.|. La Vera Versione del Signore Degli Anelli .|.

Capitolo 4

~

***Legolas***

Qualcuno mi aveva portato fuori dall'oscurità di Moria, e il sole finalmente accarezzava di nuovo il mio viso.

Eppure non me la sentivo di gioirne.

La mia vita finiva quel giorno.

Quando Aragorn mi aveva rivolto quelle accuse cariche di odio e di rancore, qualcosa era morto dentro di me. Aragorn si era portato via una parte del mio cuore.

Sentivo delle voci intorno a me, quella di Boromir più forte delle altre.

Forse era stato lui a salvarmi la vita.

Non sapevo se ringraziarlo o rimproverarlo.

Il dolore al petto era atroce, ma era come se il mio spirito fosse uscito dal mio corpo, e avvertisse la sofferenza solo da lontano, come se riguardasse un'altra persona.

Avevo visto la morte in faccia, a Moria, e i ricordi degli anni felici della mia lunga esistenza si erano affacciati alla mia mente.

La prima volta che con un arco in mano avevo centrato un bersaglio; l'amore dei miei genitori; i viaggi lungo la Terra di Mezzo in compagnia di Elrond e dei suoi figli; le visite al bosco di Lothlorien; l'amicizia di Aragorn.

Chi mi vedeva dall'esterno, probabilmente pensava che fossi morto. I miei occhi erano fissi in un punto imprecisato dell'orizzonte, vuoti, spenti, e il mio corpo era immobile da parecchi minuti. Solo il petto si alzava e abbassava impercettibilmente per permettermi di respirare.

"Signor Legolas?" qualcuno mi stava chiamando con voce esitante e rotta dal pianto.

Feci lo sforzo di voltarmi verso colui che aveva parlato e mi trovai davanti il viso di Sam. Mi limitai a fissarlo, nessun suono uscì dalle mie labbra.

"Posso... posso sedermi qui accanto a lei?"

Povero Sam! Avevamo entrambi disperatamente bisogno di qualcuno che ci consolasse, eppure Frodo sembrava in un altro mondo e Aragorn desiderava la mia morte.

Non avevo la forza di muovermi, di fargli un cenno. Non sapevo come fargli capire che il suo dolore era anche il mio. Sam si sciolse, lasciando che le lacrime rigassero il suo viso. Si accasciò al mio fianco, sfinito.

"E' tutto finito... è tutto finito..."

Il giovane Gamgee continuava a ripetere sommessamente questa frase, aspettando che qualcuno venisse a dirgli che si sbagliava, che c'erano ancora speranze, che non tutto era perduto...

Ma nessuno sembrava curarsi del suo dolore.

Del nostro dolore.

Mi sforzai di dare un contorno alle ombre che i miei occhi percepivano, e vidi Boromir arrancare, stremato, nella direzione in cui si stagliava Aragorn, bellissimo contro i raggi dell'ultimo sole.

Incrociai per un attimo lo sguardo di Estel. I miei occhi dovevano sembrare vuoti ad un osservatore esterno, privi di luce e di colore. Mi guardò per poco più di un istante, poi distolse lo sguardo con una smorfia del viso.

Una smorfia di odio.

Forse, tutto sommato, Sam aveva ragione.

Forse era davvero tutto finito.

***Aragorn***

Continuavo a passare lo straccio sullo stesso punto della lama da cinque minuti buoni: ormai la spada brillava come nuova. Non volevo piangere, non sarebbe servito a niente.

Gandalf era morto, le nostre lacrime non l'avrebbero riportato da noi.

Gandalf era morto.

Per colpa di Legolas.

Il mio cuore era diviso in due: la parte ragionevole continuava a ripetermi che doveva esserci una spiegazione, che dovevo parlare con Legolas, chiarirmi con lui. Ma la parte predominante, quella istintiva, mi diceva che uno dei miei amici più cari era morto davanti ai miei occhi, a causa dell'Elfo.

Sospirai frustrato, e il movimento improvviso della mano mi causò un piccolo taglio nel palmo.

Osservai il sangue scendere lungo il polso e cadere a terra in piccole gocce, finché una mano sulla mia spalla mi riportò alla realtà.

Qualcuno mi fece voltare e mi diede un violento pugno in pieno viso.

Arretrai barcollando di qualche passo, intontito dal colpo, e mi misi in posizione di difesa, fronteggiando il mio avversario.

Le braccia mi ricaddero lungo i fianchi quando vidi che il mio assalitore era Boromir.

"Sei solo un imbecille!" mi aggredì, e io davvero non capivo a cosa si stava riferendo.

"Non so di cosa tu stia parlando, Boromir. Perchè mi hai colpito?"

Il mio tono era indifferente, lo stesso con cui gli avrei chiesto se secondo lui avrebbe piovuto.

"Non fare il finto tonto con me, Aragorn! Sai benissimo a cosa mi riferisco! Avresti lasciato morire Legolas in quel modo atroce? Davvero lo avresti fatto?"

