinata poco dietro di noi.
Ora non potevamo più tornare indietro, e saltare era diventato impossibile.
Il frammento di roccia su cui stavamo io e Frodo cominciò a oscillare
pericolosamente, e mi venne in mente un piano che, per quanto folle, avrebbe
anche potuto funzionare.
***Legolas***
Trattenni il respiro quando vidi Aragorn e Frodo oscillare pericolosamente
sul quel frammento di roccia.
Aragorn...
Potevo anche nascondere i miei sentimenti per lui davanti agli altri, ma il
mio cuore non poteva negarlo.
/Aragorn... Stai attento.../
Mi ritrovai a fissare i due con più intensità del normale. Non riuscivo a
staccare gli occhi da Aragorn, era come se volessi imprimermi nella mente
ogni suo movimento.
Come un lampo, mi resi conto che i suoi movimenti erano calcolati...
Avevo capito!
"Boromir!" chiamai "Stai pronto a prendere Frodo!"
Il guerriero mi guardò confuso, poi anche lui capì il piano di Aragorn e si
mise in posizione.
Intanto Aragorn aveva iniziato a dare disposizioni a Frodo.
"Chinati!" fu l'ultima cosa che disse. L'Hobbit eseguì, e presto il
frammento di scalinata cominciò a oscillare in avanti.
Qualche metro... solo qualche metro ancora...
Frodo saltò e Boromir lo afferrò al volo. Aragorn fece lo stesso, e io lo
presi tra le braccia, godendo per qualche breve, eterno istante del calore
del suo corpo contro il mio, del tepore del suo fiato sul mio viso.
Ci staccammo quando sentimmo il rumore della scalinata che si schiantava
molti metri sotto di noi.
Riprendemmo a correre, non c'era il tempo di gioire per averla scampata
ancora una volta. L'adrenalina scorreva nel mio corpo a circolo chiuso.
Ormai le fiamme crepitavano senza controllo in tutta la caverna. Il Balrog
era vicino.
Mi impietrii e mi voltai indietro quando sentii il tremendo ruggito del
mostro di fiamma. Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Era in un
certo qual modo affascinante...
"Legolas! Andiamo!"
Aragorn mi afferrò per un braccio e cominciò a trascinarmi verso il ponte.
Lo lasciai fare senza opporre resistenza, ero completamente ammaliato da
quel demone di brace...
Lo sentivo urlare, strepitare, ruggire, gridare...
Nella mia testa sentivo le sue urla... era una sensazione strana, ma
familiare in un certo senso...
L'Anello! Sì, era la stessa sensazione della voce dell'Anello nella mia
mente!
Lo spirito dell'Anello e lo spirito del Balrog erano affini, entrambi
traevano i propri poteri da un'entità comune.
Sauron.
Mi ripresi dal mio stato di intontimento in tempo per sentire Gandalf, in
piedi da solo in mezzo al ponte, affrontare il Balrog con parole
autoritarie. Senza sapere come, Aragorn era riuscito a portarmi con gli
altri al di là del ponte.
"Tu non puoi passare!"
Piantò il bastone sulla roccia, e non appena il demone mise piede sul ponte,
cominciò a precipitare nel vuoto, con la sua frusta di fiamma che ancora
serpeggiava nell'aria.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo, ma il pericolo non era ancora
passato.
La frusta del Balrog si attorcigliò attorno alla caviglia di Gandalf,
trascinandolo con sé nelle profondità di Khazad-dum.
Lo stregone si aggrappò ai resti del ponte, ma non era in grado di risalire.
Vidi Aragorn scattare in avanti per accorrere in suo aiuto, ma una voce
esplose nella mia testa.
/Fermalo, Legolas!/
Istintivamente mi piazzai davanti all'amore della mia vita, impedendogli di
proseguire. Lui cercò di aggirarmi, addirittura di spingermi da parte, ma io
non desistetti.
Era la voce di Gandalf quella che avevo sentito nella mia testa. Le sue
ultime disposizioni prima di sparire nell'ombra. Sentii ancora la sua voce.
/La missione ora è affidata a lui... aiutalo... ha bisogno di te.../
Poi fece in modo che potessero udirlo tutti.
"Fuggite, sciocchi"
E si lasciò cadere.
Frodo lanciò un grido disperato, accorrendo verso il luogo in cui era caduto
Gandalf, ma fortunatamente Boromir lo fermò e lo sollevò di peso, portandolo
verso l'uscita.
"Aragorn!" gridò il guerriero.
Gli Orchi erano tornati all'attacco con le loro frecce, ma non li degnavo di
uno sguardo.