Non appena sentii il nome dell'Elfo lasciare le sue labbra, mi irrigidii e il mio viso, se possibile, si fece ancora più freddo. Mi passai con calma controllata il dorso della mano lungo il labbro inferiore, e scoprii che era spaccato.

"Non nominarlo mai più in mia presenza..." sibilai, e Boromir rabbrividì.

Respirò profondamente, cercando di darsi un contegno. Sentiva gli sguardi del resto della Compagnia sulla sua schiena.

"Senti, non so cosa sia successo tra di voi, e nemmeno voglio saperlo. Sono affari vostri. L'unica cosa che mi preoccupa e che mi interessa è il fatto che Legolas non è più in sé da quando siamo usciti da Moria. I suoi occhi sono spenti, la sua pelle diafana e il suo corpo debole. E' come se si stesse autodistruggendo. Ho paura per lui, Aragorn"

Lo guardai negli occhi per tutta la durata del suo monologo. Sembrava davvero preoccupato per Legolas.

Forse aveva bisogno di me, forse dovevo andare da lui, stringerlo tra le braccia e asciugare le sue lacrime...

Ma non potevo dimenticare quello che aveva fatto.

"Se sei così in pena per lui, Boromir..." replicai, con il tono di voce più sicuro che riuscii a trovare "Raggiungilo, consolalo, fallo sorridere. Potreste essere una splendida coppia!" risi ironicamente, e mi godetti lo spettacolo del volto di Boromir deformato dall'ira.

Ma non potevo mentire a me stesso. Il mio cuore sanguinava più del palmo della mia mano e del mio labbro.

Il figlio di Denethor strinse i pugni e serrò i denti, sapeva come me che non era il caso di duellare qui.

Si voltò di scatto, dandomi le spalle.

"Spero tanto che presto ti renderai conto dei tuoi errori. Se Legolas morirà, avrai la sua vita sulla coscienza. Se vivrà, l'avrai perduto per sempre. In ogni caso, hai perso la parte migliore di te, Aragorn"

Si incamminò per raggiungere l'Elfo e Sam, seduti l'uno accanto all'altro per infondersi vicendevolmente coraggio, ed io rimasi sospeso sulle sue ultime parole.

L'avevo perso per sempre, in un caso o nell'altro.

Avevo perso la parte migliore di me.

***Boromir***

Ma si poteva essere tanto stupidi?

Ero andato da Aragorn per farlo ragionare, per cercare di convincerlo a parlare con Legolas.

Ma il futuro re di Gondor era più testardo di quanto immaginassi.

Arrivai a un passo da Legolas e Sam. Il giovane Hobbit piangeva ancora silenziosamente seduto accanto all'Elfo, mentre quest'ultimo mi guardava intensamente. Sembrava volermi dire qualcosa, ma non essere in grado di farlo.

Sollevai delicatamente Sam e lo sostenni fino a raggiungere Merry e Pipino, e lo lasciai in loro compagnia.

Volevo stare da solo con Legolas.

Quello che mi preoccupava di più era che l'Elfo non aveva ancora versato una lacrima. Sapevo benissimo fino a che livelli poteva arrivare l'orgoglio elfico, ma avevo una brutta sensazione.

Mi inginocchiai davanti a lui e gli circondai la vita con le braccia, attirandolo a me e assaporando il profumo dei suoi meravigliosi capelli.

Lui si strinse a me passando le braccia attorno al mio collo, e nascose il viso nell'incavo della mia spalla.

Mi sentivo bene in quella posizione, in pace col mondo intero, ma sapevo che c'era qualcosa di sbagliato. Io ero sbagliato. Legolas avrebbe voluto qualcun altro al mio posto, ma se con la mia presenza potevo infondergli un po' di sollievo, perchè avrei dovuto sottrarmi a quell'abbraccio?

Percepivo gli occhi di Aragorn bruciarmi la schiena, ma non me ne curavo.

Aveva avuto la sua occasione, e l'aveva sprecata.

Accarezzai i capelli di Legolas, cullandolo dolcemente.

"Legolas... piangi, te ne prego... ti farebbe bene..."

Volevo che si sfogasse, che con le sue lacrime esprimesse tutto il suo dolore e lo lasciasse scivolare via.

L'Elfo scosse la testa, poi si staccò da me, riappoggiando la schiena alla roccia.

"Boromir?"

"Dimmi..."

"Perchè mi hai salvato la vita?"

Mi sembrava una domanda molto stupida, eppure risposi ugualmente.

"Perchè sei un amico..."

"E perchè lui vuole la mia morte?"

Non ci voleva un genio per capire a chi si riferisse. Sospirai, poi sorrisi leggermente.

"Perchè è cocciuto e non capisce niente!"

In quel momento vidi un piccolissimo sorriso comparire sul viso dell'Elfo. Piccolissimo, sì, ma era pur sempre un sorriso.

"Hai sorriso!"

"Già... sai, Boromir? Ti avevo davvero sottovalutato. Grazie, sei un vero... amico"

Per fortuna stava meglio. Confesso che mi aveva fatto terribilmente preoccupare. Mi alzai in piedi e gli tesi una mano per aiutarlo a fare altrettanto. Non appena lasciai la presa, le gambe non lo ressero e barcollò pericolosamente. Lo afferrai e lo sostenni.

"Tutto bene, Legolas?"

"S-sì... solo un capogiro, non ti preoccupare"

"In piedi, dobbiamo partire!" la voce di Aragorn era irosa e quasi spiacevole. Avvertivo tutte le emozioni racchiuse in quel tono, e non mi facevano certo piacere.

Quando Legolas sentì la voce di Aragorn, rabbrividì e ebbi paura che si sarebbe di nuovo lasciato andare. Ma la forza racchiusa in un Elfo è sorprendente.

"Concedi loro un momento, te ne prego!" replicai all'indirizzo del Ramingo indicando i giovani Hobbit ancora in preda alla disperazione. Preoccupato com'ero per Legolas, non mi ero neanche accorto che anche i piccoletti stavano male.

"Stanotte queste colline brulicheranno di Orchi! Dobbiamo arrivare ai boschi di Lothlorien. Andiamo, Boromir! Gimli, falli alzare!"

Si avvicinò a Sam e lo tirò in piedi quasi con malagrazia, poi si guardò intorno alla ricerca di Frodo. Quando vidi l'espressione negli occhi del Portatore dell'Anello, una grande pena mi crebbe nel cuore. Gandalf era sempre stato un grande amico per lui, il suo punto di riferimento in quest'avventura terribile.

E ora lo stregone non c'era più.

Vidi Legolas raccogliere le sue cose e incamminarsi senza guardare in faccia nessuno verso la strada per il Bosco d'Oro.

Raccolsi lo scudo e lo seguii, affiancandomi a lui.

Se Aragorn aveva intenzione di ferirlo ancora, avrebbe dovuto prima passare sulla lama della mia spada...

***Legolas***

Camminammo per ore, immersi nella natura selvaggia. Avvertire il vento accarezzarmi la pelle e sentire nel naso il profumo dell'erba aveva un effetto rigenerante sul mio animo turbato.

Boromir non mi aveva abbandonato un attimo, e gliene ero immensamente grato. Diventava sempre più difficile sopportare gli sguardi rabbiosi di Aragorn, e Boromir mi aveva offerto un braccio a cui appoggiarmi per evitare di crollare.

Saltai su una roccia leggermente sopraelevata e guardai fin dove il mio sguardo poteva spingersi.

"Vedi qualcosa?" mi chiese Boromir, che ovviamente si era fermato accanto a me.

"Non ne sono sicuro..." mormorai, focalizzando lo sguardo su una linea verde all'orizzonte "Ma credo proprio che entro un paio d'ore entreremo nel Reame di Lothlorien"

Scesi dalla roccia e incespicai. Maledizione! A quanto pareva, non mi ero ancora del tutto ripreso. Mi immobilizzai per riprendere l'equilibrio e scacciare un fastidioso senso di vertigine che mi aveva colto all'improvviso.

"Tutto bene, Legolas?" Boromir mi afferrò per un braccio, sostenendomi. Doveva essere davvero preoccupato.

Lo guardai e gli rivolsi uno dei miei rari sorrisi.

"Certo, tutto a posto. Proseguiamo"

Non appena mi voltai, il mio sguardo incrociò quello di Aragorn. Non ero abituato a vedere sul suo viso quegli occhi carichi di odio: sembravano addirittura aver perso il loro splendido azzurro ed essersi trasformati in pozze di nero senza fondo.

Rabbrividii e sentii una mano rassicurante sulla spalla.

"Gli passerà, devi solo dargli tempo"

Annuii senza troppa convinzione e mi apprestai a continuare quel viaggio suicida.

Finalmente raggiungemmo i famosi boschi di Lothlorien, e vi entrammo cautamente. Aragorn apriva la fila, ed io ero subito dietro di lui. Mi faceva male stargli così vicino, ma non avevo altra scelta: in quella situazione c'era bisogno di tutti i miei sensi, e dovevo stare in testa alla Compagnia. Percepivo la presenza di esseri viventi tutt'attorno a noi, e credevo anche di sapere di chi si trattasse.

"State vicini, giovani Hobbit..." sentii nella voce di Gimli una vena di paura e tensione "Dicono che una grande fattucchiera viva in questi boschi. Una strega Elfo, con poteri straordinari. Tutti quelli che la guardano, cadono sotto il suo incantesimo... e non li si vede più..."

Ma come osava! Parlare in questo modo della Dama del Bosco d'Oro! La grande regina Galadriel!