I miei occhi erano solo per Aragorn, e i suoi per me.
Una freccia mi passò a qualche centimetro dalla faccia, tracciando una linea
vermiglia sulla mia guancia, ma non mi mossi di un millimetro.
"E' colpa tua"
Un pugnale conficcato nel cuore mi avrebbe fatto meno male di quelle tre
parole appena sussurrate.
Rancore. Rancore e tanta rabbia.
"Avrei potuto salvarlo"
Le lacrime minacciarono di rigarmi le guance, ma le ricacciai indietro.
Avevo un orgoglio da difendere, non mi sarei mostrato debole come un
fanciullo.
"Se non mi avessi fermato, Gandalf sarebbe ancora vivo"
Come potevo dirgli che era stato proprio lo stregone a ordinarmi di
fermarlo? Non mi avrebbe creduto. L'ira e la disperazione gli offuscavano la
ragione.
"Tu l'hai ucciso"
Una freccia si piantò vicino al piede di Aragorn, che mi voltò le spalle e
corse per raggiungere gli altri.
"Non sei migliore di Sauron"
Io rimasi immobile ancora per qualche attimo, sperando che arrivasse
qualcosa a portare via il peso che sentivo sul cuore.
/Come vorrei che una freccia mi trafiggesse il cuore in questo momento...
smetterei di soffrire... sparirei dalla sua vita... per sempre.../
Mi accasciai a terra, esausto e senza forze.
Vidi vagamente un Orco mirare alla mia testa e scoccare una freccia.
Bene... forse finalmente le mie sofferenze sarebbero terminate.
***Boromir***
Gandalf era precipitato negli abissi di Moria, sacrificandosi per salvarci
la vita.
Quando avevo accettato di far parte di questa missione, avevo pensato di
convincere la Compagnia a passare attraverso la mia città, Minas Tirith, con
l'Anello del Potere. Magari, pensavo, vedendo le sofferenze del mio popolo
si sarebbero decisi a collaborare con me.
Mi avrebbero prestato l'Anello.
L'avrei usato solo per difendere Minas Tirith, poi l'avrei portato io stesso
al Monte Fato, l'avrei distrutto una volta per tutte.
Quell'Anello era potente, lo percepivo.
L'aria attorno a lui era una vibrazione di potere allo stato puro.
E io lo desideravo.
Eccome se lo desideravo.
Ma durante il viaggio, era nato un legame tra me e gli altri membri della
Compagnia. Avevo iniziato ad apprezzarli, a provare per loro affetto e
amicizia.
Avrei dato la vita per loro.
Soprattutto per i piccoletti... i giovani Hobbit erano così innocenti e
spensierati che il desiderio di proteggerli era spontaneo, nasceva
istintivamente nel cuore di ognuno. Ero sicuro che Gandalf si sentisse
esattamente così. E anche Aragorn.
Uscimmo dalle tenebre di Moria, e finalmente la luce del sole ci inondò di
nuovo.
Sbattei le palpebre per permettere ai miei occhi di abituarsi a quella
luminosità accecante.
Feci qualche passo con le ultime forze che ancora albergavano nel mio corpo,
e mi accasciai su una roccia.
Gli altri mi imitarono.
Sam capì che era meglio lasciare Frodo da solo per qualche minuto, e si
sedette su un masso con la testa fra le mani. Le lacrime scivolavano lungo
il suo viso. Guardai il Portatore, in piedi con lo sguardo rivolto
all'orizzonte. Una lacrima solitaria gli solcò il viso. La sua disperazione
era così grande che non riusciva neanche a piangere.
Merry e Pipino, insieme come sempre, si consolavano a vicenda, stretti in un
abbraccio disperato. Non era così che doveva andare...
Gandalf era sempre stato un buon amico degli Hobbit e della Contea. Era un
duro colpo per loro.
Aragorn era in piedi, stava ripulendo la spada, il volto impassibile. Cercai
Legolas, ero sicuro che dovesse trovarsi lì vicino, eppure non c'era.
Tra quei due era palese una grande attrazione. Non dico che si amassero, o
forse non se ne rendevano ancora conto, ma la loro intesa era fenomenale...
aveva quasi dell'incredibile. Quando uno dei due soffriva, l'altro era
subito pronto a consolarlo, come se avesse sentito il suo dolore. Quando uno
dei due aveva paura, l'altro gli prendeva la mano, gli accarezzava un
braccio, gli sorrideva complice.
Per non dimenticare il bacio nelle miniere di Moria.
Era stato un gesto puramente istintivo, ma Legolas si era ritirato.