Mi voltai per fronteggiarlo, ma l'espressione di Frodo mi fece desistere. L'Hobbit sembrava in contemplazione di qualcosa che si rivelava solo a lui, come se qualcuno gli stesse parlando.

Che fosse...

Legolas...

Sobbalzai e mi guardai attorno per controllare se anche altri avessero udito quella voce.

Legolas...

Niente da fare... Nessuno sembrava aver sentito, eppure era così chiaro nella mia testa! Una voce di donna... anzi no! La voce di una donna che io conoscevo molto bene...

Mia regina...

Risposi usando anch'io il pensiero, sapevo che mi avrebbe sentito.

Sei tornato ancora nel Bosco d'Oro... ma il tuo cuore è così colmo di disperazione che ho faticato a raggiungere i tuoi pensieri...

Voi che mi conoscete tanto bene, sapete che cosa mi turba...

Entra nel mio Regno, allora, principe di Mirkwood, e trova la pace per il poco tempo che resterai qui...

Scossi la testa; nessuno si era accorto di niente.

"Beh, ecco un Nano che lei non intrappolerà tanto facilmente! Ho gli occhi di un falco e le orecchie di una volpe, io!" Gimli era il solito spaccone.

Non aveva neanche fatto in tempo a finire la frase, che ci ritrovammo puntate contro decine e decine di frecce di fattura elfica. Anch'io avevo già estratto l'arco, ma in realtà non mi sentivo minimamente minacciato: la Dama mi aveva dato solo pochi minuti prima il permesso di entrare a Lorien.

"Il Nano respira così forte che potevamo colpirlo nel buio..."

Conoscevo questa voce ironica e altera al tempo stesso... apparteneva ad una persona che non vedevo da molto tempo.

"Haldir di Lorien" disse Aragorn inchinandosi leggermente al biondo Elfo "Siamo qui in cerca di aiuto. Ci occorre la tua protezione"

Niente di più vero, dovetti ammettere. Anzi, più della sua protezione, avevamo bisogno di riposare e rifocillarci.

"Aragorn! Questi boschi sono pericolosi! Torniamo indietro!"

Trattenni a stento un sorriso nel sentire il Nano così spaventato e confuso. Lui non capiva... non avvertiva la pace che regnava su quei luoghi. Quand'ero più giovane, mio padre mi aveva raccontato che il canto degli alberi di Lothlorien aveva il potere di rinfrancare lo spirito e allontanare ogni tipo di turbamento. Sperai che non si trattasse solo di un mito.

"Siete entrati nel reame della Dama dei Boschi... non potete tornare indietro... venite, Lei aspetta"

Ci squadrò uno a uno per la prima volta, e solo allora sembrò rendersi conto della mia presenza. I suoi occhi si allargarono per lo stupore, e ordinò in elfico agli arcieri che ancora mi tenevano sotto tiro di allontanarsi immediatamente. Anch'io riposi l'arco, sorridendo a Haldir che sembrava terribilmente imbarazzato.

"Legolas! E' sempre un piacere per noi accoglierti a Caras Galadhon... ti prego di perdonare la mia irruenza, ma non avevo notato la tua presenza nella Compagnia..."

Sorrisi genuinamente e tesi la mano al mio vecchio amico, che la strinse con vigore.

"Sono contento di rivederti, Haldir. E' passato molto tempo dalla mia ultima visita..."

Visto e considerato che la nostra piccola conversazione stava avvenendo completamente in lingua elfica, tutti a parte Aragorn ci squadravano come se stessimo dicendo chissà quali bestemmie.

Mi scappò una risatina davanti alle facce di Boromir e Gimli... erano così accigliati! Così confusi!

Haldir capì subito il motivo della mia ilarità, e si unì alla risata. Tra noi c'era sempre stata molta sintonia.

"Seguitemi!" disse in lingua comune quando si fu ripreso, e finalmente cominciammo a seguire il sentiero che ci avrebbe condotto nel cuore del regno di Lothlorien: a Caras Galadhon, dove risiedevano Sire Celeborn e Dama Galadriel.

Lanciai un rapido sguardo ad Aragorn e, quando lui incrociò i miei occhi, ostentai l'indifferenza più totale. Mi sentivo più forte, finalmente ero nel mio elemento, tra la mia gente. Ero sicuro che dopo aver parlato con Galadriel avrei trovato una soluzione al mio problema.

Haldir si voltò verso di me.

"Il tuo amico sembra piuttosto diffidente... e il suo volto non mi è nuovo. Di chi si tratta?" vidi che con lo sguardo stava indicando Boromir, che arrancava faticosamente dietro di noi, sempre più appesantito dal grande scudo circolare che giganteggiava sulla sua schiena.

"Lui è Boromir, figlio di Denethor, il Sovrintendente di Gondor...e sì, hai ragione, è piuttosto diffidente. Credo proprio che dovrei scambiare con lui qualche parolina..."

Haldir mi sorrise e annuì, continuando a guidarci.

Mi affiancai a Boromir, passando deliberatamente a pochi passi da Aragorn e rabbrividendo impercettibilmente sotto il suo sguardo di ghiaccio.

"Non sembri felice di essere entrato a Lothlorien, amico mio..." esordii all'indirizzo di Boromir.

Lui sospirò, scuotendo tristemente la testa. Questo mi sorprese, non ero abituato a vedere il guerriero demoralizzato e stanco.

"Qualcosa non va, Boromir?" gli chiesi, sfiorandogli il braccio con una mano e guardandolo attentamente negli occhi. Quello che vidi fu turbamento, confusione e... una sorta di angoscia profonda.

"Non mi sento tranquillo, Legolas... da quando siamo entrati a Lorien, non faccio altro che sentire una presenza nella mia testa... mi dice che non devo cedere, che non devo ripetere l'errore che porta ogni Uomo alla fine... ma io non capisco a cosa si riferisce! Vorrei capire, ma non ci riesco!"

Lo guardai ancora per qualche istante, poi distolsi lo sguardo. Non avevo perfettamente capito la situazione, ma alcune cose erano finalmente chiare.

"La voce che senti nella tua mente è Dama Galadriel, la regina di questo luogo, donna di grande virtù e dai poteri inimmaginabili..."

Non ebbi il coraggio di dirgli quello che il cuore mi suggeriva... dentro di me, sapevo che anche Galadriel aveva avvertito l'evidente attrazione di Boromir per l'Anello, e forse... attrazione anche per qualcos'altro che continuava a sfuggirmi.

Per fortuna giunse l'esclamazione di stupore dei giovani Hobbit a esonerarmi da quella conversazione. Non mi ci volle molto tempo per capire cosa aveva catturato in tal modo l'attenzione dei Mezzuomini: eravamo finalmente arrivati a Caras Galadhon.

***Aragorn***

Legolas e Boromir sembravano andare sempre più d'accordo. Erano sempre insieme, l'uno accanto all'altro e, cosa ancora più strana, ora i sorrisi dell'Elfo erano un'esclusiva di Boromir.

Non che questo m'importasse, sia chiaro.

Avevo cancellato Legolas dalla mia vita, per me non contavano più niente i suoi sorrisi, la sua calda voce, i suoi capelli d'oro, i suoi occhi grandi e splendenti...

/Ma chi voglio prendere in giro? Fa male... fa male, e non esiste rimedio.../

Non potevo andare da lui e scusarmi, perchè ero ancora convinto di essere dalla parte della ragione. Non riuscivo tuttora a capire cosa lo avesse spinto a lasciar cadere Gandalf nell'oscurità di Khazad-dum, eppure da quando eravamo entrati a Lothlorien, mi sentivo più propenso ad ascoltare le sue argomentazioni.

Un altro dei poteri intrinsechi del Bosco d'Oro...

Camminammo in silenzio, immersi nell'atmosfera mistica della città elfica. Ero già stato a Lorien, tempo addietro, ma ancora non mi capacitavo di tanta bellezza. Bianche scale correvano tutt'attorno ai grandi tronchi degli alberi, e su di esse luminosi Elfi si fermavano per osservare quell'eterogeneo e mal messo gruppo di pellegrini che dovevamo sembrare ai loro occhi.

Le luci disposte lungo tutti i rami degli alberi, come gocce di rugiada, creavano nella cittadella un'intensa luminosità dai toni di lavanda, che contribuiva a rendere l'atmosfera più spirituale, come se tutti all'interno di Lothlorien fossero ad un livello superiore rispetto a noi, poveri abitanti dell'esterno.

Era una meraviglia, un'assoluta meraviglia.

Ci fermammo ai piedi di una scalinata, e ci voltammo tutti verso l'alto quando un'intensa luce ci colpì gli occhi.

Due figure dapprima indistinte si fecero più nitide man mano che scendevano le scale, era da loro che proveniva quella strana luce...

Istintivamente m'inchinai davanti ai signori di Lothlorien.

Dama Galadriel era ciò che di più bello esistesse nella Terra di Mezzo. I suoi capelli d'oro splendevano di luce propria, e i suoi occhi... in essi brillava l'intero firmamento. Era uno sguardo che poteva penetrare nei più nascosti angoli della mia mente, e leggere i miei pensieri come se fossero scritti sul mio viso.

Lanciai uno sguardo al resto della Compagnia. Gli Hobbit avevano gli occhi e la bocca spalancati, e Gimli non credeva ai suoi occhi. Sapevo cosa stava pensando: "Come può questa creatura divina essere la fattucchiera malvagia delle leggende?".
Boromir sembrava spaventato. Strinsi gli occhi, guardandolo più attentamente. Come poteva provare paura o angoscia al cospetto di tanta magnificenza?