Tra quei due c'era qualcosa che impediva loro di essere felici e di
completarsi l'un l'altro.
Avrei dato la vita per avere un rapporto del genere con qualcuno.
Mio fratello e io eravamo molto legati, questo è vero, ma Faramir in quel
momento non era lì con me... non poteva asciugare le mie lacrime, consolarmi
come era solito fare.
Vidi Gimli alzarsi in piedi e affrettarsi verso la caverna che avevamo
appena lasciato. Scattai per fermarlo, ma lui non mi degnò di uno sguardo.
Lo afferrai per un braccio, ma lui fuggì il mio sguardo. Non voleva che
vedessi le lacrime sul suo volto.
"L'Elfo..." disse "Non è uscito"
Ci misi qualche secondo prima di capire le parole del Nano.
Legolas... era ancora dentro in balia di un esercito di Orchi!
"Aragorn!" gridai, in preda al panico "Dobbiamo tornare indietro! Legolas è
ancora dentro, probabilmente è ferito!"
L'erede di Isildur mi guardò con aria spenta e tremendamente triste. Nei
suoi occhi era il vuoto più totale.
"Forse morendo rimedierà ai suoi errori..." mormorò, guardandomi ma non
vedendomi.
Sussultai a quelle parole. Doveva essere successo qualcosa tra quei due...
Ripercorsi mentalmente le ultime vicende. Quando Gandalf stava per cadere,
Aragorn si era lanciato per aiutarlo, ma Legolas l'aveva inspiegabilmente
fermato... sì, doveva essere per quello...
Eppure c'era sicuramente una spiegazione per il comportamento di Legolas:
l'Elfo non aveva mai fatto avventatezze.
Magari aveva sentito un pericolo imminente e aveva cercato di limitare le
perdite. Dopotutto, la maggior parte degli Elfi aveva una mente fredda e
calcolatrice.
Afferrai saldamente il mio grande scudo circolare e mi precipitai
all'interno di Moria. Di nuovo.
Scesi una piccola scalinata e raggiunsi il ponte.
E lì lo vidi.
Accoviacciato a terra come una bambola di pezza, senza alcuna forza nei
muscoli, senza alcuna luce negli splendidi occhi verdi. La rigogliosa
foresta che in genere viveva nel suo sguardo, era ora solo un ricordo.
Lo raggiunsi velocemente, e lo protessi con lo scudo quando sentii il sibilo
di una freccia che lo avrebbe sicuramente ucciso.
Mi piazzai davanti a lui, sempre protetto dallo scudo, e cercai di scuoterlo
dal suo torpore.
"Legolas! Legolas, per l'amor del cielo, rispondi!"
Finalmente sembrò rendersi conto della mia presenza, e mi trapassò con lo
sguardo.
"E' finita..." sussurrò debolmente. Anche la musica nella sua voce si era
affievolita fino a sparire.
"Cosa è finita, Legolas? Sei ferito? Ti hanno colpito?"
Scosse la testa in segno di diniego.
"Mi odia... Perchè mi hai salvato? Lasciami morire qui..."
In un attimo capii.
Aragorn.
Stava parlando di lui, sicuramente. Il Ramingo doveva averlo accusato della
morte di Gandalf, visto e considerato che l'aveva bloccato quando aveva
tentato di salvarlo.
Non sapevo cosa dire a Legolas... prima però dovevo portarlo fuori da qui!
Non potevo certo dar retta ai suoi deliri e lasciarlo morire in quel luogo
oscuro, così lontano da casa sua e dalle sue amate foreste!
Passai un braccio attorno alla sua vita e lo sollevai. Lui si aggrappò
saldamente a me, ma non contribuì assolutamente quando cominciai ad avviarmi
verso l'uscita.
Quando finalmente uscimmo da quell'inferno di ombre e fiamme, appoggiai
delicatamente Legolas a terra, contro una roccia, e lo osservai
attentamente.
Sobbalzai quando vidi i suoi occhi immobili, fissi in un punto imprecisato.
Sembrava morto, eppure il suo cuore batteva e il suo petto si alzava e
abbassava ad ogni respiro.
Riportai l'attenzione per l'ennesima volta sui suoi occhi.
Non c'era più niente in essi.
Solo... dolore.
E in quel momento ricordai una lezione di tanti anni prima sugli Elfi, in
cui il mio tutore mi disse che quegli esseri luminosi e immortali potevano
morire. Per morte fisica, oppure per dolore.
Mi diressi verso Aragorn, dovevamo fare quattro chiacchiere.
Sperai solo che non fosse già troppo tardi.
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