Legolas sorrideva, un sorriso meraviglioso gli illuminava il viso. Sapevo che conosceva Galadriel da molto tempo, sapevo che aveva sempre provato per lei l'affetto di un figlio verso sua madre.

Distolsi lo sguardo da lui, e lo riportai sui Signori.

"Otto sono qui, eppure nove si sono allontanati da Rivendell... Dimmi, dov'è Gandalf? Perchè molto desidero parlare con lui..." disse Sire Celeborn, e sembrava si stesse rivolgendo direttamente a me.

Non risposi, e finalmente sentimmo con le nostre orecchie il suono della voce di Galadriel riempirci il cuore. Ci guardò uno a uno, soffermandosi su ognuno di noi per qualche istante.

"Egli è caduto nell'ombra..." c'era tristezza nella sua voce, ma anche una grande saggezza.

Ci fu un attimo di silenzio.

"E' stato preso sia dall'ombra che dalle fiamme..." disse una voce alle mie spalle, l'unico di noi che avesse il coraggio di parlare tranquillamente al cospetto della Regina.

"Un Balrog di Morgoth. Siamo finiti inutilmente nella rete di Moria"

Legolas parlò con calma, ma nel tono della sua voce il tormento e l'angoscia si mescolavano ad una sorta di fiducia nelle capacità di Gandalf. Lo guardai stupito, non l'avevo mai sentito parlare così. Lui ricambiò il mio sguardo, sicuro di sé.

Gli occhi della Dama si posarono su di me. Aveva capito, lo avvertivo perfettamente.

Come avvertivo perfettamente la sua voce nella mia testa. Persi il filo del discorso che le mie orecchie stavano udendo, e mi concentrai sulla presenza nella mia testa.

Elessar... Perchè il tuo cuore sanguina? Perchè la tua anima non trova pace neanche tra queste mura dorate?

Voi lo sapete.

Non lasciare che l'ombra offuschi la tua ragione, figlio di Arathorn... non lasciare che l'amore si mescoli con l'angoscia...

Ma è amore, mia regina? Davvero il mio cuore appartiene a lui?

Non capivo perchè le stessi facendo quella domanda, ma era la prima persona con cui sentivo di poter parlare a cuore aperto. Sentii un frammento del discorso che Galadriel stava facendo alla Compagnia.

"Ma la speranza permane, fin quando la Compagnia sarà fedele..."

Aveva percepito che il gruppo si stava disgregando, e questa poteva essere la rovina della Terra di Mezzo.

Galadriel non rispose alla mia domanda, non mi disse se davvero amavo Legolas. Forse non lo sapeva nemmeno lei.

Parla con lui, Elessar. Questa notte. Ora vai a riposare, perchè...

"... siete logori dal dolore e dalla molta fatica. Stanotte dormirete in pace."

*

In gwidh ristennin, i fae narchannen
I lach Anor ed ardhon gwannen
Mithrandir, A Randir Vithren
ù-reniathach i amar galen

"Un lamento per Gandalf..."

Legolas si era cambiato d'abito, e ora indossava una splendida tunica bianco-argentata che faceva risaltare i suoi occhi e i suoi capelli d'oro.

Da pochi minuti si erano levate le voci eteree degli Elfi, inafferrabili, di una bellezza struggente, e ora anche Legolas si era unito a loro.

Molte volte l'avevo sentito cantare, e ancora non potevo evitare di rimanere affascinato da tanta dolcezza.

"Cosa significano queste parole?" chiese uno degli Hobbit. Merry, credo.

"Non ho il cuore di dirtelo... per me il dolore è ancora troppo vicino..."

Fino a poco tempo prima, udendo una frase simile lasciare le sue labbra, non credo che mi sarei trattenuto dall'aggredirlo. In fondo, se Gandalf era "caduto nell'ombra", la colpa era quasi esclusivamente sua.

Ma nella sua voce, nel suo sguardo, c'era una tale tristezza, che non potevo evitare di chiedermi che cosa stesse provando in quel momento.

"Ti prego, Legolas... cosa significa questo canto?" lo supplicò Pipino.

Lo guardai, io capivo le parole del lamento.

Prima che Legolas potesse rispondere, mi alzai in piedi e lo raggiunsi, iniziando a recitare.

"Il legame interrotto, lo spirito infranto
La Fiamma di Anor ha lasciato questo Mondo
Mithrandir, il Grigio Pellegrino
Non vagherai più per i verdi campi di questa terra.
E' corretto?"

Legolas annuì, guardandomi sospettoso.

"Ogni singola parola"

Dovevo parlare con lui, ma non potevo farlo davanti a tutti. Aprii la bocca per parlare, ma fui interrotto dal mio Elfo.

"Dov'è Boromir?"

Fu come ricevere un pugo in pieno ventre. Io ero qui, davanti a lui, cercando le parole per iniziare una conversazione chiarificatrice (e lui questo lo sapeva di sicuro), e il suo primo pensiero era per il guerriero di Minas Tirith! Il mio sguardo si rabbuiò, ma lui non cambiò espressione.

"Sei preoccupato per lui, eh?" dissi in tono ironico.

"Non capisco cosa intendi dire"

"Non fare l'ingenuo, so che non lo sei!" lo aggredii. "Credi forse che non l'abbia capito? Che io sia cieco?"

"Non hai capito niente" non cambiò espressione, né tono di voce.

"Ah, è così? Se questa è la tua risposta, non abbiamo più niente da dirci!"

"Stiamo dando spettacolo. Vieni con me, Aragorn..."

Si voltò e prese a camminare rapidamente lungo un sentiero che risplendeva d'argento. Lanciai uno sguardo alle mie spalle. Quando i miei occhi si posarono sugli Hobbit, questi trovarono immediatamente qualcosa a cui rivolgere la propria attenzione.

Seguii i passi di Legolas, e lo raggiunsi in una piccola radura poco distante, nel centro della quale luccicava uno specchio d'acqua limpida e cristallina. Legolas era seduto sul bordo, con una mano immersa nell'acqua.

Era così bello che il solo guardarlo mi faceva male al cuore.

Mi sedetti al suo fianco, ma a debita distanza, e senza mai guardarlo.

Nessuno di noi parlò per qualche minuto, poi finalmente risuonò la sua voce, mescolandosi al canto degli Elfi del bosco.

"Davvero mi avresti lasciato morire, a Moria? Senza rimpianti?"

Nella sua voce c'era una grande tristezza, mista alla consapevolezza che dalla mia risposta dipendevano molte cose.

"In quel momento, sì" dissi in un soffio.

Lo vidi chiudere gli occhi alla mia rivelazione, e stringere i pugni.

"Ma ora non ne sono più troppo sicuro..." proseguii.

Alzò lo sguardo per incrociare il mio, e vidi confusione nei suoi occhi. Curiosità, anche.

"Perchè?"

"Perchè ho avuto il tempo di riflettere..."

"E a che conclusione sei arrivato?"

"Che niente al mondo è mai riuscito a farmi sentire confuso e amareggiato come ha fatto la tua indifferenza in queste ore"

"Tu non mi hai permesso di avvicinarmi. Ho tentato di spiegarti le mie azioni, ma i tuoi occhi... mi hanno tenuto lontano"

Si avvicinò leggermente a me. Se avessi voluto toccarlo, mi sarebbe bastato allungare un braccio. Ma era da prima che uscissimo da Moria che non avevo più osato sfiorarlo.

"Gandalf è morto" la mia era una semplice constatazione. Sebbene non lo ammettessi, volevo una spiegazione, volevo sapere perchè mi aveva fermato quando avevo tentato di correre in aiuto dello Stregone.

"Non è stata colpa mia" replicò semplicemente. Non disse altro, non una parola in più.

Lo guardai frustrato.

"Come posso crederti, Legolas? Tu mi hai fermato! Mi hai impedito di raggiungerlo! Se non ti fossi messo in mezzo, forse ora Gandalf sarebbe ancora qui, vivo, a guidarci verso Mordor!"

"Lui mi ha chiesto di fermarti, Estel..." la sua voce era più debole di un sospiro, ma la udivo perfettamente nel silenzio della notte. Anche il canto si era fermato "Mi ha detto La missione ora è affidata a lui... aiutalo... ha bisogno di te... E io l'ho fatto, ti ho fermato. Non volevo perdere anche te... non volevo perderti..."

Le lacrime cominciarono a scorrere sul suo viso. Sussultai, perchè mai prima d'ora lo avevo visto piangere. A ben pensarci, mai prima d'ora avevo visto un Elfo piangere. Era una vista che lacerava il cuore; le lacrime di un Elfo erano ciò che di più angosciante ci fosse nella Terra di Mezzo.

Perchè gli Elfi non erano fatti per il dolore, la loro bellezza non avrebbe mai dovuto essere intaccata da una tale scempiaggine.

Distolsi lo sguardo, riflettendo sulle sue parole.

Mai le azioni di Gandalf si erano rivelate inutili, quindi se era davvero stato lui ad ordinare a Legolas di fermarmi...

E poi quella frase... quelle quattro parole che non riuscivo a capire...

ha bisogno di te...

Quando un singhiozzo leggero mi giunse all'orecchio, agii d'istinto e mi avvicinai ancora di più a Legolas. Gli presi dolcemente il viso tra le mani, e passai i pollici sulle sue guance, asciugando le lacrime salate che ancora vi scorrevano.

"Ti prego..." sussurrai, esitando ancora nell'incrociare il suo sguardo "...odio vederti piangere..."

Le mie parole ebbero l'effetto contrario: le lacrime presero a scendere più copiosamente dagli occhi dell'Elfo. Gli circondai la vita con un braccio e lo strinsi a me, lasciando che la sua testa posasse sulla mia spalla. Lui si accoccolò contro di me, come un fanciullo contro il petto di sua madre, e si lasciò andare.

Gli accarezzai i capelli e la schiena, senza dire una parola, chiedendomi nella mente come avevo potuto resistere lontano dal mio Elfo per così tanto tempo. Ancora peggio, come avevo potuto desiderare la sua morte...

Quando sentii che Legolas si era calmato, lo allontanai leggermente da me, il necessario per poterlo guardare negli occhi. Erano lucidi, ma non rossi o gonfi. Non aveva perso niente della sua bellezza.

"Mi dispiace, Legolas... Non volevo farti soffrire. Potrai mai perdonarmi?"

Un timido sorriso si fece strada sul suo volto.

"Solo quando tu riuscirai a perdonare me, Estel..."

Avvicinai il mio viso al suo, senza interrompere il contatto visivo.

"L'ho già fatto..." sussurrai a pochi millimetri dalle sue labbra.

Era tutto così meraviglioso. I mallorn di Lothlorien erano una cornice fantastica per la nostra riappacificazione. Tutto ciò che volevo in quel momento, era sentire di nuovo le labbra di Legolas sulle mie, e perdermi nei suoi occhi...

Sfiorai le sue labbra socchiuse, ma quasi immediatamente, lo sentii tirarsi indietro.

Lo guardai, confuso e ferito, cercando di capire cos'avessi fatto di sbagliato questa volta. Io lo amavo, e in base a quello che avevo visto e che il mio cuore mi suggeriva, lui amava me. Non c'era niente di sbagliato in questo. Ma allora cosa...?

Un pensiero sbocciò nella mia testa, e si trasformò nell'immagine di un Elfo e di un Uomo teneramente abbracciati all'uscita di Moria. Solo che quell'Uomo non ero io.

"E' per Boromir?" gli chiesi, mentre lui cercava in ogni modo di evitare il mio sguardo.

Mi fissò interdetto.

"Boromir? Cosa c'entra lui?"

"Sei innamorato di lui?" gli chiesi senza giri di parole.

Dovevo sapere.

Scosse la testa, come se non capisse le mie parole. Eppure io ero stato chiarissimo.

"Io e Boromir siamo solo ottimi amici, Aragorn... hai frainteso tutto. In fondo, lui mi ha salvato la vita, a Khazad-dum..."

Sì, aveva un senso...

Mi diedi mentalmente dell'idiota, cominciavo ad essere paranoico.

"Lui non prova per te solo amicizia..." insistei.

Abbassò lo sguardo, gesto che bastò più di un'ammissione.

"Forse... ma se è davvero così, avrà una delusione, perchè il mio cuore non è suo..." c'era una nota di malinconia. Dopotutto, stava parlando di far soffrire un amico.

"E a chi appartiene il tuo cuore?" chiesi con apprensione. Sperai con tutto il cuore che pronunciasse il mio nome... ma non sapevo se sperarlo realmente o se avrei fatto meglio a mettermi il cuore in pace e pensare al peggio.

Se le sue labbra avessero pronunciato un altro nome, il mio cuore non avrebbe retto.

"A un Uomo che non mi ama..."

Non riuscii a decifrare ciò che lessi nei suoi occhi.

"E come può costui non amarti? E' forse cieco, o stolto?"

"No, ma ha donato il suo amore ad una Dama molto più degna di me"

"E qual è il nome di quest'Uomo?" chiesi in un sussurro, abbassando gli occhi e fissandoli a terra.

Legolas fece per parlare, ma una voce ci interruppe.

"Principe Legolas? La Signora desidera vederti... se vuoi seguirmi, ti condurrò da lei"

Un giovane Elfo, profondamente inchinato e imbarazzato, era apparso dal sentiero che avevamo seguito per allontanarci dai nostri compagni.

Legolas si alzò.

"Devo andare, Aragorn... riposati, non rimarremo a lungo in queste terre..."

Detto questo sparì, lasciandomi solo.

Solo, e senza sapere il nome di colui che aveva la fortuna di essere amato da una creatura tanto sublime.

Un rumore alla mia destra mi fece voltare di scatto, e mi ritrovai davanti il viso malinconico di Boromir. Era così da quando eravamo entrati a Lorien: malinconico e agitato.

Non dissi niente, ma gli feci cenno di sedersi accanto a me.

"Hai sentito tutto?" gli chiesi dopo qualche minuto.

Annuì.

"Lo ami" mi disse. Non era una domanda.

"Anche tu" replicai. Lo avevo capito, ormai. I pensieri degli uomini non sono così insondabili come quelli degli Elfi.

Uno strano sorriso gli curvò le labbra.

"Come potrei non amarlo?"

Già... com'era possibile non amare Legolas?

Sospirai, abbattuto, eppure in un certo qual modo felice.

Non avevo ancora perso Legolas, e mi sarei impegnato affinché non accadesse mai.